Capitolo 2

Prosegue sul medesimo argomento, e dice con un grazioso paragone in che consiste l'orazione di unione, e quali gli effetti che lascia Capitolo degno di nota

1 - Vi parrà che di questa mansione vi abbia ormai detto ogni cosa; eppure mi rimane ancora molto, perché, come vi ho già fatto osservare, vi è il più e il meno.

Per ciò che riguarda l'unione, non credo di saperne dire di più, ma resta molto da parlare circa gli effetti che Dio produce nelle anime quando esse si dispongono a ricevere le sue grazie. Ne voglio dire qualche cosa, e nel contempo far conoscere lo stato in cui l'anima rimane.

Per farmi meglio capire, voglio servirmi di un paragone che trovo molto appropriato, per mezzo del quale vedremo che quantunque in questa operazione di Dio nell'anima noi non possiamo far nulla, tuttavia per ottenere che il Signore ce ne favorisca, possiamo far molto col disporci.

2 - Avrete già udito parlare delle meraviglie che Dio opera nella produzione della seta, invenzione di cui Egli solo poteva essere l'autore. Si tratta di piccoli semi, simili a granellini di pepe che io non ho mai veduto, ma di cui ho sentito parlare: perciò, se cado in qualche inesattezza la colpa non è mia.

A1 sopraggiungere dell'estate, quando i gelsi si coprono di foglie, questi semi cominciano a prender vita. Prima che spuntino quelle foglie di cui si devono nutrire, stanno là come morti; a poco a poco, con quell'alimento si sviluppano, finché, fatti più grandi, salgono sopra alcuni ramoscelli, ed ivi con la loro piccola bocca filano la seta che cavano dal loro interno, fabbricandosi certi bozzoli molto densi, nei quali ognuno di quegli insetti, che sono brutti e grossi, si rinchiude e muore. Ma poco dopo esce dal bozzolo una piccola farfalla bianca, molto graziosa.

Se questo fenomeno non cadesse sotto i nostri occhi, ma ci fosse raccontato come cosa di altri tempi, nessuno lo crederebbe. Infatti, come potremmo credere che un verme o un'ape, - esseri privi di ragione - siano tanto diligenti e industriosi nel lavorare per noi fino a rimetterci la vita come il povero bacolino nel suo lavoro?

Ecco un buon soggetto, sorelle, per intrattenervi a lungo in meditazione, senza null'altro aggiungere, bastando questo solo per farvi considerare le meraviglie e la sapienza del nostro Dio. Oh, se conoscessimo le proprietà delle cose! Come sarebbe vantaggioso meditare sopra queste meraviglie, compiacendoci di essere le spose da un Re così grande e sapiente!

3 - Tornando ora al nostro argomento, l'anima, di cui quel verme è l'immagine, comincia a prendere vita quando per il calore dello Spirito Santo, comincia a valersi dei soccorsi generali che Dio accorda a ognuno e a servirsi dei rimedi che Egli ha lasciato nella sua Chiesa, come le frequenti confessioni, le buone letture e le prediche: rimedi opportuni per l'anima che sia morta nel peccato e si trovi fra le occasioni cattive a causa della sua trascuratezza.

Ripreso a vivere con quei rimedi e pie meditazioni, vi si andrà pure sostentando finché sia cresciuta. E questo è il punto in cui la considero, poco curandomi di ciò che precede.

4 - Quando questo verme si è fatto grande - come abbiamo visto in principio di questo scritto - comincia à lavorare la seta e a fabbricarsi la casa nella quale dovrà morire.

Questa casa, come vorrei far intendere, è il nostro Signore Gesù Cristo. Mi pare di aver letto in qualche parte, o di aver udito, che la nostra vita è nascosta in Cristo, ovvero in Dio, che è poi lo stesso, oppure che Cristo è la nostra vita. Che il testo sia o non sia così, per il mio intento poco importa.

5 - Osservate qui, figliuole mie, quello che con l'aiuto di Dio possiamo fare: che Sua Maestà diventi nostra dimora fabbricata da noi stessi, come lo è in questa orazione di unione.

Dicendo che Dio è nostra dimora, e che questa dimora possiamo fabbricarcela da noi stessi per prendervi alloggio, sembra quasi che voglia dire di poter noi aggiungere o togliere a Dio qualche cosa.

E lo possiamo benissimo, ma non già aggiungendo o togliendo a Dio, bensì aggiungendo o togliendo a noi, come quei piccoli vermi, perché non avremo ancora ultimato quanto sarà in nostro potere che Egli verrà, e unendo alla sua grandezza la nostra lieve fatica, che è un nulla, le conferirà un valore così eccelso da meritare che Egli si costituisca in nostra stessa ricompensa.

Non contento di aver sostenute le spese maggiori, vorrà pure unire le nostre piccole pene alle molto grandi che Egli un giorno ha sofferto per non farne che una cosa sola.

6 - Orsù dunque, figliuole mie, mettetevi subito al lavoro!

Tessiamo questo piccolo bozzolo mediante lo spogliamento di ogni nostro amor proprio e volontà, distaccandoci da ogni cosa terrena e praticando opere di pedi orazione, di meditazione e di obbedienza, con resto che già sapete.

Oh, se mettessimo in pratica tutto quello che sappiamo e che ci hanno insegnato! E poi muoia, muoia pure questo verme, come il baco da seta dopo aver fatto il suo lavoro!

Allora ci accorgeremo di vedere Iddio e ci sentiremo sepolte nella sua grandezza, come il piccolo verme nel suo bozzolo. Dicendo che vedremo Iddio, dovete intendere nel modo con cui Egli si fa sentire in questa specie di unione.

7 - Passiamo ora a vedere come questo verme si trasformi, che è lo scopo di quanto finora vi ho detto.

Dico che quando il verme entra in questa orazione e vi rimane morto a tutte le cose del mondo, esce mutato in piccola farfalla bianca.

Oh, potenza di Dio! Oh, in che stato esce l'anima, dopo, essere rimasta nella grandezza di Dio e tanto a Lui unita come qui, sia pure per poco tempo, giacché, a mio parere, non si arriva mai a mezz'ora! In verità vi dico che essa non si riconosce più.

Pensate alla differenza fra un verme ributtante e una piccola farfalla bianca: così di lei.

L'anima ignora come abbia potuto meritare tanto bene, voglio dire che non sa di dove le sia venuto, perché conosce benissimo che a meritarlo non è da lei.

Si sente presa da un desiderio vivissimo di lodare Iddio, sino a bramare di distruggersi e di affrontare mille morti. Brame irresistibili di darsi a grandi sofferenze cominciano tosto ad occuparla senza che sappia liberarsene, e sospira con ardore di abbandonarsi alla penitenza, di stare in solitudine e di fare che tutti conoscano il suo Dio, sino a provare afflizione profonda nel vederlo offeso.

Nelle mansioni seguenti parlerò di questi effetti con particolari maggiori. Benché i fenomeni delle quinte mansioni siano quasi identici a quelli delle seguenti, tuttavia sono assai diversi quanto all'intensità degli effetti. Una anima che Dio ha condotto a questo punto, se si sforza di andare avanti, vedrà grandi meraviglie.

8 - Oh, lo spettacolo di questa piccola farfalla in continua agitazione! Eppure in tutta la sua vita non ha mai goduta tanta pace e soavità.

Vien proprio da lodare Iddio nel contemplarla così incapace a fermarsi e a riposare. No, dopo aver goduto di un tal bene, le cose della terra non la soddisfano più, specialmente se Dio l'abbia spesso inebriata di quel suo vino, dal quale si ricavano sempre nuovi vantaggi, quasi ogni volta.

Ormai non fa più conto di ciò che praticava quando era verme. Allora intesseva a poco a poco il suo bozzolo, ma ora le sono nate le ali; ed essendo capace di volare, perché contentarsi di andare ancora passo passo?

I suoi desideri sono immensi, e poco le sembra quanto possa fare per Iddio. Neppur più si meraviglia di ciò che i santi hanno fatto, perché sa per esperienza quanto il Signore aiuti, trasformando l'anima in modo tale da renderla irriconoscibile, quasi non sia più quella di prima.

La debolezza che le pareva di avere per non fare penitenza si è convertita in fortezza. E se precedentemente il suo attacco ai parenti, agli amici e ai beni terreni era tale che né i suoi atti interiori, né le sue decisioni, né la sua stessa volontà riuscivano ad infrangerlo, sembrandole anzi di attaccarvisi di più, ora invece si sente così libera da dispiacersi anche di quei rapporti che non può troncare senza offesa di Dio. Avendo sperimentato che il vero riposo non le può venire dalle creature, sente noia di tutto.

9 - Sembra che mi estenda troppo; eppure potrei dire assai di più. Chi ha ricevuto da Dio questa grazia, vedrà che non sono lunga.

Non è dunque da meravigliarsi se questa piccola farfalla, sentendosi straniera fra le cose della terra, cerchi di riposarsi in qualche altra parte. Ma dove andrà la poverina?

Tornare donde è uscita non può, giacché, come ho detto, non è cosa in suo potere, nonostante ogni suo possibile sforzo, finché Dio non si compiaccia di favorirla nuovamente. Che nuovi tormenti cominciano allora per lei! O Signore!...

E chi lo può credere dopo grazie così sublimi?

Sì, finché si vive, in un modo o in un altro si ha sempre da soffrire. Se qualcuno afferma di essere giunto a questo stato, sempre fra consolazioni e delizie, gli rispondo che non vi è giunto affatto o, per lo meno, che essendo entrato nella mansione precedente, vi ha goduto qualche rara consolazione, aiutata anche quella dalla sua naturale debolezza, per non dire forse dal demonio che gli abbia dato un po' di pace per muovergli in seguito una guerra più accanita.

10 - Non voglio dire con ciò che gli abitanti di questa mansione non abbiano la pace: l'hanno e molto grande, perchè le stesse sofferenze sono qui tanto preziose e di così eccellente radice che, nonostante la loro alta intensità, generano pace e contento.

Dal disgusto che ispirano le cose del mondo nasce nell'anima il desiderio di abbandonarlo; ed è un desiderio così penoso che la poverina, per aver un po' di sollievo, deve pensare essere volontà di Dio che viva in esilio.

Alle volte non basta neppur questo, perché l'anima, nonostante i suoi molti progressi, qui non è ancora così sottomessa al volere di Dio come lo sarà più avanti. Tuttavia non lascia di rassegnarsi, sia pure con pena e con abbondanza di lacrime, non potendo far altro perché di più non le è ancora concesso.

Sperimenta questa pena ogni qualvolta si mette in orazione, pena che in parte le deriva dal dolore vivissimo di vedere Iddio vilipeso e poco onorato dal mondo, e nel considerare il gran numero di eretici e di mori che van perduti, benché lo senta assai di più per la perdita dei cristiani.

Teme che molti sian quelli che si dannino, sebbene non ignori la grandezza della misericordia di Dio e sappia che quegli infelici possono sempre correggersi e salvarsi, nonostante la malvagità della loro vita.

11 - Oh, grandezza di Dio! Pochi anni, forse pochi giorni prima, quest'anima non pensava che a se stessa. Chi ora l'ha posta in sollecitudini così penose?

Noi non riusciremmo ad averne di sì intense neppure se vi consumassimo intorno molti anni di meditazione.

E che? Io dunque non potrei avere tali cure nemmeno impiegando giorni ed anni a meditare il gran male che è l'offesa di Dio, nel pensare che quanti si dannano sono suoi figli e miei fratelli, nel considerare i pericoli in cui ci troviamo e quanto ci sarebbe vantaggioso uscire una buona volta da questa miserabile vita?

No, figliuole! La pena che queste riflessioni producono non è come quella di cui parlo. Con l'aiuto di Dio, e indugiandoci molto nelle suddette riflessioni, possiamo pure averne, ma non mai così penetrante come l'altra, la quale sembra che stritoli e macini l'anima senza che essa vi contribuisca, né alle volte lo voglia.

Ma allora in che consiste? Donde viene? Ve lo voglio dire.

12 - Non vi ricordate di ciò che vi ho detto - sebbene non a questo proposito - in riguardo alla sposa che Dio ha introdotto nella cella vinaria, ordinando in lei la carità? E' quello che avviene qui.

L'abbandono con cui quest'anima si è rimessa nelle mani di Dio, unito al grande amore che ella gli porta, la rende così soggetta da non sapere né volere che una cosa: che Egli faccia di lei tutto quello che vuole.

Credo infatti che Dio non conceda mai questa grazia se non all'anima che già ritiene tutta sua. E così, senza che ella se ne accorga, fa in modo che esca da questo stato segnata con il suo sigillo. Del resto, qui l'anima non è più di una cera su cui s'imprima il sigillo.

La cera non s'imprime il sigillo da sé: essa non fa che tenersi pronta a riceverlo con la sua mollezza. Ma anche in questo non è essa che si modifica: ciò che essa fa è soltanto di stare immobile senza opporre resistenza.

Oh, bontà di Dio! Anche qui dev'esser tutto a vostre spese! L'unica cosa che chiedete è la nostra volontà: cioè, che la cera non opponga resistenza.

13 - Questo, dunque, sorelle, è quello che Dio fa per indurre l'anima a riconoscersi per sua. Le dà quello che ha, vale a dire, le stesse disposizioni avute in terra da suo Figlio: grazia veramente incomparabile. Chi più di suo Figlio ha desiderato di uscire da questa vita? Lo ha detto Lui stesso nella cena: Ho desiderato con desiderio Oh, Signore! E non pensavate alla morte che vi attendeva crudele, dolorosa e terribile?

- No, il grande amore e il desiderio che tutti gli uomini si salvassero, superavano di gran lunga quelle pene, senza poi dire che le ritenevo da nulla di fronte alle molte altre che poi ho patito, e che patisco tuttora da che sono nel mondo. -

14 - È proprio così, e l'ho meditato spesso. Pensando al dolore che ha sofferto e soffre un'anima di mia conoscenza - dolore così intollerabile che pur di non soffrirlo amerebbe meglio morire - mi domandavo: se così insopportabile è il tormento di un'anima la cui carità, dopo tutto, non è neppure paragonabile a quella di Cristo, che cosa avrà mai provato il Signore, e quale sarà mai stata la sua vita, avendo sempre innanzi ogni cosa e vedendo continuamente le gravi offese che si facevano al Padre suo?

Questo tormento dovette essere assai più grave di tutti quelli della sua sacratissima passione. Questa, se non altro, segnava la fine di ogni suo travaglio. E questo pensiero, unito alla consolazione di sapere che la sua morte sarebbe stata di nostro rimedio, e che con i suoi patimenti avrebbe dimostrato al Padre il grande amore che gli portava, doveva addolcire i suoi dolori.

Non è così che avviene anche fra noi? Quando uno si dà a grandi penitenze con alto impeto di amore, nemmeno quasi le sente.

Anzi, vorrebbe farne assai di più, e gli par tutto poca cosa...

Così nostro Signore in quell'occasione così propizia per dimostrare al Padre suo con quanta perfezione gli ubbidisse e quanto amasse noi uomini!

Oh, che gioia soffrire per fare la volontà di Dio! Ma vedere la Maestà di Dio continuamente offesa, e avvertire il gran numero di anime che si dannano, io lo credo così penoso che se nostro Signore fosse stato un semplice uomo, un giorno solo di questo tormento sarebbe bastato, a mio parere, per troncargli, non già una, ma molte vite.

 

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