XXXIV (LXI) – L’unicità del battesimo contro Petiliano. A Costantino, un libro

34 In quel medesimo periodo un mio amico ricevette da un non meglio identificato prete donatista un libro su L’unicità del battesimo il cui autore, a suo dire, sarebbe stato Petiliano, vescovo di Costantinopoli per conto della loro setta. Lo portò a me e mi espresse un pressante invito a confutarlo, il che io feci. Volli altresì che il libro contenente la mia confutazione recasse lo stesso titolo: L’unicità del battesimo. Nel libro ho detto: L’imperatore Costantino non aveva rifiutato la facoltà d’accusa ai Donatisti, che avevano incriminato Felice di Aphthugni, colui che aveva ordinato Ceciliano, pur avendo accertato ch’essi erano ricorsi alle false calunnie contro Ceciliano. Mi sono però successivamente accorto, dopo aver esaminato la cosa, che non era stato questo l’ordine dei fatti. In realtà il menzionato imperatore aveva dapprima fatto ascoltare la causa di Felice dal proconsole, che lo aveva mandato assolto; in seguito aveva di persona ascoltato Ceciliano con i suoi accusatori e lo aveva trovato innocente, e fu in questa occasione che s’accorse ch’essi ricorrevano alle calunnie nell’accusarlo·. Quest’ordine cronologico, ricavato dall’indicazione dei consoli, mette ancor più in evidenza in quella causa le calunnie dei Donatisti e li distrugge inesorabilmente, come ho dimostrato altrove.

Questo libro incomincia così: Rispondere a gente che la pensa in modo diverso.

XXXV (LXII) – I Massimianisti contro i Donatisti, un libro·

35 Ho composto, fra l’altro, anche un libro contro i Donatisti non brevissimo, come avevo fatto in precedenza, ma ampio e scritto con cura molto maggiore. In esso risulta con molta evidenza come la causa dei Massimianisti, che si sono distaccati dal partito stesso di Donato, sia sufficiente da sola a travolgere i loro empio e tracotante errore contro la Chiesa cattolica·.

Questo libro incomincia così: Molto abbiamo già detto e molto abbiamo già scritto.

XXXVI (LXIII) – La grazia del Nuovo Testamento ad Onorato, un libro

16 Nel medesimo periodo nel quale eravamo fortemente impegnati contro i Donatisti ed avevamo incominciato ad esserlo contro i Pelagiani un amico mi inviò da Cartagine cinque questioni e mi chiese di fornirne per iscritto la soluzione·. Le cinque questioni sono le seguenti:

Che senso ha l’esclamazione del Signore: "·Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?·";

Che significano le parole dell’Apostolo: "·Che voi, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i Santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità·";

chi sono le cinque vergini stolte e le cinque vergini sagge;

che sono le tenebre esterne;

come va intesa l’espressione: "·Il Verbo si è fatto carne·.

Per parte mia, vedendo che l’eresia di cui s’è detto costituiva un nuovo movimento contrario alla grazia di Dio, mi posi una sesta questione circa la grazia del Nuovo Testamento. Nella trattazione di quest’ultima intercalai l’illustrazione del Salmo ventunesimo, all’inizio del quale compare l’invocazione del Signore sulla croce, che il mio amico mi aveva chiesto di spiegargli per prima. Risolsi comunque tutte e cinque le questioni, ma non nell’ordine nel quale mi erano state proposte, bensì in quello nel quale potevano di volta in volta presentarsi, in coerenza con lo sviluppo del mio discorso sulla grazia del Nuovo Testamento.

Questo libro incomincia così: Mi hai proposto di trattare cinque questioni.

XXXVII ( LXIV) – Lo spirito e la lettera a Marcellino, un libro

37 Mi capitò di ricevere una missiva da parte di colui al quale avevo rivolto i tre libri intitolati: Il castigo dovuto ai peccati e la loro remissione, nei quali si discute approfonditamente anche del battesimo dei bambini. In essa mi diceva di essere rimasto impressionato dalla mia affermazione secondo la quale un uomo può essere senza peccato ove, con l’aiuto di Dio, non venga meno la sua volontà, anche se si deve ammettere che in questa vita un uomo che abbia raggiunto un grado di così perfetta giustizia né è esistito in passato, né esiste al presente né esisterà in futuro. Mi chiedeva come potessi affermare la possibilità di un evento del quale non si dà esempio alcuno! Per rispondere a questa sua istanza ho scritto un libro intitolato: Lo Spirito e la lettera, che disserta sulle parole dell’Apostolo: La lettera uccide, lo Spirito dà vita. In questo libro con l’aiuto di Dio ho discusso con forza contro i nemici della grazia di Dio, che giustifica l’empio.

Trattando delle osservanze dei Giudei, che si astengono da determinati cibi secondo l’antica legge, ho detto: le cerimonie di certi cibi, ricorrendo a un termine che non è nell’uso delle Sacre Scritture. Avevo però ritenuto congruente questo vocabolo poiché ricordavo che cerimonia sta per carimonia e deriva da carere, in quanto coloro che l’osservano mancano dei cibi dai quali si astengono·. Se poi esiste un’altra derivazione di questo termine in contrasto con la vera religione non è ad essa che intendevo riferirmi, ma a quella di cui s’è detto.

Questo libro incomincia così: In seguito alla lettura degli opuscoli che avevo elaborato per te, carissimo figlio Marcellino.

XXXVIII (LXV) – La fede e le opere, un libro

38 Nel frattempo alcuni fratelli laici, ma impegnati nello studio delle Sacre Scritture, mi avevano inviato degli scritti. In essi si distingueva fra fede cristiana e opere buone e si sosteneva che senza la fede non è possibile giungere alla vita eterna, mentre non sono ugualmente indispensabili le opere buone. Risposi loro con un libro intitolato: La fede e le opere·. In esso ho discusso non solo il comportamento che debbono tenere coloro che sono rigenerati dalla grazia di Cristo, ma anche le condizioni per essere ammessi al bagno della rigenerazione·.

Quest’opera incomincia così: Alcuni pensano.

XXXIX (LXVI) – Sommario della conferenza coi Donatisti, tre libri

39 Dopo la nostra conferenza coi Donatisti· feci una breve ricognizione di quanto s’era fatto e raccolsi il tutto in uno scritto, distribuendo la materia in tre parti corrispondenti ai tre giorni di confronto. A mio parere l’opera non manca di utilità in quanto permette a chiunque o di infor

marsi senza fatica sullo svolgimento del confronto o di leggere negli Atti completi al punto esatto ciò che lo interessa, ricorrendo ai numeri relativi ai singoli momenti di cuiho corredato l’opera: opere come quelle, infatti, affaticano il lettore

per l’eccessiva lunghezza·. Titolo dell’opera è: Sommario della conferenza.

Quest’opera incomincia così: Poiché vescovi cattolici e del partito di Donato.

XL (LXVII) – Dopo la conferenza contro i Donatisti, un libro

40 Contro i Donatisti·, e precisamente dopo il confronto avuto con i loro vescovi, ho scritto anche un libro di ampio respiro e, per quanto mi sembra, piuttosto approfondito, col preciso scopo di evitare che la loro opera di adescamento continuasse ancora. In esso, in aggiunta a quanto vi si dice per una breve informazione sui lavori della conferenza coi Donatisti, c’è la mia risposta ad alcune loro vane recriminazioni, che avevano finito per giungere alle mie orecchie e ch’essi, benché sconfitti, andavano esternando con sicumera come e dove potevano. Ho trattato molto più brevemente di questo medesimo tema in una lettera di nuovo rivolta a loro, ma poiché il suo invio fu deciso da tutti i presenti al concilio di Numidia, essa non è compresa nel mio epistolario·. L’inizio della lettera è il seguente: L’anziano Silvano, Valentino, Innocenzo, Massimino, Ottato, Agostino, Donato e tutti gli altri vescovi dal concilio di Zerta ai Donatisti.

Questo libro incomincia così: Perché voi Donatisti siete ancora adescati?

XLI (LXVIII) – La visione di Dio, un libro

41 Ho scritto un libro su La visione di Dio. In esso rimando ad altra occasione di compiere un’indagine più approfondita sul corpo spirituale, che si formerà al momento della risurrezione dei Santi, di chiedermi cioè se e in che modo Dio, che è spirito, possa essere visto anche da un corpo siffatto·. Di questa questione, per altro assai complessa, penso di aver fornito una sufficiente soluzione nell’ultimo, vale a dire nel ventiduesimo libro de La città di Dio. Ho anche ritrovato in un codice, che contiene questo libro, un promemoria· su questo argomento da me espressamente composto per Fortunaziano, vescovo di Sicca. Nell’indice delle mie opere, però, esso non è registrato né fra i libri né fra le lettere.

Questo libro incomincia così: Memore del debito.

Quanto al promemoria il suo inizio è il seguente: Come ti ho chiesto di presenza anche ora ti esorto.

 

XLII (LXIX) – La natura e la grazia, un libro

42 Era giunto anche allora fra le mie mani un libro di Pelagio , nel quale con ogni possibile argomento difende la natura umana contro la grazia divina che giustifica l’empio e ci fa Cristiani. Questo libro·, nel quale gli ho risposto, difendendo la grazia non contro la natura ma in quanto è la grazia a liberare e a guidare la natura stessa, l’ho intitolato: La natura e la grazia. In esso mi è occorso di difendere alcune espressioni che Pelagio attribuisce a Sisto, vescovo di Roma e martire, come se appartenessero veramente a lui. Così allora io credevo. In seguito ho letto che ne era autore il filosofo Sestio, non il cristiano Sisto·.

Questo libro incomincia così: Il libro che avete inviato.

XLIII (LXX) – La Città di Dio, ventidue libri

43.1 Nel frattempo Roma era stata distrutta dalla violenta e disastrosa irruzione dei Goti, guidati dal re Alarico. I cultori di molti e falsi dèi che siam soliti chiamare pagani, nel tentativo di imputare alla religione cristiana la distruzione della città, incominciarono con maggiore asprezza ed animosità del solito a bestemmiare il vero Dio. Ardendo di zelo per la casa di Dio decisi di scrivere dei libri su la città di Dio, per controbattere i loro errori blasfemi. L’opera mi ha tenuto occupato per alcuni anni in quanto continuavano a frapporsi molte altre indilazionabili incombenze al cui disbrigo ero tenuto a dare la precedenza·. Questa estesa opera su la Città di Dio finì col comprendere, una volta terminata, ben ventidue libri. I primi cinque libri confutano coloro secondo i quali l’umana prosperità esigerebbe come condizione necessaria il culto dei molti dèi venerati dai pagani, mentre sarebbe la proibizione di tale culto a provocare l’insorgere e il moltiplicarsi di tanti mali. I successivi cinque libri sono rivolti contro coloro secondo i quali nella vita dei mortali questi mali non sono mai mancati in passato e non mancheranno mai in futuro e, ora grandi ora piccoli, variano a seconda del tempo, del luogo e delle persone. Ritengono però che il culto di molti dèi, con i sacrifici che comporta, sia utile ai fini della vita che verrà dopo la morte. I primi dieci libri, dunque, contengono la confutazione di queste due inconsistenti dottrine contrarie alla religione cristiana.

43.2 Per evitare però l’accusa di criticare le teorie altrui senza esporre le nostre, abbiamo deputato a questo la seconda parte di quest’opera, che comprende dodici libri, benché anche nei precedenti ci sia capitato di esporre le nostre idee e di confutare nei dodici successivi quelle degli avversari. Di questi dodici libri i primi quattro trattano la nascita delle due città, quella di Dio e quella di questo mondo, i quattro successivi della loro evoluzione e del loro sviluppo, gli altri quattro, che sono anche gli ultimi, dei dovuti fini di ciascuna di esse. Tutti i ventidue libri, pertanto, pur trattando di entrambe le città, hanno mutuato il titolo dalla migliore, la Città di Dio. Nel decimo libro non avrebbe dovuto essere considerato come un fatto miracoloso che nel sacrificio di Abramo una fiamma venuta dal cielo fosse circolata fra le vittime divise: si trattava in realtà di una visione dello stesso Abramo·. Nel libro diciassettesimo si dice che Samuele non era uno dei figli di Aronne, ma si sarebbe piuttosto dovuto dire che non era figlio di un sacerdote. In realtà era più conforme alla consuetudine giuridica che i figli di sacerdoti subentrassero ai sacerdoti defunti. E fra i figli di Aronne si trova il padre di Samuele; non era però un sacerdote né era annoverato fra i figli di Aronne nel senso che fosse stato Aronne stesso a generarlo, bensì nello stesso senso in cui tutti i membri di quel popolo son detti figli di Israele·.

Quest’opera incomincia così: La gloriosissima città di Dio.

XLIV (LXXI) – Al prete Orosio contro i Priscillianisti, un libro

44 Nel frattempo· risposi nel modo più breve e chiaro possibile alle richieste di chiarimento rivoltemi da un prete spagnolo di nome Orosio· a proposito dei Priscillianisti e di alcune opinioni di Origene non approvate dalla fede Cattolica·. Titolo dell’opuscolo è il seguente: Ad Orosio contro i Priscillianisti e gli Origenisti. In esso alla mia risposta è premessa la richiesta di Orosio.

Questo libro incomincia così: Rispondere alla tua richiesta, amatissimo figlio Orosio.

XLV (LXXII) – Al prete Girolamo due libri: il primo sull’origine dell’anima e il secondo su un’opinione di Giacomo

45 Ho scritto anche due libri· per il prete Girolamo residente a Betlemme·, il primo Sull’origine dell’anima umana ed il secondo Sulle parole dell’apostolo Giacomo là dove dice: Chiunque osserva tutta la legge, ma la viola in un punto, diviene reo di tutto. Contestualmente ho chiesto su entrambi i punti il suo parere. Nel primo però non ho dato una mia soluzione del problema che m’ero posto; nel secondo non ho omesso di dire come, a mio parere, la questione andasse risolta, ma ho chiesto a Girolamo se l’approvasse. Nel rispondermi ha espresso apprezzamento per la richiesta che gli avevo fatto di un parere, ma dichiarando nel contempo di non aver tempo disponibile per rispondermi. Non ho comunque voluto pubblicare questi libri finché era in vita, sperando sempre che una volta o l’altra mi fornisse la sua risposta che avrebbe potuto divenire parte integrante della pubblicazione. Dopo la sua morte ho pubblicato il primo libro e l’ho fatto per un ben preciso motivo, quello di invitare il lettore o ad evitare del tutto di chiedersi come l’anima sia data a coloro che nascono o ad accettare, in una questione così oscura, una soluzione non contraria alla fede: intendo dire non contraria a quanto la fede cattolica ha appurato con certezza sul peccato originale la cui conseguenza è che i bambini, ove non vengano rigenerati in Cristo, sono sicuramente destinati alla dannazione·. Ho pubblicato anche il secondo per un preciso motivo, perché anche della questione che in esso è posta si conosca la mia proposta di soluzione·.

Quest’opera incomincia così: Il nostro Dio che ci ha chiamati.

 

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