Le Confessioni di S. Agostino: Libro tredicesimo

SIGNIFICATO SPIRITUALE DELLA CREAZIONE

INTRODUZIONE

Invocazione a Dio buono

1. 1. T’invoco, Dio mio, misericordia mia, che mi hai creato e non hai dimenticato chi ti ha dimenticato. T’invoco nella mia anima, che prepari a riceverti col desiderio che le ispiri. Non trascurare ora la mia invocazione. Tu mi hai prevenuto prima che t’invocassi, insistendo con appelli crescenti e multiformi affinché ti ascoltassi da lontano e mi volgessi indietro chiamando te che mi richiamavi. Tu, Signore, cancellasti tutte le mie azioni cattive e colpevoli per non dover punire le mie mani, con cui ti ho fuggito; prevenisti invece tutte le mie azioni buone e meritevoli, per poter premiare le tue mani, con cui mi hai foggiato. Tu esistevi prima che io esistessi, mentre io non esistevo così che potessi offrirmi il dono dell’esistenza. Eccomi invece esistere grazie alla tua bontà, che prevenne tutto ciò che mi hai dato di essere e da cui hai tratto il mio essere. Tu non avevi bisogno di me, né io sono un bene che ti possa giovare, Signore mio e Dio mio. Il mio servizio non ti risparmia fatiche nell’azione, la privazione del mio ossequio non menoma la tua potenza, il mio culto per te non equivale alla coltura per la terra, così che saresti incolto senza il mio culto. Io ti devo servizio e culto per avere da te la felicità, poiché da te dipende la mia felicità.

Generosità di Dio Creatore

2. 2. La tua creatura ebbe l’esistenza dalla pienezza della tua bontà, affinché un bene del tutto inutile per te e, sebbene uscito da te, non uguale a te, poiché da te poteva però esser creato, non mancasse di esistere. Quali meriti avevano nei tuoi confronti il cielo e la terra, da te creati in principio? E dicano le nature spirituali e corporee, da te create nella tua Sapienza, quali meriti avevano nei tuoi confronti, perché ne dipendessero anche tutti gli esseri imperfetti e informi. Nel loro elemento, spirituale o corporale, essi tendono ad allontanarsi da te verso il disordine e la degenerazione, l’essere spirituale informe essendo superiore ad uno corporeo formato, il corporeo informe superiore a sua volta al nulla assoluto. Così rimarrebbero sospesi nella tua parola, informi, se questa stessa parola non li avesse richiamati alla tua unità, dotati di forma e resi tutti quanti buoni assai grazie a te, Uno e Bene sommo. Ma quali meriti precedenti avevano nei tuoi confronti, per esistere anche informi, se nemmeno così sarebbero esistiti senza di te?

– 3. Quali meriti aveva nei tuoi confronti la materia corporea per esistere, sia pure invisibile e confusa? Non sarebbe esistita nemmeno così senza la tua creazione, né poteva prima meritare da te l’esistenza, poiché inesistente. Quali meriti aveva nei tuoi confronti l’embrione della creatura spirituale per fluttuare, sia pure, tenebrosa e simile all’abisso, dissimile da te, finché ad opera della parola medesima non fosse rivolta verso il medesimo suo creatore, e ad opera della sua illuminazione non fosse fatta luce, conforme, se non uguale, a una forma uguale a te? Per un corpo l’esistenza non implica la bellezza, altrimenti non esisterebbero corpi deformi; così anche per uno spirito creato la vita non implica la vita sapiente, altrimenti tutti gli spiriti sarebbero immutabilmente sapienti. È però un bene per lo spirito essere unito sempre a te, al fine di non perdere, distogliendosi da te, il lume che ottenne volgendosi a te, e così ricadere in una vita simile ad abisso di tenebre. Noi pure, creature spirituali quanto all’anima, distolti da te, nostro lume, in quella vita fummo un tempo tenebre; e per quanto ci resta della nostra oscurità soffriamo, fino al giorno in cui saremo tua giustizia nel tuo unigenito come monti di Dio. Infatti fummo tua condanna come abisso profondo.

LE ALLEGORIE SPIRITUALI

La creazione della luce simbolo dell’illuminazione dei puri spiriti (Gn 1. 3)

3. 4. A proposito delle parole da te pronunciate all’inizio della creazione: "Sia fatta lo luce", e la luce fu fatta, io vedo qui, senza incongruenze, la creatura spirituale, perché era già in qualche modo una vita che tu potessi illuminare. Ma come non aveva meriti nei tuoi confronti per essere una vita tale che si potesse illuminare, così neppure dopo che lo fu ebbe meriti per essere illuminata. Il suo stato d’informità non ti sarebbe piaciuto, se non fosse divenuta luce, non già mediante l’esistenza, ma la visione della luce illuminante e l’unione intima con essa. Perciò deve soltanto alla tua grazia la vita e la felicità della vita, da quando fu rivolta, con mutamento in meglio, verso ciò che non può mutarsi né in meglio né in peggio; ossia verso di te, e non altri, perché tu, e non altri, sei l’Essere semplice, per il quale la vita è felicità, essendo tu stesso la tua felicità.

Lo spirito portato sulle acque simbolo della generosità del creatore (Gn 1. 2)

4. 5. Cosa mancherebbe dunque al tuo benessere, che tu sei per te stesso, quand’anche tutte le creature non esistessero affatto o rimanessero informi? Tu non le hai create per bisogno, ma per pienezza di bontà, e per questa le hai costrette e piegate a una forma, non per completarne la tua gioia. Alla tua perfezione spiace certamente la loro imperfezione, per cui si perfezionano di te affinché ti piacciano, e non già perché tu sia imperfetto, quasi bisognoso tu pure della loro perfezione per la tua perfezione. Il tuo spirito era portato sopra le acque, non dalle acque, quasi riposando in esse: quando si dice che il tuo spirito riposa in qualcuno, questi in sé fa riposare. Era la tua volontà incorruttibile, immutabile e sufficiente a se stessa, che si portava sulla vita creata da te, vita ove il vivere non equivale a vivere felici, poiché vive anche fluttuando nella sua oscurità; che ha bisogno di volgersi al suo creatore, di vivere sempre più vicino alla fonte della vita e di vedere nella sua luce la luce, per essere perfetta, illuminata e felice.

La Trinità nella creazione (Gn 1.1 s)

5. 6. Ed ecco apparirmi in un enigma la Trinità, ossia tu, Dio mio. Tu, il Padre, creasti il cielo e la terra nel principio della nostra sapienza, che è la tua Sapienza, nata da te, uguale e coeterna con te; cioè nel tuo Figlio. Ho parlato lungamente del cielo del cielo, della terra invisibile e confusa, dell’abisso tenebroso, vagabondaggio delirante per l’informe creatura spirituale, quando non si fosse rivolta all’Autore di ogni forma di vita, che con la sua illuminazione la rendesse vita splendida e cielo di quel cielo che venne creato più tardi fra acqua e acqua. Ormai coglievo nel nome di Dio il Padre che creò, nel nome di principio il Figlio in cui creò; e credendo, come credevo, nella trinità del mio Dio, la cercavo nelle sue sante parole. Ed ecco, il tuo spirito era portato sopra le acque. Ecco la Trinità Dio mio, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutto il creato.

La ritardata menzione dello Spirito

6. 7. Ma perché, o lume di verità, cui avvicino il mio cuore nel timore che i suoi insegnamenti siano fallaci; dissipane le tenebre e dimmi, ti supplico per la madre carità, ti supplico, dimmi: perché soltanto dopo la menzione del cielo e della terra invisibile e confusa, e delle tenebre sovrastanti l’abisso, soltanto allora la tua Scrittura ha menzionato il tuo spirito? Forse perché conveniva introdurlo così, dicendolo portato sulle acque? Non si poteva dirne questo senza menzionare prima la cosa su cui si potesse immaginare trasportato il tuo spirito, che non era portato sopra il Padre né sopra il Figlio, né l’espressione sarebbe corretta, se fosse portato sopra nulla. Quindi bisognava prima citare la cosa su cui era portato, poi lui, che non conveniva menzionare senza dire che era portato su qualcosa. Ma perché non conveniva introdurlo senza dire che era portato su qualcosa?

Il conforto dello Spirito

7. 8. D’ora innanzi chi può segua con intelletto il tuo Apostolo. Egli dice che il tuo amore è stato diffuso nei nostri cuori ad opera dello Spirito Santo che ci fu dato, che c’insegna le cose spirituali, ci mostra la via sovrana dell’amore e piega per noi il ginocchio innanzi a te, affinché conosciamo la scienza sovrana dell’amore di Cristo. Ecco dunque perché lo Spirito, sovrano fin dall’inizio, era portato sulle acque. A chi parlare, come parlare del peso della passione, che ci trascina nell’abisso scosceso, e dell’elevazione della carità, che opera il tuo spirito, il quale era portato sopra le acque? A chi parlarne? come parlarne? Non si tratta di luoghi, dove siamo immersi ed emergiamo; nessuna espressione sarebbe più propria e impropria. Si tratta invece dei sentimenti, si tratta degli affetti, dell’impurità del nostro spirito, che sprofonda con l’amore degli affanni; e della santità del tuo spirito, che ci solleva con l’amore della sicurezza per farci tenere in alto il cuore verso di te, ove il tuo spirito è portato sopra le acque. E giungeremo al riposo sovrano, quando la nostra anima avrà varcato le acque, che non hanno sostanza.

Caduta ed elevazione degli spiriti

8. 9. Sprofondò l’angelo, sprofondò l’anima dell’uomo. Così rivelarono le profonde tenebre dell’abisso, ove giacerebbe tutta la creazione spirituale, se non avessi detto fin dall’inizio: "Sia fatta la luce", e la luce non fosse stata fatta: se ogni spirito intelligente della tua città celeste non si fosse unito a te con l’ubbidienza e non avesse posato nel tuo spirito, che è portato immutabilmente sopra tutto ciò che è mutabile. Diversamente, lo stesso cielo del cielo sarebbe un abisso tenebroso in se stesso, mentre ora è luce nel Signore. Anche nella miserabile inquietudine degli spiriti che sprofondano e, denudati della veste della tua luce, mostrano le proprie tenebre, tu indichi abbastanza chiaramente la grandezza cui hai chiamato la creatura razionale; poiché nulla meno di te stesso, e quindi neppure se stessa le basta per la sua felicità e il suo riposo. Tu infatti, Dio nostro, illuminerai le nostre tenebre. Da te proviene la nostra veste, e le nostre tenebre saranno quale il mezzodì. Dammi te stesso, Dio mio, restituiscimi te stesso. Io ti amo. Se così è poco, fammi amare più forte. Non posso misurare, per sapere quanto manca al mio amore perché basti a spingere la mia vita fra le tue braccia e di là non toglierla finché ripari al riparo del tuo volto. So questo soltanto: che tranne te, per me tutto è male, non solo fuori di me, ma anche in me stesso; e che ogni mia ricchezza, se non è A mio Dio, è povertà.

La spinta dell’amore

9. 10. Ma il Padre o il Figlio non erano portati sulle acque? Se si pensa a un corpo nello spazio, neppure lo Spirito Santo lo era; se invece alla sovranità immutabile della divinità su ogni cosa mutabile, sia il Padre, sia il Figlio, sia lo Spirito Santo era portato sopra le acque. Perché dunque fu detto soltanto del tuo spirito? Perché fu detto soltanto di lui, come di un luogo dov’era, mentre non è un luogo? Di lui solo fu detto che è dono tuo il dono ove riposiamo, ove ti godiamo. Il nostro riposo è il nostro luogo. Là ci solleva l’amore, e il tuo Spirito buono eleva la nostra bassezza, strappandola alle porte della morte. Nella buona volontà è la nostra pace. Ogni corpo a motivo del suo peso tende al luogo che gli è proprio. Un peso non trascina soltanto al basso, ma al luogo che gli è proprio. Il fuoco tende verso l’alto, la pietra verso il basso, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. L’olio versato dentro l’acqua s’innalza sopra l’acqua. l’acqua versata sopra l’olio s’immerge sotto l’olio, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. Fuori dell’ordine regna l’inquietudine, nell’ordine la quiete. Il mio peso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto. Il tuo Dono ci accende e ci porta verso l’alto. Noi ardiamo e ci muoviamo. Saliamo la salita del cuore cantando il cantico dei gradini. Del tuo fuoco, del tuo buon fuoco ardiamo e ci muoviamo, salendo verso la pace di Gerusalemme. Quale gioia per me udire queste parole: "Andremo alla casa del Signore"! Là collocati dalla buona volontà, nulla desidereremo, se non di rimanervi in eterno.

Beatitudine degli angeli

10. 11. Beata la creatura che non conobbe stato diverso. Ma pure il suo stato sarebbe diverso, se, appena creata, il tuo Dono, che è portato sopra tutto ciò che è mutevole, non l’avesse immediatamente elevata con quel tuo appello: "Sia fatta la luce", e non fosse stata fatta la luce. Per noi il tempo in cui fummo tenebre è distinto da quello in cui diveniamo luce; per essa invece fu detto soltanto quale sarebbe stata, se non fosse stata illuminata. La presentazione che ne fa la Scrittura, come dapprima ondeggiante e tenebrosa, dà risalto alla causa che ne produsse il mutamento, per il quale, rivolta al lume inestinguibile, fu luce. Chi lo può, capisca, a te chieda. Perché molesta me, quasi io illumini qualche uomo che viene in questo mondo?

 

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