X.

CHIUNQUE CREDE CHE GESÙ E' IL CRISTO

Fede e amore

1. Credo che ricordiate, voi qui presenti ieri, dove siamo giunti nella spiegazione dell'Epistola, cioè là dove si dice: "Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede? Da lui abbiamo ricevuto questo comandamento: chi ama Dio, ami anche il proprio fratello" (1 Gv. 4, 20-21). Eravamo giunti fin qui. Esaminiamo ora con ordine quel che segue.

Chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio (1 Gv. 5, 1). Chi è colui che non crede che Gesù è il Cristo? Chi non vive così come Cristo ha comandato. Molti dicono infatti: io credo, ma la fede senza le opere non ci salva. L'amore stesso è opera di fede, secondo le parole di Paolo apostolo: "la fede che opera attraverso l'amore" (Gal. 5, 6). Le tue opere precedenti alla fede o non erano buone o, se apparivano buone, erano inutili. Se non avevi opere buone, eri come un uomo senza piedi o incapace di camminare a causa dei piedi piagati. Se invece le tue opere parevano buone, prima che avessi la fede certo correvi, ma fuori strada, e dunque vagavi più che tendere alla meta. Dobbiamo dunque correre, ma sulla giusta strada. Chi corre fuori strada, corre inutilmente, anzi lo fa con danno. Tanto più erra quanto più corre fuori strada. Qual è la strada sulla quale dobbiamo correre? Cristo disse: "Io sono la via". Qual è la patria verso la quale corriamo? Cristo disse: "Io sono la verità" (Gv. 14, 6). Noi corriamo sulla strada che è lui, corriamo alla meta che è lui, ed in lui troviamo il nostro riposo. Ma affinché ci servissimo di lui come della nostra strada, egli è arrivato fino a noi che eravamo lontani da lui e andavamo errando fuori strada. E' poco dire che erravamo lontano; in realtà a causa del nostro languore, non potevamo neppure muoverci. Egli venne a noi, quale medico agli ammalati, quale via aperta a noi pellegrini. Che ci sia dato di avere da lui la guarigione, e camminare in lui.

Questo significa credere che Gesù è il Cristo. Così credono i cristiani che non sono cristiani solo di nome ma lo sono coi fatti e con la vita; e non già come credono i demoni. Anch'essi infatti "credono e tremano!" (Giac. 2, 19), come dice la Scrittura. Che cosa potevano credere di più i demoni di quanto affermavano con le loro parole: "Sappiamo chi sei, il Figlio di Dio"? Ciò che dissero i demoni, lo disse anche Pietro. Quando il Signore domandò chi egli fosse, e che cosa pensasse di lui la gente, quei discepoli risposero: "Alcuni dicono che sei Giovanni Battista, altri Elia o Geremia o uno dei Profeti". E Gesù riprese: "Ma voi, chi dite ch'io sia?". Rispose Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo"; e si sentì dire dal Signore: "Beato sei, Simone figlio di Giona, perché non la carne o il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli". Vedete quale lode ottiene questa fede di Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa" (Mt. 16, 13-18). Che significano le parole: "Su questa pietra edificherò la mia Chiesa"? Significano: su questa fede che confessa: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo". Dice dunque il Signore: "Su questa pietra io edificherò la mia Chiesa". Quale lode grandiosa! Pietro dice: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo"; anche i demoni dicono: "Sappiamo chi sei: il Figlio di Dio, il Santo di Dio". Quello che dice Pietro, lo dicono anche i demoni; ma se le parole sono le stesse, l'animo è diverso. Da dove abbiamo la prova che Pietro qui parlava con sentimento di amore? Da questo, che la fede di un cristiano è sostenuta dall'amore, quella di un demonio è priva di amore. Perché senza amore? Perché Pietro pronunciava quelle parole con lo scopo di aderire a Cristo, mentre i demoni le pronunciavano con lo scopo di allontanare Cristo da loro. Prima di dire: "Sappiamo chi sei, il Figlio di Dio", essi avevano detto: "Che c'è in comune fra te e noi? Perché sei venuto prima del tempo a perderci?" (Mt. 8, 29; Mc. 1, 24). Altro è infatti rendere testimonianza a Cristo per aderire a lui, altro è rendergli testimonianza per allontanarlo da noi. Vedete dunque che nelle parole: "colui che crede", si indica una fede certa, non una fede comune a molti. Perciò nessun eretico, fratelli, vi dica: —anche noi crediamo. Vi ho portato l'esempio dei demoni proprio perché non vi rallegriate delle parole di quelli che credono; ma esaminiate i fatti delle persone che vivono la loro fede.

Chi ama il Padre ama anche il Figlio

2. Vediamo dunque che cosa significa credere in Cristo: che cosa significa credere che Gesù è il Cristo. Giovanni aggiunge: "Chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio". Ma che cosa significa credere ciò? Chiunque ama colui che l'ha generato, ama anche colui che è stato da lui generato (1 Gv. 5, 1). Giovanni ha subito collegato la fede con l'amore, perché senza l'amore la fede è vana. La fede del cristiano è accompagnata dall'amore, la fede del demonio è senza amore; quelli che però non credono sono peggiori del demonio, più tardi a capire che non il demonio. Ammettiamo che ci sia uno che non voglia credere in Cristo, questo tale non giunge neppure ad imitare i demoni. Ammettiamo però che creda in Cristo, ma lo odi, in tal caso fa confessione di fede per timore del castigo, non per amore del premio; anche i demoni temevano di essere puniti. Aggiungi ad una fede siffatta l'amore, ed essa diventerà una fede quale ce la descrive l'apostolo Paolo: "La fede che opera per mezzo dell'amore" (Gal. 5, 6); hai così scoperto il cristiano, hai trovato il cittadino di Gerusalemme, il concittadino degli angeli, il pellegrino che sospira lungo la via. Aggregati a lui, perché è tuo compagno di viaggio; corri con lui, purché anche tu sia quello che è lui. Chiunque ama colui che l'ha generato, ama anche colui che è stato da lui generato. Chi ha generato? I1 Padre. Chi è stato generato? Il Figlio. Che cosa ha voluto dire con queste parole? Chiunque ama il Padre, ama anche il Figlio.

Chi ama il Figlio ama anche i figli di Dio

3. Da questo conosciamo che amiamo i figli di Dio (1 Gv. 5, 2). Che significa questo, o fratelli? Poco prima Giovanni aveva parlato del Figlio di Dio, non dei figli di Dio. Solo Cristo ci era stato proposto da contemplare e ci fu detto: "Chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chiunque ama colui che l'ha generato", cioè il Padre, "ama colui che è stato da lui generato", cioè il Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo. Giovanni prosegue dicendo: "Da questo conosciamo che amiamo i figli di Dio"; come se volesse dire: Da questo conosciamo che amiamo il Figlio di Dio. Prima aveva parlato del "Figlio di Dio", ora parla dei "figli di Dio"; i figli di Dio infatti sono il corpo dell'unico Figlio di Dio: lui il capo, noi le membra, ma unico Figlio di Dio. Chi dunque ama i figli di Dio, ama il Figlio di Dio; chi poi ama il Figlio di Dio, ama il Padre; nessuno può amare il Padre, se non ama il Figlio; e chi ama il Figlio, ama anche i figli di Dio.

Quali figli di Dio? Le membra del Figlio di Dio. E amando, anch'egli diventa un membro e per mezzo dell'amore viene ad appartenere alla unità del Corpo di Cristo; e sarà un solo Cristo, il quale ama se stesso. Poiché le membra si amano a vicenda, conseguentemente il corpo ama se stesso. "Se un membro soffre, tutte quante le membra soffrono insieme. E se un membro è onorato, tutte le altre membra godono con lui". E che cosa aggiunge? "Voi siete il corpo di Cristo e le sue membra" (1 Cor. 12, 26-27). Giovanni, parlando poco prima dell'amore fraterno, diceva: "Chi non ama il fratello che vede, come potrà amare Dio che non vede?" (l Gv. 4, 20). Se pertanto ami il fratello, forse che nello stesso tempo non ami anche Cristo? E' mai possibile il contrario, dal momento che tu ami le membra di Cristo? Se ami le membra di Cristo, ami Cristo; e quando ami Cristo, ami il Figlio di Dio; ami perciò anche il Padre. L'amore non può dunque essere diviso. Scegli pure ciò che vuoi amare: il resto seguirà da sè. Potresti dire: io amo soltanto Dio, Dio Padre. Tu menti. Se ami, non puoi amare solo lui; se ami il Padre, ami anche il Figlio. Sì, tu dici, amo il Padre e il Figlio, e basta; amo Dio Padre e Iddio Figlio, Gesù Cristo, Signore nostro, che ascese al cielo e siede alla destra del Padre, Verbo per mezzo del quale tutto fu fatto, Verbo fatto carne, che abitò tra noi; soltanto loro io amo. Tu menti. Se ami il capo, ami anche le membra; se poi non ami le membra, non ami neppure il capo. Non senti spavento alla voce del capo che parla anche per le membra? "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" (Atti, 9, 4). Quella voce ha definito come proprio persecutore il persecutore delle sue membra; ha invece chiamato suo amico l’amico delle sue membra. Voi già sapete quali sono le sue membra, fratelli; sono la Chiesa stessa di Dio.

"Da questo conosciamo che amiamo i figli di Dio", dal fatto che amiamo Dio (1 Gv. 5, 2). In che modo? i figli di Dio non sono forse diversi da Dio? Ma chi ama Dio, ama i suoi precetti. E quali sono i precetti di Dio? "Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate scambievolmente" (Gv. 13, 34). Nessuno si scusi in nome di un altro amore, per darsi ad un altro amore. L'amore ha in sè una forza attrattiva. Come esso è sostanzialmente uno, così fonde in unità tutti quelli che da esso dipendono, a somiglianza del fuoco li salda in una medesima realtà. Prendiamo degli spezzoni di oro, fondiamoli insieme, si trasformano in un tutt'uno compatto; ma, se non s'accende il fuoco della carità, quei molti non possono fondersi in unità. "Dal fatto che conosciamo Dio, abbiamo la prova che noi amiamo anche i figli di Dio".

Dolcezza dell'amore di Dio

4. Su che cosa ci fondiamo per sapere che amiamo i figli di Dio? Su questo: "che amiamo Dio" e osserviamo i suoi precetti (1 Gv. 5, 2). Qui ci vien fatto di angustiarci per la difficoltà di mettere in pratica il precetto di Dio. Senti ciò che voglio dire. O uomo, perché trovi pena nell'amare? Perché tu ami l'avarizia. Non si ama che con fatica quel che tu ami; ma, amando Dio, non si prova fatica. L'avarizia non farà altro che comandarti fatiche, pericoli, rischi, tribolazioni, e tu obbedirai. Per qual fine? Per avere ricchezze da riempire le tue casse e perdere la tranquillità. Prima di possederle eri probabilmente più tranquillo di adesso che ti sei dato ad ammassare. Ecco che cosa ti ha imposto l'avarizia: hai riempito la casa, ma sei in trepidazione per i ladri; hai ammucchiato oro, ma hai perso il sonno. Questo ti ha comandato di fare l'avarizia. Ti ha detto: fa' questo, e tu l'hai fatto. Dio che cosa ti comanda? Amami. Se tu sei attaccato all'oro, cercherai l'oro e magari non lo troverai; chi cerca invece me, ecco ch'io sono con lui. Se ti metti ad amare gli onori forse non li raggiungerai; chi invece ha amato me, non è forse giunto fino a me? Dio ti dice: tu sogni un padrone o un amico potente; lo corteggi per mezzo di un'altra persona a lui inferiore. Ama me — ti dice il Signore —: non si giunge a me per mezzo di un altro, è l'amore stesso che mi fa presente a te. Che cosa è più dolce di questo amore, fratelli? fratelli, non senza motivo avete da poco udito nel salmo: "Gli iniqui mi hanno raccontato i loro divertimenti, ma non sono belli come la tua legge, Signore" (Sal. 118, 85). Quale legge del Signore? I1 comandamento di Dio. Qual è il comandamento di Dio? Quel comandamento nuovo, che è detto nuovo proprio perché rinnova: "Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate scambievolmente". Senti come questa viene dichiarata legge stessa di Dio, nelle parole dell'apostolo Paolo: "Portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo" (Gal. 6, 2). I1 compimento di tutte le nostre opere è l'amore. Qui è il nostro fine: per questo noi corriamo; verso questa meta corriamo; quando saremo giunti vi troveremo riposo.

Non c'è altra meta che l'amore

5. Avete udito le parole del salmo: "Ho visto la fine di ogni opera" (Sal. 118, 96). Dicendo: "ho visto la fine di ogni opera", che cosa dunque ha visto il salmista? Mettiamo che sia salito sulla cima di un altissimo monte e da quel vertice abbia contemplato e visto tutto l'orizzonte della terra ed i cerchi dell’universo; forse per questo ha detto: "Io ho visto la fine di ogni opera"? Se è questo lo spettacolo da lui esaltato, domandiamo al Signore occhi di carne così acuti che una volta trovato un altissimo monte, ci consentano di vedere la fine di ogni opera. Non andare tanto lontano, dico a te, sali sul monte e vedrai questa "fine". Cristo è il monte. Vieni a Cristo e vedrai la fine di ogni opera. Che cosa è questa "fine"? Interroga san Paolo: "I1 fine del precetto è la carità che viene da un cuore puro, da una coscienza retta, da una fede sincera" (1 Tim. 1, 5). In un altro passo egli dice: "L'amore è la perfezione della legge" (Rom. 13, 10). C'è qualcosa di più finito, di più completo della perfezione? A ragione dunque il salmista ha usato il termine "fine". Non pensate che egli abbia inteso parlare di distruzione, ma di compimento. Diverso è il senso in cui diciamo "ho finito il pane" da quello in cui diciamo "ho finito la tunica" (cf. Esp. s. Sal. 31, 2, 5). Ho finito il pane mangiando, ho finito la tunica tessendo. In ambedue i casi abbiamo usato il termine "fine". Ma il pane finisce perché viene mangiato, la tunica è finita perché venga usata; il pane finisce e non c'è più, la tunica è finita perché è stata portata a termine. Intendete dunque in questo ultimo senso il termine "fine" quando leggendo il salmo sentite dire: "in fine del salmo di Davide". Molte volte infatti avete udito questa frase nel corso della lettura dei salmi e dovete capire le cose sentite. Che significa dunque "in fine"? "Fine della legge è Cristo, per offrire la giustizia a chiunque crede" (Rom. 10, 4). Che significa allora che Cristo è "fine"? Significa che Cristo è Dio, e fine del precetto è la carità, e che Dio è carità: perché Padre e Figlio e Spirito Santo sono una sola cosa. Qui è il tuo fine: fuori di qui non c'è altro che la strada. Non fermarti sulla strada perché altrimenti non giungerai al tuo fine. In qualunque altro luogo tu sia giunto, passa oltre finché non giungerai al fine. Che cosa è il fine? "Per me è una buona cosa stare unito al Signore" (Sal. 72, 28). Hai aderito al Signore, sei giunto al termine della strada: rimarrai in patria.

Cercate di comprendere. Qualcuno va in cerca del denaro: ma questo non sia il tuo fine; devi passare oltre, come il pellegrino. Cerca la strada per dove passare, non il posto dove rimanere. Se ami il denaro, resti imbrigliato nell'avarizia; l'avarizia sarà la catena ai tuoi piedi e non potrai più avanzare. Passa dunque oltre questo ostacolo; cerca la fine del viaggio. Tu cerchi la salute del corpo; ma anche qui non arrestarti: che cosa è questa salute del corpo, che può essere distrutta dalla morte, indebolita dalla malattia? Cosa instabile, mortale, caduca. Cercala, ma per evitare che una salute precaria non ti impedisca di compiere opere buone. I1 tuo fine dunque non è qui; la salute viene infatti cercata in vista del fine. Tutto ciò che noi cerchiamo in vista di un altro bene, non costituisce il fine; tutto ciò che si cerca per se stesso e senza uno scopo di utilità, quello è il fine. Cerchi gli onori: può darsi che li cerchi per attuare qualche tuo progetto, forse per piacere a Dio. Non amare l'onore in se stesso per non fermarti lì. Cerchi la lode? Se cerchi quella di Dio, fai bene; se cerchi la tua lode, fai male; ti fermi per strada. Ecco, sei amato e lodato: non congratularti se ti lodano; lodati nel Signore, perché ti sia lecito cantare: "Nel Signore alla mia anima si darà lode" (Sal. 33, 3). Pronunci un magnifico discorso, che viene applaudito? Fa' che non venga applaudito come tuo, perché non è questo il fine. Se qui poni il tuo fine, anche tu sei finito; e non sei finito perché hai raggiunto la perfezione, ma perché sei giunto alla tua distruzione. Non venga applaudito dunque il tuo discorso come qualcosa che derivi solo da te, come cosa tua. Come deve allora essere lodato? Come dice il salmo: "In Dio io loderò il mio discorso, in Dio loderò le mie parole". E con ciò si realizza quanto segue: "Ho sperato in Dio, non temerò ciò che l'uomo potrà farmi" (Sal. 55, 5, 12). Se tutte le tue opere vengono lodate in Dio, non devi temere di perdere la lode a te dovuta. Dio infatti non viene mai meno. Fa' dunque di andare oltre, anche per quanto riguarda la lode.

Chi ci può togliere colui che amiamo?

6. Vedete, fratelli, quanti beni dobbiamo oltrepassare, che non sono il nostro fine. Di essi usiamone come quando ci troviamo per strada; rifocilliamoci, come si fa nella stazioni di ristoro lungo il cammino, ma poi andiamo oltre. Dov'è dunque il fine? "Dilettissimi, noi siamo figli di Dio e non ancora si è mostrato quello che saremo": sono parole di questa Epistola. Siamo dunque ancora in cammino; dovunque giungeremo, ancora dobbiamo proseguire, finché giungeremo ad un fine. "Sappiamo che quando apparirà saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è" (1 Gv. 3, 2). Questo è il fine: là ci sarà perpetua lode, là un Alleluia senza fine.

Nel salmo è perciò indicato questo stesso fine: "Ho visto il fine di ogni operazione". E' come se si domandasse al salmista: —qual è questo fine che hai visto? "Assai vasto è il tuo comandamento" (Sal. 118, 96). Questo è il fine: l'ampiezza del comandamento. Questo comandamento ampio è la carità, perché dove c'e la carità, non ci sono angustie. Proprio in questa ampiezza di carità si trovava l'Apostolo quando diceva: "La nostra bocca ha parlato per voi, o Corinti: il nostro cuore si è allargato; voi non state allo stretto dentro di noi" (2 Cor. 6, 11-12). Per questo "assai vasto è il tuo comandamento". Qual è questo comandamento sì ampio? "Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate scambievolmente". La carità dunque non soffre strettezze. Vuoi non soffrire angustie in terra? Abita dove c'è ampiezza di spazi. Qualunque cosa uno ti faccia, non deve essere motivo di angustia per te. Infatti tu ami ciò che l'uomo non può danneggiare, ami Dio, ami la fratellanza, ami la legge di Dio, ami la Chiesa di Dio, un amore che sarà eterno. Soffri sulla terra, ma giungerai al premio promesso. Chi ti può togliere ciò che ami? Se nessuno ti può togliere ciò che ami, tu dormi tranquillo; o meglio vigili nella tranquillità, affinché, dormendo, non ti succeda di perdere ciò che ami. Non fu detto invano: "Illumina i miei occhi, perché non abbia a dormire nel sonno della morte" (Sal. 12, 4). Coloro che davanti alla carità chiudono gli occhi, si adagiano nelle concupiscenze dei piaceri carnali. Sta' dunque all'erta. Mangiare, bere, accontentare la carne, giocare, andare a caccia: sono attività piacevoli; ma ogni male vien dietro a queste vanità fastose. Diremo che non sono diletti? Chi lo può negare? Ma la legge di Dio, l'amiamo di più. Contro quelli che ti invogliano a cercare quei piaceri devi gridare: "Gli iniqui mi hanno raccontato i loro divertimenti, ma non sono belli come la tua legge, Signore". E' un diletto, quello della tua legge, che rimane. Non solo rimane perché tu lo possa raggiungere, ma ti richiama anche se da esso tu t'allontani.

Universalità dell'amore

7. Questo significa amare Dio: adempiere i suoi precetti (1 Gv. 5, 3). Già avete sentito: "In questi due precetti stanno tutta la Legge e i Profeti". Vedi come non ha voluto che ti smarrissi dietro a molte pagine di comandamenti: "In questi due precetti stanno tutta la Legge e i Profeti". In quali due precetti? "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e tutta la tua mente", e poi, "Amerai il prossimo tuo come te stesso. In questi due precetti stanno tutta la Legge e i Profeti" (Mt. 22, 40, 37). Ecco, di questi precetti ci parla tutta l'Epistola. Mantenete perciò l'amore, e state tranquilli. Perché temi di far del male a qualcuno? Chi fa del male a colui che ama? Ama, non può succedere se non che tu faccia del bene.

Ti tocca di riprendere qualcuno? E' l'amore che opera in te, non il risentimento. Devi dargli una punizione corporale? Lo fai per educarlo. L'amore della carità non ti consente di rimanere indifferente davanti alla sua disciplina. Così può succedere a volte che gli effetti siano quasi diversi ed anzi contrari alle loro cause, e cioè che l'odio, di quando in quando, blandisca e l'amore castighi. Un tale, ad esempio, odia il suo nemico e finge amicizia con lui; lo vede far qualcosa di male e lo loda; vuole che sia pronto nel male, che corra ciecamente nei precipizi delle sue cupidità da dove potrà non risalire più; lo loda "perché il peccatore trova lode nelle concupiscenze della sua anima" (Sal. 9, 3); l'avvolge con untuosa adulazione, in cuor suo lo odia, ma lo loda. Un altro vede un amico suo fare qualcosa di simile, e lo distoglie da quell'azione. Se l'amico non ascolta, pronuncia anche parole di riprovazione, lo sgrida, litiga; a volte è costretto proprio a litigare. Ecco come in questi casi l'odio blandisce e l'amore colpisce. Non badare alle parole di chi blandisce e all'apparente severità di chi rimprovera; guarda alla sorgente, cerca la radice da dove proviene quell'atteggiamento. Quello blandisce per ingannare, questo rimprovera per correggere.

Non è necessario, fratelli, che siamo noi a dilatarvi il cuore; chiedete a Dio che vi conceda di amarvi scambievolmente. Amate tutti gli uomini, anche i vostri nemici, non perché sono fratelli, ma perché lo diventino; e sempre siate accesi di amore fraterno tanto verso il fratello già tale, quanto verso il nemico, affinché con l'amore diventi fratello. Sempre, quando ami il fratello, ami un amico. Già sta con te, già ti è unito nell'unità che si estende a tutti gli uomini. Se vivi bene, tu ami il fratello che prima ti era nemico. Amando qualcuno che ancora non crede in Cristo, o che crede in Cristo allo stesso modo dei demoni, gli rimproveri la vanità del suo atteggiamento. Da parte tua ama, ed ama con amore fraterno; quell'uomo non ancora ti è fratello, ma tu lo ami perché diventi tale. Tutto il nostro amore dunque è diretto verso i cristiani, verso tutte le membra di Cristo. La regola della carità, o miei fratelli, la sua forza, i suoi fiori, i suoi frutti, la sua bellezza, la sua attrattiva, il suo alimento, la sua bevanda, il suo cibo, il suo abbraccio, non conoscono sazietà. Se la carità ci riempie di diletto mentre ancora siamo pellegrini, quale sarà la nostra gioia in patria?

Non si può amare Cristo e disprezzare le sue membra

8. Corriamo dunque, fratelli miei, corriamo ed amiamo Cristo. Quale Cristo? Gesù Cristo. Chi è questi? I1 Verbo di Dio. In che modo egli venne presso noi malati? "I1 Verbo si fece carne e abitò tra noi" (Gv. 1, 14). Si è dunque adempiuto ciò che la Scrittura aveva predetto: "Bisognava che Cristo patisse e risorgesse il terzo giorno da morte". I1 suo corpo, dove giace? Le sue membra, dove soffrono? dove dobbiamo metterci per stare sotto l'influsso della testa? "Occorreva che si predicasse nel suo nome la penitenza e la remissione dei peccati a tutte le genti, incominciando da Gerusalemme" (Lc. 24, 46-47). Da qui deve diffondersi la tua carità. Cristo ed il salmo, cioè lo Spirito di Dio, dicono: "Assai vasto è il tuo comandamento!", e c'è gente che pretende di fissare nell'Africa i confini della carità. Estendi la tua carità su tutto il mondo, se vuoi amare Cristo; perché le membra di Cristo si estendono in tutto il mondo. Se ami solo una parte, sei diviso, non ti trovi più unito al corpo; se non sei unito al corpo, non dipendi dalla testa.

Che vale credere, se poi bestemmi? Adori Cristo nel capo e lo bestemmi nelle membra del suo corpo. Egli ama il suo corpo. Se ti sei separato dal suo corpo, il capo non si è separato da esso. Il capo dall'alto ti grida: —tu mi onori a vuoto e senza motivo. Sarebbe come se uno ti volesse baciare il capo ma pestarti i piedi. Se uno ti schiacciasse i piedi con scarpe chiodate mentre ti abbraccia e ti bacia, non gli grideresti nel bel mezzo delle sue effusioni di stima: —che fai? non vedi che mi schiacci? Certamente non gli dirai: —mi schiacci il capo, poiché in realtà egli tributa onore al tuo capo. Il capo in tal caso protesterebbe più perché le altre membra vengono calpestate che non per sè, che è anzi fatto oggetto di onore. I1 capo è il primo a dire: —non voglio questo tuo onore, cerca piuttosto di non calpestarmi. Difenditi dicendo, se puoi: —io, t'avrei calpestato? Rivolgendoti al capo insisti nel dire: —volevo solo baciarti volevo abbracciarti! Ma non vedi, o stolto, che, in forza della sua struttura unitaria, la parte che vuoi abbracciare è tutt'uno con quella che calpesti? Mi onori in alto, mi calpesti in basso. Sente più dolore la parte che calpesti di quanto non gioisca la parte che onori. La parte che onori prova dolore per la parte che calpesti. Che va gridando la lingua? grida: ahi che dolore! non grida: ahi che dolore al piede! ma semplicemente: ahi che dolore! O lingua, chi t'ha mai toccato? Chi t'ha percosso? Chi t'ha punto? Chi t'ha ferito? — Nessuno — risponderebbe —, ma sono unita alle membra che vengono calpestate. Come pretendi che non senta dolore, dal momento che non ne sono separata?

"Ascendo al cielo, ma il mio corpo giace ancora quaggiù"

9. Perciò, il Signore nostro Gesù Cristo, salendo al cielo, il quarantesimo giorno, ci ha raccomandato il suo corpo che doveva restare quaggiù, perché prevedeva che molti avrebbero reso onore a lui appunto perché ascendeva al cielo, ma vedeva pure l'inconsistenza di tali onori resi a sè, dato che questi tali avrebbero calpestato le sue membra qui in terra. Affinché nessuno fosse tratto in errore — adorando il capo che sta in cielo ma calpestando i piedi che stanno in terra — ci ha precisato dove si sarebbero trovate le sue membra. Mentre ascendeva al cielo, disse le sue ultime parole, pronunciate le quali non parlò più qui in terra. Il capo che doveva salire in cielo raccomandò a noi le sue membra che restavano sulla terra e partì. Ormai non ti può accadere più di sentire Cristo che parla qui in terra. Puoi sentirlo parlare, ma dal cielo. E dal cielo, perché parlò? Perché le sue membra erano calpestate qui in terra. A Saulo, suo persecutore, disse dal cielo: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" (Atti, 9, 4). Sono salito al cielo, ma rimango ancora in terra; siedo qui in cielo alla destra del Padre, ma 1ì in terra ancora patisco la fame, la sete, ancora son pellegrino. In che modo ci ha raccomandato il suo corpo in terra mentre stava per salire al cielo? Quando i discepoli lo interrogarono: "Signore, è forse venuto il momento in cui tu ristabilirai il regno di Israele?". Sul punto di partire, egli rispose: "Non tocca a voi sapere il tempo che il Padre ha posto in suo potere; ma riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà in voi e mi sarete testimoni". Vedete fin dove fa giungere il suo corpo, vedete dove non vuole essere calpestato: "Voi mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria e in tutta la terra" (Atti 1, 68). Ecco dove rimango io, che pure ascendo in cielo; ascendo perché sono la testa, ma il mio corpo giace ancora quaggiù. Dove giace? Per tutta la terra. Vedi di non colpire, di non violare, di non calpestare il mio corpo. Sono queste le ultime parole di Cristo mentre ascende al cielo.

Considerate un uomo che giace ammalato nella sua casa ed è consunto dal male, vicino alla morte, col respiro affannoso, con l'anima per così dire tra i denti; se gli viene in mente qualcosa che gli sta a cuore e che molto lo interessa, chiama i suoi eredi e dice loro: —vi prego, fate questa cosa. Egli trattiene la sua anima come a forza, perché non spiri prima che siano state espresse le sue ultime volontà. Dopo aver pronunciato le sue ultime parole, spira; il cadavere viene portato al sepolcro. Come non ricorderanno i figli le ultime parole del padre morente? Se uno dicesse loro: —non fate nulla di quanto vi ha detto! — che cosa dovrebbero rispondergli? — Non fare ciò che il padre mio mi ha comandato di fare al momento di lasciare questa vita? ciò che risuonò alle mie orecchie come sua ultima parola mentre lasciava questa terra? Potrei passar sopra ad ogni altra sua parola, ma le sue ultime parole mi obbligano di più. Fu l'ultima volta che lo vidi, che lo sentii parlare.

Fratelli, pensate con sentimenti cristiani. Se per un figlio sono tanto dolci, tanto care, tanto preziose le parole del padre che sta per scendere nel sepolcro, che cosa dovranno essere per gli eredi di Cristo le sue ultime parole, pronunciate non quando stava per scendere nel sepolcro ma per salire al cielo? L'anima di chi è vissuto ed è morto viene portata in altri luoghi, ed il suo corpo è deposto dentro la terra; a lui non interessa più se le sue parole sono attuate o no; ormai egli opera altre cose, altre cose soffre; o gode nel seno di Abramo, o stando nel fuoco eterno, desidera un poco di acqua. Nel suo sepolcro giace un cadavere insensibile; e tuttavia le sue ultime parole, pronunciate quando moriva, vengono custodite gelosamente. Che cosa potranno sperare quelli che non custodiscono le ultime parole di colui che siede in cielo? di colui che vede se quelle sue parole sono disprezzate o no, e che disse: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?", di colui che riserva al suo giudizio tutto ciò che vede inferto alle sue membra?

Vivere nel corpo di Cristo

10. Ma che cosa mai abbiamo fatto? — dicono costoro - abbiamo subito noi le persecuzioni, non le abbiamo inflitte agli altri! Infelici, siete stati voi gli autori della persecuzione, anzitutto perché avete diviso la Chiesa. E' più dannosa la spada della lingua che quella del ferro.

Agar, serva di Sara, fu superba e fu angariata dalla padrona a motivo della sua superbia. Quel trattamento aveva uno scopo disciplinare, non punitivo. Quando si allontanò dalla sua padrona, che cosa le disse l'angelo di Dio? "Ritorna dalla tua padrona" (Gen. 16 4-9). Dunque, o anima carnale, se hai sofferto, come quella serva superba, qualche molestia in vista della tua correzione, perché agisci stoltamente? Torna dalla tua padrona, mantieni la pace del Signore. Ecco, vengono portati i Vangeli e vi leggiamo fin dove la Chiesa è diffusa. Gli altri ci contestano e ci gridano Traditori! Traditori di chi? Cristo ti raccomanda la sua Chiesa e tu non vuoi credere in lui. Dovrei io credere a te mentre parli male dei miei padri? Vuoi che ti creda su questa accusa riguardante i traditori? Incomincia prima tu a credere a Cristo. Che cosa conviene fare? Cristo è Dio, e tu sei uomo: a chi bisogna credere per primo? Cristo ha diffuso la sua Chiesa per tutto il mondo. Lo dico io? Disprezza pure. Lo dice il Vangelo? Sta' attento. Che dice il Vangelo? "Era necessario che il Cristo patisse, risorgesse il terzo giorno da morte e fosse predicata la penitenza nel suo nome e la remissione dei peccati". Dove c'è la remissione dei peccati, là c'è la Chiesa. Perché? Perché ad essa fu detto: "A te darò le chiavi del Regno dei cieli; e tutto quello che avrai sciolto sulla terra, sarà sciolto anche in cielo; tutto quello che avrai legato sulla terra, sarà legato anche in cielo" (Mt. 16, 19). Fin dove giunge questa remissione dei peccati? "Fino a tutti i popoli, cominciando da Gerusalemme" (Lc. 24, 47). Credi dunque a Cristo! Ma poiché capisci che, se credi a Cristo, non puoi dir nulla contro i "traditori", pretendi che io creda a te che sparli dei miei padri, e tu non vuoi credere agli insegnamenti di Cristo!

 

 

Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili necessarie al funzionamento e per una migliore navigazione. Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookies

Privacy Policy