Le Confessioni di S. Agostino: Libro quinto

DA CARTAGINE A ROMA E MILANO

INTRODUZIONE

Lode al Signore

1. 1. Accetta l’olocausto delle mie confessioni dalla mano della mia lingua, formata e sollecitata da te alla confessione del tuo nome. Risana tutte le mie ossa, e ti dicano: "Signore, chi simile a te?". Chi a te si confessa non ti rende nota la sua intima storia, poiché un cuore chiuso non esclude da sé il tuo occhio, né la durezza degli uomini respinge la tua mano, bensì tu la stempri a tuo piacere, con la pietà o la punizione; e nessuno si sottrae al tuo calore. La mia anima ti lodi per amarti, ti confessi gli atti della tua commiserazione per lodarti. L’intero tuo creato non interrompe mai il canto delle tue lodi: né gli spiriti tutti attraverso la bocca rivolta verso di te, né gli esseri animati e gli esseri materiali, attraverso la bocca di chi li contempla. Così la nostra anima, sollevandosi dalla sua debolezza e appoggiandosi alle tue creature, trapassa fino a te, loro mirabile creatore. E lì ha ristoro e vigore vero.

Presenza di Dio consolatore

2. 2. Vadano, fuggano pure lontano da te gli inquieti e gli iniqui. Tu li vedi, ne distingui le ombre fra le cose. Così l’insieme risulta bello anche con la loro presenza, con la loro deformità. Che male poterono farti? dove poterono deturpare il tuo regno, se è giusto e intatto dall’alto dei cieli fino ai lembi estremi della terra? Dove fuggirono fuggendo dal tuo volto? in quale luogo non li puoi trovare? Fuggirono per non vedere la tua vista posata su di loro e urtare, accecati, contro di te, che non abbandoni nulla di ciò che hai creato; per non urtare contro di te, e ricevere l’equo castigo della loro iniquità. Si sottrassero alla tua mitezza per urtare nella tua giustizia e cadere nella tua severità. Evidente

mente ignorano che tu sei dovunque e nessun luogo ti racchiude, che tu solo sei vicino anche a chi si pone lontano da te. Dunque si volgano indietro a cercarti: tu non abbandoni le tue creature " come esse abbandonano il loro creatore. Se si volgono indietro da sé a cercarti, eccoti già lì, nel loro cuore, nel cuore di chiunque ti riconosce e si getta ai tuoi piedi, piangendo sulle tue ginocchia dopo il suo aspro cammino. Tu prontamente ne tergi le lacrime, e più singhiozzano allora e si confortano al pianto perché sei tu, Signore, e non un uomo qualunque, carne e sangue, ma tu, Signore, il loro creatore, che le rincuori e le consoli. Anch’io dov’ero quando ti cercavo? Tu eri davanti a me, ma io mi ero allontanato da me e non mi ritrovavo. Tanto meno ritrovavo te.

INSUFFICIENZE ED ERRORI DEL MANICHEISMO

Il vescovo manicheo Fausto, lacciuolo del diavolo

3. 3. Esporrò al cospetto del mio Dio le vicende di quell’anno, ventinovesimo della mia vita. Poco prima era giunto a Cartagine un vescovo manicheo di nome Fausto, gran lacciuolo del diavolo, in cui si lasciava impigliare molta gente ammaliata dalla dolce favella, che anch’io elogiavo, però distinguendola dalla verità delle cose che ero avido di conoscere. Badavo cioè non tanto al recipiente delle parole, quanto alla vivanda del sapere che, nome altisonante fra quei tali, il grande Fausto mi metteva innanzi. Lo aveva preceduto la fama di uomo versatissimo in tutte le nobili discipline, ma particolarmente erudito nelle lettere. Io, che ricordavo, per averle lette e studiate, le opere di molti filosofi, confrontandone alcune con le favole prolisse dei manichei, trovavo più probabili le teorie di chi ebbe tanta perspicacia, da fare giusta stima del mondo, pur senza scoprirne affatto il Signore; perché tu sei grande, Signore, e volgi lo sguardo sugli umili, mentre gli eccelsi li vuoi conoscere da lontano e solo ai cuori contriti ti avvicini; non ti riveli ai superbi neppure se con la loro curiosa destrezza sappiano calcolare le stelle e l’arena, misurare gli spazi siderei ed esplorare le piste degli astri.

Facoltà e difetti della scienza

– 4. Investigando questi misteri con l’intelligenza e l’ingegno da te ricevuti, essi fecero molte scoperte, predissero con anticipo di molti anni le eclissi della luce del sole e della luna, con il giorno, l’ora e la misura in cui sarebbero avvenuti, senza errare nei calcoli. I fenomeni si verificarono puntualmente secondo le loro predizioni, ed essi misero per iscritto le leggi scoperte, tuttora consultate e usate per predire l’anno, il mese dell’anno, il giorno del mese, l’ora del giorno e la misura in cui la luce del sole e della luna scomparirà; e il fenomeno avverrà puntualmente secondo le predizioni. Il popolo ne è ammirato, gli ignari stupiti, gli esperti imbaldanziti ed esaltati. Ma se, lontani ed eclissati dalla tua luce per la loro empia superbia, prevedono con tanto anticipo l’offuscamento futuro del sole, non vedono però il loro, presente, poiché non ricercano con spirito religioso l’origine del proprio ingegno, con cui eseguono queste ricerche; o, se si scoprono tue creature, non si donano a te con slancio affinché tu conservi le tue creature. Quasi fossero essi i propri creatori, non si annientano per te, non abbattono come uccelli in volo le proprie vanità, come pesci del mare le proprie curiosità, che li spingono a percorrere i segreti sentieri dell’abisso, come bestie del campo le proprie lascivie, affinché tu, Dio, fuoco divoratore, distrugga i loro morti desideri e ricrei le loro persone a una vita immortale.

– 5. Ignorano invece la via, il tuo Verbo, con cui creasti ciò che essi calcolano, loro stessi che calcolano, il senso con cui percepiscono ciò che calcolano, l’intelligenza per cui calcolano; mentre la tua sapienza è incalcolabile. L’Unigenito si è fatto lui stesso sapienza e giustizia e santificazione per noi, fu calcolato fra noi e pagò il tributo a Cesare. Ignorano questa via su cui discenderebbero da se stessi a lui e per lui ascenderebbero a lui; ignorano questa via e si credono eccelsi e luminosi come gli astri, mentre eccoli precipitati in terra, col cuore ottenebrato e insipiente. Molte verità dicono sul creato, ma non cercano devotamente la verità, autrice della creazione. Quindi non la trovano o, se la trovano, pur conoscendo Dio, non come Dio l’onorano o lo ringraziano, ma si disperdono nei loro vani pensieri, si proclamano sapienti attribuendo a se stessi ciò che è proprio a te, e quindi studiandosi anche, nella loro perversissima cecità, di attribuire a te ciò che è proprio a loro. Ossia trasferiscono le loro menzogne su di te, che sei la verità, trasformando la gloria di Dio incorruttibile nell’immagine dell’uomo corruttibile e degli uccelli e dei quadrupedi e dei serpenti; convertono la tua verità in menzogna e adorano e servono la creatura anziché il creatore.

Dogmatismo manicheo

6. Molte sono, comunque, le nozioni esatte che ricavarono dallo stesso creato e che io appresi. Me ne offrivano la prova razionale i calcoli, la successione delle stagioni, le testimonianze visibili degli astri, e le confrontavo con le sentenze di Mani, che in proposito scrisse molto, delirando abbondantissimamente; e non mi si offriva la prova razionale né dei solstizi ed equinozi, né delle eclissi celesti, né degli altri fenomeni analoghi che avevo appreso dai testi della sapienza profana; tuttavia mi si imponeva di credergli, anche se discordava dalle spiegazioni che i calcoli numerici e i miei occhi accertavano, e largamente ne divergeva.

Scienza e fede

4. 7. Signore, Dio di verità, basta la conoscenza di queste cose per piacerti? Infelice davvero chi conosce tutte quelle e ignora te; felice chi conosce te, anche se ignora quelle. Chi poi sa e di te e di quelle, non per quelle è più felice, ma per te solo felice, se, oltre a conoscerti, ti glorifica per ciò che sei e ti ringrazia, anziché sperdersi nei suoi vani pensieri. Chi sa di possedere un albero e ti è grato di goderlo, pur ignorando i cubiti della sua altezza o la sua estensione in larghezza, è migliore di chi lo misura e ne conteggia tutti i rami, però non lo possiede né riconosce il suo creatore né lo ama. Così all’uomo di fede il mondo intero con i suoi tesori appartiene; forse non ha quasi nulla, eppure tutto possiede perché unito a te, padrone di tutto. Non importa se nemmeno conosce i giri delle Orse: solo uno stolto dubiterebbe che non sia in ogni caso migliore di chi sa misurare il cielo, enumerare le stelle, pesare gli elementi, però fa nessun conto di te, che ogni cosa hai disposto nella sua misura e numero e peso.

 

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