XVII. Della condiscendenza divina

1. Ora questo caso è simile a quello dei piccoli uccelli. La madre, dopo averli nutriti, li spinge fuori dal nido. Se però vede che sono ancora deboli, che cadono e che hanno ancora bisogno di rimanere dentro il nido, li lascia lì ancora per vari giorni non perché vi rimangano per sempre, ma perché possano volare con tutta sicurezza una volta che le loro ali si sono ben fissate e che essi sono divenuti abbastanza forti. Cosí anche nostro Signore fin dall’inizio ci ha trascinati verso il cielo e ci ha indicato la strada che conduce ad esso; non ignorava, ma sapeva bene che non eravamo capaci di volare, e voleva mostrarci che la caduta si verificava non per suo volere, ma per la nostra debolezza. Dopo avercelo mostrato, ci lasciò crescere per molto tempo in questo mondo e nel matrimonio, come in un nido.

2. Ma quando, dopo un lungo intervallo di tempo, ci crebbero le ali della virtú, ritornò, e con delicatezza e piano piano ci portò fuori da questa dimora insegnandoci a volare piú in alto Chi è ancora pigro e dorme in un sonno profondo, ama trattenersi nel nido, rimanendo inchiodato alle cose del mondo. Chi invece è veramente nobile ed ama la luce, abbandona il nido con grande disinvoltura, vola verso l'alto e tocca il cielo, lasciando tutte le cose terrene: il matrimonio, le ricchezze, i pensieri e tutto ciò che è solito trascinarci sulla terra.

3. Non dobbiarno dunque scambiare il permesso del matrimonio, concesso all'inizio, per un obbligo che c’impedisce di rinunziare ad esso. Il Signore vuole che vi rinunciamo: ascolta le sue parole "Chi è in grado d'intendere, intenda". Non meravigliarti del fatto che non abbia prescritto questo fin dall'inizio. Neanche il medico, infatti, prescrive ai malati tutte le cure insieme e nello stesso momento: quando sono in preda alla febbre, proibisce loro i cibi solidi, mentre quando non ci sono piú né la febbre né la debolezza fisica da essa prodotta, sopprime i cibi sgradevoli e li riporta alla dieta consueta. Come gli elementi dei corpi, scontrandosi tra loro e rimanendo in eccesso o in difetto, provocano una malattia, cosí anche nel caso dell’anima la mancanza di misura nelle passioni distrugge la sua salute. Bisogna avere una prescrizione per queste passioni soprattutto nel momento piú adatto: senza questi due fattori, la legge da sola non basta a correggere il disordine che si forma nell'anima. Cosí pure, neanche le medicine possono eliminare la piaga: quello che le medicine fanno per le ferite, lo fanno le leggi per i peccati.

4. Tu non importuni il medico quando, intervenendo sulle stesse ferite, taglia, o brucia, o spesso non fa nessuna di queste due cose, anche se di sovente non riesce nel suo intento; quando invece si tratta di Dio che non sbaglia mai e che regola tutto in modo degno della sua sapienza tu, pur essendo uomo, pretendi d'immischiarti, gli chiedi ragione dei suoi comandamenti, e non ti sottometti alla sua infinita sapienza? Non è questo il segno di un’estrema stoltezza? Dio disse: "Crescete e moltiplicatevi". Allora il momento richiedeva questo, giacché la natura umana era come impazzita, non poteva sopportare lo stimolo delle passioni e non poteva rifugiarsi in un alto porto trovandosi in mezzo a quella tempesta.

5. Che cosa avrebbe dovuto comandare Dio? Di vivere nella continenza e nella verginità? Ma quest’ordine avrebbe prodotto una caduta ancora più grave ed avrebbe reso più violenta la fiamma. Se ai bambini che hanno bisogno soltanto del latte si togliesse questo nutrimento e li si costringesse a prendere il cibo degli adulti, nulla potrebbe impedire la loro rapida morte: tanto grande è il male dell’inopportunità. Per questo la verginità non fu concessa all’inizio. Per meglio dire, ci apparve all’inizio prima ancora del matrimonio, ma quest'ultimo sopraggiunse successivamente e fu ritenuto necessario per le ragioni prima spiegate; se Adamo avesse continuato ad obbedire, non ne avrebbe avuto bisogno. E come - mi si obietta - avrebbero potuto nascere tante moltitudini di uomini? Ed io, giacché questa paura continua ad agitarti tanto, ti chiedo di nuovo: "Com'è nato Adamo, com'è nata Eva, se non c'era il mezzo del matrimonio?". "E che? - mi si chiederebbe -. Tutti gli nomini avrebbero dovuto nascere così?". Se fossero nati così o in un altro modo, non sono in grado di dirlo. Ciò che ora c'importa di stabilire, è che Dio non aveva bisogno del matrimonio per moltiplicare gli uomini sulla terra.

XVIII. Non la verginità, ma il peccato riduce il genere umano

Che non la verginità, ma il peccato e gli accoppiamenti fuori luogo sono la causa dell'estinzione del genere umano, lo mostra l'annientamento degli uomini, delle bestie ed in una parola di tutti gli esseri che respiravano sulla terra verificatosi ai tempi di Noè. Se i figli di Dio avessero allora resistito a quell’innaturale desiderio ed onorato la verginità, se non avessero gettato degli sguardi peccaminosi sulle figlie degli uomini, tale calamità non li avrebbe colpiti. Non si creda che io intenda addossare sul matrimonio la colpa della loro rovina; non sto dicendo questo: dico che la rovina e la distruzione della nostra razza dipendono non dalla verginità, ma dal peccato.

XIX. Anticamente il matrimonio aveva due ragioni, ora ne ha una sola

1. Certo, il matrimonio fu concesso per la procreazione; ma ancora di più fu concesso per spegnere il fuoco della nostra natura. Lo testimonia Paolo, là dove dice "per evitare la fornicazione, ciascuno abbia la propria moglie": della procreazione non fa parola. Inoltre, egli non invita la coppia a restare unita perché procrei molti figli; per quale ragione allora raccomanda questo? "Perché Satana non vi tenti": sono le sue parole. Più avanti, non dice "si sposino se desiderano i figli" ma "si sposino, se non riescono a rimanere continenti". All’inizio, come ho detto, il matrimonio aveva queste due funzioni; successivamente invece, dopo che la terra, il mare e tutte le regioni abitabili furono popolate, rimase solo un motivo per contrarlo, l’eliminazione della sfrenatezza e della scostumatezza.

2. In effetti, coloro che anche adesso si rotolano in queste passioni, che desiderano vivere come i porci e corrompersi nei lupanari, vengono non poco aiutati dal matrimonio, che li allontana dall’impurità e dalla schiavitù e li conserva nella santità e nel decoro. Ma fino a quando dovrò continuare a combattere contro ombre? Anche voi che parlate così conoscete quanto me l’eccellenza della verginità: tutte le cose da voi dette non sono che delle scuse e dei pretesti che mirano a velare l'incontinenza.

XX. Anche ammettendo che coloro che disprezzano la verginità non corrano alcun pericolo,
nondimeno tale denigrazione non è esente da rischi

Ma anche se non si corresse alcun pericolo parlando così, bisognerebbe ora porre fine alle calunnie. Chi infatti assume un atteggiamento ostile di fronte alle cose belle, pronunziando un giudizio così depravato ed ingiusto, oltre a danneggiare se stesso dà anche di fronte a tutti una non piccola prova della propria malvagità. Dovreste quindi tenere a posto la lingua, se non per altre ragioni, per lo meno per evitare di attirarvi una reputazione così cattiva: dovete ricordare che, mentre chi ammira coloro che si distinguono nelle gare più impegnative può trovare presso tutti comprensione se non riesce a raggiungere gli stessi risultati, chi invece non solo non riesce, ma denigra le imprese degne di molte corone, è giustamente odiato da tutti come un acerrimo nemico della virtù e come più miserabile degli stolti; questi ultimi infatti non sanno cosa fanno, né sopportano volontariamente la propria sorte. Perciò, anche se oltraggiano i potenti, non solo non vengono puniti, ma sono oggetto di commiserazione da parte di coloro che hanno offeso. Ma se qualcuno osasse fare consapevolmente ciò che essi fanno senza volerlo, sarebbe giustamente condannato con giudizio unanime come nemico della nostra natura.

XXI. Coloro che disprezzano la verginità corrono un grave pericolo

1. Come ho detto, anche se tale accusa non facesse correre dei pericoli, bisognerebbe abbandonarla: ne ho spiegato le ragioni. In realtà però il fatto comporta un grave pericolo: sarà punito non solo "chi siede parlando male del proprio fratello e sollevando scandali contro il figlio di sua madre", ma anche chi cerca di calunniare le cose che sembrano belle a Dio. Ascolta le parole di un altro profeta, là dove parla di quest'argomento: "Guai a chi chiama buono il cattivo ed il cattivo buono, a chi trasforma la tenebra in luce e la luce in tenebra, il dolce nell'amaro e l'amaro nel dolce". E che cosa c’è di più dolce, di più bello e di più risplendente della verginità? Essa emette degli splendori più luminosi dei raggi del sole, e mentre ci allontana da tutte le cose materiali, ci mette in condizione di guardare fissi, con occhi puri, a sole della giustizia. Queste grida lanciava Isaia contro coloro che ospitavano in sé tali idee distorte.

2. Ascolta che cosa dice un altro profeta su coloro che pronunziano contro altri queste parole pestifere; egli comincia con la stessa esclamazione: "Guai a chi versa al vicino una sporca bevanda". La parola "guai" non è un semplice modo di dire, ma una minaccia che ci annunzia una punizione indicibile, che non conosce perdono; nelle Scritture, tale avverbio è usato a proposito di coloro che non possono sfuggire alla punizione imminente.

3. E un altro profeta, accusando gli Ebrei, disse da parte sua: "Avete dato da bere il vino ai santi". Se chi fa bere il vino ai Nazirei dovrà sopportare una punizione così grande, chi versa una bevanda sudicia nelle anime dei semplici di quale punizione non sarà degno? Se chi elimina una piccola parte dell'ascesi prevista dalla legge subisce un castigo inesorabile, chi dileggia tutta quanta la santità, quale condanna subirà? "Se - dice il Signore - qualcuno scandalizzerà uno di questi piccoli, sarà meglio per lui attaccarsi al collo una macina da mulino e gettarsi in mare". Che cosa potranno dire allora coloro che con queste parole scandalizzano non solo un piccolo, ma molte persone? Se chi chiama sciocco il proprio fratello sarà condotto direttamente al fuoco della Geenna, chi calunnia questo modo di vita uguale a quello degli angeli quanta ira non attirerà sul suo capo?

4. Una volta Miriam parlò contro Mosè non con il tono che voi usate contro la verginità, ma in modo molto meno grave ed in termini più moderati. Non schernì l'uomo, né derise la virtù di quel beato, che anzi ammirava molto: si limitò a dire che anche lei godeva dei suoi stessi privilegi. Purtuttavia, attirò su di sé l'ira divina a tal punto, che neanche le molte preghiere del presunto offeso valsero ad ottenere qualcosa per lei: anzi, il suo castigo andò molto al di là di quello che Mosè stesso aveva pensato.

 

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