XI (XXXVIII) – Contro Ilaro, un libro

11 Nel frattempo un certo Ilaro, un cattolico laico che aveva rivestito la carica di tribuno, non so perché, ma seguendo un costume alquanto diffuso, fu preso da grande irritazione contro i ministri di Dio. Ovunque poteva attaccava con critiche malevole l’uso, che incominciava allora ad affermarsi in Cartagine, di intonare dinanzi all’altare degli inni tratti dai Salmi, sia prima dell’offerta sia nel momento in cui ciò che era stato offerto veniva distribuito al popolo, sostenendo che questo non si doveva fare·. Gli ho risposto sollecitato dai fratelli e ho intitolato il libro che ne è risultato: Contro Ilaro.

Questo libro incomincia così: Coloro che dicono che la menzione dell’Antico Testamento.

XII (XXXIX) – Questioni evangeliche, due libri

12 Trattasi di alcune note esplicative a passi del Vangelo secondo Matteo e ad altri di quello secondo Luca: le une sono raccolte nel primo libro, le altre nel secondo. Titolo di quest’opera è: Questioni evangeliche. Il prologo da me premesso all’opera spiega sufficientemente perché trovano posto in questi miei libri solo le questioni tratte da quei Vangeli e quali esse sono·. Ho anche aggiunto un elenco numerato delle questioni per permettere a chiunque di trovare subito, con l’ausilio dei numeri, ciò che desidera. Nel primo libro, là dove ho detto che il Signore rivelò separatamente a due discepoli la sua passione, sono stato tratto in inganno da un errore del mio testo·: la lezione esatta è dodici, non due. Nel secondo libro volevo chiarire in che senso Giuseppe, la cui sposa è detta la Vergine Maria, avesse avuto due padri ed ho pertanto scritto: Non è esatto quanto si dice, che cioè il fratello avesse sposato la moglie del fratello defunto per assicurargli una discendenza secondo la legge: questa infatti ordinava che il nascituro prendesse il nome del defunto. Ma quanto da me affermato non è vero: la legge stabiliva che la menzione del nome del defunto servisse ad assicurare che il nascituro fosse dichiarato suo figlio, non che ne prendesse il nome·.

Questo libro incomincia così: Quest’opera non è stata scritta così.

XIII (XL) – Annotazioni al libro di Giobbe, un libro

13 Non mi sarebbe facile dire se questo libro intitolato Annotazioni al libro di Giobbe sia opera mia o di coloro che, come hanno potuto o voluto, hanno raccolto quelle annotazioni in un unico testo, trascrivendole dai margini del manoscritto·. Sono di gradevolissima lettura per i pochissimi che sono in grado di comprenderle. È però inevitabile ch’essi si trovino in difficoltà per l’incomprensibilità di molti tratti: capita infatti spesso che gli stessi passi commentati non siano riportati in modo che risulti evidente l’oggetto del commento. Inoltre alla concisione dei pensieri s’accompagna una tale oscurità che il lettore riesce con difficoltà a sopportarla ed è costretto a sorvolare sopra molte parti senza averle comprese. Ho infine trovato il testo di quest’opera in un tale stato di corruzione nei codici da me posseduti che non sono riuscito a correggerlo. Non vorrei che si dicesse che l’ho pubblicato, ma so che dei fratelli lo posseggono e non ho potuto sottrarmi a un loro desiderio.

Questo libro incomincia così: E aveva molti beni sulla terra.

XIV (XLI) – La catechesi degli incolti, un libro

14 C’è un nostro libro su La catechesi degli incolti che reca questo stesso titolo·. In esso ho detto: E l’angelo che assieme agli altri spiriti, suoi schiavi, abbandonò per superbia l’obbedienza a Dio e divenne il diavolo, non nocque a Dio, ma a se stesso. Dio sa infatti ricollocare nell’ordine le anime che lo abbandonano.

Sarebbe più corretto dire: Gli spiriti che lo avevano abbandonato, dal momento che si trattava di angeli.

Questo libro incomincia così: Mi hai chiesto, o fratello Deogratias.

XV (XLII) – La Trinità, quindici libri

15.1 Ho impiegato alcuni anni per comporre i libri su La Trinità, che è Dio. Già però nel tempo in cui non ero ancora giunto alla fine del dodicesimo e avevo trattenuto presso di me quelli già composti troppo a lungo rispetto all’aspettativa di coloro che avrebbero voluto averli, quei libri mi vennero sottratti, pur non essendo ancora corretti come avrebbero potuto e dovuto esserlo al momento in cui avessi deciso di pubblicarli. Quando me ne accorsi, visto che me n’erano rimasti altri esemplari, decisi di non pubblicarli di persona, ma di conservarli, ripromettendomi di chiarire l’accaduto in qualche altro mio scritto. In seguito però alle pressioni dei fratelli, alle quali non seppi resistere, provvidi a correggerli nei limiti che ritenni opportuno, completai l’opera e la pubblicai. Premisi al testo una lettera, indirizzata al venerabile Aurelio, vescovo della Chiesa di Cartagine, e in questa sorta di prologo esposi ciò che m’era accaduto, ciò che avevo avuto in mente di fare e ciò che in realtà avevo fatto per l’affettuosa pressione dei fratelli·.

15.2 Nell’undicesimo libro, trattando del corpo visibile ho detto: Perciò amarlo equivale a una pazzia. L’affermazione vale per quel tipo d’amore secondo il quale si pensa che, godendo dell’oggetto del proprio amore, si possa esser felici. Non è invece follia amare una bellezza sensibile in lode del Creatore e giungere così alla felicità vera godendo dello stesso Creatore·. Ho ugualmente detto nel medesimo libro: Non mi ricordo di un volatile quadrupede, perché non l’ho visto, ma riesco facilmente a costruirne l’immagine aggiungendo a un tipo di volatile che ho visto oltre due altre zampe che pure ho visto. Dicendo questo non ero riuscito a ricordarmi dei volatili quadrupedi dei quali parla la Legge. Essa non annovera fra i piedi le due zampe posteriori che servono alle cavallette per saltare. Definisce inoltre queste ultime monde, distinguendole così da quei consimili volatili immondi che non riescono a saltare con quelle zampe come gli scarabei. Tutti gli animali di questo tipo son definiti nella Legge volatili quadrupedi·.

15.3 Non mi soddisfa la spiegazione da me data nel dodicesimo libro delle parole dell’Apostolo: Ogni peccato compiuto dall’uomo è fuori del suo corpo. Quanto alle parole: Chi commette fornicazione pecca contro il proprio corpo non penso vadano intese nel senso che si macchia di fornicazione colui che compie un’azione per ottenere i piaceri che si presentano attraverso il corpo e pone in questo il fine del suo bene. Tale comportamento comprende un numero ben maggiore di peccati di quello di fornicazione, che vien perpetrato in una unione illecita e del quale soltanto sembra parlare l’Apostolo nel passo citato·.

Quest’opera, ove si escluda la lettera, che solo in un secondo tempo ho collocato all’inizio, incomincia così: Il lettore di queste mie discussioni sulla Trinità.

XVI (XLIII) – L’accordo fra gli Evangelisti, quattro libri

16 Nei medesimi anni nei quali a poco a poco venivo dettando i miei libri su La Trinità ne ho scritti anche altri, sfruttando, con una perenne attività, il tempo lasciato libero dai primi. Di questi fan parte i quattro libri sull’accordo fra gli Evangelisti, rivolti contro coloro che li calunniano come fossero in contrasto fra loro·. Il primo è scritto contro coloro che onorano o fingono di onorare Cristo come un uomo di grande sapienza, ma non credono al Vangelo in quanto scritto non da lui, ma dai suoi discepoli che a torto gli attribuirebbero la divinità per cui è creduto Dio·. In questo libro ho detto che gli Ebrei traggono origine da Abramo ed è perciò anche credibile che il nome Ebrei derivi da un originario Abraei. È però più esatto intendere ch’essi traggano il loro nome da colui che era chiamato Eber· e ch’essi fossero detti originariamente Eberei. Di questo argomento ho trattato piuttosto ampiamente nel libro sedicesimo de La Città di Dio. Nel secondo, trattando dei due padri di Giuseppe, ho detto che dall’uno era stato generato e dall’altro adottato. Avrei dovuto dire: adottato per l’altroDi fatto – ed è più credibile – era stato adottato, secondo la legge per il defunto, in quanto colui che lo aveva generato aveva sposato sua madre, in quanto moglie del fratello defunto. Ho anche detto: Luca risale allo stesso David attraverso Nathan e per mezzo di questo profeta Dio fece espiare a David il suo peccato. Avrei dovuto dire: Per mezzo di un profeta di quel nome, e ciò perché non si ritenesse trattarsi della stessa persona: in effetti si trattava di un altro, nonostante il nome uguale.

Quest’opera incomincia così: Fra tutte le divine autorità.

XVII (XLIV) – Contro la lettera di Parmeniano, tre libri

17 Nei tre libri Contro la lettera di Parmeniano, vescovo dei Donatisti di Cartagine e successore di Donato·, vien dibattuta e condotta a soluzione una grossa questione. Vi si discute se nell’unità e nella comunione degli stessi sacramenti i cattivi possano contaminare i buoni e come accada che non li contaminino. Trattasi di una questione che coinvolge la Chiesa diffusa in tutto il mondo dalla quale essi, ricorrendo a calunnie, hanno defezionato con lo scisma.

Nel terzo libro, discutendo il senso delle parole dell’Apostolo: Togliete il male da voi stessi, avevo inteso che significassero: Ciascuno tolga il male da se stesso. Ch’esse non vadano intese così, ma indichino piuttosto l’esigenza che l’uomo malvagio sia allontanato dalla società dei buoni, come avviene grazie alla disciplina della Chiesa, risulta abbondantemente dal testo greco. In esso non c’è ambiguità in quanto da ciò ch’è scritto si può intendere solo il malvagio e non il male·. Ciò non toglie che io abbia risposto a Parmeniano anche in base a questa seconda interpretazione.

Quest’opera incomincia così: In altra occasione molte obiezioni contro i Donatisti.

XVIII (XLV) – Il battesimo, sette libri

18 Contro i Donatisti, che cercavano di difendersi rifacendosi all’autorità del beatissimo vescovo e martire Cipriano, ho scritto sette libri su Il battesimo. In essi ho dimostrato che, per confutare i Donatisti e chiudere loro definitivamente la bocca, perché la smettano di difendere il loro scisma, nulla è più efficace degli scritti e del comportamento di Cipriano·. Dovunque in quei libri ho parlato di una Chiesa senza macchia e senza ruga non si deve intendere che già lo sia, ma che si prepara ad esserlo al momento in cui si rivelerà anche gloriosa. Per ora, a causa di certa ignoranza e fragilità dei suoi membri, ha ogni giorno motivo di dire a nome della totalità dei fedeli: Rimetti a noi i nostri debiti·. Nel quarto libro, a sostegno dell’affermazione che la sofferenza può sostituire il battesimo, ho addotto il noto episodio del ladrone. Trattasi però di esempio poco adatto in quanto non si sa se il ladrone non avesse effettivamente ricevuto il battesimo·. Nel settimo libro, a proposito dei vasi d’oro e d’argento posti in una grande casa, ho seguito l’interpretazione di Cipriano, il quale considerava questi come beni, e quelli di legno e d’argilla come mali, riferendo ai primi le parole: Alcuni per usi onorevoli e ai secondi le parole: Altri per usi riprovevoli. Mi convince di più però l’interpretazione che in seguito ho trovato o rilevato in Ticonio. Secondo tale interpretazione in entrambe le categorie di vasi ve ne sono di posti in onore, che non sono solo quelli d’oro e d’argento, e allo stesso modo in entrambe le categorie ve ne sono di abietti, che non sono solo quelli di legno e d’argilla.

Quest’opera incomincia così: In quei libri che contro la lettera di Parmeniano.

XIX (XLVI) – Contro le osservazioni presentate da Centurio, del partito dei Donatisti, un libro·

19 Mentre ci davamo molto da fare con continue discussioni Contro il partito dei Donatisti, un laico, che allora faceva parte del loro gruppo, presentò in chiesa delle osservazioni contro di noi, in forma orale o scritta, condensando il tutto in poche proposizioni che suffragherebbero la loro causa. A queste ho risposto molto brevemente·. Il titolo di questo libretto è: Contro le osservazioni presentate da Centurio, del partito dei Donatisti.

E incomincia così: Dici per quanto è scritto in Salomone: "·Astieniti dall’acqua altrui·".

XX (XLVII) – Risposte ai quesiti di Gennaro, due libri

20 I due libri intitolati Risposte ai quesiti di Gennaro contengono molte discussioni sulla pratica dei sacramenti·, considerandone sia gli aspetti che la Chiesa osserva universalmente, sia su quelli che osserva con modalità particolari, vale a dire non allo stesso modo in tutti i luoghi·. Non si è potuto tuttavia parlare di tutti, ma si è data un’adeguata risposta a tutte le domande. Il primo di questi libri è una lettera, recando in testa il nome del mittente e del destinatario. L’opera è tuttavia ugualmente annoverata fra i miei libri, poiché il successivo, che non reca il mio nome e quello del destinatario, è molto più lungo e tratta un numero maggiore di argomenti·. Nel primo libro, a proposito della manna, ho detto che provocava al palato il gusto che ciascuno desiderava, ma non so su quale base scritturistica il fatto possa trovare conferma, ove si escluda il Libro della Sapienza, cui gli Ebrei non attribuiscono autorità canonica·. Ciò poté comunque verificarsi per coloro che erano rimasti fedeli a Dio, ma non per quelli che mormoravano contro di lui: non avrebbero infatti desiderato altri cibi se la manna avesse assunto il sapore che desideravano·.

Quest’opera incomincia così: Ai tuoi quesiti.

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