IV

 

DEDIZIONE ALLA PREGHIERA

E SPIRITO DI PROFEZIA

 

LEZIONE I

 

Il servo di Cristo, vivendo nel corpo, si sentiva in esilio dal Signore e, mentre al di fuori era divenuto totalmente insensibile, per amor di Cristo, ai desideri della terra, si sforzava, pregando senza interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di Dio, per non rimanere privo della consolazione del Diletto.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, con la forza della mente restava così intento nella orazione da sembrare che avesse dedicato ad essa ogni parte di se stesso: non solo il cuore e il corpo, ma anche l’azione e il tempo.

Molte volte veniva investito da tale eccesso di devozione che, rapito al di sopra di se stesso, e oltrepassando i limiti della sensibilità umana, ignorava totalmente quanto avveniva al di fuori, intorno a lui.

 

LEZIONE II

 

Per accogliere con maggior raccoglimento l’interiore elargizione delle consolazioni spirituali, si recava nella solitudine e nelle chiese abbandonate, per pregarvi di notte, quantunque anche là provasse le orrende battaglie dei demoni, che venivano a conflitto con lui, quasi con un contatto fisico, e si sforzavano di stornarlo dall’impegno della preghiera.

Ma l’uomo di Dio li metteva in fuga con la potenza e l’instancabile fervore delle preghiere, e così se ne restava solo e in pace.

Riempiva i boschi di gemiti, cospargeva quei luoghi di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi dall’intimità di un più segreto santuario, ora rispondeva al giudice, ora supplicava il Padre, ora scherzava con lo Sposo, ora dialogava con l’amico.

 

Là fu visto, di notte, mentre pregava, con le mani e le braccia stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta rifulgente: così la meravigliosa luminosità e il sollevarsi del corpo diventavano testimonianza della illuminazione e della elevazione avvenuta dentro il suo spirito.

 

LEZIONE III

 

Indizi sicuri comprovano, inoltre, che durante queste elevazioni, per virtù soprannaturale, gli venivano rivelate le cose incerte ed occulte della sapienza divina, anche se egli non le divulgava all’esterno, se non nella misura in cui urgeva lo zelo della salvezza dei fratelli e dettava l’impulso della rivelazione dall’alto.

La dedizione instancabile alla preghiera, insieme con l’esercizio ininterrotto delle virtù, aveva fatto pervenire l’uomo di Dio a così grande chiarezza di spirito che, pur non avendo acquisito la competenza nelle Sacre Scritture mediante lo studio e l’erudizione umana, tuttavia, irradiato dai fulgori della luce eterna, scrutava la profondità della Scrittura stessa con intelletto limpido e acuto.

Si posò su di lui anche lo spirito multiforme dei profeti con tale pienezza e varietà di grazie che, per la potenza mirifica di quello spirito, egli si faceva vedere presente ai suoi frati assenti ed aveva notizia sicura dei lontani.

Penetrava pure i segreti dei cuori, come pure preannunziava gli eventi del futuro.

Lo dimostrano con evidenza molti esempi e noi ne riporteremo qui alcuni.

 

LEZIONE IV

 

Una volta quell’Antonio santo, che era allora predicatore egregio ed è ora, invece, luminoso confessore di Cristo, stava predicando ai frati e commentava, con parole dolci come il miele, l’iscrizione posta sopra la croce: Gesù Nazareno, re dei Giudei.

Si era durante il capitolo provinciale, tenuto ad Arles. L’uomo di Dio Francesco, che allora si trovava assai lontano, apparve alla porta del capitolo, elevato nell’aria e, benedicendo i frati con le mani stese in forma di croce, ricolmò il loro spirito con tanta varietà di consolazioni da renderli sicuri che quella apparizione meravigliosa era dotata di potenza celeste: era il loro stesso spirito a testimoniarlo, dentro di loro.

D’altronde, siccome il fatto non rimase nascosto al beato padre, palesemente da ciò stesso risulta chiaro quanto il suo spirito fosse aperto alla luce della Sapienza eterna, quella che è più mobile di ogni moto e per la sua purezza penetra e riempie ogni cosa, si trasfonde nelle anime sante e forma gli amici di Dio e i profeti.

 

LEZIONE V

 

Una volta i frati si erano radunati a Capitolo a Santa Maria degli Angeli, secondo l’usanza. Uno di loro, protetto dal mantelletto di qualcuno che lo difendeva, non voleva assoggettarsi alla disciplina. Il Santo, che allora stava segregato in cella a pregare, per fare da intermediario tra i frati e Dio, vide ciò in ispirito, fece chiamare a sé uno di loro e gli disse: «O fratello, ho visto sulla schiena di quel frate disobbediente un diavolo, che gli stringeva il collo: soggiogato da un simile cavaliere, egli seguiva le sue redini e i suoi incitamenti e disprezzava il freno dell’obbedienza. Va, dunque, e dì al frate che senza indugio pieghi il collo sotto la santa obbedienza: così suggerisce di fare anche colui per le cui insistenti preghiere quel demonio si è allontanato sconfitto». Ammonito per ambasciatore, il frate sentì spirito di pentimento e ricevette la luce della verità; si prostrò con la faccia a terra davanti al vicario del Santo, si riconobbe colpevole, chiese perdono, accolse e sopportò pazientemente la disciplina e d’allora in poi obbedì umilmente in ogni cosa.

 

LEZIONE VI

 

Al tempo in cui egli, sul monte della Verna, se ne restava rinchiuso nella cella, uno dei suoi compagni provava gran desiderio di avere un qualche scritto con le parole del Signore, firmato da lui di propria mano.

Credeva, infatti che con questo mezzo avrebbe potuto eliminare o almeno, di certo, sopportare con minor pena la grave tentazione, da cui era vessato: tentazione non carnale, ma di spirito.

Languiva per tale desiderio ed era interiormente angustiato, perché, umile qual era, riservato e semplice, si lasciava vincere dalla vergogna e non osava confidare la cosa al reverendo Padre. Ma se non lo disse a lui l’uomo, glielo rivelò lo Spirito.

Francesco, infatti, ordinò a quel frate di portargli inchiostro e carta e, scrivendo le lodi del Signore con una benedizione per lui di propria mano, come quello desiderava, gli offrì benignamente quanto aveva scritto – e tutta quella tentazione scomparve definitivamente.

Quello stesso bigliettino, poi, fu tenuto in serbo e, in seguito, apportò a moltissimi la guarigione: così, da questo risulta chiaramente a tutti quale merito abbia avuto davanti a Dio chi lo ha scritto ed ha lasciato in un fogliettino firmato una potenza così grande ed efficace.

 

LEZIONE VII

 

In un’altra circostanza, una nobildonna a Dio devota, si recò fiduciosamente dal Santo e lo supplicava con tutte le forze a voler intercedere presso il Signore per suo marito, che era molto cattivo con lei e la faceva soffrire, perché la osteggiava nel servizio di Cristo: che il Signore, con una larga infusione della sua grazia, ne mitigasse la durezza di cuore.

Udito questo, l’uomo santo e pietoso, con santi discorsi la confermò nel bene, l’assicurò che sarebbe venuta presto la consolazione da lei desiderata e, finalmente, le comandò di far sapere al marito, da parte di Dio e sua, che «ora eta tempo di clemenza, poi sarebbe stato tempo di giustizia». Credette la donna alle parole, che il servo del Signore le aveva detto e, ricevuta la benedizione, ritornò in fretta a casa. Incontrato il marito, gli narrò il colloquio avuto, aspettando senza dubitare che si realizzasse la promessa, secondo il suo desiderio.

Non appena quelle parole risonarono alle orecchie di quell’uomo, cadde sopra di lui lo spirito di grazia e gli intenerì il cuore, tanto che, da allora in poi, lasciò che la devota coniuge servisse liberamente a Dio e si offrì di servire il Signore insieme con lei.

Dietro persuasione della santa moglie, condussero per molti anni vita da celibi e poi, nello stesso giorno, la donna al mattino e l’uomo a vespro tornarono al Signore: sacrificio mattutino, la prima; l’altro, sacrificio vespertino.

 

LEZIONE VIII

 

Nel tempo in cui il servitore del Signore giaceva malato a Rieti, fu colpito da grave infermità un canonico di nome Gedeone, vizioso e mondano.

Lo portarono, steso sul lettuccio, da lui: e lo pregava, insieme con gli astanti, di benedirlo con il segno della croce.

Ed egli a lui: «Siccome un tempo sei vissuto secondo i desideri della carne, senza temere i giudizi di Dio, io ti benedirò con il segno della croce – non per te, ma per le devote preghiere di costoro. Però in questo modo: che fin d’ora io ti faccio sapere con certezza che soffrirai pene più gravi se, quando sarai guarito, ritornerai al vomito».

Fece su di lui il segno della croce, dalla testa ai piedi: scricchiolarono le ossa della sua schiena – e tutti sentirono – come quando si rompe legna secca con le mani. Subito colui che giaceva rattrappito si alzò sano e, prorompendo in lodi a Dio disse: «Sono guarito».

Ma, trascorso un po’ di tempo, si dimenticò di Dio e si abbandonò di nuovo all’impudicizia.

Una sera era andato a cena, ospite di un canonico, ed era rimasto la notte a dormire con lui: il tetto della casa improvvisamente precipitò su tutti loro ed uccise lui solo. Tutti gli altri sfuggirono alla morte.

E così avvenne che, simultaneamente, in quell’unico avvenimento si manifestò chiaramente quanto sia severo contro gli ingrati lo zelo della giustizia divina e quanto fosse veritiero e sicuro nel predire eventi dubbi lo spirito di profezia, di cui Francesco era ricolmo.

 

LEZIONE IX

 

Dopo il suo ritorno dai paesi d’oltremare, si recò una volta a Celano per predicare.

Un cavaliere lo invitò, con umiltà e devozione e con grande insistenza, a pranzo, e quasi lo costrinse contro sua voglia.

Ma prima che prendessero cibo, l’uomo devoto stava, secondo la sua abitudine, offrendo con la mente preci e lodi a Dio, quando vide in spirito che per quell’uomo ormai era imminente la morte, e il giudizio.

Rapito fuori di sé, rimaneva con gli occhi levati al cielo. Terminata finalmente l’orazione, prese in disparte il buon ospitante e gli predisse che la morte era vicina, lo ammonì a confessarsi e lo stimolò, con tutte le sue forze, al bene.

L’uomo acconsentì subito alle parole del Santo e manifestò al compagno di lui in confessione tutti quanti i peccati: mise ordine alle cose sue, si affidò alla misericordia divina e si preparò megIio che poté ad accogliere la morte.

Pertanto: mentre gli altri attendevano a rifocillare il corpo, il cavaliere, che appariva sano e forte, esalò improvvisamente l’anima, secondo la parola dell’uomo di Dio. Certo egli fu portato via da una morte repentina; ma, per lo spirito profetico del Santo, poté premunirsi con le armi della penitenza e così sfuggì alla dannazione eterna ed entrò nei tabernacoli eterni, secondo la promessa del Vangelo.

 

V

 

OBBEDIENZA DELLE CREATURE

E ACCONDISCENDENZA DI DIO

 

LEZIONE I

 

Certamente. nel suo servo Francesco. era presente quello Spirito del Signore che lo aveva unto e lo stesso Cristo, potenza e sapienza di Dio: per la potenza e la grazia di questo spirito non soltanto gli venivano manifestate le cose incerte ed occulte, ma anche gli obbedivano le creature di questo mondo.

Ci fu un tempo in cui i medici lo consigliavano e i frati lo esortavano con insistenza ad accettare di lasciarsi curare la malattia degli occhi mediante la cauterizzazione. L’uomo di Dio acconsentì umilmente, persuaso che l’intervento non solo sarebbe stato una medicina contro l’infermità del corpo, ma anche materia per esercitare la virtù.

Poiché la sensibilità della sua carne, alla vista dello strumento di ferro ormai incandescente, era rimasta scossa da un naturale orrore, il Santo prese a parlare al fuoco come a un fratello e gli comandò, nel nome e nella potenza del Creatore, di moderare il suo calore e di bruciare con dolcezza, in modo che lui riuscisse a sopportarlo.

Il ferro crepitante affondò nella tenera carne e il cauterio venne esteso dall’orecchio fino al sopracciglio; eppure l’uomo pieno di Dio, con lo spirito esultante, disse ai frati: «Lodate l’Altissimo, perché, dico la verità, il calore del fuoco non mi ha dato molestia e il dolore della carne non mi ha procurato afflizione».

 

LEZIONE II

 

Mentre il servo di Dio era travagliato da una malattia gravissima, presso l’eremo di sant’Urbano, sentendosi venir meno, chiese un bicchiere di vino. Gli fu risposto che vino non ce n’era proprio, da potergliene dare.

Allora comandò di portargli dell’acqua e, quando gli fu portata, la benedisse, tracciando il segno della croce. Subito diventa vino ottimo quella ch’era stata acqua pura: ciò che la povertà del luogo non poteva dare, lo impetrò la purità del Santo.

Al gustar di quel vino, subito si ristabilì con estrema facilità. E così fu chiaro ed evidente che il generoso Datore gli aveva concesso la bevanda desiderata, non perché valevole per il sapore, ma perché valida per la salute.

 

LEZIONE III

 

Un’altra volta l’uomo di Dio si era voluto trasferire in un certo eremo, dove avrebbe potuto dedicarsi più liberamente alla contemplazione.

Siccome era debole, veniva condotto da un poveruomo sul suo asinello.

Era d’estate e quell’uomo, scortando il servitore di Dio su per le montagne, spossato dal camminare e dalla strada assai difficoltosa, molto dura e molto lunga, si sentì venir meno per la gran sete e si mise a gridare con veemenza e a dire che, se non beveva un po’, avrebbe tirato subito l’ultimo respiro.

Senza indugio l’uomo di Dio saltò giù dall’asinello e, inginocchiatosi per terra, alzò le mani al cielo, e non smise di pregare finché comprese di essere stato esaudito.

Terminata, finalmente, l’orazione: «Va in fretta – disse all’uomo – vicino alla roccia e là troverai l’acqua viva: in questo momento Cristo misericordiosamente l’ha fatta scaturire dalla pietra, per farla bere a te».

L’uomo, assetato, corse al luogo indicato e bevve l’acqua fatta scaturire dalla pietra, per la virtù di quell’orante, e attinse la bevanda che Dio gli aveva somministrato dal sasso durissimo.

 

LEZIONE IV

 

Una volta il servitore del Signore stava predicando in riva al mare, a Gaeta. Volendo sottrarsi alla calca della folla che per devozione si riversava su di lui, saltò su da solo su una barca, che si trovava presso il lido. E quella, come fosse pilotata dalla forza di una misteriosa spinta interiore, senza alcun rematore si allontanò un bel pezzo da terra, sotto lo sguardo ammirato di tutti i presenti.

Addentratasi per un po’ nel mare, restò poi immobile in mezzo alle onde, per tutto il tempo che all’uomo di Dio piacque di predicare alle turbe in attesa sul lido.

Ascoltato il discorso e visto il miracolo, la moltitudine, dietro preghiera del Santo stesso, si stava allontanando, dopo aver ricevuta la benedizione: e allora, non per altra spinta che per quella di un comando celeste, la barca venne a riva: così la creatura, per servire al suo Fattore, si assoggettava senza ribellione e obbediva senza indugio a colui che era un adoratore perfetto del Creatore.

 

LEZIONE V

 

Una volta egli si trovava nell’eremo di Greccio.

Gli abitanti del luogo erano oppressi da molti malanni: ogni anno una tempesta di grandine devastava i raccolti e le vigne e una moltitudine di lupi rapaci sterminava non soltanto gli animali, ma anche gli uomini.

Il servitore del Signore onnipotente, che provava una benevola compassione per quegli uomini così fortemente afflitti, durante una predica promise loro pubblicamente, facendosene personalmente garante, che tutta quella calamità sarebbe scomparsa, se essi si fossero confessati e avessero voluto fare degni frutti di penitenza.

Poiché quelli, alla sua esortazione, avevano fatto penitenza, da quel momento cessarono le stragi, si dispersero i pericoli, lupi O grandine non recarono più danno. Anzi, cosa ancor più notevole, se qualche volta la grandine cadeva sui seminati dei confinanti, quando si appressava ai terreni di costoro restava circoscritta sul posto stesso o si dirigeva da un’altra parte.

 

LEZIONE VI

 

Un’altra volta l’uomo di Dio, mentre si aggirava per la valle Spoletana a scopo di predicazione, giunse, vicino a Bevagna, in Un luogo dove si era dato convegno una grandissima quantità di uccelli di vario genere. Mentre stava ad osservarli con occhio pio, fu investito dallo Spirito del Signore; corse veloce verso quel luogo, li salutò vivacemente e impose loro silenzio, perché potessero ascoltare con attenzione la parola di Dio.

Intanto che egli parlava loro e portava molti argomenti per dimostrare i benefici che Dio ha fatto alle creature e le lodi che essi dovevano tributargli, gli uccelli, dimenandosi in mirabil modo, si misero ad allungare il collo, a stendere le ali, ad aprire il becco e a fissarlo con attenzione, come se si sforzassero di sentire quei suoi discorsi così ammirevoli ed efficaci.

Era davvero giusto che l’uomo pieno di Dio si sentisse attratto da un sentimento di pietà e d’umanità verso tali creature prive di ragione, mentre esse, a loro volta, in un modo così meraviglioso si sentivano attratte verso di lui e stavano attente quando le istruiva, obbedivano quando comandava; si rifugiavano da lui con sicurezza, ed egli le accoglieva; senza difficoltà rimanevano con lui, ed egli le teneva con sé.

 

LEZIONE VII

 

Nel tempo in cui egli, per conseguire la palma del martirio, aveva cercato di andare nei paesi d’oltremare, senza per altro riuscirvi, perché impedito dalle tempeste del mare, il Timoniere di tutte le cose lo assisté con la sua Provvidenza e si degnò di strappare lui e molti altri con lui dal pericolo di morte, dispiegando in suo favore le meraviglie della sua Potenza nelle profondità del mare.

Volendo ritornare dalla Schiavonia in Italia, egli salì su una nave, totalmente sprovvisto di mezzi per pagare. E, proprio mentre egIi saliva vi fu un uomo mandato da Dio in aiuto di quest’uomo poverello: costui non solo portò con sé le provviste necessarie, ma fece venire dalla nave una persona timorata di Dio e gliele consegnò, perché a tempo opportuno le servisse a coloro che non avevano proprio niente.

Se non che, per la violenza dei venti, i marinai non riuscivano a sbarcare in nessun posto e, perciò, tutte le loro provviste di cibo si esaurirono: rimase soltanto una piccola porzione dell’elemosina donata dal cielo all’uomo beato. Quella porzione, per le sue preghiere e i suoi meriti e per l’intervento della Potenza celeste, crebbe talmente che soddisfece appieno alle necessità di tutti, durante i molti giorni di continua burrasca, finché giunsero al porto desiderato, cioè ad Ancona.

 

LEZIONE VIII

 

Un’altra volta, mentre quest’uomo di Dio era in viaggio con un compagno, a scopo di predicazione, fra la Lombardia e la Marca Trevigiana, fu sorpreso dal buio e dalle tenebre della notte nei pressi di Padova. Siccome la strada era esposta a molti e gravi pericoli, a causa del fiume, delle paludi e delle tenebre, il compagno insisteva con l’uomo di Dio, perché in una necessita così grande, implorasse l’aiuto di Dio. Ed egli rispose con molta fiducia: «Dio può bene se piace alla sua cortesia, scacciare il buio e le tenebre e illuminarci con la sua luce benefica».

Meraviglia davvero: aveva appena finito di parlare, ed ecco: per l’onnipotenza celeste una grande luce incominciò a risplendere attorno a loro, tanto che, mentre altrove persisteva l’oscurità della notte, essi vedevano distintamente non soltanto la strada, ma anche molte cose tutt’intorno, dall’altra parte del fiume.

 

LEZIONE IX

 

Era davvero giusto che, in mezzo alle tenebre dense della notte, lo precedesse la chiarità celeste: così, il fatto stesso ci manifesta che non possono essere avviluppati dal buio della morte quanti seguono con retto sentiero la luce della vita.

Guidati nel corpo dallo splendore meraviglioso di tale luce e confortati nello spirito, fecero un lungo tratto di strada cantando e lodando Dio, finché giunsero all’ospizio. O uomo veramente luminosissimo e ammirabile!, davanti al quale il fuoco modera il calore, l’acqua cambia sapore, la pietra somministra bevanda abbondante, gli esseri inanimati si mettono a servire, gli animali selvatici diventano mansueti e gli esseri privi di ragione si mostrano solleciti di capire; perfino il Signore di tutte le cose si piega ad obbedire, per sua benignità, accogliendone i desideri: prepara con liberalità il cibo, offre la sua luce chiara come guida. Veramente, in questo modo, a lui, come ad uomo d’esimia santità, tutte le creature si piegano a servire e lo stesso Creatore di tutti si fa accondiscendente.

 

VI

 

LE SACRE STIMMATE

 

LEZIONE I

 

Il servitore e ministro veramente fedele di Cristo, Francesco, due anni prima di rendere lo spirito al cielo, incominciò un digiuno di quaranta giorni ad onore dell’arcangelo Michele, nel segreto di un luogo eccelso.

Inondato dall’alto dalla dolcezza celeste della contemplazione con maggior abbondanza del solito e acceso da una più ardente fiamma di celesti desideri, incominciò a sentire con maggior profusione i doni delle divine elargizioni.

L’ardore serafico del desiderio, dunque, lo sopraelevava in Dio e un tenero sentimento di compassione lo trasformava in colui, al quale piacque, per eccesso di carità, di essere crocifisso. Un mattino, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide come la figura di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalle sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, giunse, tenendosi librato nella aria, vicino all’uomo di Dio, e allora apparve non soltanto alato, ma anche crocifisso. Aveva le mani e i piedi stesi e confitti sulla croce e le ali disposte, da una parte e dall’altra, in così meravigliosa maniera, che due ne drizzava sopra il capo, due le stendeva per volare e con le due rimanenti avvolgeva e velava tutto il corpo.

 

LEZIONE II

 

Ciò vedendo, stupì fortemente e sentì riversarsi nella anima gaudio e dolore: provava in sé un eccesso di letizia all’aspetto cortese di Cristo che gli si mostrava in forma così meravigliosa e pur così familiare, ma la cruda visione dell’affissione alla croce trapassava la sua anima con la spada dolorosa della compassione.

Ammaestrato interiormente da colui che gli si mostrava anche esteriormente, comprese che, certo, l’infermità della passione non si addice in alcuna maniera alla natura immortale e spirituale del serafino; ma che, tuttavia, tale visione era stata offerta ai suoi sguardi per questo scopo: fargli conoscere anticipatamente che lui, l’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l’incendio dello spirito.

La visione, che scomparve dopo un colloquio arcano e familiare, lo infiammò di ardore serafico nell’interno dell’anima e impresse, all’esterno, come un sigillo, sulla sua carne l’immagine perfettamente somigliante del Crocifisso: come se la potenza divina prima l’avesse fatto liquefare e poi vi avesse stampato il suo sigillo.

 

LEZIONE III

 

Subito, nelle sue mani e nei piedi incominciarono ad apparire i segni dei chiodi: le loro capocchie si vedevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi e le punte emergevano dalla parte opposta.

E le capocchie dei chiodi, nelle mani e nei piedi, erano rotonde e nere, mentre le punte erano allungate, piegate all’indietro e ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sopra il resto della carne.

La ribattitura dei chiodi, sotto i piedi, era così prominente e sporgeva tanto all’infuori, che non permetteva di appoggiare liberamente la pianta del piede al suolo.

Inoltre si poteva facilmente far passare un dito dentro l’incurvatura arcuata delle punte stesse, come ho sentito dire io stesso da coloro che avevano osservato con i propri occhi.

Il fianco destro, poi, era come trafitto da una lancia ed era ricoperto da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sacro sangue e cospargeva abbondantemente la tonaca e le mutande. Tanto che quando poi i suoi compagni, a tempo opportuno, le lavavano, potevano costatate senza alcun dubbio che il servitore di Cristo portava impressa visibilmente l’immagine rassomigliante del Crocifisso anche nel costato, così come nelle mani e nei piedi.

 

LEZIONE IV

 

Vedeva, l’uomo pieno di Dio, che le stimmate impresse così palesemente nella carne non potevano restare nascoste ai compagni più intimi; temeva, non di meno, di mettere in pubblico il sacramento del Signore ed era combattuto da un grande dubbio: se dire quanto aveva visto oppure tacere. Spinto, finalmente, dallo stimolo della coscienza, riferì ad alcuni tra i frati a lui più familiari, con molto timore, lo svolgimento della visione che abbiamo raccontato. Colui che gli era apparso – aggiunse – gli aveva detto alcune cose che egli non avrebbe mai svelato a nessuno, finché era in vita.

Dopo che il verace amore di Cristo ebbe trasformato l’Amante nell’’’ immagine perfetta dell’Amato, si compì il numero dei quaranta giorni, che egli aveva stabilito di trascorrere su quel monte di solitudine e sopravvenne anche la solennità dell’arcangelo Michele. L’uomo angelico, Francesco, scese dal monte: e portava con sé l’effigie del Crocifisso, non raffigurata su tavole di pietra o di legno dalla mano di un artefice, ma scritta nelle membra della carne dal dito del Dio vivo.

 

LEZIONE V

 

L’uomo santo e umile si sforzava con ogni diligenza di nascondere quei sacri sigilli; piacque, tuttavia, al Signore, a propria gloria, di mostrare per mezzo di essi alcune evidenti meraviglie, affinché la potenza occulta di essi si rivelasse palesemente per chiari segni ed egli risplendesse come astro fulgentissimo fra le dense tenebre del secolo oscuro.

Per esempio, nel territorio intorno al predetto monte della Verna, prima che il Santo vi avesse soggiornato, di solito una violenta tempesta, provocata da una nube fosca che si alzava dalla montagna stessa, distruggeva i raccolti. Ma dopo quella beata apparizione, non senza ammirazione e gioia degli abitanti, la grandine consueta scomparve: anche l’aspetto stesso del cielo, divenuto sereno in maniera inusitata, dichiarava così l’eccellenza di quella visione celeste e la potenza delle stimmate, che proprio là erano state impresse.

 

LEZIONE VI

 

Sempre in quel periodo, infierì nella provincia di Rieti una epidemia molto grave e incominciò a colpire con tale violenza ovini e bovini, che sembravano quasi tutti destinati a morte irrimediabilmente. Però un uomo timorato di Dio, una notte, si sentì esortare per mezzo di una visione a recarsi in fretta nel romitorio dei frati, dove allora il beato padre dimorava, e a chiedere ai frati suoi compagni l’acqua con la quale egli aveva lavato le mani e i piedi: doveva spruzzarla sugli animali colpiti – e così tutta quella epidemia sarebbe cessata.

Quell’uomo eseguì tutto questo con premura e Dio conferì all’acqua, che aveva toccato le sacre piaghe, tanta potenza, che, aspersa anche in piccola quantità sui greggi ammalati, debellava totalmente il contagio, e gli animali, ricuperato il vigore primitivo, correvano al pascolo, come se prima non avessero provato proprio nessun malanno.

 

LEZIONE VII

 

Insomma, da allora quelle mani acquistarono tale potenza che, con il loro contatto serafico, restituivano la salute agli infermi, sensibilità e vita alle membra ormai paralizzate e inaridite e, cosa maggiore di tutte, la vita e l’integrità agli uomini mortalmente feriti.

Ricordo due dei suoi molti prodigi, anticipando e insieme abbreviando alcune circostanze. Ad Ilerda, un uomo di nome Giovanni, devoto di san Francesco, una sera fu massacrato con ferite così orrende da far credere che a stento sarebbe sopravvissuto fino all’indomani. Ma gli apparve, in modo meraviglioso, il padre santissimo; toccò quelle ferite con le sacre mani e sull’istante lo rese perfettamente sano ed integro: tutta quella regione proclamò che l’ammirabile alfiere della Croce era degnissimo di ogni venerazione.

Chi, infatti, potrebbe, senza stupirsi, vedere una persona, che conosce bene, straziata da ferite crudelissime e, quasi nel medesimo istante, sana e salva? Chi ripensare a questo, senza elevare ringraziamenti? Chi, infine, potrebbe esaminare con spirito di fede un miracolo così pietoso, potente e luminoso, senza provare devozione?

 

LEZIONE VIII

 

A Potenza, città della Puglia, un chierico di nome Ruggero, siccome nutriva «pensieri vani» a proposito delle sacre stimmate del beato padre, improvvisamente si sentì colpito nella mano sinistra, sotto il guanto: pareva un colpo di freccia scagliata da una balestra. Eppure il guanto era rimasto perfettamente intatto.

Per tre giorni fu tormentato dal dolore, forte e trafiggente.

Ormai pentito nel cuore, invocava il beato e scongiurava Francesco che lo soccorresse in nome di quelle stimmate gloriose: ottenne un risanamento così perfetto che ogni dolore scomparve e non rimase assolutamente segno alcuno del colpo subito.

Da questo appare luminosamente come quei sacri sigilli furono impressi dalla «potenza» e sono dotati della virtù di Colui che può procurare le piaghe, apprestare il rimedio, colpire gli ostinati e risanare i contriti di cuore.

 

LEZIONE IX

 

Davvero era giusto che quest’uomo beato apparisse insignito di questo privilegio singolare, giacché tutta la sua opera, pubblica e privata, aveva di mira la croce del Signore.

Anche quella meravigliosa dolcezza, mansuetudine ed austerità di vita; quell’umiltà profonda, quell’obbedienza pronta, quella povertà esimia, quella castità illibata, quella amara contrizione di cuore, quel profluvio di lacrime, quella pietà appassionata, quello zelo ardente, quel desiderio di martirio, quell’eccesso di carità; insomma, quel patrimonio così vario di virtù cristiformi, che altro mostra in lui, se non un progressivo assimilarsi a Cristo e, per così dire, un predisporsi alle sue sacre stimmate?

Per questa ragione, come tutta la sua vita, dalla conversione in poi, era stata abbellita dai misteri luminosi della Croce, cosi, alla fine, alla vista del Serafino sublime e dell’umile Crocifisso, egli fu tutto trasformato nell’immagine di colui che gli era apparso, mediante la forza di un fuoco deiformante.

Così hanno testimoniato coloro che hanno veduto hanno toccato con mano e hanno baciato: essi, giurando sul Vangelo, che così era stato e così avevano visto, ci hanno confermato in una più ricca certezza.

 

VII

 

IL TRANSITO

 

LEZIONE I

 

L’uomo di Dio ormai era confitto con Cristo sulla croce, con la carne e con lo spirito, e perciò non solo veniva elevato in Dio dall’incendio dell’amore serafico, ma si sentiva anche trafitto dal fervore dello zelo per le anime, e insieme con il suo crocifisso Signore sentiva la sete di salvare tutti quelli che si devono salvare.

E, siccome non poteva camminare a causa dei chiodi sporgenti sui piedi, faceva portare attorno per città e paesi quel suo corpo mezzo morto. Così, quale secondo Angelo che sale dal luogo dove sorge il sole, egli voleva infiammare il cuore dei servi di Dio con una divina fiamma di fuoco: dirigerli sulla via della pace e segnare col sigillo del Dio vivo la loro fronte. Ardeva anche d’un gran desiderio di ritornare a quella sua umiltà degli inizi, per servire, come da principio, ai lebbrosi e per richiamare al primitivo servizio il corpo ormai consumato dalla fatica.

 

LEZIONE II

 

Si proponeva di fare grandi imprese, con Cristo come condottiero, e, mentre le membra si sfasciavano, forte e fervido nello spirito, sognava di rinnovare il combattimento e di trionfare sul nemico.

Ma, certo perché crescesse il cumulo dei suoi meriti per quella pazienza perfetta che porta veramente tutti i meriti a compimento, il piccolino di Cristo incominciò ad essere colpito da varie malattie. Erano così gravi che in ognuna delle membra eran diffuse sofferenze e dolori, la carne era ormai consumata e sulle ossa ormai rimaneva soltanto la pelle.

Pressato dalle aspre sofferenze del corpo, quelle penose angosce non le chiamava pene, ma sorelle sue e, nella lieta sopportazione delle stesse, innalzava al Signore grandi lodi e ringraziamenti: ai frati che lo assistevano sembrava quasi di avere sotto gli occhi un altro Paolo, a causa di quel gloriarsi gioioso ed umile nelle infermità, e di vedere un altro Giobbe, a causa di quella vigoria e imperturbabilità d’animo.

 

LEZIONE III

 

Egli, del resto, aveva conosciuto molto tempo prima il momento del suo transito. Quando il giorno della morte fu imminente, disse ai frati che presto doveva deporre il tabernacolo del proprio corpo, come gli era stato mostrato da Cristo.

Erano passati due anni dall’impressione delle stimmate e vent’anni dalla sua conversione. Egli chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola: voleva pagare il suo debito alla morte e avviarsi al premio della ricompensa eterna, proprio là dove, ad opera della Vergine Madre di Dio, aveva concepito lo spirito di perfezione e di grazia. Condotto al luogo predetto, per mostrare con l’autenticità dell’esempio che nulla egli aveva in comune col mondo, durante quella malattia che mise fine a ogni infermità, si pose tutto nudo sulla terra: voleva, in quell’ora estrema, lottare nudo con il nemico nudo.

Giacendo, così denudato, nella polvere della terra, l’atleta di Cristo con la mano sinistra ricoprì la ferita del fianco destro, che non si vedesse, e, levata al cielo, secondo il suo solito, la serena faccia, tutto teso a quella gloria, incominciò a magnificare l’Altissimo, perché – sciolto da tutto – liberamente ormai stava per passare a Lui.

 

LEZIONE IV

 

Finalmente, quando sovrastava ormai l’ora del suo trapasso, fece venire a sé tutti i frati che dimoravano nel luogo e, consolandoli della sua morte con parole carezzevoli, li esortò con affetto paterno all’amore di Dio.

Inoltre lasciò loro in testamento, per diritto di successione, il possedimento della povertà e della pace e li ammonì premurosamente a tenersi fissi alle realtà eterne e a premunirsi contro i pericoli di questo mondo; li indusse, con le parole più efficaci che poté, a seguire perfettamente le orme di Gesù crocifisso.

E mentre i figli stavano tutt’intorno a lui, il patriarca dei poveri, con gli occhi ormai offuscati, non per la vecchiaia ma per le lacrime, l’uomo santo, quasi cieco e ormai prossimo a morire, incrociò le braccia e stese su di loro le mani in forma di croce (aveva sempre amato questo gesto) e benedisse tutti i frati, presenti e assenti, nella potenza e nel nome del Crocifisso.

 

LEZIONE V

 

Chiese, poi, che gli venisse letto il Vangelo secondo Giovanni, a incominciare dal versetto: Prima del giorno della Pasqua: voleva sentire in esso la voce del Diletto che bussava, dal quale lo divideva ormai soltanto la parete della carne. Finalmente, siccome si erano compiuti in lui tutti i misteri, pregando e salmeggiando l’uomo beato s’addormentò nel Signore. E quell’anima santissima, sciolta dalla carne, venne sommersa nell’abisso della chiarità eterna.

In quello stesso momento uno dei suoi frati e discepoli veramente famoso per la sua santità, vide quell’anima beata salire direttamente in cielo: aveva la forma di una stella fulgentissima, e una nuvoletta candida la sollevava al di sopra di molte acque: quell’anima, fulgida per il candore della coscienza e risplendente di meriti, veniva portata in alto dalla sovrabbondanza della grazia e delle virtù deiformi; perciò non si poteva, per lei, neppure un poco, ritardare la visione della luce celeste e della gloria.

 

LEZIONE VI

 

Così pure: l’allora ministro dei frati nella Terra di Lavoro, che si chiamava Agostino, uomo caro a Dio, si trovava in punto di morte. Pur avendo perso ormai da tempo la parola, improvvisamente esclamò, in modo che tutti i presenti lo sentirono: «Aspettami, Padre, aspetta! Ecco: sto già venendo con te!».

Siccome i frati chiedevano, stupiti, a chi stava parlando in quella maniera, egli affermò di vedere il beato Francesco che stava andando in cielo; e subito, detto questo, anche lui felicemente spirò.

Nella medesima circostanza, il vescovo d’Assisi si trovava al santuario di San Michele sul monte Gargano: il beato Francesco gli apparve, tutto lieto, nel momento del suo transito e gli disse che stava lasciando il mondo per passare gioiosamente in cielo. Al mattino, il vescovo, alzatosi, raccontò ai compagni quanto aveva visto e, ritornato ad Assisi indagò sollecitamente e riscontrò con certezza che il beato Padre era uscito da questa vita nel momento in cui glielo aveva notificato per visione.

 

LEZIONE VII

 

L’immensa bontà del cielo si è degnata, poi, di mostrare con molti prodigi e miracoli, anche dopo la sua morte, quanto sia stata eccelsa la santità di quest’uomo preclaro.

Per l’invocazione di lui e per i suoi meriti, la onnipotente virtù di Dio restituì la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, la parola ai muti, la giusta andatura agli zoppi, la sensibilità e il moto ai paralitici; inoltre ridonò la piena efficienza fisica alle membra paralizzate, rattrappite e rotte; potentemente sottrasse dal carcere i rinchiusi, ai naufraghi concesse il porto della salvezza, un parto felice alle gestanti in pericolo, e cacciò i demoni dal corpo degli ossessi, finalmente restituì a mondezza e salute chi era afflitto da perdite di sangue e da lebbra, integrità perfetta a chi era stato mortalmente ferito e, cosa maggiore di tutte, i morti alla vita.

 

LEZIONE VIII

 

Continuano, per opera sua, in grande abbondanza, nelle varie parti del mondo, i benefici di Dio, come ho provato anch’io, che ho descritto i fatti antecedenti, per esperienza diretta, in me stesso.

Mia madre, infatti, quando io ero ancora fanciullino, fece voto per me a san Francesco, perché ero malato molto gravemente: ed io fui strappato dalle fauci stesse della morte e restituito, sano e salvo, nel vigore della vita.

Siccome ho ben vivo questo fatto nella memoria, ora lo proclamo e ne do testimonianza veritiera: non voglio essere rimproverato come ingrato, se taccio un beneficio così grande.

Accetta, dunque, o padre beato, il mio ringraziamento, per quanto scarno e inadeguato ai tuoi meriti e ai tuoi benefici, e, accogliendo i nostri desideri, scusa le nostre colpe; libera i tuoi fedeli devoti dai mali presenti e fa che raggiungano i beni sempiterni.

 

LEZIONE IX

 

Concludiamo il discorso con una specie di ricapitolazione sommaria.

Chiunque ha letto fino in fondo le pagine precedenti, rifletta su questa considerazione conclusiva: la conversione avvenuta in modo ammirabile, l’efficacia nel proclamare la Parola di Dio, il privilegio delle virtù sublimi, lo spirito di profezia unito alla penetrazione delle Scritture, l’obbedienza da parte delle creature prive di ragione, l’impressione delle sacre stimmate e il celebre transito da questo mondo al cielo, sono, in Francesco, sette luminose testimonianze che dimostrano e garantiscono a tutto il mondo che egli, preclaro araldo di Cristo, porta in se stesso il sigillo del Dio vivente e, perciò, è degno di venerazione per la missione ricevuta, ci propone una dottrina autentica, è ammirevole nella santità.

Con sicurezza, dunque, seguano Lui coloro che escono dall’Egitto: le acque del mare verranno divise dal bastone della croce di Cristo; essi passeranno il deserto e, attraversato il Giordano della vita mortale, per la meravigliosa potenza della Croce stessa, entreranno nella terra promessa dei viventi.

Là, per i buoni uffici del beato padre, ci introduca Gesù, inclito salvatore e nostra guida.

A Lui, in Trinità perfetta con il Padre e con lo Spirito Santo, ogni lode, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

FINE DELLA VITA BREVE

DEL BEATO FRANCESCO

 

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