L. Il piacere è considerato illegittimo sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento.

1. Innanzitutto, queste cose non sono consentite nel matrimonio, che è solito procurare soltanto la libertà degli accoppiamenti, e non quella di godere i piaceri. Ne è testimone il beato Paolo quando dice: "La donna che vive nella dissolutezza è morta". E se si obietta che queste parole sono state pronunziate a proposito delle vedove, ascolta ciò che dice alle donne sposate: "Analogamente, le donne devono essere vestite in modo decente, e adornarsi con ritegno e temperanza, non con trecce, ori, perle e vesti sfarzose, ma cosí come si addice alle donne che manifestano la loro religiosità attraverso le buone opere". Non solo in questo passo, ma anche in altri si può notare la sua grande insistenza sulla necessità di non ricercare tali cose.

2. Dice infatti: "Se abbiamo di che nutrirci e coprirci, ci contentiamo. Chi vuole essere ricco, diviene preda di desideri stolti e dannosi, che fanno precipitare gli uomini nella rovina e nella perdizione". Ma perché parlare di Paolo, che pronunziava tali parole all'epoca della somma filosofia e dell'abbondante grazia dello spirito? Ascolta come il profeta Amos attacca aspramente coloro che si danno ai piaceri: eppure, parlava agli Ebrei ancora bambini, in un tempo in cui erano consentiti il lusso, lo sfarzo e per così dire tutte le cose superflue. Dice: "Guai a coloro che vanno verso il giorno cattivo, che si avvicinano ai falsi sabati fino a toccarli, che dormono su letti di avorio, che sono dissoluti sui loro giacigli, che mangiano i capretti del gregge ed i vitelli da latte presi dalle mandrie; che battono le mani al suono degli strumenti, che bevono il vino filtrato e che si ungono con i profuni piú preziosi: pensano che questi beni siano stabili e non caduchi".

LI. Anche se il piacere fosse permesso, i dolori prodotti dal matrimonio basterebbero a distruggerlo.

Come ho detto, in primo luogo i piaceri non erano consentiti; ma anche se non fossero stati vietati e se tutto fosse stato permesso, va ricordato che altri fattori opposti sono causa di tristezza e di dolore; anzi, sono tanto piú numerosi e piú forti dei piaceri, che non è possibile provare questi ultimi neanche un poco: essi si dileguano completamente.

LII. Del grande male rappresentato dalla gelosia.

1. Dimmi: se un uomo è per natura geloso, o se un pretesto infondato lo fa divenire preda di questo male, che cosa è piú pietoso di quest'anima? Quale guerra, quale tempesta possiamo paragonare alla sua casa, per ottenere un'immagine fedele? Tutto gronda di dolori, di sospetti, di discordia e di confusione. Chi è colpito da tale pazzia non sta meglio degl'indemoniati o di coloro che sono vittime di una malattia mentale: continuamente scatta e si slancia, odia tutti e sfoga la sua ira sui presenti anche se non hanno colpa, si tratti dei servi, dei figli o di qualsiasi altro. Ogni gioia è scacciata, e tutto è pieno di tristezza, di dolore e di avversione. Rimanga a casa, vada in piazza o intraprenda un viaggio, fa sempre nascere questo terribile male, che è peggiore della morte e che eccita ed irrita la sua anima senza lasciarla mai tranquilla. In effetti, tale malattia è solita produrre non solo la tristezza, ma anche un'ira intollerabile. Ciascuno di questi mali è sufficiente da solo a rovinare la sua vittima; quando però tutti insieme la cingono d'assedio e la stringono continuamente senza permetterle di respirare neanche per un breve momento, quante morti sarebbero peggiori? Neanche l'estrema povertà, neanche una malattia inguaribile, neanche il fuoco o il ferro possono essere definiti mali uguali: soltanto coloro che l'hanno sperimentata lo sanno bene. Quando il marito si vede costretto a sospettare sempre della donna che ama piú di ogni altra persona, e per la quale darebbe volentieri la propria vita, che cosa è piú in grado di consolarlo?

2. Se deve mangiare e bere, l'uomo geloso pensa che la tavola sia piena di veleni mortali piuttosto che di vivande; e quando si corica e giace sul letto, non riesce a stare quieto neanche un momento, ma si agita e si rivolta come se avesse sotto di sé dei carboni: né la compagnia degli amici, né il pensiero degli affari, né la paura dei pericoli, né lo smodato piacere né alcun'altra cosa è in grado di allontanarlo da tale tempesta, che s'impadronisce della sua anima più di qualsiasi gioia e dolore. Tenendo presente questo, Salomone disse: "Dura come la morte è la gelosia", e "l'animo di suo marito è pieno di gelosia; nel giorno del giudizio non la risparmierà: nessuna ricompensa muterà il suo odio, ed i molti doni non varranno a dissolverlo".

3. Cosí forte è la pazzia prodotta da questa malattia, che neanche il castigo del colpevole riesce ad eliminare il dolore. Spesso molti mariti, pur avendo ucciso l'adultero, non riescono ad estirpare l'ira e lo scoraggiamento. Ci sono amche uomini che, dopo avere ucciso le proprie mogli, si lasciano consumare dal fuoco della gelosia in misura simile o anche maggiore. Il marito vive in preda a questi mali, anche quando non c'è nulla di vero; e la moglie misera e sfortunata deve sopportare dolori ancora piú forti di quelli del coniuge. Quando infatti vede imbestialirsi e diventare nemico piú di ogni altro l'uomo che avrebbe dovuto consolarla da tutti i dolori e da cui avrebbe dovuto attendersi ogni assistenza, dove potrà piú guardare? Dove dovrà fuggire? Dove potrà trovare la liberazione dai suoi mali, se il porto è coperto e pieno di un’infinità di scogli?

4. Allora i servi e le serve la trattano in modo piú oltraggioso di suo marito. Questa razza di persone è sempre infida ed ingrata, ma quando può prendersi una maggiore libertà e vede padroni in discordia tra loro, considera tale guerra un ottimo pretesto per oltraggiare. In questi momenti, possono infatti inventare ed immaginare tutto ciò che piace loro senza alcun timore, e con le loro calunnie accrescono i sospetti. L'anima del marito, una volta divenuta preda di tale funesta malattia, crede volentieri a tutto, ed aprendo le orecchie a tutti indifferentemente, non riesce a distinguere i calunniatori da coloro che non lo sono. Anzi, sembrano dire la verità piú coloro che accrescono i sospetti che coloro che cercano di dissiparli.

5. La moglie deve quindi temere non meno del marito gli schiavi pronti a fuggire che vivono nella sua casa e le loro mogli, e prendere il loro posto abbandonando il rango che le è proprio. Quando potrà vivere senza piangere? In quale notte? In quale giorno? In quale festa? Quando potrà evitare i sospiri, i lamenti, i gemiti? Continuamente la colpiscono le minacce, le offese e gli oltraggi sia del marito che ha ricevuto una ferita inunaginaria sia dei servi miserabili; custodi e spie la sorvegliano, e tutto è pieno di paura e di tremito. Non solo vengono sorvegliate le sue entrate e le sue uscite, ma vengono esaminate con molta attenzione anche le sue parole, i suoi sguardi, i suoi sospiri: in tal caso, o deve rimanere piú immobile di una pietra, sopportare tutto in silenzio e restare sempre inchiodata alla camera nuziale peggio di un prigioniero; o, se vuole parlare, lamentarsi ed uscire, deve rendere conto di tutto a questi giudici corrotti — parlo delle ancelle e della folla dei domestici.

6. Se vuoi, in mezzo a tutte queste disgrazie metti pure le ricchezze indescrivibili, la sontuosità della mensa, le schiere dei servi, lo splendore della stirpe, la grande potenza, la grande fama, il lustro degli antenati; non lasciare nessuna delle cose che sembrano rendere invidiabile questa vita; metti tutto insieme con attenzione, e raffrontalo con questi tormenti: vedrai che il piacere prodotto da tali cose non è neanche una parvenza, e si dilegua com'è naturale che si spenga una scintilla che cade in un vasto mare. Ciò succede quando è il marito ad essere geloso; quando invece la malattia si trasferisce alla moglie — e questo accade non di rado — il marito si trova in migliori condizioni di lei, mentre la maggior parte del dolore si riversa di nuovo sulla poveretta, che non può fare uso delle stesse armi nei confronti del marito di cui sospetta. Quale marito potrebbe infatti mai accettare l’ordine della moglie di rimanere sempre in casa?

7. Quale servo può d'altra parte avere il coraggio di sorvegliare il padrone, senza essere subito gettato da un precipizio? La moglie non può consolarsi con questi mezzi, né dare sfogo alla propria ira con le parole: il marito può forse sopportare questo suo malumore una o due volte, ma se lei continua sempre ad accusarlo le insegna subito che è meglio sopportare tutto in silenzio e consumarsi. Questo accade quando c'è un semplice sospetto. Quando invece il male è reale, nessuno può sottrarre la moglie alle mani del marito offeso, che, invocando in suo soccorso le leggi, conduce in tribunale la persona a lei piú cara e la fa uccidere. Il marito, al contrario, può sfuggire alla pena della legge, anche se gli è riservata la condanna celeste, quella di Dio. Ciò non basta però a consolare la misera, che va necessariamente incontro ad una morte lenta e pietosa, prodotta dagl'incantesimi e dalle pozioni approntate dalle adultere. Vi sono poi delle adultere che non hanno bisogno di ricorrere a questi mezzi insidiosi nei confronti delle loro vittime, perché queste vengono rapite prima dalla morte, data la veemenza della loro disperazione. Di conseguenza, anche se tutti gli uomini corrono al matrimonio, le donne non devono inseguirlo. Non possono dire che la tirannia del desiderio è troppo forte; d'altra parte, come il nostro discorso ha dimostrato, sono esse a raccogliere il maggior numero dei mali del matrimonio.

8. "E che? — mi si obietta —. Questa disgrazia tocca a tutti i matrimoni?". Essa però non resta lontana da ogni matrimonio, mentre si tiene ben lontana da ogni persona vergine. La donna sposata, anche se non ne è vittima, è sempre vittima della paura che essa produce: colei che intende convivere con un uomo non può non soppesare e temere le cose brutte collegate con tale convivenza. La vergine, al contrario, resta esente non solo dalle disgrazie, ma anche dai sospetti. "Questo però non si verifica in tutti i matrimoni". Neanch'io lo dico; ma anche se non capita un male, ce ne sono molti altri, e se si sfugge ad uno, non è possibile sfuggire a tutti quanti: come, nel caso delle spine che si attaccano alle vesti quando si attraversa una siepe, se ci si volta per toglierne una si è punti da molte altre, così nella vita matrimoniale chi sfugge ad un male è trafitto da un altro, e chi ne evita uno inciampa in un altro; in una parola non si può trovare un matrimonio in cui manchino completamente i dispiaceri.

LIII. Il matrimonio con una donna ricca non è invidiabile, e provoca piú dolori del matrimonio con una donna povera.

Ma, se vuoi, lasciamo da parte tutti gli aspetti spiacevoli, e prendiamo ora in esame più da vicino la cosa che nel matrimonio sembra rappresentare la somma felicità e che spesso molti, anzi tutti si augurano di ottenere. Di che cosa si tratta? Del prendere in sposa, quando si è poveri, semplici e modesti, una moglie discendente da una famiglia importante, potente e molto ricca. Ma questa cosa così invidiabile si rivela in realtà foriera di disgrazie non minori di quelle dell’altro matrimonio tanto detestato. Le donne sono una razza portata più di ogni altra all'alterigia ed alla debolezza, e divengono più facilmente preda di queste malattie. Quando poi hanno a portata di mano un gran numero di pretesti per manifestare la loro alterigia, nulla più le trattiene: come la fiamma che si attacca ad una materia, si gonfiano in un modo indicibile, e sconvolgono ogni ordine, mettendo tutto sottosopra. In tal caso infatti la moglie non consente al marito di rimanere il capo, ma, spinta dalla sua presunzione e demenza, lo scaccia da questo posto e lo relega in una posizione subordinata, che invece spetterebbe a lei: così, è lei a diventare il capo. Che cosa c'è di peggio di quest'anomalia? Non parlo poi dei rimproveri, delle offese, dei dispiaceri, cose più insopportabili di ogni altra.

LIV. Se si riesce a sottomettere la moglie ricca, i dispiaceri si fanno ancora piu grandi .

E se si dicesse — l'ho sentito dire a molti, quando capita di fare questi discorsi: "Mi basta che sia molto ricca; per me, non è un problema sottometterla ed umiliare la sua presunzione"; se si dicesse questo, innanzitutto si mostrerebbe d'ignorare che si tratta di un'impresa molto difficile. In secondo luogo, anche se si riuscisse, il danno non sarebbe lieve. Il fatto che la moglie viene sottomessa al marito con la costrizione, il timore e la violenza è molto più penoso e doloroso dell'esercizio di un pieno potere su di lui. Come mai? Perché questa violenza scaccia ogni amore ed ogni piacere; e quando non c'è né l'amore né il desiderio amoroso, ed al loro posto subentrano la paura e la costrizione, che cosa vale più un simile matrimonio?

LV. Sposare un uomo piu ricco è un male insopportabile.

Questo accade quando è la moglie ad essere ricca. Se invece la moglie non ha nulla mentre il marito è ricco, la moglie, invece di essere sposa, diventa serva, e da donna libera che era si trasforma in schiava: perduta la sicurezza propria del suo rango, non si trova in una situazione migliore di quella degli schiavi comprati; e se il marito vuol fare lo sregolato o ubriacarsi o portare nel suo letto una folla di cortigiane, deve o sopportare tutto e fare buon viso, o abbandonare la casa. E questa non è la sola cosa brutta: quando il marito è così, la moglie non è in grado di comandare liberamente né i servi né le ancelle; vivendo come un'estranea, godendo di cose che non le appartengono, e coabitando con un padrone più che con un marito, è costretta a fare tutto ed a soffrire. Qualora poi un uomo volesse sposare una donna di condizione simile alla sua, la legge della sottomissione rovina ogni uguaglianza, anche se l'entità del patrimonio spinge la moglie a considerarsi uguale al marito. Che cosa si può fare di fronte a difficoltà così grandi, che insorgono ad ogni passo? Non citarmi come esempio i matrimoni — molto pochi e facili a contarsi — che sfuggono a questi mali: è bene definire le cose non in base alle eccezioni, ma in base a ciò che capita di regola.

LVI. La donna sposata è costretta a soffrire molti dolori

1. E' ben difficile, anzi è impossibile che questi mali si presentino durante lo stato verginale, mentre è difficile che non capitino durante il matrimonio. E se nei matrimoni che sembrano felici insorgono così forti dispiaceri e così gravi disgrazie, che cosa si dovrebbe dire e a proposito dei matrimoni che, per comune ammissione, sono fonte di dolori? E' fatale che la donna, anche se deve morire una volta sola, non tema la morte di una sola persona e che non si preoccupi di un'unica vita, pur possedendone una sola: grande è la sua trepidazione per il marito, per i figli, per le loro mogli e per i loro figli, e quanto più la radice si divide nei vari rami, tanto più si moltiplicano le sue ansie. Se a qualcuna di queste persone capita o un danno economico o una malattia fisica o qualche altro male non voluto, essa deve affliggersi e lamentarsi non meno delle vittime dirette. Quando tutti i congiunti muoiono prima di lei, il dolore le diventa insopportabile; quando invece alcuni restano in vita, mentre altri sono rapiti da morti premature, neanche in questo si può trovare una vera e propria consolazione.

2. L'ansia per le persone vive che continua a scuotere l'anima non è inferiore al dolore che prova per i morti ma lo supera, per quanto strano ciò possa sembrare. Il tempo suole infatti mitigare la tristezza prodotta dalle morti, mentre le preoccupazioni per i vivi sono destinate a continuare sempre, e a cessare solo con la morte. Quale vita conduciamo se, non contentandoci dei nostri dolori, siamo costretti a piangere sulle disgrazie altrui? Spesso molte donne discendono da genitori illustri, vengono allevate nei più grandi agi e vengono fatte sposare ad uomini molto potenti; eppure all’improvviso, prima ancora di potere assaporare questa felicità, al sopraggiungere di una calamità simile ad una tempesta o ad una burrasca, vanno a fondo e sperimentano gli orrori del naufragio; dopo aver goduto di un'infinità di beni prima del matrimonio, una volta sposatesi piombano nell'estrema disgrazia. "Ma questo — mi si obietta — non suole accadere in tutti i matrimoni né si verifica sempre". Ed io torno a ripetere: non si può però neanche dire che tutti i matrimoni ne siano esenti: da una parte, alcune persone fanno diretta esperienza di tali disgrazie; dall'altra, quelle che sono riuscite ad evitare la prova sono angustiate dall'attesa. Ogni vergine, invece, rimane al di sopra di ogni prova e di ogni attesa.

LVII. Dei dolori che colpiscono ogni matrimonio.

1. Ma se vuoi lasciamo stare tutto questo ed esaminiamo ora i mali che la natura assegna al matrimonio ed ai quali nessuno può sfuggire, lo voglia o no. Quali sono? I dolori del parto, la generazione ed i figli. Ma riprendiamo il discorso da un punto più alto, e cerchiamo di capire ciò che avviene prima del matrimonio, per quanto ci è possibile (queste cose le conosce infatti con esattezza soltanto chi le ha sperimentate). E’ giunto il tempo del fidanzamento, e subito preoccupazioni di vario tipo si affollano nella mente della donna: l'uomo che sta per sposare può avere dei bassi natali o una cattiva reputazione, o può essere arrogante, ingannatore, millantatore, insolente, geloso, meschino, sciocco, malvagio, duro, effeminato. Certo, non è detto che tutti questi mali debbano colpire tutte le donne che si sposano; ma è fatale che tutte se ne preoccupino molto. Quando non si conosce ancora l'uomo assegnato e le speranze sono incerte, l'anima della donna trema piena di timore di fronte a tutto e pensa a tutti i mali possibili. Chi poi dicesse che essa potrebbe rallegrarsi pensando ai beni contrari, sappia che la speranza dei beni non ci consola nella stessa misura in cui ci addolora il timore dei mali. I beni producono la gioia solo quando poggiano su speranze sicure, mentre i mali, anche quando vengono soltanto sospettati, subito scompigliano e sconvolgono l’anima.

2. Come nel caso degli schiavi l'incertezza sui futuri padroni non dà tregua alle loro anime, così l'anima delle vergini, per tutto il periodo del fidanzamento, assomiglia ad una nave sbattuta dalla tempesta. Ogni giorno i loro genitori accolgono o scacciano i pretendenti; il pretendente che ieri ha vinto può essere oggi vinto da un altro, il quale può a sua volta essere scacciato da un altro ancora. Accade anche che alla vigilia stessa del matrimonio quello che era ritenuto lo sposo se ne vada a mani vuote, mentre un altro a cui non si pensava affatto riceve in sposa la ragazza dai genitori. E non solo le donne, ma anche gli uomini hanno forti preoccupazioni: mentre sul conto degli uomini ci si può informare, come ci si può informare sul carattere o sull'aspetto di una donna che rimane sempre chiusa in casa? Questo accade all'epoca dell'innamoramento. Quando poi si giunge al matrimonio, l’angoscia cresce e le paure soverchiano le gioie; la sposa teme di sembrare già dalla prima sera poco attraente e di gran lunga inferiore alle aspettative del marito. Essa può sopportare un disprezzo successivo, che subentra all'ammirazione iniziale; ma se, per così dire, suscita repulsione fin dal punto di partenza, quando potrà mai essere ammirata?

3. E non dire: "Che cosa succede invece se è bella?". Neanche in questo caso si libera dalle sue preoccupazioni. Molte donne splendenti nella loro bellezza fisica non riescono a catturare i loro mariti, che abbandonano per darsi ad altre inferiori a loro. E anche quando questa preoccupazione svanisce, ne sopraggiunge un'altra: nuovi dispiaceri insorgono al pagamento della dote, quando il suocero non la dà volentieri perché sa di dare un deposito a fondo perduto, e quando lo sposo, pur essendo ansioso di prenderla, si vede costretto ad essere cauto nelle sue richieste di riscossione; la sposa si vergogna del ritardo ed arrossisce di fronte al marito, perché ha un padre che è il peggiore debitore. Ma ora tralascio tutto questo.

4. Anche se questa preoccupazione svanisce, subito subentrano la paura della sterilità e, in aggiunta, quella di una prole molto numerosa; se nessuna di queste due eventualità è ancora chiara, le spose fin dall'inizio del matrimonio sono agitate da entrambi i pensieri. Se la sposa diventa subito incinta, la gioia si mescola alla paura, perché da quest'ultima nulla nel matrimonio è disgiunto; si teme che il feto concepito vada distrutto in un aborto, e che la donna incinta corra l’estremo pericolo. Se invece prima del concepimento intercorre un lungo periodo di tempo, la donna si perde d'animo, come se il generare dipendesse da lei. Quando poi giunge il momento del parto, il ventre, già messo a dura prova per tanto tempo, è colpito e tirato dai dolori, che da soli bastano ad oscurare tutte le gioie del matrimonio. Oltre a questo, altri pensieri la turbano. La povera e sfortunata ragazza, pur essendo torturata da così forti dolori, teme non meno di questi di dare alla luce un figlio mutilato e storpio in luogo di un figlio integro e sano, o di avere una femmina invece di un maschio. Quest’angoscia, in effetti, non tormenta in quel momento le partorienti meno dei dolori del parto: hanno paura dei mariti non solo nelle cose di cui sono responsabili, ma anche — e in misura non minore — in quelle in cui sono esenti da qualsiasi responsabilità. Trascurando la propria sicurezza in un momento di così grave pericolo, si preoccupano di non far succedere nulla che sia sgradito al marito. E dopo che il bambino è caduto a terra ed ha emesso il primo vagito, si affacciano altre preoccupazioni, quelle relative alla sua incolumità ed al suo allevamento.

5. Ed anche se il bambino generato ha una buona natura ed è portato alla virtù, i genitori temono che gli capiti qualcosa di male, che sia vittima di una morte prematura, che si lasci prendere da qualche vizio. Non è vero soltanto che da cattivi si può diventare buoni: anche da buoni si può diventare vili e cattivi. E se si verifica qualcuno di questi eventi esecrabili, il dolore che ne deriva è più insopportabile di quello che si sarebbe provato se la stessa cosa fosse avvenuta all’inizio. Se poi tutte le qualità buone restano salde, la paura di un cambiamento continua sempre a scuotere l’animo dei genitori e ad eliminare una buona parte del piacere. "Ma non a tutte le persone sposate capita di avere figli". Ammetti dunque un altro motivo di tristezza? Quando gli sposi sono presi da differenti dolori e preoccupazioni, ci siano o no i figli, o siano essi buoni o cattivi, come possiamo chiamare piacevole la vita matrimoniale?

6. Se poi gli sposi vivono d'amore e d'accordo, si affaccia il timore che la morte venga a recidere il piacere. E' più esatto dire che in tal caso non si ha a che fare con una semplice paura: il male non consiste soltanto nella sua attesa, ma fatalmente si realizza modo concreto. Nessuno è stato mai in grado d’indicare due persone sposate che siano morte entrambe nello stesso giorno: non essendo ciò possibile, resta solo l'obbligo di sopportare una vita molto più dolorosa della morte, si sia vissuti insieme per molto tempo o per poco. Chi ha infatti sperimentato una lunga convivenza, riceve un dolore in proporzione più grande, giacché la lunga dimestichezza rende insopportabile la separazione e chi, quando il suo desiderio è ancora veemente, si vede privato dell'amore che non ha potuto gustare e di cui non ha ancora potuto saziarsi, piange per questo ancora più dell'altro: per cause opposte, entrambi sono vittime di uguali dolori.

7. E perché ricordare le separazioni che nel frattempo si verificano, le lunghe assenze, le ansie che le accompagnano, e le malattie? "Ma che cosa ha a che fare questo con il matrimonio?" mi si obietta. Spesso, molte donne si ammalano soprattutto per colpa sua. Quando sono vittime di violenza e d’ira, si produce in loro una febbre dovuta ora alla rabbia, ora allo scoraggiamento. Se invece, quando il marito è presente, non solo non soffrono nulla di tutto questo, ma godono delle sue continue gentilezze, quando egli si allontana incappano negli stessi dolori. Ma anche se lasciassimo andare tutto questo e non muovessimo più accuse al matrimonio, non potremmo scagionarlo anche di un'altra colpa. Di quale? Il matrimonio non permette all'uomo sano di stare meglio del malato, ma lo fa piombare nello stesso scoraggiamento che prova l'uomo allettato.

LVIII. Il matrimonio, anche se sfugge ad ogni dolore, non ha in sé nulla di grande

  1. Vuoi che, prescindendo da tutto ciò, supponiamo nel nostro ragionamento l'impossibile ed ammettiamo l'esistenza di un matrimonio in cui sono presenti tutti i beni, vale a dire la prole numerosa e buona, la ricchezza, una moglie saggia, bella ed intelligente, la concordia ed una lunga vecchiaia? Aggiungiamo pure il lustro della stirpe e la grande potenza, e supponiamo che un matrimonio simile non venga disturbato dal timore di un cambiamento, la malattia che è propria della nostra natura; sia bandito ogni motivo di tristezza, ogni pretesto che possa dar adito a preoccupazioni ed angustie; nessuna ragione, nessuna morte prematura sciolga tale matrimonio; tutti e due i coniugi muoiano nello stesso giorno; oppure — e questa sembra la più grande felicità — i figli restino gli eredi, ed accompagnino alla tomba i genitori morti dopo una lunga vecchiaia. Ma qual è la conclusione? Quale guadagno traggono i coniugi da questo piacere, nel momento in cui partono per l'altra vita? Il lasciare molti figli, l'avere goduto di una bella moglie, delle ricchezze e di tutte le altre cose che ho appena enumerato, l'avere trascorso una lunga vecchiaia, di quale aiuto potranno mai essere di fronte a quel tribunale, nella sfera delle cose eterne e vere? Di nessun aiuto. Tutto questo non è forse un'ombra ed un sogno? Che cosa accade dunque, se mio marito è portato a cadere in basso ed io voglio essere continente? Devi seguirlo. La catena che il matrimonio ti ha messo intorno ti trascina e ti tira tuo malgrado verso colui che fin dall’inizio è legato assieme a te; se opponi resistenza e cerchi di romperla, non solo non ti liberi dai suoi legami, ma vai incontro alla più grave punizione.

LIX. La verginità è una cosa facile

La vergine non è costretta a prendere informazioni sul suo sposo, né teme d'essere vittima di un inganno. Lo sposo è infatti Dio, non un uomo; e il Signore, non un compagno di schiavitù: tanto grande è la differenza tra i due sposi. Esamina anche le condizioni dell'unione. I doni nuziali offerti a tale fidanzata non sono rappresentati dagli schiavi, dalle misure di terreno e da un certo numero di talenti d'oro, ma dai cieli e dai beni celesti. Per di più, la donna sposata teme la morte oltre che per altri motivi anche perché la separa dal consorte. La vergine, invece, desidera la morte e considera la vita come un peso, ansiosa com'è di vedere il suo sposo "faccia a faccia" e di godere della sua gloria.

LX. La verginità non ha bisogno di nessuna delle cose che non dipendono da noi

1. Neanche una vita da miseria può danneggiare la vergine, come accade invece nel matrimonio; anzi, essa rende ancora più gradita allo sposo colei che la sopporta di buon grado. Lo stesso vale per i bassi natali, per l'assenza di una bellezza fisica risplendente e per le altre cose dello stesso genere. Ma perché parlarne? Neanche il non essere libera nuoce al suo fidanzamento: le basta mostrare un'anima bella e raggiungere il primo posto. In tale stato, non c'è motivo di temere la gelosia o di provare una dolorosa invidia nei confronti di un'altra donna che si è unita ad un uomo più illustre. Nessun uomo è infatti simile o uguale al suo sposo, nessuno gli si avvicina neanche un po'; nel matrimonio, invece, la donna sposata, anche se ha un marito molto ricco e potente, può sempre trovarne un'altra con un marito di condizione molto più alta.

2. L'essere superati da persone più importanti non diminuisce in lieve misura il piacere che si prova quando si superano gl'inferiori. Ma il grande sfarzo negli ori, nelle vesti, nella tavola e nelle altre comodità basta da solo ad incantare l'anima e ad attrarla. Ma quante donne ne godono? La maggior parte uomini vive nella povertà, nelle ristrettezze e nelle fatiche. Se ci sono donne che possono godere di tali beni, sono molto poche, e si possono facilmente contare; esse agiscono però contro il volere di Dio. Come abbiamo mostrato in precedenza nel nostro discorso, a nessuno è consentito vivere in questi piaceri.

LXI. I1 portare addosso gli ori produce più paura che piacere

Ma supponiamo pure nel nostro ragionamento che questo lusso sia permesso, e che né il profeta né Paolo si dichiarino contrari alle donne che amano troppo lo sfarzo. Ma di quale utilità sono i molti ori? Non producono altro che invidie, preoccupazioni e timori non indifferenti. Le donne che li possiedono si agitano non solo quando li ripongono nello scrigno al sopraggiungere della notte, ma anche quando li indossano: quando è giorno, provano la stessa ansia, o piuttosto un'ansia ancora più forte, giacché i bagni e le chiese sono frequentate da donne che li rubano. Ma anche non tenendo conto di queste ultime, accade spesso che le donne che portano gli ori, spinte e premute dalla folla, non si accorgono che qualche oggetto d'oro è caduto. Così pure, molte perdono non solo questi ori, ma collane di valore ancora maggiore, fatte di pietre preziose che, strappate, finiscono con il cadere. Ma ammettiamo pure che non sussista neanche questa paura, e che tale preoccupazione venga bandita.

LXII. I1 portare addosso gli ori nuoce alla bellezza e mette in risalto la bruttezza

1. Si dice: "Altri vedono ed ammirano". Ammirano però non la donna che indossa gli ori, ma gli oggetti indossati, e spesso la disprezzano per colpa loro, come se se ne fosse adornata senza esserne degna. Se infatti la donna è bella, gli ori danneggiano la bellezza naturale, perché i molti ornamenti non le permettono di mostrarsi così com'è, e ne eliminano la maggior parte; se invece è brutta e di aspetto sgradevole, essi la fanno apparire ancora più repellente: la bruttezza, quando appare da sola, si rivela unicamente per quello che è; ma quando si riveste di pietre risplendenti e di altri materiali belli, il suo aspetto sgradevole risalta ancora di più.

2. I1 colore nero di un corpo è fatto risaltare maggiormente dalla luce di una perla posta su di esso, che risplende come nell'oscurità; allo stesso modo, gli ornamenti delle vesti, non permettendo all'impressione visiva di affrontare da sola il giudizio degli spettatori, peggiorano la deformità dell'aspetto: di fronte a quella bellezza artificiale e straordinaria, la sconfitta diviene ancora più netta. L'oro disseminato sulle vesti, la varietà dei lavori eseguiti in questo campo, e tutti gli altri ornamenti - al pari di un atleta valente, in buone condizioni e vigoroso, che respinge un avversario coperto di scabbia, brutto ed affamato - annullano lo splendore del viso di colei che l'indossa ed attirano su di sé l'attenzione degli spettatori: di conseguenza, mentre la donna viene derisa, essi vengono ammirati oltre misura.

LXIII. Quali sono gli ornamenti e qual è la bellezza della verginità

1. Gli ornamenti della verginità non sono però di tale natura. Non danneggiano colei che l'indossa, giacché non sono corporei, ma appartengono interamente all'anima. Per questo, anche se la vergine è brutta, subito ne trasformano la bruttezza, rivestendola di una bellezza straordinaria; se invece essa è bella e risplendente, ne accrescono lo splendore. Le anime delle vergini non sono infatti adornate dalle pietre, dagli ori, dalle vesti sfarzose, dai vari e ricchi ricami colorati, o da qualcun'altra di queste cose caduche, ma, in loro vece, dai digiuni, dalle veglie sacre, dalla mitezza, dalla bontà, dalla povertà, dal coraggio, dall'umiltà, dalla perseveranza - in una parola, dal disprezzo di tutte le cose della vita presente.

2. L'occhio della vergine è così bello ed incantevole che fa innamorare, in luogo degli uomini, le potenze incorporee ed il loro padrone; è così puro e limpido, che è in grado di vedere in luogo delle bellezze corporee quelle incorporee, e così mite e tranquillo che non si adira mai e non si rivolta neppure contro chi le fa del male e le procura continuamente dei dolori; al contrario, guarda costoro in modo dolce e soave. Tale modestia la riveste, che anche gl'intemperanti, guardandola bene, si vergognano, arrossiscono e mitigano la propria follia. Come l'ancella che serve una padrona modesta deve assumere anch'essa questo carattere anche se non lo vuole, così anche la carne della persona che pratica tale filosofia deve uniformarsi ai suoi movimenti ed impulsi. Lo sguardo, la lingua, l'aspetto, l'andatura ed in una parola tutto ricevono un'impronta dall'ordine interiore. Come un profumo prezioso, anche se è racchiuso in un vaso, impregna l'aria della propria fragranza ed inebria non solo quelli che si trovano in casa o che sono vicini, ma anche quelli che sono fuori; allo stesso modo la fragranza dell'anima della vergine, diffondendosi nei sensi, rivela la virtù interiore, mette a tutti i cavalli le auree redini dell'ordine ed assicura il perfetto ritmo di ciascuno di loro; non permette alla lingua di pronunziare nessuna parola stonata e disarmonica, né all'occhio di guardare senza pudore e con sospetto, né all'orecchio di ascoltare qualche canto sconveniente. La vergine bada anche ai piedi, in modo da avere non un'andatura disordinata e molle, ma un passo privo di affettazione e di ricercatezza. Eliminato ogni ornamento dalle vesti, raccomanda continuamente al volto di non distendersi nelle risa, di non sorridere neanche di nascosto, di mostrare al contrario sempre una fronte vereconda e seria, e di essere sempre pronto al pianto e mai al riso.

 

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