LVIII (LXXXV) – Contro un avversario della Legge e dei Profeti, due libri

58 Nel frattempo avvenne che in una piazza di Cartagine posta in riva al mare si tenesse una pubblica lettura con larghissima affluenza di un pubblico molto attento e interessato. Ad interessare l’uditorio era il libro di un eretico, o seguace di Marcione o comunque annoverabile fra coloro il cui errore consiste nel ritenere che non sia stato Dio a creare il mondo e secondo i quali il Dio della Legge trasmessa per tramite di Mosè e dei Profeti che si rifanno a quella Legge non sarebbe il vero Dio, bensì un demone fra i più malvagi·. Alcuni fratelli di intensa fede cristiana riuscirono a porvi sopra le mani e me lo inviarono senza indugio perché lo confutassi, rivolgendomi un pressante invito perché non dilazionassi la mia risposta. Ho articolato la mia confutazione in due libri ai quali ho premesso come titolo: Contro un avversario della Legge e dei Profeti. Il codice che mi era stato inviato non recava infatti il nome dell’autore.

Quest’opera incomincia così: Col libro che mi avete inviato, o amatissimi fratelli.

LIX (LXXXVI) – Contro Gaudenzio, vescovo dei Donatisti, due libri

59 Nel medesimo periodo Dulcizio, tribuno e notaio, si trovava qui in Africa in qualità di esecutore delle disposizioni imperiali contro i Donatisti. Questi aveva inviato una lettera a Gaudenzio di Thamugadi, vescovo dei Donatisti, uno dei sette che gli adepti della setta avevano scelto quali difensori della loro causa nel confronto avuto con noi: in essa lo invitava all’unità coi cattolici e lo dissuadeva dall’appiccare l’incendio col quale minacciava di distruggere sé e i suoi con la chiesa nella quale si trovava·; aggiungeva inoltre che, se si ritenevano giusti, si dessero alla fuga secondo il precetto di Cristo Signore, piuttosto che lasciarsi bruciare da fiamme sacrileghe·. Quello rispose con due lettere, una breve, imposta, a suo dire, dalla fretta del latore, l’altra più ampia con la quale sembrava voler fornire una risposta più completa e approfondita. Il tribuno più sopra ricordato ritenne di dovermele inviare perché fossi preferibilmente io a fornirne la confutazione, ed io lo feci per entrambe con un unico libro. Quest’ultimo giunse nelle mani di Gaudenzio il quale mi espose per iscritto quanto a lui parve opportuno senza fornirmi, nel modo più assoluto, una risposta, ma dichiarando piuttosto di non aver potuto né rispondermi né tacere. Benché ciò risulti abbastanza chiaro a chi legga con intelligenza e confronti le sue parole con le mie·, non ho voluto rinunciare a dare una mia risposta scritta, quale che essa sia stata. Ne è derivato che entrambi i miei libri risultano rivolti a lui.

Quest’opera incomincia così: Gaudenzio di Thamugadi, vescovo dei Donatisti.

LX (LXXXVII) – Contro la menzogna, un libro

60 Scrissi allora anche un libro Contro la menzogna. L’occasione mi fu offerta dallo stratagemma escogitato da alcuni cattolici che, per scovare gli eretici Priscillianisti, che ritengono di dover tenere nascosta la loro eresia non solo negando e mentendo, ma anche spergiurando, si erano fatti un dovere di fingersi essi stessi Priscillianisti per penetrare nei loro misteri·. Scrissi questo libro nell’intento di proibire tale comportamento.

Questo libro incomincia così: Mi hai inviato molti scritti da leggere.

LXI (LXXXVIII) – Contro due lettere dei Pelagiani, quattro libri

61 Seguono quattro miei libri che hanno come bersaglio due lettere dei Pelagiani· e come destinatario Bonifacio, Vescovo della Chiesa di Roma. Le due lettere erano giunte nelle sue mani ed egli me le aveva inviate in quanto in esse il mio nome veniva tratto in causa in modo calunnioso.

Quest’opera incomincia così: Ti conoscevo certamente, per una fama largamente diffusa.

LXII (LXXXIX) – Contro Giuliano, sei libri

62 Nel frattempo mi capitarono fra le mani i quattro libri del pelagiano Giuliano dei quali ho già fatto menzione. In essi individuai le parti che aveva stralciato colui che le aveva inviate al conte Valerio, ma dovetti anche constatare che il testo scritto per il conte non corrispondeva in tutto a quanto Giuliano aveva detto e presentava in alcune parti notevoli rimaneggiamenti. Scrissi allora sei libri per confutarli tutti e quattro. I primi due però, partendo dalla testimonianza dei Santi che, dopo gli Apostoli, difesero la fede cattolica, hanno come bersaglio l’impudenza di Giuliano: costui era giunto al punto di imputarci la taccia di manicheismo per aver fatto risalire ad Adamo il peccato originale, che viene cancellato dal bagno della rigenerazione non solo negli adulti, ma anche nei bambini. Quanto per converso proprio Giuliano con alcune sue espressioni assecondi i Manichei l’ho messo in evidenza nella seconda parte del primo libro. I rimanenti quattro libri corrispondono, rispettivamente, a ciascuno dei quattro scritti da Giuliano. Nel quinto libro di quest’opera così ampia e così laboriosa ho dato per certo, per una caduta di memoria, il nome del protagonista di un episodio la cui identificazione è tutt’altro che sicura. Trattasi del caso di quel marito deforme che, per evitare che sua moglie generasse dei figli deformi, soleva mostrarle durante il rapporto coniugale una bella pittura.

Sorano, autore di opere mediche, attribuiva tale consuetudine a un re di Cipro, ma senza farne espressamente il nome.

Quest’opera incomincia così: I tuoi improperi e le tue maligne insinuazioni, Giuliano.

LXIII (XC) – La fede, la speranza e la carità, a Lorenzo, un libro

63 Ho scritto anche un libro sulla fede, la speranza e la carità su richiesta del dedicatario il quale desiderava avere un mio opuscolo di dimensioni tali – i Greci lo chiamano manuale – da non potergli sfuggire di mano. In esso ritengo di esser riuscito a compendiare con sufficiente accuratezza le modalità del culto dovuto a Dio, quel culto che la Sacra Scrittura definisce sempre come vera sapienza dell’uomo.

Questo libro incomincia così: È impossibile dire quanto mi compiaccia, amatissimo figlio Lorenzo, della tua cultura.

LXIV (XCI) – La cura dovuta ai morti, al Vescovo Paolino, un libro

64 Ho scritto un libro Sulla cura dovuta ai morti, per rispondere ad una lettera nella quale mi si chiedeva se giovi a ciascuno dopo la morte che il suo corpo sia sepolto laddove si onora la memoria di qualche santo·.

Questo libro incomincia così: A lungo alla tua santità, venerando Paolino, vescovo al pari di me.

LXV (XCII) – Le otto questioni di Dulcizio, un libro

65 Il libro da me intitolato: Le otto questioni di Dulcizio· non dovrebbe essere ricordato in quest’opera fra i miei libri. In effetti risulta costituito dall’unione di materiali che si trovavano in altri miei precedenti scritti·, fatta eccezione per l’inserimento di qualche tratto di discussione e per la risposta ad una delle questioni poste, che non risulta mutuata da qualche mio scritto, ma che ho fornito così come mi si era presentata sul momento·.

Questo libro incomincia così: Per quanto mi sembra, amatissimo figlio Dulcizio.

LXVI (XCIII) – La grazia e il libero arbitrio, a Valentino e ai monaci che si trovano con lui, un libro

66 Per rispondere a coloro che ritengono la difesa della grazia di Dio incompatibile col libero arbitrio e difendono perciò il libero arbitrio al punto di negare la grazia che, a loro parere, ci sarebbe concessa in conseguenza dei nostri meriti ho scritto un libro intitolato: La grazia e il libero arbitrio. L’ho scritto per quei monaci di Adrumeto, nel cui monastero si era incominciato a discutere della questione, tanto che alcuni si erano visti costretti a chiedere il mio parere.

Questo libro incomincia così: Per coloro che il libero arbitrio dell’uomo.

LXVII (XCIV) – Il castigo e la grazia, a quelli di cui sopra, un libro

67 Ai medesimi monaci scrissi un altro libro e lo intitolai: Il castigo e la grazia. Mi era stato riferito che uno di quei monaci sosteneva che non si dovrebbe punire chi non obbedisce ai comandamenti di Dio, ma solo pregare per lui perché lo faccia.

Questo libro incomincia così: Ho letto la vostra lettera, o amatissimo fratello Valentino.

 

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