XXI (XLVIII) – Il lavoro dei monaci, un libro

21 Fu la forza delle circostanze che mi costrinse a scrivere un libro su Il lavoro dei monaci. In Cartagine incominciavano a costituirsi dei monasteri·, ma mentre alcuni monaci si mantenevano con le proprie mani in obbedienza all’Apostolo·, altri volevano vivere con le offerte delle persone religiose: non facendo nulla per avere o supplire al necessario, ritenevano e si vantavano di adempiere meglio il precetto evangelico, espresso dalle parole del Signore: Guardate i volatili del cielo e i gigli del campo. In tale situazione anche fra i laici non totalmente impegnati sulla via della perfezione, ma dal temperamento focoso, sorsero violenti contrasti che turbavano la Chiesa, sostenendo gli uni una tesi e gli altri quella contraria. A ciò s’aggiungeva che alcuni di coloro che sostenevano l’astensione dal lavoro avevano la chioma lunga·. S’accrescevano perciò i contrasti fra accusatori da una parte e difensori dall’altra, in proporzione con la passionalità delle parti in lotta. In seguito a questi fatti il vecchio Aurelio, vescovo della chiesa cittadina, mi ordinò di scrivere qualcosa in proposito, ed io l’ho fatto.

Questo libro incomincia così: Al tuo ordine, santo fratello Aurelio.

XXII (XLIX) – La dignità del matrimonio, un libro

22.1 L’eresia di Gioviniano, che equiparava il merito acquisito dalle sante vergini alla castità matrimoniale, si affermò a tal punto nella città di Roma che si diceva avesse indotto alle nozze anche alcune religiose, sulla cui pudicizia non era stato avanzato in precedenza alcun dubbio. Esercitava su di loro tale pressione argomentando soprattutto in questo modo: "·Sei dunque migliore di Sara, migliore di Susanna o di Anna?·". E ricordava tutte le altre donne maggiormente portate ad esempio dalla Scrittura alle quali esse non avrebbero potuto pretendere di essere superiori od anche eguali. In questo modo, ricordando e paragonando i padri coniugati, distruggeva anche la sacralità del celibato di uomini autenticamente santi. La Santa Chiesa del luogo fece opposizione a questa mostruosità con grande forza e fedeltà·. Queste sue argomentazioni, che nessuno osava proporre pubblicamente, sopravvissero tuttavia in certe discussioni appena sussurrate. Ho dovuto allora, con l’aiuto che il Signore mi concedeva, porre rimedio a tali veleni e alla loro occulta diffusione. E a maggior ragione ho dovuto farlo in quanto si pretendeva che a Gioviniano fosse possibile opporsi non lodando, ma solo condannando il matrimonio·. Per tali ragioni ho scritto un libro intitolato: La dignità del matrimonio. In esso però, visto che il tema dell’opera sembra riguardare l’unione di corpi mortali, non ho affrontato, rimandandolo ad altra occasione, il problema relativo alla propagazione della prole prima che gli uomini meritassero la morte col peccato. Trattasi di una questione importante, ma penso di averne sufficientemente trattato in libri successivi·.

22.2 In un passo ho detto: Ciò che è il cibo per la conservazione del corpo, lo è l’unione sessuale per la conservazione del genere umano. In entrambi i casi interviene un piacere carnale, ma esso, ridotto entro i suoi limiti e indirizzato, grazie al freno della temperanza, verso il suo uso naturale, non può essere passione. S’è detto questo perché non è passione il buono e corretto uso della passione. Come è male un cattivo uso dei beni, così è bene un buon uso dei mali. Di questo argomento ho trattato più approfonditamente altrove, soprattutto in polemica con i nuovi eretici seguaci di Pelagio. Non approvo pienamente quanto ho detto di Abramo, che cioè il padre Abramo, che pure aveva una moglie, era pronto per obbedienza a restare senza il suo unico figlio dopo averlo ucciso di persona. C’è piuttosto da ritenere ch’egli credesse che suo figlio, se ucciso, gli sarebbe stato subito restituito tramite la risurrezione, come si legge nella Lettera agli Ebrei.

Questo libro incomincia così: Poiché ogni uomo è parte del genere umano.

XXIII (L) – La santa verginità, un libro

23 Dopo che avevo scritto su La dignità del matrimonio ci si aspettava che scrivessi su La santa verginità. Non ho frapposto indugi e, per quanto ho potuto nei limiti di un unico libro, ho mostrato quanto sia grande questo dono di Dio e con quanta umiltà vada custodito·.

Questo libro incomincia così: Abbiamo appena pubblicato un libro sulla dignità del matrimonio.

XXIV (LI) – L’interpretazione letterale della Genesi, dodici libri

24.1 Nel medesimo tempo ho scritto dodici libri Sulla Genesi, dall’inizio alla cacciata di Adamo dal Paradiso, quando fu collocata la spada di fuoco a difesa del passaggio verso l’albero della vita. Quando, a questo punto, avevo già condotto a termine undici libri, ne ho aggiunto un dodicesimo, nel quale si discute assai approfonditamente del paradiso. Titolo di questi libri è: L’interpretazione letterale della Genesi, dove per letterale s’intende un’interpretazione non allegorica, ma fondata sui fatti visti nella loro realtà storica. In quest’opera i problemi affrontati sono in numero maggiore delle soluzioni proposte e queste ultime solo in numero piuttosto limitato possono dirsi definitive, mentre tutte le altre questioni sono presentate in modo tale da aver bisogno di ulteriori approfondimenti. Questi libri li ho iniziati dopo e terminati prima del mio scritto su La Trinità. Ne parlo perciò ora seguendo l’ordine in cui li ho iniziati·.

24.2 Nel quinto libro e dovunque in quest’opera ho parlato della stirpe cui era stata fatta la promessa e che fu deposta per tramite degli angeli nelle mani di un Mediatore il testo citato non corrisponde a quello dell’Apostolo, come ho potuto constatare in seguito consultando i codici migliori, soprattutto greci. In essi è detto della Legge ciò che molti codici latini, per un errore del traduttore, presentano come detto della stirpe·. Quanto ho detto nel sesto libro, che cioè Adamo aveva perso col peccato l’immagine di Dio in base alla quale era stato creato, non va inteso nel senso che di quell’immagine non fosse rimasto nulla, bensì che s’era talmente deformata da richiedere una restaurazione·. Nel dodicesimo penso che avrei dovuto insegnare che gli inferi sono sotterra, piuttosto che chiarire perché si crede o si dice che si trovino colà·, dando così da pensare che le cose non stiano propriamente così

Quest’opera incomincia così: La divina Scrittura, considerata nel suo insieme, è divisa in due parti.

XXV (LII) – Contro la lettera di Petiliano, tre libri

25 Prima di terminare i libri su La Trinitàe quelli su L’interpretazione letterale della Genesi mi si impose l’urgenza di rispondere alla lettera che il donatista Petiliano aveva scritto contro la Cattolica, né a tale incombenza potei frapporre indugio alcuno. Ho scritto allora tre volumi contro questo bersaglio. Col primo ho risposto, con quanta maggiore rapidità e verità ho potuto, alla prima parte della lettera ch’egli aveva indirizzato ai suoi: era infatti caduta fra le mie mani solo questa esigua prima parte e non la lettera nella sua integrità. Anche la mia lettera è indirizzata ai nostri, ma è annoverata fra i miei libri in quanto seguono altri due libri sul medesimo tema. In seguito ho potuto mettere le mani sull’intera lettera e ho fornito la mia risposta con lo stesso impegno da me prodigato nei riguardi del manicheo Fausto. Dapprima ho riportato particolareggiatamente sotto il suo nome le sue testuali parole e ho quindi aggiunto, sotto il mio, le mie risposte ad ogni sua affermazione. Ciò che avevo scritto prima del reperimento dell’intera lettera giunse però nelle mani di Petiliano ed egli, adirato, tentò di rispondermi, dicendo contro di me tutto quello che gli passava per la testa, ma mostrandosi del tutto sprovveduto per quanto atteneva al merito della questione. E benché questo potesse essere facilmente avvertito confrontando i nostri scritti, mi sono sforzato di dimostrarlo con le mie risposte, pensando ai meno provveduti. Così alla mia opera s’è aggiunto un terzo libro·.

Quest’opera nel primo libro incomincia così: Sai che noi abbiamo spesso voluto;

nel secondo così: Alla prima parte della lettera di Petiliano;

nel terzo così: Ho letto, Petiliano, la tua lettera.

XXVI (LIII) – Contro il grammatico Cresconio del partito di Donato, quattro libri

26 Anche un grammatico donatista di nome Cresconio aveva trovato la lettera con la quale avevo attaccato la prima parte della lettera di Petiliano, la sola che m’era capitata allora fra le mani. Ritenne di dovermi rispondere e lo fece con uno scritto. A questa sua opera risposi con quattro libri, concentrando dapprima in tre soltanto tutto quanto la risposta richiedeva. Mi accorsi però che si poteva rispondere a tutto ciò che aveva scritto, prendendo unicamente lo spunto dalla questione dei Massimianisti, che i Donatisti avevano condannato come scismatici, ma ne avevano poi reinseriti alcuni nella loro dignità senza ripetere il battesimo ricevuto fuori della comunione con loro·. Aggiunsi allora un quarto libro nel quale confermavo tutto questo col maggiore impegno e con la maggiore chiarezza possibile. Al tempo della stesura di questi quattro libri l’imperatore Onorio aveva già promulgato le sue leggi contro i Donatisti·.

Quest’opera incomincia così: Non sapendo, Cresconio, quando i miei libri sarebbero giunti a te.

XXVII (LIV) – Un libro di prove e di testimonianze contro i Donatisti

27 In seguito mi premurai di far giungere ai Donatisti la necessaria documentazione contro il loro errore ed a favore della verità Cattolica traendola dagli Atti ecclesiastici, da quelli pubblici e dalle Scritture canoniche. Dapprima mi limitai a farne loro per iscritto esplicita promessa, in modo che fossero loro stessi a farne possibilmente richiesta. Poiché lo scritto contenente la promessa giunse nelle mani di alcuni di loro, ci fu un tale che, rimanendo anonimo, polemizzò contro quello scritto confessando di essere Donatista, quasi che fosse quello il suo nome. Per rispondergli scrissi un altro libro. Unii quindi la documentazione che avevo promesso al breve scritto, nel quale quella promessa era stata formulata, e ne feci un solo opuscolo che resi di pubblico dominio, facendolo esporre nelle pareti della basilica che era stata dei Donatisti. Il titolo è: Prove e testimonianze contro i Donatisti·. In questo libro, parlando dell’assoluzione di Felice di Apthungi, che aveva consacrato Ceciliano, sono caduto in un errore di cronologia, come ho potuto successivamente constatare attraverso il rigoroso controllo dei consoli: avevo posto l’assoluzione di Felice dopo quella di Ceciliano, mentre in realtà avvenne prima·. Ho anche ricordato le parole dell’apostolo Giuda là dove dice: Costoro son coloro che si separano, da animali quali sono, non possedendo lo spirito. Ho poi aggiunto: Di essi parla anche l’apostolo Paolo dicendo: "·Ma l’uomo animale non percepisce le cose che appartengono allo spirito di Dio·". Orbene, costoro non sono paragonabili a quelli che lo scisma separa del tutto dalla Chiesa.

Dei primi l’Apostolo dice che sono i piccoli in Cristo ch’egli nutre col latte in quanto non sono ancora in grado di assumere il cibo; gli altri non sono da annoverare fra i figli piccoli·, ma fra i morti e i perduti, e se qualcuno di loro si corregge dei suoi errori e vien recuperato alla Chiesa, di lui si potrà dire a ragione: Era morto ed è tornato a vivere, era perduto ed è stato ritrovato·.

Questo libro incomincia così: Voi che temete di dare il vostro consenso alla Chiesa cattolica.

XXVIII (LV) – Contro un Donatista sconosciuto, un libro

28 Volli che il titolo del secondo libro di cui ho parlato fosse: Contro un Donatista sconosciuto·. Anche in questo libro non è esatta la datazione dell’assoluzione di colui che aveva ordinato Ceciliano·. Inoltre nella frase: Alla massa delle erbacce, immagine sotto la quale dobbiamo intendere tutte le eresie, manca una indispensabile congiunzione. Avrei dovuto dire: Dobbiamo intendere anche tutte le eresie oppure: Dobbiamo altresì intendere tutte le eresie. Mi ero espresso in quel modo volendo intendere che al di fuori della Chiesa ci sono solo erbacce: escludevo invece che ci fossero erbacce anche nella Chiesa, senza considerare che la Chiesa è il regno di Cristo dal quale gli angeli elimineranno tutti gli scandali al tempo della mietitura·. In questo senso si esprime anche il martire Cipriano là dove dice: Anche se sembra che nella Chiesa ci siano erbacce, non devono restarne menomate la nostra fede o la nostra carità, e vedendo che ci sono erbacce nella Chiesa non dobbiamo essere indotti ad allontanarcene. Abbiamo sostenuto questa interpretazione anche in altra sede e soprattutto nella conferenza tenuta in presenza degli stessi Donatisti.

Questo libro incomincia così: Avevo promesso di compendiare in un breve scritto le prove di quanto era necessario porre in luce.

XXIX (LVI) – Avvertimento ai Donatisti a proposito dei Massimianisti, un libro

29 Avevo constatato che per molti la fatica della lettura costituiva un impedimento a rendersi conto dell’irragionevolezza e della mancanza di aderenza alla verità del partito di Donato. Ho composto allora un brevissimo scritto e ho ritenuto di dovere in esso limitare il mio ragguaglio ai soli Massimianisti, nella convinzione che la facilità di trarne più copie ne assicurasse una maggiore diffusione e che la brevità ne rendesse più agevole la memorizzazione·. L’ho intitolato: Avvertimento ai Donatisti a proposito dei Massimianisti.

Quest’opera incomincia così: Chiunque siate che vi lasciate influenzare dalle calunnie e dalle accuse degli uomini.

XXX (LVII) – La divinazione dei demoni, un libro

10 Nel medesimo tempo, in seguito a una discussione, mi son visto costretto a scrivere un opuscolo Sulla divinazione dei demoni, che reca questo stesso titolo·. In esso, da qualche parte, ho detto: I demoni talora vengono a conoscenza con grande facilità delle decisioni degli uomini, e non solo di quelle manifestate verbalmente, ma anche di quelle concepite solo col pensiero, quando trovano espressione, da parte dell’anima, in segni fisici esterni. Sono stato però troppo avventato per dare per certo un fatto così misterioso. S’è accertato talora sperimentalmente che i pensieri possono venire a conoscenza dei demoni. Se esistano però dei segni fisici esterni del pensiero, che i demoni riescono ad avvertire e a noi restano sconosciuti, o se essi conoscano il contenuto dei pensieri grazie ad un’altra facoltà attinente al mondo dello spirito è qualcosa che gli uomini possono appurare solo con grande difficoltà, e sempre che non siano destinati ad ignorarlo del tutto·.

Questo libro incomincia così: Un giorno compreso nei giorni santi delle ottave.

XXXI (LVIII) – Soluzione di sei questioni contro i pagani

31 In questo frattempo mi vennero inviate da Cartagine sei questioni da parte di un amico che desideravo divenisse cristiano·. Suo intendimento era che la loro soluzione fosse in chiave antipagana, e chiedeva questo in considerazione soprattutto del fatto che, alcune di esse, a suo dire, sarebbero state avanzate dal filosofo Porfirio·. Per me non si tratta però di quel Porfirio, di origine siciliana, la cui fama è diffusa dovunque·. Ho raccolto la discussione di queste questioni in un solo libro di modesta estensione e che si intitola: Soluzione di sei questioni contro i pagani.

La prima questione riguarda la risurrezione·;

la seconda il tempo in cui è sorta la religione cristiana;

la terza la distinzione dei sacrifici;

la quarta le parole della Scrittura"·Sarete valutati con la stessa misura con la quale avrete valutato·";

la quinta il figlio di Dio secondo Salomone;

la sesta il profeta Giona.

Nella trattazione della seconda ho detto: La salvezza offerta da questa religione, che per essere l’unica vera promette veracemente la vera salvezza, non è stata mai negata ad alcuno che ne fosse degno e se a qualcuno è stata negata è perché non ne era degno. Non ho però inteso dire che ognuno· ne sia stato degno per i suoi meriti. Il senso che si deve dare a degno è quello che si evince dalle parole dell’Apostolo dove dice: Non alla luce delle opere, ma della chiamata è stato detto: Il maggiore servirà il minore. E questa chiamata – asserisce l’Apostolo – dipende da una decisione di Dio. Dice perciò: Non secondo le nostre opere, ma secondo la sua decisione e la sua grazia. E ancora: Sappiamo che per coloro che amano Dio tutto coopera al bene, per coloro che sono stati chiamati in seguito a una sua decisione. E di questa chiamata dice: Che vi ritenga degni della sua santa chiamata·.

Questo libro, dopo la lettera che è stata solo successivamente aggiunta all’inizio, incomincia così: Alcuni trovano difficoltà e cercano.

XXXII (LIX) – Commento alla Lettera di Giacomo alle dodici tribù·

32 Tra i miei opuscoli ho trovato anche un Commento alla Lettera di Giacomo. Nel revisionarla mi sono accorto che si trattava piuttosto di note di commento ad alcuni passi raccolte in un libro dall’opera diligente dei fratelli, che non avevano voluto lasciarle nei margini del codice. Le note sono di qualche utilità: solo che della lettera che leggevamo quando avevamo dettato queste note non avevamo una buona traduzione dal greco·.

Questo libro incomincia così: Alle dodici tribù che sono nella dispersione, salute.

XXXIII (LX) – Il castigo e il perdono dei peccati

e il battesimo dei bambini, a Marcellino, tre libri

33 Mi accadde anche di essere costretto per necessità a scrivere in polemica con la nuova eresia di Pelagio contro la quale, in precedenza, ci eravamo all’occorrenza mossi non con opere scritte, ma con sermoni e conferenze secondo la possibilità e il dovere di ognuno di noi. Mi avevano inviato da Cartagine le questioni ch’essi ponevano perché le confutassi con le mie risposte. Dapprima scrissi tre libri intitolati: Il castigo e il perdono dovuto ai peccati e la loro remissione·. In essi si discute soprattutto del battesimo da impartire ai bambini a causa del peccato originale e della grazia di Dio: è in virtù di questa grazia che siamo giustificati, vale a dire che diventiamo giusti, anche se in questa vita nessuno osserva i comandamenti della giustizia senza che gli si presenti la necessità di dire, pregando per i suoi peccati: Rimmettici i nostri debiti·. In opposizione a tutto questo essi avevano fondato una nuova eresia. In questi libri avevo ancora ritenuto di dover passare sotto silenzio i loro nomi, nella speranza che potessero correggersi. Anche nel terzo libro, poi, – che in realtà è una lettera, ma va computata fra i libri avendo io deciso di unirla agli altri due per farne un’unica opera – ho fatto il nome dello stesso Pelagio, e l’ho fatto non senza qualche positivo apprezzamento, visto che molti mostravano di apprezzarne la condotta di vita. Mi ero inoltre limitato a criticare nei suoi scritti le idee esposte non a titolo personale, ma come espressione del pensiero di altri, anche se in seguito, divenuto eretico, avrebbe sostenuto quelle stesse idee con caparbia animosità. Eppure il suo discepolo Celestio, per asserzioni dello stesso tipo, s’era meritato la scomunica· in un processo intentatogli in Cartagine da un tribunale episcopale di cui personalmente non facevo parte. In un passo del secondo libro, pur riservandomi di approfondire meglio l’argomento in altra occasione, ho detto: Alla fine del mondo ad alcuni sarà concesso il privilegio di non fare l’esperienza della morte grazie al repentino mutamento della loro condizione. O infatti non morranno oppure, passando con una rapidissima trasformazione, come in un batter di ciglio, da questa vita alla morte e dalla morte alla vita eterna, non sperimenteranno la morte.

Quest’opera incomincia così: Benché mi trovi immerso nel tumulto di grandi preoccupazioni.

 

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