LIBRO SECONDO

I

(XXVIII) – A Simpliciano, due libri

1.1 I primi due libri da me composti da vescovo sono rivolti a Simpliciano, il vescovo della Chiesa milanese succeduto al beatissimo Ambrogio e trattano di diverse questioni: due di esse, ricavate dalla Lettera dell’apostolo Paolo ai Romani, formano il primo libro. La prima riguarda il brano che incomincia con le parole: Che diremo dunque, che la legge è peccato? Certamente no! fino alle parole: Chi mi libererà dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. Nel mio commento ho inteso le parole dell’Apostolo: La legge è spirituale, ma io sono carnale, e quanto nel brano tratta della lotta della carne contro lo spirito come descrizione dell’uomo che si trova tuttora sotto la legge, e non è ancora sotto la grazia. Molto tempo dopo ho compreso – e questa interpretazione è più probabile – che quelle possono anche essere le parole di un uomo spirituale·. La successiva questione discussa in questo libro riguarda il brano che va dalle parole: Non solo lei, ma anche Rebecca, che ebbe una prole da un’unica unione con Isacco, nostro padre, alle parole: Se il Signore degli Eserciti non ci avesse lasciato un seme saremmo divenuti come Sodoma e simili a Gomorra.

Nella soluzione di questa questione mi sono dato molto da fare per sostenere il libero arbitrio della volontà umana, ma ha vinto la grazia di Dio, e non si è potuto che addivenire alla piena comprensione di quanto l’Apostolo afferma con somma chiarezza e verità: Chi può fare per te una distinzione? Che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se lo hai ricevuto perché te ne glori come se non lo avessi ricevuto? Volendo illustrare questo concetto il martire Cipriano l’ha integralmente condensato in un titolo: In nulla ci dobbiamo gloriare dal momento che nulla ci appartiene

1.2 Tutte le altre questioni, che riguardano esclusivamente quella parte della Scrittura recante come titolo I Regni, vengono affrontate nel secondo libro ed anche tutte risolte, compatibilmente con i miei limiti.

La prima questione riguarda il passo in cui si legge: E lo Spirito del Signore si portò su Saul, messa a confronto con l’altro: E lo spirito malvagio del Signore fu in Saul·. Nella spiegazione ho detto: Mentre è in potere di ciascuno il volere qualcosa, non lo è altrettanto il poterlo realizzare. S’è detto questo nel senso che non è in nostro potere se non ciò che, quando lo vogliamo, si realizza. La volontà ha dunque la precedenza in assoluto ed è un fatto che questa stessa volontà si presenta immediatamente appena lo vogliamo. Ma è dall’alto che riceviamo la facoltà di condurre rettamente la nostra vita, ove la volontà sia preparata dal Signore.

La seconda questione riguarda il senso delle parole: "·Mi pento di aver fatto re Saul·";

la terza discute se lo spirito immondo che era nella pitonessa abbia potuto agire in modo che Samuele fosse visto da Saul e parlasse con lui·;

la quarta delle parole: "·Entrò il re David e sedette davanti al Signore·";

la quinta delle parole di Elia: "·O Signore, testimone di questa vedova con la quale abito nella sua casa, hai fatto male a uccidere suo figlio·"·.

Quest’opera incomincia così: Senz’altro graditissima e dolcissima.

II (XXIX) – Contro la Lettera di Manicheo detta del fondamento, un libro

Il libro Contro la lettera di Manicheo detta del fondamento· ne contesta solo gli inizi. In ogni altra sua parte, però, quando mi è parso opportuno, ho inserito delle annotazioni dalle quali risulta totalmente vanificata, e che avrebbero dovuto costituire un punto d’avvio, qualora avessi avuto il tempo di estendere la mia polemica all’intera lettera.

Questo libro incomincia così: L’unico vero Dio onnipotente.

III (XXX) – Il combattimento cristiano, un libro

Il libro su Il combattimento cristiano è stato scritto in un linguaggio semplice per i fratelli non esperti nella lingua latina. Contiene la regola della fede e le norme del vivere·. In esso ho detto: Non ascoltiamo coloro che negano che vi sarà la risurrezione della carne e ricordano, a sostegno, le parole dell’apostolo Paolo: "·La carne e il sangue non possederanno il regno di Dio·". Non si rendono conto che lo stesso Apostolo dice: "·Occorre che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si rivesta di immortalità·": quando questo sarà avvenuto non ci saranno più carne e sangue, ma un corpo celeste. Queste parole non vanno intese nel senso che non vi sarà più la sostanza della carne: occorre rendersi conto che l’Apostolo con i termini carne e sangue ha inteso designare la corruzione della carne e del sangue che non vi sarà più in quel regno nel quale la carne sarà incorruttibile·. È possibile anche un’altra interpretazione: potremmo intendere che l’Apostolo abbia chiamato carne e sangue le opere della carne e del sangue e che non possederanno il Regno di Dio coloro che ameranno con ostinazione tali opere.

Questo libro inizia così: Corona di vittoria.

IV (XXXI) – La dottrina cristiana, quattro libri

4.1 Avevo trovato incompleti i libri su La dottrina cristiana e preferii completare l’opera anziché lasciarla così come si trovava per passare alla revisione di altri scritti. Ho così completato il terzo libro la cui stesura giungeva fino al punto nel quale è ricordata la testimonianza della donna che, come si legge nel Vangelo, ha nascosto il lievito in tre misure di farina in attesa che fermenti il tuttoHo anche aggiunto un ultimo libro, portando l’opera a quattro. I primi tre servono ad intendere le Scritture, il quarto ad esporre quanto s’è inteso·.

4.2 A proposito di quanto avevo affermato nel secondo libro, che cioè a scrivere il libro comunemente noto come Sapienza di Salomone sarebbe stato quel medesimo Gesù, figlio di Sirach, che compose l’Ecclesiastico, appresi successivamente che le cose non stavano così e potei appurare che molto più probabilmente costui non ne era l’autore·. Dove ho detto: A questi quarantaquattro libri si limita l’autorità dell’Antico Testamento, sono ricorso all’espressione Antico Testamento seguendo l’uso della Chiesa, anche se è vero che l’Apostolo sembra ricorrere a questa espressione esclusivamente in rapporto con la legge data sul monte Sinai·. Quanto all’affermazione che S. Ambrogio avrebbe risolto una questione cronologica facendo di Geremia e di Platone dei contemporanei, trattasi in realtà di una mia caduta di memoria. Ciò che quel vescovo ha scritto su questa questione lo si legge nel libro ch’egli compose su I Sacramenti o su La filosofia·.

L’opera incomincia con le parole: Vi sono alcune norme.

V (XXXII) – Contro il partito di Donato, due libri

Vi sono due miei libri che hanno questo titolo: Contro il partito di Donato. Nel primo avevo detto di non approvare che degli scismatici fossero costretti alla comunione dalla forza di un potere secolare.

Questo era allora il mio pensiero·, poiché non avevo ancora sperimentato quali nefandezze avrebbero osato se impuniti e quanto potesse loro giovare, per cambiare in meglio, un rigido controllo.

Quest’opera incomincia così: Poiché i Donatisti a noi.

VI (XXXIII) – Le Confessioni, tredici libri

6.1 I tredici libri delle mie Confessioni lodano Dio giusto e buono per le azioni buone e cattive che ho compiuto, e volgono a Dio la mente e il cuore dell’uomo. Per quanto mi riguarda hanno esercitato questa azione su di me mentre li scrivevo e continuano ad esercitarla quando li leggo·. Che cosa ne pensino gli altri è affar loro: so però che sono molto piaciuti e tuttora piacciono a molti fratelli. I libri che vanno dal primo al decimo hanno me come oggetto, i rimanenti tre trattano delle Sacre Scritture a partire dalle parole: In principio Dio fece il cielo e la terra, fino al riposo del sabato.

6.2 Nel quarto libro, confessando la sofferenza del mio animo per la morte di un amico, avevo detto che le nostre due anime formavano un’anima sola. Ed avevo aggiunto: Temevo forse di morire, pensando che così sarebbe del tutto morto colui che avevo molto amato. Questa però mi sembra più una declamazione inconsistente che una confessione profonda, anche se in qualche modo questa banalità è attenuata dall’aggiunta di un forse·. Nel tredicesimo libro non ho adeguatamente meditato le parole: Il firmamento è stato creato fra le acque spirituali superiori e le acque materiali inferiori. Trattasi comunque di un argomento assai oscuro·.

Quest’opera incomincia così: Grande sei, Signore.

VII (XXXIV) – Contro il manicheo Fausto, trentatré libri

7.1 Contro il manicheo Fausto·, che attaccava con tono blasfemo la Legge, i Profeti, il loro Dio e l’incarnazione di Cristo e che diceva falsificate le Scritture del Nuovo Testamento che lo incriminano·, ho scritto un grosso lavoro nel quale riporto le sue parole opponendo loro le mie risposte. Consta di trentatré discussioni che non vedo perché non dovrei considerare libri. Alcuni sono, è vero, molto brevi, ma sono comunque libri. Uno di essi anzi, quello nel quale vien difesa la vita dei Patriarchi contro le sue accuse non è raggiunto per ampiezza da quasi nessuno degli altri miei libri.

7.2 Nel terzo libro, nello spiegare come Giuseppe potesse aver avuto due padri ho detto: Perché dall’uno era nato, mentre dall’altro era stato adottato. Avrei però anche dovuto indicare il tipo di adozione. Da quanto ho detto infatti sembra risultare che lo avesse adottato un altro padre ancora vivo. La legge dava in adozione i figli anche ai morti ordinando che il fratello sposasse la moglie del fratello morto senza figli e procurasse così al fratello defunto un discendente dalla stessa donna. Si spiega così abbastanza come si possa parlare di due padri per uno stesso uomo. Erano fratelli uterini quelli nei quali si verificò tale situazione: l’uno dei due, cioè Giacobbe, sposò la moglie dell’altro fratello defunto, che si chiamava Eli, e da lui Matteo narra che sarebbe nato Giuseppe. Ma lo generò per il suo fratello uterino il cui figlio, come dice Luca, fu Giuseppe, non però come figlio naturale, ma come figlio adottivo secondo la legge. Questo chiarimento s’è trovato in una lettera scritta da persone che ne trattarono, sfruttandone il ricordo recente, dopo l’ascensione del Signore. Africano· non ha omesso neppure il nome della donna che generò Giacobbe, padre di Giuseppe, dal precedente marito Mathan – il quale Mathan risulta appunto, secondo Matteo, padre di Giacobbe e nonno di Giuseppe – e che generò da un successivo marito di nome Melchi quell’Eli di cui Giuseppe fu il figlio adottivo. Quando rispondevo a Fausto non avevo ancor letto di tale vicenda, anche se non avevo alcun dubbio che grazie all’adozione potesse capitare che un uomo avesse due padri.

7.3 Nel dodicesimo e nel tredicesimo libro s’è discusso del secondo figlio di Noè, chiamato Cam, facendo intendere ch’egli fu maledetto dal padre in se stesso, e non in Canaan suo figlio, come risulta dalla Scrittura·. Nel quattordicesimo s’è parlato del sole e della luna come se avessero una sensibilità e per questo accettassero di avere degli sciocchi adoratori. È possibile però intendere quelle espressioni come trasferite da ciò che è animato a ciò che è inanimato, attraverso il ricorso a quella figura che in greco prende il nome di metafora. Così, per esempio, nella Scrittura si parla del mare che freme nel ventre di sua madre volendone uscire· mentre in realtà il mare non possiede volontà alcuna. Nel ventinovesimo ho scritto: Guardiamoci bene dal dire che nelle membra dei santi, anche in quelle preposte alla generazione, vi sia qualcosa di osceno. Quelle parti vengono definite indecenti in quanto non hanno l’aspetto decoroso proprio di quelle esposte alla vista. In altri nostri scritti composti successivamente s’è data una spiegazione più accettabile del motivo per cui anche l’Apostolo ha definito indecenti quelle parti: esse lo sono a causa della legge che nelle nostre membra si oppone alla legge della mente, pur essendo questa una conseguenza del peccato e non dell’originaria istituzione della natura umana.

Quest’opera incomincia così: Ci fu un certo Fausto.

VIII (XXXV) – Contro il manicheo Felice, due libri

Avevo discusso per due giorni, in chiesa, alla presenza del popolo, contro un manicheo di nome Felice·. Era venuto ad Ippona per diffondere quel medesimo errore e faceva parte dei maestri di quella setta. Benché per nulla esperto nelle arti liberali, era però più abile di Fortunato.

Quanto all’opera trattasi di Atti ecclesiastici che vengono però ugualmente annoverati fra i miei scritti. Consta di due libri nel secondo dei quali si discute del libero arbitrio della volontà sia per compiere il bene sia per commettere il male. In considerazione dell’avversario col quale dovevamo discutere non abbiamo invece sentito la necessità di trattare della grazia che rende veramente liberi coloro dei quali è scritto: Se il Figlio vi libererà, allora sarete veramente liberi.

Quest’opera incomincia così: Sotto il sesto consolato dell’imperatore Onorio, addì 7 dicembre·.

IX (XXXVI) – La natura del bene, un libro

Il libro Sulla natura del bene è uno scritto antimanicheo. In esso si dimostra che Dio è una natura immutabile e si identifica col sommo bene. Da lui derivano tutte le nature sia spirituali sia materiali e tutte, in quanto nature, sono buone; vi si tratta anche della natura e dell’origine del male, mostrando quanti mali i Manichei pongano nella natura del bene e quanti beni in quella del male, nelle due nature, cioè, postulate dalla loro erronea dottrina·.

Quest’opera incomincia così: Il sommo Bene, del quale non ve n’è uno maggiore, è Dio.

X (XXXVII) – Contro il manicheo Secondino, un libro

10 Un certo Secondino·, appartenente a quel gruppo di adepti che i Manichei non chiamano eletti, "·ma uditori·"·, e che non conoscevo neppure di vista, mi aveva scritto una lettera proclamandosi mio amico. In essa mi rimproverava rispettosamente di attaccare con i miei scritti quell’eresia e mi esortava a non farlo e ad aderire piuttosto ad essa, prendendone le difese e criticando la fede cattolica. Gli ho risposto con una lettera. Poiché tuttavia all’inizio dell’opuscolo non è riportato né il nome del mittente né quello del destinatario, esso fa parte dei miei libri e non delle mie lettere. All’inizio dello scritto ho riportato anche il testo della sua lettera. Considero questo volume, intitolato Contro il manicheo Secondino, il migliore che io abbia scritto contro quell’autentica peste che è il Manicheismo·.

Questo libro incomincia così: La benevolenza nei miei riguardi che emerge dalla tua lettera.

Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili necessarie al funzionamento e per una migliore navigazione. Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookies

Privacy Policy