CAPITOLO II

CAMMINARE SULLA VIA DI GESÙ CRISTO
IN OCEANIA

«Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono» (Mt 4, 21-22).


La Chiesa come communio

Mistero e dono

10. Camminando sulle rive del mare di Galilea, Gesù chiamò la gente ad intraprendere la strada del discepolato. La chiamò alla sua sequela, a camminare sulle sue orme. «E dunque sulla medesima strada percorsa da Cristo stesso che deve procedere, sospinta dallo Spirito di Cristo, la Chiesa, e la Chiesa vuol dire tutti noi, uniti come un solo organismo che riceve il suo influsso vitale dal Signore Gesù».(18) La via di Gesù è sempre la strada della missione; egli ora invita i suoi seguaci a proclamare nuovamente il Vangelo ai popoli dell'Oceania, così che la cultura e la predicazione del Vangelo si incontrino in una maniera che li arricchisca mutuamente e la Buona Novella sia udita, creduta e vissuta più profondamente. Tale missione è radicata nel mistero della comunione.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha scelto il termine di communio come particolarmente adatto ad esprimere il mistero profondo della Chiesa; (19) e l'Assemblea straordinaria del Sinodo del 1985 ci ha resi ancor più coscienti della communio quale cuore vero della Chiesa. Quindi anche i Padri del Sinodo hanno dichiarato che la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, popolo reso uno nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tale condivisione della vita con la Santissima Trinità «è la sorgente e l'ispirazione di ogni relazione cristiana e di ogni forma di comunità cristiana».(20) Una simile comprensione è stata il retroterra dottrinale e spirituale di ogni deliberazione del Sinodo ed è «completata ed illustrata nella comprensione della Chiesa come Popolo di Dio e comunità dei discepoli. La Chiesa come comunione riconosce l'uguaglianza di appartenenza di tutti i fedeli laici, religiosi e ministri ordinati. La comunione è modellata e animata dai doni ministeriali e carismatici dello Spirito Santo».(21)

La communio della Chiesa è un dono della Santissima Trinità, la cui profonda vita intima è mirabilmente partecipata all'umanità; essa è il frutto dell'iniziativa amorevole di Dio, adempiutasi nel mistero pasquale di Cristo mediante il quale la Chiesa partecipa alla divina communio di amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5). Nel giorno di Pentecoste, la Pasqua di Cristo è giunta a compimento con l'effusione dello Spirito, che ci ha dato le primizie della nostra eredità, la partecipazione alla vita del Dio Uno e Trino, il quale ci rende capaci di amare «come Dio ci ha amato» (1 Gv 4, 11).

La Chiesa particolare e universale

11. Durante l'Assemblea Sinodale, i Vescovi presero secondo una particolare accezione il concetto di Chiesa come communio: accentuarono gli aspetti di appartenenza e di relazione interpersonale, fondati sulla comprensione della Chiesa quale Popolo di Dio. La communio ecclesiale viene espressa e vissuta in modo speciale dalla Chiesa particolare radunata attorno al Vescovo, del quale le persone sono cooperatrici nella missione.(22) Come Pastore, ogni Vescovo tende a promuovere questa communio mediante il proprio ministero, che è una condivisione dell'ufficio pastorale, profetico e sacerdotale di Cristo. Il segno e l'effetto di tale communio viene descritto negli Atti degli Apostoli: «La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuor solo e un'anima sola» (4, 32). I Padri sinodali hanno intravisto un'espressione molto pratica di tale spirito nella preparazione di un piano pastorale diocesano in collaborazione con i fedeli e le loro organizzazioni. Ciò permetterà di far sì che il piano scaturisca dalla spiritualità della communio promossa dal Concilio Vaticano II.(23)

La communio tra le Chiese particolari è basata sull'unità della fede, del Battesimo e dell'Eucaristia, ma anche sull'unità dell'Episcopato. Essa comprende tutte le Chiese particolari attraverso i rispettivi Vescovi, uniti al Vescovo di Roma, capo visibile della Chiesa. «Il Collegio episcopale unito al Successore di Pietro offre un'espressione autorevole di questa comunione ecclesiale».(24) Questa unità dell'Episcopato viene perpetuata lungo i secoli attraverso la successione apostolica; in ogni epoca è il fondamento dell'identità della Chiesa, costituita dal Cristo su Pietro e sul collegio degli Apostoli. Il Successore di Pietro è in verità «il permanente principio di unità e il visibile fondamento» della Chiesa.(25) Il Signore stesso incaricò Pietro e i suoi successori di confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22, 32) e di pascere il gregge di Cristo (cfr Gv 21, 15-17). «Esiste tra [i Vescovi] un legame che esprime in modo personale e collegiale la comunione - la koinonia - che caratterizza l'intera vita della Chiesa... Insieme, nel Collegio Episcopale, condividiamo il ministero di promuovere l'unità del Popolo di Dio nella fede e nella carità».(26) Il Sinodo ha espresso la speranza che la relazione tra le Chiese particolari e la Chiesa universale, in modo speciale la Santa Sede, riflettano ed edifichino la communio, e che tali relazioni si sviluppino con il dovuto rispetto sia per il ministero petrino dell'unità sia per le Chiese particolari.(27) Le Chiese locali in Oceania riconoscono di condividere la communio con la Chiesa universale, e per loro questo è motivo di gioia. Nonostante la vastità delle diverse culture e le grandi distanze in Oceania, i Vescovi locali hanno coscienza di essere uniti tra di loro e con il Vescovo di Roma, e ciò è da loro considerato come un grande dono. «Tra il Successore di Pietro ed i successori degli altri Apostoli esiste veramente un profondo legame spirituale e pastorale; è la nostra collegialitas affectiva et effectiva. Ci sia dato di trovare sempre le strade per sostenerci a vicenda nei nostri sforzi, uniti nella costruzione della Chiesa e per vivere questa comunione nel servizio e nella fede».(28) Quali fratelli nel Collegio dei Vescovi, i Padri sinodali sono stati inequivocabili nell'espressione del desiderio di rafforzare la loro unione con il Vescovo di Roma; (29) il Vescovo di Roma, per parte sua, è stato a sua volta commosso ed incoraggiato dal loro desiderio.

Mutuo arricchimento

12. La Conferenza Episcopale è un segno e uno strumento di collegialità e di comunione tra i Vescovi, «una santa convergenza di forze, per il bene comune delle Chiese»,(30) che contribuisce in molti modi alla concreta realizzazione dello spirito di collegialità. Vi sono molte aree nelle quali le Conferenze Episcopali hanno stabilito dei rapporti fruttuosi. Lo scambio di doni è caratteristica di molte parti dell'Oceania e può servire come modello di relazioni positive tra i Vescovi dell'Oceania ed altri. Un simile modello incoraggia uno scambio di doni spirituali che promuove rapporti di amore, rispetto e fiducia reciproci. Base per un dialogo aperto, sono la partecipazione e la consultazione come espressioni pratiche della communio che contraddistingue la Chiesa.

Le Chiese orientali cattoliche sono giunte in Oceania in tempi relativamente recenti e vi si sono insediate come espressione ricca di cattolicità in varie parti dell'Oceania, particolarmente in Australia. «Attraverso le loro tradizioni e la loro storia unica, esse danno significativa testimonianza della diversità e unità della Chiesa universale».(31) Al Sinodo è risultato chiaro come le Chiese orientali cattoliche siano coscienti della generosità della Chiesa cattolica latina in Oceania. Nel corso degli anni, spesso in circostanze difficili, Vescovi, sacerdoti e parrocchie hanno offerto l'ospitalità delle loro Chiese e scuole, e i vincoli di amicizia e di collaborazione continuano ad ogni livello. E tuttavia queste Chiese sono vulnerabili a causa del numero relativamente piccolo di fedeli e delle grandi distanze che le separano dalle loro Chiese madri, così che i loro fedeli possono sentirsi spinti o tentati di assimilarsi alla Chiesa latina predominante. Ma il Sinodo ha detto chiaramente anche che i Vescovi latini dell'Oceania sono desiderosi di apprezzare, capire e promuovere le tradizioni, la liturgia, la disciplina e la teologia delle Chiese orientali cattoliche. Pertanto, è importante che tra i cattolici latini vi sia una maggiore consapevolezza e comprensione delle ricchezze delle Chiese orientali cattoliche.

La sfida per la Chiesa in Oceania è di pervenire ad una più profonda comprensione della communio locale e universale e ad una maggiore attuazione delle sue implicazioni pratiche. Il mio Predecessore Paolo VI ha riassunto la sfida in questi termini: «La prima comunione, la prima unità, è quella della fede. L'unità nella fede è necessaria e fondamentale [...] Il secondo aspetto della comunione cattolica è quello della carità [...] Noi dobbiamo praticare nei suoi aspetti ecclesiali una carità più cosciente e operosa».(32) I popoli dell'Oceania hanno istintivamente un forte senso della comunità, ma è richiesta l'unità nella fede se si vuole superare il conflitto e l'odio con la riconciliazione e l'amore. Nelle culture più occidentalizzate della regione, le istituzioni sociali sono sotto pressione e le persone anelano ad una vita più degna per l'essere umano. Là dove l'individualismo minaccia di erodere l'edificio della società umana, la Chiesa si offre come sacramento che risana, un focolare di communio che offre risposte ai bisogni più profondi del cuore. Di questo dono vi è ora bisogno tra i popoli dell'Oceania.


Comunione e missione

Chiamata alla missione

13. La Chiesa in Oceania ha ricevuto il Vangelo da generazioni precedenti di cristiani e da missionari giunti da oltre oceano. Il Sinodo ha reso omaggio ai molti missionari - sacerdoti, consacrati, consacrate e laici - che si sono spesi per portare il Vangelo in Oceania; (33) i loro sacrifici hanno recato, per grazia di Dio, molto frutto. Nell'accettare la pienezza della redenzione in Cristo, i popoli dell'Oceania hanno trovato un formidabile simbolo nella volta celeste notturna, dove la Croce del Sud rimane segno luminoso della grazia e delle benedizioni di Dio che tutti abbraccia.(34) La generazione attuale di cristiani è chiamata e inviata a realizzare una nuova evangelizzazione tra i popoli dell'Oceania, una nuova proclamazione della permanente verità evocata dal simbolo della Croce del Sud. Questa chiamata alla missione pone grandi sfide, ma apre altresì nuovi orizzonti, ricolmi di speranza e persino di un senso di avventura.

La chiamata alla missione è rivolta ad ogni membro della Chiesa. «Tutta la Chiesa è missionaria, perché l'attività missionaria [...] è parte integrante della sua vocazione».(35) Alcuni membri della Chiesa sono inviati a popoli che non hanno mai udito nulla di Gesù Cristo e la loro missione rimane vitale come sempre; ma molti di più sono inviati al mondo in prossimità della loro casa, e i Padri sinodali hanno insistito nel sottolineare la missione dei laici nella Chiesa. Nella famiglia, nel luogo di lavoro, nelle scuole, nelle attività comuni, ogni cristiano può offrire aiuto per recare la Buona Novella al mondo in cui vive.

Una comunità cristiana non deve mai essere semplicemente un luogo confortevole per quanti ne fanno parte. I Padri del Sinodo hanno voluto incoraggiare le comunità locali a guardare oltre le loro preoccupazioni immediate per raggiungere gli altri. La parrocchia come comunità non può isolarsi dalle realtà che la circondano. La comunità cristiana deve essere attenta ai problemi della giustizia sociale e alla fame spirituale della società. Ciò che Gesù offre ai suoi seguaci deve essere condiviso con tutti i popoli dell'Oceania, in qualsiasi situazione siano, poiché soltanto in lui vi è la pienezza della vita.

Sfide

14. I Padri del Sinodo hanno manifestato con forza il desiderio che Gesù Cristo sia udito e capito dalle persone affidate alle loro cure pastorali, e anche da molte di più; hanno visto la necessità di raggiungere quanti vivono con speranze e desideri non soddisfatti, quanti sono cristiani soltanto di nome, e quanti si sono allontanati dalla Chiesa, forse a causa di esperienze dolorose. Si dovrebbe compiere ogni sforzo per sanare queste ferite e per far ritornare all'ovile la pecorella smarrita.

Soprattutto i Padri sinodali hanno voluto toccare i cuori dei giovani, molti dei quali sono alla ricerca di verità e di felicità; tale ricerca può manifestare l'esperienza di attrattive e richiami del mondo contemporaneo, alcuni dei quali sono chiaramente distruttivi. Ciò può creare confusione nei giovani e li può lasciare senza conoscenza di ciò che possono essere i veri valori e dove può essere trovata la vera felicità. La grande sfida e la grande opportunità è quella di offrire loro i doni di Gesù Cristo nella Chiesa, poiché questi doni soltanto potranno soddisfare il loro intenso desiderio. Ma Cristo deve essere presentato in modo idoneo alla nuova generazione che risente dei rapidi cambiamenti della cultura in cui essa vive.

Talvolta la Chiesa cattolica è vista come portatrice di un messaggio irrilevante, che non attrae o non convince; ma non possiamo permettere mai che tali pretese minino la nostra fiducia, poiché abbiamo trovato la perla di grande valore (cfr Mt13, 46). E tuttavia non c'è spazio per compiacersi. La Chiesa viene sfidata ad interpretare la Buona Novella per i popoli dell'Oceania secondo gli attuali loro bisogni e circostanze. Dobbiamo presentare Cristo al mondo in maniera che porti speranza ai molti che soffrono la miseria, l'ingiustizia o la povertà. Il mistero di Cristo è un mistero di vita nuova per quanti sono nel bisogno o nel dolore, per le famiglie sfasciate o per le persone che sono senza lavoro, emarginate, ferite nell'anima o nel corpo, malate o schiave della droga, e per quanti hanno perso la strada. Questo mistero di grazia, il mysterium pietatis, è il cuore stesso della Chiesa e della sua missione.

Una Chiesa di partecipazione

15. Le comunità cattoliche dell'Oceania hanno crescente fiducia circa ciò che possono offrire alla Chiesa universale e, a sua volta, la Chiesa si rallegra dei doni speciali che queste comunità recano. Molte di loro sono impegnate in attività missionarie in Oceania e oltre, nelle isole del Pacifico e in Papua Nuova Guinea, come pure nell'Asia sud orientale e in altri luoghi più lontani. Chiese particolari, fondate da missionari, a loro volta stanno inviando missionari e questo è un segno inequivocabile di maturità. Esse hanno compreso il messaggio missionario che il Papa Paolo VI inviò, insieme con i Samoani, ai cattolici del mondo: «Raccogliete l'invito a divenire gli araldi della Buona Novella della salvezza».(36) Quanto espressi come desiderio ai Vescovi della C.E.PAC. a Suva nel 1986 si è avverato, e cioè che: «Le Chiese istituite da missionari possano a loro volta inviare missionari in altre nazioni».(37) Tuttavia alcune Diocesi dell'Oceania debbono tuttora dipendere dalla solidarietà di altre Chiese particolari, e non si dovrebbe permettere che la mancanza di risorse freni la loro generosità nell'adempimento della loro missione. La condivisione delle risorse per il bene di tutti è un dovere solenne della vita cristiana e talvolta una necessità urgente della missione cristiana.

In molte isole dell'Oceania i catechisti si trovano ad assistere i ministri ordinati nel lavoro missionario o pastorale. In Australia e in Nuova Zelanda, i catechisti insegnano la fede nella comunità locale, specialmente ai bambini e ai catecumeni e «sono testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane».(38) Questi operatori laici sono spesso efficaci perché vivono e agiscono vicino alle persone nella vita di tutti i giorni ed essi «hanno dato e continuano a dare un contributo realmente insostituibile alla missione della Chiesa».(39) In molte isole i catechisti non sono soltanto educati a insegnare, ma anche a guidare la comunità nella preghiera e ad evangelizzare oltre i confini della comunità cattolica. Nelle culture tradizionali spesso la fede viene meglio comunicata oralmente con dei racconti, con la predicazione, con la preghiera vocale, con canti e danze. Per guidare e sviluppare questo tipo di attività, c'è bisogno di corsi speciali, di programmazioni e di ritiri. Il compito ora è di presentare Gesù Cristo a quanti sperimentano un indebolimento della fede a causa delle pressioni della secolarizzazione e del consumismo; essi tendono a vedere la Chiesa semplicemente come una delle molte istituzioni della società moderna che influenzano il pensiero e i comportamenti delle persone. In una simile situazione, la Chiesa ha bisogno di leader e teologi ben preparati a presentare in modo convincente Gesù Cristo ai popoli dell'Oceania.

Fu una gioia udire, durante l'Assemblea, molti Vescovi parlare dei programmi di rinnovamento cristiano nelle loro Diocesi, e dell'approfondimento della fede che tali programmi offrono ai loro fedeli. Uno degli aspetti straordinari di tali programmi è il coinvolgimento di molti laici. Siamo tutti grati per i vari doni che Dio ha dato ai laici, sia uomini che donne, per adempiere alla loro missione: essa non è soltanto una chiamata all'azione e al servizio, ma anche un invito alla preghiera.(40) I laici e i loro pastori sono incoraggiati a proseguire con rinnovata energia e a predicare Gesù Cristo al loro popolo con nuova convinzione. Le comunità cattoliche in Oceania stanno già effettuando grandi sforzi per raggiungere gli altri sia nelle parole che nei fatti; i Padri sinodali hanno espresso profondo apprezzamento per tali sforzi, e forte sostegno per quanti sono pronti ad offrirsi per operare nella missione della Chiesa. Mi unisco alla preghiera affinché questi operatori della vigna del Signore trovino appagamento e gioia nel lavoro al quale Dio stesso li ha chiamati.

Vi sono molte altre sfide che attendono i membri della Chiesa, specie coloro ai quali è stata affidata una responsabilità pastorale. Coscienti dei limiti di ogni sforzo umano, i Padri del Sinodo non si sono scoraggiati, ma hanno ricordato l'assicurazione semplice e forte del Signore. Nell'inviare gli Apostoli a predicare la Buona Novella a tutte le nazioni, il Risorto dice loro: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). La promessa del Signore è stata una fonte di speranza nuova per i Vescovi mentre consideravano le molte sfide da affrontare nel tentativo di predicare Gesù Cristo, Via, Verità e Vita; essi hanno invitato tutti i cattolici dell'Oceania ad unirsi a loro in questa speranza.

 

Il Vangelo e la cultura

Inculturazione

16. I Padri Sinodali hanno sottolineato di frequente l'importanza dell'inculturazione per una vita autenticamente cristiana in Oceania. Il processo di inculturazione è la maniera graduale mediante la quale il Vangelo è incarnato nelle varie culture. Occorre tener presente che alcuni valori culturali devono essere trasformati e purificati, se si vuole che trovino posto in una cultura genuinamente cristiana. D'altra parte, in varie culture i valori cristiani attecchiscono facilmente. L'inculturazione nasce dal rispetto sia del Vangelo che della cultura nella quale esso è annunciato e accolto. Tale processo in Oceania iniziò quando gli immigrati portarono la fede cristiana dalle loro terre di provenienza. Per i popoli indigeni dell'Oceania, l'inculturazione significò un nuovo dialogo tra il mondo che avevano conosciuto e la fede alla quale erano pervenuti. Il risultato è che l'Oceania offre molti esempi di espressioni culturali specifiche nelle aree della teologia, della liturgia e nell'uso di simboli religiosi.(41) I Padri del Sinodo hanno visto un'ulteriore inculturazione della fede cristiana come la via principale per la pienezza della communio ecclesiale.

L'autentica inculturazione della fede cristiana è fondata sul mistero dell'Incarnazione: «Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo unico Figlio» (Gv 3, 16). Il Figlio di Dio assunse la carne, «nato da donna» (Gal 4, 4) in uno specifico tempo e luogo. Per preparare un evento così rilevante, Dio scelse un popolo con una cultura distinta, e ne guidò la storia sul cammino verso l'Incarnazione. Ciò che Dio fece tra il popolo prescelto rivelò cosa voleva fare a favore di tutta l'umanità, di ogni popolo e di ogni cultura. La Scrittura ci racconta la storia di Dio che agisce in mezzo al suo popolo; soprattutto ci racconta la storia di Gesù Cristo, mediante il quale Dio stesso entrò nel mondo e nelle sue molteplici culture. In tutto ciò che disse e fece, ma specialmente nella sua Morte e Risurrezione, Gesù rivelò l'amore divino per l'umanità. Dal profondo della storia umana, la vicenda di Gesù parla non soltanto alle persone del suo tempo e della sua cultura, ma anche a quelle di ogni epoca e cultura. Egli è per sempre il Verbo fatto carne per il mondo; è il Vangelo che fu portato in Oceania; è il Vangelo che ora occorre sia nuovamente annunciato.

Il Verbo fatto carne non è estraneo ad alcuna cultura e deve essere predicato a tutte le culture. «Il processo di incontro e confronto con le culture è un'esperienza che la Chiesa ha vissuto sin dagli inizi della predicazione del Vangelo».(42) Come il Verbo fatto carne è entrato nella storia e ha dimorato tra di noi, così il Vangelo entra profondamente nella vita e nella cultura di quanti odono, ascoltano e credono. L'inculturazione, l'«incarnazione» del Vangelo nelle varie culture, condiziona il modo stesso in cui il Vangelo è predicato, compreso e vissuto.(43) La Chiesa insegna l'immutabile verità di Dio, rivolta alla storia e alla cultura di un popolo specifico. Pertanto, in ogni cultura la fede cristiana deve essere vissuta in una maniera speciale. I Padri sinodali si sono mostrati convinti che la Chiesa, nello sforzo di presentare Gesù Cristo in maniera efficace ai popoli dell'Oceania, deve rispettare ogni cultura e mai chiedere alle persone di rinunciarvi. La Chiesa invita tutti i popoli ad esprimere la parola viva di Gesù nei modi che parlano alla loro mente e al loro cuore.(44) «Il Vangelo non è contrario a questa od a quella cultura come se, incontrandosi con essa, volesse privarla di ciò che le appartiene e la obbligasse ad assumere forme estrinseche che non le sono conformi».(45) E vitale che la Chiesa si inserisca pienamente nella cultura e dall'interno porti avanti il processo di purificazione e di trasformazione.(46)

Un'autentica inculturazione del Vangelo ha un duplice aspetto: da una parte, ogni cultura offre valori e forme positivi che possono arricchire il modo in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto; dall'altra parte, il Vangelo sfida le culture ed esige che alcuni valori e forme cambino.(47) Proprio come il Figlio di Dio è divenuto carne fuorché nel peccato (cfr Eb 4, 15), così la fede cristiana accoglie e promuove tutto ciò che è genuinamente umano e rigetta quanto è peccaminoso. Il processo di inculturazione coinvolge il Vangelo e la cultura in «un dialogo che include l'identificazione di ciò che è e di ciò che non è di Cristo».(48) Ogni cultura necessita di essere purificata e trasformata dai valori rivelati nel Mistero pasquale.(49) Così, i valori e le forme positivi che si trovano nelle culture dell'Oceania arricchiscono la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto.(50) Il Vangelo «è forma reale di liberazione da ogni disordine introdotto dal peccato e, nello stesso tempo, è chiamata alla verità piena. In questo incontro, le culture non solo non vengono private di nulla, ma sono anzi stimolate ad aprirsi al nuovo della verità evangelica per trarne incentivo verso ulteriori sviluppi».(51) Trasformate dallo Spirito di Cristo, tali culture raggiungono la pienezza della vita alla quale i loro valori più profondi hanno sempre mirato e ai quali i loro popoli hanno sempre aspirato. In realtà, senza Cristo nessuna cultura umana può diventare ciò che è veramente.

La situazione attuale

17. In tempi recenti, la Chiesa ha caldamente incoraggiato l'inculturazione della fede cristiana. A tale proposito, Papa Paolo VI, nel visitare l'Oceania, ha insistito sul fatto che il cattolicesimo, «non solo non soffoca quanto vi è di buono e di originale in ogni forma di cultura umana, ma accoglie, rispetta e valorizza il genio di ogni popolo, e riveste di varietà e di bellezza l'unica inconsutile veste della Chiesa di Cristo».(52) Con parole simili mi sono rivolto agli Aborigeni dell'Australia, quando li ho incontrati: «Il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo parla tutte le lingue. Apprezza e abbraccia tutte le culture. Le sostiene in tutto ciò che in esse vi è di umano e, se necessario, le purifica. Il Vangelo esalta e arricchisce sempre e ovunque le culture con il messaggio rivelato di un Dio amoroso e misericordioso».(53) I Padri sinodali hanno chiesto che la Chiesa in Oceania sviluppi una comprensione e una presentazione della verità di Cristo partendo dalle tradizioni e dalle culture della regione. In aree missionarie, tutti i missionari sono fortemente invitati a operare in armonia con i cristiani indigeni per assicurare che la fede e la vita della Chiesa siano espresse in forme legittime appropriate a ciascuna cultura.(54)

Sin dai tempi in cui arrivarono i primi immigrati e i missionari, la Chiesa in Oceania è stata coinvolta inevitabilmente in un processo di inculturazione all'interno delle molte culture della regione, che spesso esistono fianco a fianco. Attenti ai segni dei tempi, i Padri del Sinodo hanno riconosciuto «che molte culture, ciascuna a suo modo, offrono degli squarci che aiutano [la Chiesa] a comprendere ed a esprimere meglio il Vangelo di Gesù Cristo».(55)

Per guidare questo processo, è necessaria la fedeltà a Cristo e alla Tradizione autentica della Chiesa. Una inculturazione genuina della fede cristiana deve sempre essere condotta con la guida della Chiesa universale. Pur rimanendo completamente fedeli allo spirito della communio, le Chiese particolari dovrebbero cercare di esprimere la fede e la vita della Chiesa in forme legittime, appropriate alle culture indigene. Nuove espressioni e forme devono essere verificate e approvate dalle competenti autorità. Una volta approvate, queste forme autentiche di inculturazione renderanno più facile ai popoli dell'Oceania sperimentare nel loro modo peculiare la vita abbondante offerta da Gesù Cristo.(56)

I Padri sinodali hanno espresso il desiderio che i futuri sacerdoti, diaconi e catechisti abbiano piena familiarità con la cultura delle persone alle quali prestano il loro servizio. Per divenire buoni leader cristiani dovrebbero essere educati in forme che non li separino dal contesto in cui vive la gente comune, poiché sono chiamati ad un servizio di una evangelizzazione inculturata, mediante un lavoro pastorale premuroso che permetta alla comunità cristiana di accogliere, vivere e trasmettere la fede nella propria cultura, in armonia con il Vangelo e nella comunione con la Chiesa universale.(57)

Come visione prospettica, i Padri del Sinodo hanno evocato l'ideale di molte culture dell'Oceania che possano formare una civiltà ricca e caratteristica, ispirata dalla fede in Gesù Cristo. Insieme con loro, prego fervidamente che tutti i popoli dell'Oceania scoprano l'amore di Cristo, Via, Verità e Vita, così da sperimentare ed edificare insieme la civiltà dell'amore e della pace che il mondo del Pacifico ha sempre desiderato.

 

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