INCOMINCIA LA

VITA BREVE DEL BEATO FRANCESCO

 

 

LA CONVERSIONE

 

LEZIONE I

 

La grazia di Dio, nostro salvatore, è apparsa in questi ultimi tempi, nel suo servo Francesco.

Il Padre della misericordia e della luce gli venne incontro con la dolcezza e l’abbondanza delle sue benedizioni, come appare luminosamente dal corso della sua vita, e non soltanto dalle tenebre del mondo lo attrasse alla luce, ma lo rese anche famoso per il dono singolare di virtù perfette e per i meriti.

Lo indicò, inoltre, come segno particolarmente luminoso per mezzo degli splendenti misteri della Croce che dispiegò intorno a lui.

Nato nella città di Assisi, dalle parti della valle di Spoleto, egli dapprima fu chiamato Giovanni dalla madre; poi, Francesco, dal padre: e certo egli tenne, quanto al suono, il nome imposto dal padre, ma, quanto al significato, realizzò quello del nome imposto dalla madre.

Durante l’età giovanile fu allevato nelle vanità, in mezzo ai vani figli degli uomini, e, dopo un’istruzione sommaria, venne destinato alla lucrosa attività del commercio: eppure, per l’assistenza e la protezione divina, non seguì gli istinti sfrenati della carne, benché in mezzo a giovani licenziosi, e, benché in mezzo a mercanti tesi al guadagno, non ripose la sua speranza nel danaro e nei tesori.

 

LEZIONE II

 

Dio, infatti, aveva immesso nel cuore del giovane Francesco, insieme con una dolce mansuetudine, una particolare generosità e compassione verso i poveri.

Crescendo con lui fin dall’infanzia, questa aveva ricolmato il suo cuore di tanta bontà che egli si propose di dare a chiunque gli chiedesse, specialmente se chiedeva per amore di Dio: non era più, ormai, uno che ascoltasse il Vangelo da sordo.

Proprio nel fiore della giovinezza si legò al Signore con la ferma, solenne promessa di non dire mai di no, se ne aveva la possibilità, a quanti gli chiedevano qualcosa per amore del Signore. Continuando ad osservare così nobile promessa fino alla morte, incrementò in misura sempre più copiosa l’amore verso Dio e la grazia.

Era sempre viva nel suo cuore questa fiammella dell’amor di Dio; ma egli, adolescente ancora e involto nelle preoccupazioni terrene, non conosceva il mistero della chiamata celeste; finché scese su di lui la mano del Signore ed egli fu purificato nel corpo da una malattia grave e lunga e fu illuminato nell’anima dall’unzione dello Spirito Santo.

 

LEZIONE III

 

Quando, in seguito, ebbe riacquistate, comunque, le forze del corpo e mutato in meglio lo spirito, incontrò inaspettatamente un cavaliere, nobile di stirpe, ma povero di sostanze. Correndo col ricordo a Cristo, re generoso e povero, si sentì spinto verso quell’uomo da una pietà così grande che depose i suoi vestiti decorosi e appena acquistati e subito, spogliando se stesso, ne rivestì l’altro.

La notte successiva, mentre riposava, Colui per amore del quale aveva soccorso il cavaliere bisognoso, si degnò di mostrargli con una rivelazione un palazzo magnifico e grandioso, in cui c’erano armi da combattimento contraddistinte con il segno della croce e gli promise e garantì con sicurezza che tutto quanto aveva visto sarebbe stato suo e dei suoi commilitoni, se avesse impugnato intrepidamente il vessillo della Croce di Cristo.

Da allora egli si sottraeva al chiasso degli affari e del pubblico e cercava luoghi solitari, amici al pianto; là, abbandonandosi a gemiti inesprimibili, dopo lunghe e insistenti preghiere, con le quali chiedeva al Signore di indicargli la via della perfezione, meritò di essere esaudito, secondo i suoi desideri.

 

LEZIONE IV

 

Difatti, uno di quei giorni, mentre pregava, così, tagliato fuori dal mondo, gli apparve Cristo Gesù, con l’aspetto di uno confitto sulla croce e gli fece sentire, interiormente quella parola del Vangelo: Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Quella parola fu tanto, efficace che, all’interno dello spirito, lo infiammò con il fuoco dell’amore e lo riempì con l’amarezza della compassione E mentre, guardando la visione sentiva sciogliersi l’anima, il ricordo della passione di Cristo si stampò nell’intimo del suo cuore, fin nelle midolla. Tanto che, dentro di sé, vedeva quasi ininterrottamente, con gli occhi dell’anima, le piaghe del Signore crocifisso e, al di fuori, riusciva a stento a trattenere le lacrime e i sospiri.

E siccome, a confronto dell’amore di Cristo, ormai gli riuscivano spregevoli tutti i beni della sua casa e li stimava come un nulla, sentiva di avere scoperto il tesoro nascosto e la splendente pietra preziosa. Attratto dal desiderio di possederli, decideva di staccarsi da tutte le cose sue e di scambiare, mercanteggiando secondo lo stile di Dio, gli affari del mondo con quelli del Vangelo.

 

LEZIONE V

 

Una volta uscì nella campagna, a meditare. Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina per la eccessiva vecchiezza, si senti spinto dallo Spirito ed entrò a pregare. Prostratosi davanti all’immagine del Crocifisso, durante la preghiera fu ricolmato da non poca dolcezza e consolazione. E mentre, con gli occhi pieni di lacrime, fissava lo sguardo nella croce del Signore, udì con le orecchie del corpo in modo mirabile una voce che proveniva dalla croce e che per tre volte gli disse: «Francesco, va, ripara la mia casa, che, come vedi, va tutta in rovina».

Alla stupefacente esortazione di quella voce mirabile, l’uomo di Dio dapprima rimase atterrito; poi, colmo di gioia e di ammirazione, prontamente si alzò, e si impegnò totalmente a compiere l’incarico di riparare l’edificio esterno della chiesa: ma l’intenzione principale della Voce era diretta alla Chiesa, che Cristo acquistò con lo scambio prezioso del suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe insegnato ed egli stesso in seguito avrebbe rivelato ai suoi intimi.

 

LEZIONE VI

 

Poco dopo, nella misura in cui poté, distribuì tutto quanto per amore di Cristo; offrì del denaro al sacerdote poverello di quella chiesa, per la riparazione della medesima e per l’uso dei poveri e umilmente gli chiese che gli permettesse di dimorare con lui per qualche tempo.

Il sacerdote accondiscese a farlo rimanere, ma ricusò il denaro per paura dei genitori di lui. Perciò egli, ormai autentico spregiatore della ricchezza, scagliò su una finestra la borsa con l’oro, stimandolo merce vile, polvere abbietta.

Sentendo, poi, che, a causa di questo, suo padre era infuriato contro di lui, per lasciar tempo all’ira, si tenne nascosto per alcuni giorni in una fossa segreta, digiunando, pregando e piangendo. Finalmente, ricolmato di singolare letizia spirituale e rivestito di potenza dall’alto, uscì fuori fiduciosamente ed entrò animosamente in città. Vedendolo con il volto squallido e l’animo cambiato e, perciò, ritenendolo uscito di senno, i ragazzi gli scagliavano contro «il fango delle piazze», come si fa contro un pazzo, e lo insultavano con grandi schiamazzi: il servo del Signore, per nulla piegato o turbato da alcuna ingiuria, passava come sordo in mezzo a tutti.

 

LEZIONE VII

 

Suo padre, poi, più di tutti infuriato e fremente, quasi dimentico della pietà naturale, trascinò il figlio a casa e cominciò a tormentarlo: lo percosse e lo mise in catene, al fine di riuscire, mentre ne spezzava il corpo con le pene, a piegarne l’animo verso le attrattive del mondo.

Finalmente dovette costatare, per esperienza sicura, che il servo del Signore era prontissimo a sopportare qualsiasi difficoltà per Cristo. Siccome vide molto chiaramente che non avrebbe potuto farlo desistere, incominciò ad esercitare forti pressioni su di lui perché adisse insieme con lui il vescovo della città e, nelle mani di lui, rinunziasse ad ogni diritto di eredità sulle sostanze paterne.

Il servo del Signore spontaneamente si offrì di eseguire questo progetto e, non appena giunse alla presenza del presule, non soffri indugi, non temporeggiò su nulla, non pretese parole e non ne rese: anzi, piuttosto, depose tutti quanti i vestiti, al punto che gettò via anche le mutande e, come ebbro di spirito, non temette di denudarsi totalmente, per amore di Colui che per noi pendette nudo sulla Croce.

 

LEZIONE VIII

 

Da allora, spregiatore del mondo, sciolto dalle catene delle bramosie terrestri, abbandonata la città, sicuro e libero andava cantando in mezzo ai boschi lodi al Signore, in lingua francese. Imbattutosi nei briganti, non ebbe paura, l’araldo del Gran Re, e non interruppe la laude: viandante seminudo e spoglio d’ogni cosa, godeva della tribolazione, secondo lo stile degli apostoli.

Da allora, amante di tutta l’umiltà, si dedicò ad onorare i lebbrosi, per imparare, prima di insegnarlo, il disprezzo di sé e del mondo, mentre si assoggettava alle persone miserabili e ripudiate, col giogo del servizio.

E in verità, prima egli era abituato ad avere in orrore i lebbrosi più che ogni altra categoria di uomini, ma quando l’effusione della grazia divenne in lui più copiosa egli si diede come schiavo ad ossequiarli con tanta umiltà di cuore che lavava i piedi e fasciava le piaghe e spremeva fuori la marcia e ripuliva la purulenza.

Perfino, per eccesso di fervore inaudito, si precipitava a baciare le piaghe incancrenite: poneva, così, la sua bocca nella polvere, saziandosi di obbrobri, per assoggettare con piena potestà l’arroganza della carne alla legge dello spirito e, soggiogato il nemico di casa, ottenere in pacifico possesso il dominio di sé.

 

LEZIONE IX

 

Fondato, ormai, nell’umiltà di Cristo e ricco di povertà, benché non possedesse proprio nulla, si diede tuttavia a riparare la chiesa, secondo la missione a lui assegnata dalla croce, con tale slancio che sottoponeva al peso delle pietre il corpo fiaccato dai digiuni e non aborriva dal richiedere l’aiuto dell’elemosina anche a coloro con i quali aveva avuto l’abitudine di vivere da ricco.

Inoltre, aiutato dalla pietà dei fedeli, che già avevano incominciato a riconoscere nell’uomo di Dio una virtù straordinaria, riparò non soltanto San Damiano, ma anche le chiese, cadenti e abbandonate, dedicate al Principe degli apostoli e alla Vergine gloriosa.

In tale modo egli preannunciava misteriosamente, col simbolo dell’azione esterna e sensibile, quanto il Signore si proponeva di realizzare per mezzo di lui negli spiriti.

Come, infatti, sotto la guida di quest’uomo santo furono riparati quei tre edifici, così doveva essere riparata in maniera triforme la Chiesa di Cristo; secondo la forma, la Regola e la dottrina da lui date. Di questo era stato un segno preannunciatore anche la voce venuta a lui dalla croce, che aveva replicato per tre volte l’incarico di riparare la casa di Dio e questo noi ora costatiamo realizzato nei tre Ordini da lui istituiti.

 

II

 

FONDAZIONE DELL’ORDINE.

EFFICACIA NELLA PREDICAZIONE

 

LEZIONE I

 

Così era ormai compiuto il restauro delle tre chiese. Mentre egli dimorava assiduamente in quella dedicata alla Vergine, favorito dai meriti di Colei che profferse il prezzo della nostra salvezza, meritò di scoprire la via della perfezione, mediante lo spirito della verità evangelica in lui divinamente infuso.

Un giorno, durante la celebrazione della Messa, si leggeva quel brano del Vangelo, nel quale i discepoli vengono inviati a predicare e viene dettata ad essi la norma della vita evangelica: non possedete oro né argento né rame nelle vostre cinture, non borsa da viaggio né due tuniche, né sandali, né bastone: subito, a tali parole, lo investì e rivestì lo Spirito di Cristo con tale potenza che lo trasformò in quella norma di vita, non solo in rapporto al modo di conoscere e di sentire, ma anche in rapporto al modo di vivere e di vestire.

Immediatamente depose le calzature, gettò via il bastone, ripudiò borsa e denaro e, contento di una sola tonacuccia, lasciò la cintura e come cingolo prese una fune e mise tutto lo slancio del cuore nel ricercare in quale modo realizzare le cose sentite e rendere se stesso in tutto conforme alla regola della santità apostolica.

 

LEZIONE II

 

Finalmente, tutto acceso dalla forza fiammeggiante dello Spirito di Cristo, cominciò, come un altro Elia, a farsi appassionato predicatore della verità; cominciò ad avviare alcuni alla giustizia perfetta; cominciò ad avviare tutti gli altri a penitenza.

Non erano, i suoi, discorsi vani o degni di riso: erano pieni della forza dello Spirito Santo; erano tali che penetravano nel profondo del cuore: suscitavano perciò, forte stupore negli ascoltatori e piegavano, con la loro forza e la loro efficacia, la mente degli ostinati.

Siccome il suo proposito, sublime e santo, veniva a conoscenza di molti attraverso la semplice veracità sia della sua dottrina sia della sua vita, alcuni incominciarono a sentirsi animati a penitenza dal suo esempio e a lasciare tutto per unirsi strettamente con lui, nell’abito e nella vita: l’umile uomo giudicò che si chiamassero «frati minori».

 

LEZIONE III

 

In seguito alla chiamata di Dio, il numero dei frati era ormai salito a sei. Il loro pio padre e pastore, trovato un luogo solitario, in molta amarezza di cuore piangeva sulla sua vita di adolescente, trascorsa non senza colpa: mentre chiedeva perdono e grazie, per sé e per la prole, che in Cristo aveva generato, si sentì invadere da una singolare, esuberante letizia e si sentì garantire che tutte le colpe gli erano state rimesse pienamente: fino all’ultimo quadrante.

Rapito, perciò, al di fuori di sé e totalmente assorbito in una luce vivificante, luminosamente vide gli avvenimenti futuri che riguardavano lui e i suoi frati, come egli stesso, in seguito, rivelò familiarmente a conforto del piccolo gregge, quando preannunciò che per la clemenza di Dio l’Ordine avrebbe progredito e si sarebbe ampliato.

In pochi giorni alcuni altri si unirono a lui e raggiunsero il numero di dodici. Perciò il servitore del Signore stabilì di presentarsi alla Sede Apostolica con quell’adunata di uomini semplici, per chiedere con umiltà e insistenza alla stessa santissima Sede di confermare con la sua autorità plenaria la norma di vita che il Signore antecedentemente gli aveva mostrata e che egli aveva anche scritta con brevi parole.

 

LEZIONE IV

 

Egli, dunque, si affrettava per presentarsi, secondo quanto stabilito, al cospetto del Sommo Pontefice, papa Innocenzo III. Ma lo prevenne, nella sua degnazione e clemenza, Cristo potenza e sapienza di Dio, che, per mezzo di una visione, ammonì il suo Vicario a prestare ascolto con dolcezza e ad acconsentire con benevolenza alle suppliche di quel poverello.

Difatti il Pontefice romano vide in sogno la Basilica Lateranense che stava ormai per crollare e un uomo poverello, piccolo e spregevole, che la sorreggeva, mettendovi sotto le proprie spalle, perché non cadesse.

Il saggio pontefice, pertanto, contemplando nel servitore di Dio la povertà, la costanza nel perseguire la perfezione, lo zelo per le anime, l’infocato fervore di una volontà santa, esclamò: «Veramente questi è colui che con l’opera e la dottrina sorreggerà la Chiesa di Cristo». Perciò, concependo da allora speciale devozione verso di lui e inchinandosi in tutto alle sue richieste, approvò la Regola, conferì il mandato di predicare la penitenza, concesse tutte le cose domandate e liberamente promise che di più ne avrebbe concesso in seguito.

 

LEZIONE V

 

Contando, da allora, sulla grazia che viene dall’alto e sull’autorità del Pontefice, Francesco affrontò con molta fiducia il cammino verso la valle Spoletana, deciso a realizzare coi fatti e ad insegnare con la parola la verità della perfezione evangelica, che aveva concepita nella mente e promessa in voto con la professione.

Mosse, inoltre, con i compagni la questione se dovevano vivere abitualmente in mezzo alla gente o appartarsi nei luoghi solitari. Dopo aver indagato con l’insistenza della preghiera quale fosse il volere divino su questo punto, fu illuminato dal responso di una rivelazione celeste e comprese che egli era stato inviato da Dio a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime, che il diavolo si sforza di rapire.

Stabilì, perciò, che bisognava scegliere di vivere per tutti, piuttosto che per sé solo.

Si raccolse con i frati in un tugurio abbandonato, vicino ad Assisi, per viverci con tutti i rigori della vita religiosa, secondo la norma della santa povertà e predicare alle popolazioni la parola di Dio, secondo l’opportunità del tempo e del luogo.

Divenuto, dunque araldo del Vangelo, si aggirava per città e paesi, annunciando il regno di Dio non con il linguaggio dotto della sapienza umana, ma nella potenza dello Spirito Santo: il Signore dirigeva quel parlatore con rivelazioni anticipatrici e confermava la sua parola con i prodigi che la accompagnavano.

 

LEZIONE VI

 

Una volta, com’era suo costume, egli era intento a vegliare in preghiera, fisicamente lontano dai figli.

Verso la mezzanotte, mentre alcuni dei frati dormivano, alcuni pregavano, un carro di fuoco di mirabile splendore, sopra il quale era posto anche un globo di fuoco luminosissimo, in forma di sole, entrò dalla porticina della dimora dei frati e per tre volte si volse in qua e in là per l’abitazione.

A quella vista meravigliosa e preclara, rimasero stupefatti quelli che vegliavano; furono, insieme destati e atterriti quelli che dormivano: e avvertirono con pari intensità la chiarezza del cuore e quella del corpo, giacché, per virtù di quella luce mirabile, la coscienza di ciascuno fu nuda davanti alla coscienza di tutti gli altri.

Compresero tutti concordemente, mentre tutti leggevano nel cuore di ciascuno, che il Signore aveva fatto vedere loro il santo padre Francesco trasfigurato in quella immagine, per significare che egli era venuto nello spirito e nella potenza di Elia ed era stato eletto principe della milizia spirituale, cocchio di Israele e suo auriga.

E, appunto, il Santo, ritornato tra i frati, incominciò a fortificarli spiritualmente, sulla base della visione mostrata loro dal cielo, cominciò a scrutare minutamente i segreti delle loro coscienze e a predire, inoltre, il futuro e a risplendere con tali miracoli da mostrare chiaramente e palesemente come il duplice spirito di Elia si era posato su di lui con la sua pienezza, così che incamminarsi dietro la sua dottrina e la sua vita era per tutti la cosa più sicura.

 

LEZIONE VII

 

Un religioso, di nome Morico, che apparteneva allora all’Ordine dei Crociferi, si trovava in un ospedale vicino ad Assisi, colpito da una infermità così grave e così prolungata da farlo credere ormai prossimo a morte.

Divenuto un supplicante per interposta persona, chiedeva insistentemente all’uomo di Dio di volere intercedere presso Dio in suo favore.

Accondiscese benevolmente l’uomo pietoso e, dopo aver pregato, prese delle briciole di pane, le mescolò con l’olio della lampada che ardeva davanti all’altare della Vergine e, per mano dei frati, fece portare all’infermo quello speciale elettuario, dicendo: «Questa medicina, portatela al nostro fratello Morico: per mezzo di essa la potenza di Cristo non soltanto gli ridonerà piena salute, ma lo farà diventare un robusto combattente tra le nostre file, e ci resterà per sempre».

Appena l’infermo ebbe assaggiato quell’antidoto, fabbricato per invenzione dello Spirito Santo, si alzò sano e ottenne da Dio tanta vigoria di corpo e di spirito che di lì a poco entrò nella Religione del Santo, dove per lungo tempo portò sulle carni la lorica e, contento al più di cibi crudi, non beveva vino e non mangiava niente di cotto.

 

LEZIONE VIII

 

Sempre in quel tempo, un sacerdote della città di Assisi, di nome Silvestro – uomo di onorata condotta e semplice come colomba – vide in sogno tutta quella contrada circondata da un dragone immenso: sembrava che, a causa della sua schifosissima e orribile figura, la distruzione fosse ormai imminente su diverse parti del mondo.

Vedeva, dopo questa immagine, uscir fuori dalla bocca di Francesco una croce d’oro e risplendente: la sua punta toccava il cielo, mentre le braccia, protese per il largo, sembravano estendersi fino ai confini del mondo. Quella apparizione fulgentissima metteva definitivamente in fuga il drago schifoso e orrendo.

Quando gli fu mostrato ciò per la terza volta, l’uomo pio e devoto a Dio comprese che Francesco era destinato dal Signore a questa missione: brandire il vessillo glorioso della Croce per infrangere la potenza del dragone maligno e illuminare i fedeli con le splendide luci della verità, contenuta nella sua vita e nella sua dottrina.

Narrò la visione per ordine all’uomo di Dio e ai frati e, non molto tempo dopo, lasciò il mondo e si mise sulle orme di Cristo, sull’esempio del beato padre, con tale perseveranza che, mediante la sua condotta nell’Ordine, rese autentica la visione avuta nel secolo.

 

LEZIONE IX

 

Un frate di nome Pacifico, quando ancora viveva da secolare, incontrò il servitore del Signore, che stava predicando in un monastero vicino al Borgo di San Severino.

Scesa la mano del Signore sopra di lui, vide Francesco segnato in forma di croce da due splendentissime spade, poste trasversalmente: una delle spade si stendeva dalla testa fino ai piedi e una si estendeva da una mano all’altra, attraverso il petto.

Egli non conosceva Francesco di persona, ma lo riconobbe subito, dopo che gli fu mostrato per mezzo di quella visione miracolosa. Fortemente stupito, compunto ed atterrito dalla forza delle sue parole, venne, per così dire, trafitto dalla spada dello spirito che usciva dalla sua bocca e, disprezzati definitivamente gli onori vani del mondo, si unì al beato padre mediante la professione della sua stessa vita.

In seguito, costui progredì in ogni forma di santità propria della vita religiosa e divenne ministro dell’Ordine in Francia – difatti fu il primo ad esercitare l’ufficio di ministro in quel paese. Ma, prima, meritò di vedere sulla fronte di Francesco un grande Tau, che spiccava per la varietà dei colori e rendeva meravigliosamente bella e adorna la sua faccia.

Poiché bisogna sapere che l’uomo di Dio venerava questo segno e gli era molto affezionato, lo raccomandava spesso nel parlare, con esso dava inizio alle sue azioni e lo scriveva di propria mano sotto quei bigliettini che inviava per motivo di carità, quasi che tutto il suo impegno fosse, come dice il profeta, nel segnare il Tau sulla fronte degli uomini che gemono e piangono, convertendosi a Cristo sinceramente.

 

III

 

VIRTÙ PRIVILEGIATE

 

LEZIONE I

 

L’insigne seguace di Gesù Crocifisso, l’uomo di Dio Francesco, fin dagli inizi della sua conversione crocifiggeva la carne e le sue passioni con il rigore della disciplina e frenava i moti dei sensi con la legge della moderazione in maniera tanto severa che a stento prendeva il sostentamento indispensabile alla natura.

Nei tempi in cui era sano, a fatica e di raro si permetteva vivande cotte e, quando se le permetteva, qualche volta le rendeva amare col mescolarvi della cenere oppure, per lo più, le rendeva insipide col versarci liquor d’acqua. Usò severa parchezza nel bere e tenne lontano il corpo dal vino, per poter applicare la mente alla luce della sapienza. Siamo in grado di costatarlo con chiarezza da questo particolare: quando era tormentato dall’arsura della sete, a stento osava bere a sufficienza perfino l’acqua fresca. Il più delle volte era la nuda terra il letto per il corpicciuolo stanco; guanciale, una pietra; e coperta era un vestito semplice, grinzoso ed ispido, giacché per esperienza sicura aveva imparato che i nemici maligni vengono messi in fuga dalle vesti dure e ruvide, mentre da quelle delicate e molli vengono animati a tentare con maggior baldanza.

 

LEZIONE II

 

Rigoroso nella disciplina, vigilava assai attentamente su se stesso e aveva cura speciale nel custodire quel tesoro inestimabile della castità, che noi portiamo nel fragile vaso del corpo: e anche il corpo egli si studiava di tenere con rispetto e santità, mediante l’integerrima purezza di tutto se stesso, carne e spirito.

Per questo agli inizi della sua conversione, nel tempo del gelo invernale, forte e fervente nello spirito, si immergeva per lo più in una fossa colma di ghiaccio o di neve, sia per rendersi perfettamente soggetto il nemico di casa, sia per preservare dal fuoco della concupiscenza la veste candida della purezza.

Con pratiche di questa specie incominciò anche ad apparire, nell’uso dei sensi, adorno di un pudore così luminoso e bello, che pareva aver conseguito ormai il pieno dominio della carne e stabilito con i suoi occhi il patto non solo di rifuggire da ogni sguardo sensuale, ma di astenersi totalmente da qualsiasi sguardo curioso o inutile.

 

LEZIONE III

 

Eppure, anche se aveva conquistato la purità del cuore e del corpo e si stava in certo modo avvicinando alla cima della santificazione, non cessava di purificare continuamente con là pioggia delle lacrime gli occhi dello spirito: bramava la purezza delle chiarità celesti e non si preoccupava che gli occhi del corpo si deteriorassero.

Infatti a causa del continuo piangere era incorso in una gravissima malattia di occhi. Il medico cercava di persuaderlo ad astenersi dalle lacrime, se voleva sfuggire alla cecità; ma egli non accondiscese in alcun modo, affermando che preferiva perdere la luce della vista corporale che frenare le lacrime e reprimere, così, la devozione dello spirito, poiché con le lacrime l’occhio interiore diventa mondo e riesce a vedere Dio.

L’uomo a Dio devoto, pur in mezzo a quel fluire di lacrime, era sereno, per dir così, di una giocondità celeste, sia nel cuore sia nel volto: il nitore della coscienza santa lo inondava di tanta letizia che il suo spirito era di continuo rapito in Dio e sempre esultava per l’opera delle Sue mani.

 

LEZIONE IV

 

L’umiltà, custode e ornamento di tutte le virtù, si era giuridicamente impadronita dell’uomo di Dio. Difatti, benché egli risplendesse per il privilegio di molte virtù, sembrava tuttavia che l’umiltà avesse conseguito un dominio particolare su di lui: minore di tutti i minori.

E certo secondo il criterio con cui lui stesso si giudicava, dichiarandosi il più grande peccatore, egli era proprio e soltanto un piccolo e sudicio vaso di creta: in realtà, invece, era un vaso eletto di santità, fulgido e adorno di molteplici virtù e di grazia, consacrato dalla purezza.

Si studiava di essere spregevole agli occhi propri ed altrui; di ripulire, confessandoli in pubblico, le macchie in lui nascoste e di celare nel segreto del cuore i doni del Datore supremo: non voleva in alcun modo che venisse rivelato, per averne gloria, quanto poteva essere occasione di rovina.

Piuttosto, per compiere ogni giustizia nella realizzazione dell’umiltà perfetta, si impegnò a rimanere soggetto non solo ai superiori, ma anche agli inferiori, a tal punto che aveva l’abitudine di promettere obbedienza anche al compagno di viaggio, fosse stato anche il più semplice. In questo modo egli non comandava autoritariamente, alla maniera di un prelato; ma, alla maniera di un ministro e di un servo, obbediva per umiltà anche ai sudditi.

 

LEZIONE V

 

Perfetto seguace di Cristo, si studiò pure di prendersi in isposa con amore eterno la eccelsa povertà, compagna della santa umiltà, e per essa non soltanto lasciò il padre e la madre, ma distribuì ai poveri tutto quanto poté avere.

Nessuno fu tanto avido di oro quanto costui della povertà; nessuno, più preoccupato di custodire un tesoro, quanto costui di custodire la pietra preziosa del Vangelo. Difatti, dai tempi della fondazione dell’Ordine fino alla morte, lo si vide, ricco di tonaca, corda e mutande, gloriarsi della penuria e godere dell’indigenza.

Se gli capitava d’incontrare qualcuno che, all’abito esterno, sembrava più povero di lui, immediatamente rimproverava se stesso e si incitava ad essere come lui, come se, nella gara per la povertà, temesse di essere vinto su questo punto, perché meno nobile di spirito.

A tutte le cose caduche aveva preferito la povertà, in quanto è pegno dell’eredità eterna, e riteneva un niente le ricchezze ingannevoli: un feudo concesso per un momento amava la povertà a preferenza delle grandi ricchezze e. in essa, desiderava superare tutti gli altri, lui che dalla povertà aveva imparato a ritenersi inferiore a tutti.

 

LEZIONE VI

 

Attraverso l’amore per l’altissima povertà, l’uomo di Dio divenne così florido e ricco di santa semplicità che, pur non avendo assolutamente nulla di proprio tra le cose del mondo, sembrava il possessore di tutti i beni, poiché possedeva l’Autore stesso di questo mondo. Infatti con l’acutezza della colomba, cioè con la penetrazione che è propria della mente semplice, e con lo sguardo puro della riflessione, egli riportava tutte le cose al Sommo Artefice e in tutte riconosceva, amava e lodava lo stesso Fattore. E così avveniva, per dono della clemenza celeste, che egli possedeva tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose.

Inoltre, in considerazione della prima origine di tutte le cose, chiamava tutte le creature, per quanto modeste, col nome di fratello e di sorella, considerando che, insieme con lui, provenivano da un unico Principio. Abbracciava, però, più appassionatamente e con maggiore dolcezza quelle che per somiglianza naturale rappresentano la pia mansuetudine di Cristo e la raffigurano per il significato loro attribuito dalla Scrittura.

A causa di questo, avveniva, per l’influsso della potenza soprannaturale, che gli animali si sentivano attratti verso di lui come da un senso di pietà; ma anche gli esseri insensibili obbedivano al suo cenno, come se quell’uomo santo, in quanto semplice e retto, fosse già stato ristabilito nello stato di innocenza.

 

LEZIONE VII

 

La Fonte della Misericordia aveva riversato nel servo del Signore anche una dolce compassione, con tale abbondanza e pienezza che egli, nel sollevare le miserie delle persone miserevoli, pareva portare in sé un cuore di madre. Gli era connaturale anche la clemenza, che la pietà di Cristo, infusa dall’alto, raddoppiava.

E così, per i malati e per i poveri, egli si sentiva struggere l’anima ed offriva l’affetto, quando non poteva offrire la mano. Ciò, perché qualunque forma di penuria o di privazione scorgesse in qualcuno, con la dolcezza del suo cuore pietoso la riferiva a Cristo.

In tutti quanti i poveri intravedeva il volto di Cristo e, perciò, se gli veniva dato qualcosa di necessario per vivere, quando li incontrava non soltanto generosamente l’offriva a loro, ma giudicava pure che a loro si doveva restituire, come se appunto a loro appartenesse.

Non la perdonava assolutamente a nulla: mantelli, tonache, libri e perfino la suppellettile dell’altare: se appena lo poteva, tutto donava ai bisognosi a bramava anche di spendere tutto se stesso, per realizzare appieno il dovere della pietà perfetta.

 

LEZIONE VIII

 

Lo zelo per la salvezza dei fratelli, che si sprigionava dal fuoco della carità, trapassò come spada affilata e fiammeggiante le intime fibre di Francesco, a tal punto che quest’ uomo appariva tutto gelosia, acceso da uno zelo bruciante, tormentato dalle pene della compassione.

Quando vedeva che le anime redente dal sangue prezioso di Cristo venivano insozzate dalla bruttura del peccato, Si sentiva trapassato da un dolore straordinario e trafìggente; le compiangeva con una commiserazione così tenera che ogni giorno le partoriva in Cristo, come una madre.

Da qui il suo accanimento nella preghiera, quel correre dovunque a predicare, quell’eccesso nel dare l’esempio: perché non si riteneva amico di Cristo, se non curava teneramente le anime che egli ha redento.

Per questa ragione, benché l’innocente sua carne, che già si assoggettava spontaneamente allo spirito, non avesse alcun bisogno di flagello, egli le moltiplicava i castighi e i pesi, in vista dell’esempio: in vista degli altri obbligava se stesso a percorrere duri cammini, per seguire perfettamente le orme di Colui che, per la salvezza degli altri, consegnò la sua vita alla morte.

 

LEZIONE IX

 

Quanto, poi, al fervore della carità perfetta, da cui l’amico dello Sposo si sentiva trasportato in Dio, ognuno può costatarlo da questo soprattutto: egli bramava ardentemente di immolarsi con la fiamma del martirio, ostia viva, a Dio.

 

Tre volte, per tale cagione, egli intraprese il cammino verso i paesi degli infedeli; ma le prime due volte ne fu impedito da disposizione divina. Finalmente la terza volta, dopo aver provato molti oltraggi, catene, percosse e fatiche innumerevoli, con la guida di Dio venne condotto al cospetto del Soldano di Babilonia: là predicò il Vangelo di Cristo, con una manifestazione così efficace di spirito e di potenza che lo stesso Soldano ne fu ammirato e, diventato mansueto per divina disposizione, lo ascoltò con benevolenza.

In realtà, egli notò in lui fervore di spirito, costanza d’animo, disprezzo della vita presente, efficacia nella Parola di Dio e concepì verso di lui tanta devozione che lo stimò degno di molto onore, gli offrì doni preziosi e lo invitò insistentemente a prolungare il soggiorno presso di lui.

Ma quel vero spregiatore di se stesso e del mondo rifiutò come fango tutte le cose offerte e, costatando che non poteva conseguire quanto si era proposto, dopo avere fatto schiettamente tutto ciò che poteva fare per ottenerlo, tornò tra i paesi cristiani come una rivelazione gli aveva suggerito.

E così avvenne che l’amico di Cristo cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente riuscirvi. In tal modo, da una parte non gli mancò il merito del martirio desiderato, e, dall’altra, venne risparmiato per essere, più tardi insignito di un privilegio singolare.

 

 

 

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