III - NUOVI ASPETTI DELLA QUESTIONE SOCIALE

110. L’evolversi delle situazioni storiche mette sempre in maggior rilievo come le esigenze della giustizia e della equità non hanno attinenza soltanto con i rapporti tra lavoratori dipendenti e imprenditori o dirigenti, ma riguardano pure i rapporti tra differenti settori economici e tra zone economicamente più sviluppate e zone economicamente meno sviluppate nell’interno delle singole comunità politiche; e, sul piano mondiale, i rapporti tra paesi a diverso grado di sviluppo economico-sociale.

Esigenze di giustizia in ordine ai rapporti tra i settori produttivi

L’agricoltura, settore depresso

111. Sul piano mondiale non sembra che la popolazione agricolo-rurale, in termini assoluti, sia diminuita; però è incontestabile l’esistenza di un esodo delle popolazioni agricolo-rurali verso agglomerati o centri urbani; esodo che si verifica in quasi tutti i paesi e che talvolta assume proporzioni massive, creando complessi problemi umani di difficile soluzione.

112. Sappiamo che a mano a mano che una economia si sviluppa, diminuiscono le forze di lavoro impegnate nell’agricoltura; mentre cresce la percentuale delle forze di lavoro impegnate nell’industria e nel settore dei servizi. Però, pensiamo che l’esodo della popolazione del settore agricolo verso gli altri settori produttivi, oltre che a ragioni obiettive di sviluppo economico, spesso è dovuto a molteplici fattori, tra i quali vanno annoverati l’ansia di evadere da un ambiente ritenuto chiuso e senza prospettive; il desiderio di novità e di avventura da cui è presa la presente generazione; l’attrattiva di fortune rapide; il miraggio di vivere in maggior libertà, usufruendo dei mezzi e delle facilitazioni che gli agglomerati ed i centri urbani offrono. Ma riteniamo pure che non si possa dubitare che questo esodo trovi uno dei suoi fattori nel fatto che il settore agricolo, quasi ovunque, è un settore depresso, sia per quanto riguarda l’indice di produttività delle forze di lavoro, sia per quanto riguarda il tenore di vita delle popolazioni agricolo-rurali.

113. Per cui un problema di fondo che si pone in quasti tutte le comunità politiche è il seguente: come procedere perché sia ridotto lo squilibrio nell’efficienza produttiva tra il settore agricolo da una parte e il settore industriale e quello dei servizi dall’altra, e perché il tenore di vita della popolazione agricolo-rurale sia distanziato quanto meno è possibile dal tenore di vita dei cittadini, che traggono il loro reddito dal settore industriale e da quello dei servizi; e quanti lavorano la terra non abbiano un complesso di inferiorità; siano invece persuasi che anche nell’ambiente agricolo-rurale possono affermare e sviluppare la loro persona attraverso il loro lavoro e guardare fiduciosi l’avvenire.

114. Ci sembra perciò opportuno indicare alcune direttive che possono contribuire a risolvere il problema: direttive che pensiamo abbiano valore, qualunque sia l’ambiente storico in cui si opera, a condizione, come è ovvio, che siano applicate nei modi e nei gradi che l’ambiente permette o suggerisce o esige.

Adeguamento dei servizi pubblici essenziali

115. Anzitutto è indispensabile che ci si adoperi, specialmente da parte dei poteri pubblici, perché negli ambienti agricolo-rurali abbiano sviluppo conveniente i servizi essenziali, quali: la viabilità, i trasporti, le comunicazioni, l’acqua potabile, l’abitazione, l’assistenza sanitaria, l’istruzione di base e l’istruzione tecnico-professionale, condizioni idonee per la vita religiosa, i mezzi ricreativi e perché vi sia una disponibilità di quei prodotti che acconsentano alla casa agricolo - rurale di essere arredata e di funzionare modernamente.

Qualora tali servizi che oggi sono elementi costitutivi di un tenore di vita dignitoso, facciano difetto negli ambienti agricolo-rurali, lo sviluppo economico e il progresso sociale in essi diventano quasi impossibili o procedono troppo lenti; e ciò ha come conseguenza che il deflusso delle popolazioni dalla campagna diviene quasi incontenibile e difficilmente controllabile.

Sviluppo graduale ed armonico del sistema economico

116. Si richiede inoltre che lo sviluppo economico delle comunità politiche si attui in forma graduale e in proporzioni armoniche fra tutti i settori produttivi; occorre cioè che nel settore agricolo siano realizzate le innovazioni concernenti le tecniche produttive, la scelta della colture e le strutture aziendali che il sistema economico, considerato nel suo insieme, permette o sollecita; e che siano realizzate, quanto più è possibile, nelle debite proporzioni rispetto al settore industriale e dei servizi.

117. L’agricoltura viene cosi ad assorbire una quantità maggiore di beni industriali e domanda una prestazione più qualificata di servizi; a sua volta offre agli altri due settori e all’intera comunità i prodotti che meglio rispondono, nella qualità e nella quantità, alle esigenze del consumo, contribuendo alla stabilità del potere di acquisto della moneta, elemento positivo per l’ordinato sviluppo dell’intero sistema economico.

118. In tal modo crediamo che dovrebbe pure riuscire meno difficile, sia nelle zone di deflusso che in quelle di accesso, controllare il movimento delle forze di lavoro lasciate libere dalla progressiva modernizzazione dell’agricoltura; fornire loro la formazione professionale per il loro proficuo inserimento negli altri settori produttivi, e l’aiuto economico, la preparazione e l’assistenza spirituale per la loro integrazione sociale.

Appropriata politica economica

119. Ad ottenere uno sviluppo economico in proporzioni armoniche fra tutti i settori produttivi, si rende pure necessaria una oculata politica economica in campo agricolo; politica economica attinente l’imposizione tributaria, il credito, le assicurazioni sociali, la tutela dei prezzi, la promozione di industrie integrative, l’adeguamento delle strutture aziendali.

Imposizione tributaria

120. Principio fondamentale in un sistema tributario informato a giustizia ed equità è che gli oneri siano proporzionati alla capacità contributiva dei cittadini.

Però risponde pure ad una esigenza di bene comune che nella determinazione dei tributi si tenga presente come nel settore agricolo, i redditi si formano con più lentezza e sono esposti a maggiori rischi nella loro formazione; e si incontrano maggiori difficoltà nel reperire i capitali indispensabili al loro incremento.

Capitali a interesse conveniente

121. Per le ragioni sopra indicate, i possessori di capitali sono poco propensi agli investimenti in questo settore; sono invece più propensi ad investire negli altri settori. Per lo stesso motivo l’agricoltura non può corrispondere alti interessi; e neppure, di regola, gli interessi di mercato per procurarsi i capitali necessari al suo sviluppo e al normale esercizio delle sue aziende.

Occorre quindi, per ragioni di bene comune, svolgere una particolare politica creditizia e dar vita ad istituti di credito che assicurino all’agricoltura detti capitali ad un saggio di interesse a condizioni convenienti.

Assicurazioni sociali e sicurezza sociale

122. In agricoltura può essere indispensabile che si dia vita a due sistemi di assicurazione: l’uno attinente i prodotti agricoli, l’altro le forze di lavoro e le rispettive famiglie.

Per il fatto che il reddito agricolo pro-capite è, generalmente, inferiore al reddito pro-capite del settore industriale e di quello dei servizi, non sarebbe conforme a criteri di giustizia sociale e di equità instaurare sistemi di assicurazioni sociali o di sicurezza sociale, nei quali il trattamento delle forze di lavoro dell’agricoltura delle rispettive famiglie fosse sostanzialmente inferiore a quello garantito al settore dell’industria e dei servizi. Stimiamo però che la politica sociale debba proporsi che il trattamento assicurativo fatto ai cittadini non presenti differenze rilevanti, qualunque sia il settore economico in cui operano o del cui reddito vivono.

123. I sistemi di assicurazioni sociali o di sicurezza sociale possono contribuire efficacemente ad una ridistribuzione del reddito complessivo della comunità politica secondo criteri di giustizia e di equità; e possono quindi considerarsi uno degli strumenti per ridurre gli squilibri nel tenore di vita tra le varie categorie di cittadini.

Tutela dei prezzi

124. Data la natura dei prodotti agricoli, è necessario che sia attuata una disciplina efficace a tutela dei loro prezzi, utilizzando, a tale scopo, i molteplici espedienti che oggi la tecnica economica è in grado di suggerire. È altamente auspicabile che tale disciplina sia, soprattutto, opera delle categorie interessate; non può però mancarvi l’azione moderatrice dei poteri pubblici.

In materia non va dimenticato che il prezzo dei prodotti agricoli costituisce, spesso, piuttosto retribuzione di lavoro che rimunerazione di capitale.

125. Il pontefice Pio XI nell’enciclica Quadragesimo anno a ragione nota che all’attuazione del bene comune "giova la giusta proporzione tra i salari; - ma subito aggiunge - con la quale va strettamente congiunta la giusta proporzione dei prezzi, a cui si vendono i prodotti delle diverse arti, quali sono stimate l’agricoltura, l’industria e simili" (cf. AAS, XXIII, 1931, p. 202).

126. Vero è che i prodotti agricoli sono preordinati a soddisfare anzitutto bisogni umani primari; per cui il loro prezzo deve essere tale da renderli accessibili alla totalità dei consumatori. Però è chiaro che non si possa addurre un tale motivo per costringere tutta una categoria di cittadini ad uno stato permanente di inferiorità economico-sociale, privandola di un potere di acquisto indispensabile per il loro dignitoso tenore di vita; ciò è pure in netto contrasto con il bene comune.

Integrazione dei redditi agricoli

127. È pure opportuno promuovere nelle zone agricole le industrie e i servizi attinenti la conservazione, la trasformazione e il trasporto dei prodotti agricoli. È desiderabile inoltre che vi si sviluppino iniziative riguardanti gli altri settori economici e le altre attività professionali. In tal modo vengono offerte alle famiglie agricole possibilità di integrare i redditi negli stessi ambienti in cui vivono e operano.

Adeguazione delle strutture dell’impresa agricola

128. Non è possibile fissare a priori quale sia la struttura più conveniente all’impresa agricola, data la varietà che presentano gli ambienti agricolo-rurali nell’interno di ciascuna comunità politica; e, più ancora, fra i diversi paesi del mondo. Però, quando si ha dell’uomo e della famiglia una concezione umana e cristiana, non si può non considerare un ideale l’impresa configurata e funzionante come una comunità di persone nei rapporti interni e nelle strutture rispondenti ai criteri di giustizia e allo spirito sopraesposti; e, più ancora, l’impresa a dimensioni familiari; e non si può non adoperarsi perché l’una o l’altra, in rispondenza alle condizioni ambientali, diventino realtà.

129. È però opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che l’impresa a dimensioni familiari è vitale a condizione che da essa si possa trarre un reddito sufficiente al decoro tenore di vita della rispettiva famiglia. A tale scopo è indispensabile che i coltivatori siano istruiti, incessantemente aggiornati e tecnicamente assistiti nella loro professione; ed è pur indispensabile che creino una ricca rete di iniziative cooperativistiche; siano professionalmente organizzati e attivamente presenti nella vita pubblica: tanto negli organismi di natura amministrativa che nei movimenti a finalità politiche.

I lavoratori della terra protagonisti della loro elevazione

130. Siamo però convinti che i protagonisti dello sviluppo economico, del progresso sociale e dell’elevazione culturale degli ambienti agricolo-rurali devono essere gli stessi interessati, e cioè i lavoratori della terra. I quali possono facilmente costatare quanto sia nobile il loro lavoro: sia perché lo si vive nel tempio maestoso della creazione, sia perché lo si svolge spesso sulla vita delle piante e degli animali: vita inesauribile nelle sue espressioni, inflessibile nelle sue leggi, ricca di richiami a Dio creatore e provvido, sia perché produce la varietà degli alimenti di cui si nutre la famiglia umana e fornisce un numero sempre maggiore di materie prime all’industria.

131. È un lavoro inoltre che presenta la dignità di una professione che si distingue per la ricchezza dei contenuti concernenti la meccanica, la chimica, la biologia; contenuti che vanno incessantemente aggiornati a motivo delle ripercussioni, nel settore agricolo, dei progressi scientifico-tecnici. Ed è pure un lavoro che si caratterizza per gli aspetti e valori morali che gli sono propri. Esige infatti capacità di orientamento e di adattamento, pazienza nelle attese, senso di responsabilità, spirito di ripresa e di intraprendenza.

Solidarietà e collaborazione

132. Va pure ricordato che nel settore agricolo, come del resto in ogni altro settore produttivo, l’associzione oggi è una esigenza vitale; tanto più lo è quando il settore ha come base l’impresa a dimensioni familiari. I lavoratori della terra devono sentirsi solidali gli uni con gli altri e collaborare per dar vita ad iniziative cooperativistiche e ad associazioni professionali o sindacali, necessarie le une e le altre per beneficiare dei progressi scientifico - tecnici nella produzione, per contribuire efficacemente alla difesa dei prezzi dei prodotti, per mettersi su un piano di uguaglianza nei confronti delle categorie economico - professionali degli altri settori produttivi, esse pure di solito organizzate, per avere voce in capitolo in campo politico e negli organi della pubblica amministrazione: le voci isolate quasi mai, oggi, hanno possibilità di farsi sentire e tanto meno di farsi ascoltare.

Sensibilità ai richiami del bene comune

133. Però i lavoratori della terra, come del resto i lavoratori di ogni altro settore produttivo, nell’utilizzare la loro multiforme organizzazione, devono muoversi nell’ambito dell’ordine morale - giuridico: devono cioè conciliare i loro diritti e i loro interessi con i diritti e gli interessi delle altre categorie economico -professionali e subordinare gli uni e gli altri alle esigenze del bene comune. I lavoratori della terra, impegnati a migliorare ed elevare il mondo agricolo-rurale, possono legittimamente domandare che l’opera loro sia sostenuta e integrata dai poteri pubblici quando essi pure si mostrino e siano sensibili ai richiami del bene comune e contribuiscano alla sua attuazione.

134. A questo punto ci è caro esprimere il nostro compiacimento a quei figli che in varie parti del mondo sono impegnati nelle iniziative cooperativistiche, nelle associazioni professionali e nei movimenti sindacali ad elevazione economico-sociale di quanti lavorano la terra.

Vocazione e missione

135. Nel lavoro agricolo la persona umana trova mille incentivi per la sua affermazione, per il suo sviluppo, per il suo arricchimento, per la sua espansione anche sul piano dei valori dello spirito. È quindi un lavoro che va concepito e vissuto come una vocazione e come una missione; come una risposta cioè ad un invito di Dio a contribuire all’attuazione del suo piano provvidenziale nella storia; e come un impegno di bene ad elevazione di se stessi e degli altri e un apporto all’incivilimento umano.

Azione di riequilibrio e di propulsione nelle zone in via di sviluppo

136. Tra i cittadini appartenenti alla stessa comunità politica non è raro che esistano accentuate sperequazioni economico - sociali, dovute soprattutto al fatto che gli uni vivono e operano in zone economicamente più sviluppate, e gli altri in zone economicamente meno sviluppate. In tale situazione, giustizia ed equità esigono che i poteri pubblici si adoperino perché quelle sperequazioni siano eliminate o ridotte. A tale scopo si deve procurare che nelle zone meno sviluppate siano assicurati i servizi pubblici essenziali, e lo siano nelle forme e nei gradi suggeriti o reclamati dall’ambiente e rispondenti, di norma, al tenore di vita medio vigente nella comunità nazionale. Ma è pure necessario che si svolga una appropriata politica economico-sociale attinente soprattutto l’offerta di lavoro e gli spostamenti di popolazione, i salari, l’imposizione tributaria, il credito, gli investimenti, con speciale riguardo alle industrie di natura propulsiva; politica idonea a promuovere l’assorbimento e l’impiego redditizio delle forze di lavoro, a stimolare l’iniziativa imprenditoriale, e sfruttare le risorse del luogo.

137. Però l’azione dei poteri pubblici deve trovare sempre la sua giustificazione in motivi di bene comune. Per cui va svolta con criteri unitari su piano nazionale, con l’obiettivo costante di contribuire allo sviluppo graduale, simultaneo, proporzionato di tutti e tre i settori produttivi: agricolo, industriale e dei servizi; e con la preoccupazione operante che i cittadini delle zone meno sviluppate si sentano e siano, quanto più è possibile, responsabili e protagonisti della loro evoluzione economica.

138. È infine da ricordare che anche l’iniziativa privata deve portare il suo contributo a comporre l’equilibrio economico e sociale tra le differenti zone di un paese. Anzi i poteri pubblici, secondo il principio di sussidiarietà, devono favorire ed aiutare l’iniziativa privata affidando ad essa, dove e non appena è possibile in modo efficiente, la continuità dello sviluppo economico.

Eliminazione o riduzione degli squilibri fra terra e popolazione

139. È qui opportuno rilevare come vi siano non pochi paesi nei quali esistono accentuate sperequazioni fra terra e popolazione; in alcuni infatti si scarseggia di uomini e si abbonda di terreni suscettibili di essere coltivati; mentre in altri abbondano gli uomini e scarseggiano i terreni coltivabili.

140. Inoltre vi sono paesi dove, nonostante la ricchezza delle risorse naturali allo stato potenziale, la primitività delle colture non consente la produzione di una sufficienza di beni per soddisfare i bisogni elementari delle rispettive popolazioni; mentre in altri paesi l’alto grado di modernizzazione raggiunto nelle colture determina una sopraproduzione di beni agricoli con riflessi negativi nelle rispettive economie nazionali.

141. È ovvio che la solidarietà umana e la fraternità cristiana domandano che tra i popoli si instaurino rapporti di collaborazione attiva e multiforme; collaborazione che permetta e favorisca il movimento di beni, capitali, uomini, allo scopo di eliminare o ridurre gli accennati squilibri; ma su tale argomento torneremo più diffusamente in seguito.

142. Vogliamo però qui esprimere il nostro sincero apprezzamento per l’opera altamente benefica che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) svolge, per favorire tra i popoli intese feconde, per promuovere l’ammodernamento delle colture soprattutto nei paesi in via di sviluppo, per alleviare il disagio delle popolazioni che scarseggiano di alimenti.

Esigenze di giustizia nei rapporti fra paesi a sviluppo economico di grado diverso

Il problema dell’epoca moderna

143. Il problema forse maggiore dell’epoca moderna è quello dei rapporti tra le comunità politiche economicamente sviluppate e le comunità politiche in via di sviluppo economico: le prime, di conseguenza, ad elevato tenore di vita, le seconde, in condizioni di disagio o di grande disagio.

144. La solidarietà che lega tutti gli esseri umani e li fa membri di un’unica famiglia impone alle comunità politiche, che dispongono di mezzi di sussistenza ad esuberanza, il dovere di non restare indifferenti di fronte alle comunità politiche i cui membri si dibattono nelle difficoltà dell’indigenza, della miseria e della fame, e non godono dei diritti elementari di persona. Tanto più che, data la interdipendenza sempre maggiore tra i popoli, non è possibile che tra essi regni una pace duratura e feconda, quando sia troppo accentuato lo squilibrio nelle loro condizioni economico-sociali.

145. Consapevoli della nostra universale paternità, ci sentiamo in dovere di ribadire in forma solenne quanto altra volta abbiamo affermato: "Noi siamo tutti solidamente responsabili delle popolazioni sottoalimentate...". (Perciò) "occorre educare la coscienza al senso di responsabilità che pesa su tutti e su ciascuno, specialmente sui più favoriti" (cf. ivi).

146. È ovvio che il dovere, sempre proclamato dalla Chiesa, di aiutare chi si dibatte nell’indigenza e nella miseria deve essere maggiormente sentito dai cattolici, trovando essi un motivo nobilissimo nel fattore che sono membri del corpo mistico di Cristo: "Da questo - proclama l’apostolo Giovanni - abbiamo conosciuto la carità di Dio, perché egli ha dato la sua vita per noi e anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Chi avrà dei beni di questo mondo, e vedrà il suo fratello in necessità, e chiuderà le viscere, come la carità di Dio dimora in lui?" (1Gv 3,16-17).

147. Vediamo quindi con piacere che le comunità politiche, che dispongono di sistemi economici altamente produttivi, prestino la loro opera alle comunità politiche in fase di sviluppo economico, perché riesca a queste meno difficile migliorare le proprie condizioni di vita.

Aiuti di emergenza

148. Vi sono paesi nei quali si producono beni di consumo e soprattutto prodotti agricoli in eccedenza; mentre ve ne sono altri nei quali larghi strati popolari lottano contro la miseria e la fame: ragioni di giustizia e di umanità domandano che i primi vengano in soccorso dei secondi. Distruggere o sciupare beni che sono indispensabili ad esseri umani per sopravvivere è ledere la giustizia e l’umanità.

149. Sappiamo che produrre beni, specialmente agricoli, in eccedenza al fabbisogno di una comunità politica, può avere ripercussioni economicamente negative nei confronti di alcune categorie di cittadini. Però non è quella una ragione che esima dal dovere di prestare un aiuto di emergenza agli indigenti e agli affamati; se mai è una ragione che domanda che si usino tutti gli accorgimenti perché quelle ripercussioni negative siano contenute, e perché il loro peso venga equamente distribuito fra tutti i cittadini.

Cooperazione scientifico-tecnico-finanziaria

150. Gli aiuti di emergenza, pur rispondendo a un dovere di umanità e di giustizia, non sono sufficienti per eliminare e neppure per ridurre le cause che determinano in un numero considerevole di comunità politiche uno stato permanente di indigenza o di miseria o di fame. Quelle cause vanno ritrovate, soprattutto, nella primitività o nella arretratezza dei loro sistemi economici. Per cui non si possono eliminare o ridurre che attraverso una multiforme cooperazione, diretta a far acquistare ai loro cittadini attitudini e qualifiche professionali e competenze scientifiche e tecniche; e a mettere a loro disposizione i capitali indispensabili per iniziare e accelerare lo sviluppo economico con criteri e metodi moderni.

151. Conosciamo bene come in questi ultimi anni si è sempre più diffusa ed è maturata la coscienza di doversi adoperare per favorire lo sviluppo economico e il progresso sociale nei paesi che si dibattono in maggiori difficoltà.

152. Organismi mondiali e regionali, singoli Stati, fondazioni, società private offrono a detti paesi in misura crescente la propria cooperazione tecnica in tutti i settori produttivi; e moltiplicano le facilitazioni a migliaia di giovani perché possano studiare nelle università dei paesi più sviluppati e acquistare una formazione scientifico-tecnico-professionale rispondente ai tempi. Mentre istituti bancari mondiali, singoli Stati e privati forniscono capitali e danno vita o contribuiscono a dar vita a una rete sempre più ricca di iniziative economiche nei paesi in fase di sviluppo. Siamo lieti di cogliere la presente occasione per esprimere il nostro sincero apprezzamento per tale opera riccamente feconda.

153. Però non possiamo esimerci dal rilevare che la cooperazione scientifico-tecnico-economica, tra le comunità politiche economicamente sviluppate e quelle che sono appena agli inizi o in via di sviluppo, domanda svolgimenti più ampi di quelli esistenti; ed è augurabile che tali svolgimenti durante i prossimi decenni caratterizzino i loro rapporti. In materia stimiamo opportune alcune considerazioni e alcuni richiami.

Evitare gli errori del passato

154. Saggezza vuole che le comunità politiche che si trovano in uno stadio iniziale o poco avanzato del loro sviluppo economico tengano presenti le esperienze vissute dalle comunità politiche economicamente già sviluppate.

155. Produrre di più e meglio risponde ad una esigenza di ragione ed è pure una necessità imprescindibile. Però è non meno necessario e conforme a giustizia che la ricchezza prodotta venga equamente distribuita fra tutti i membri della comunità politica: per cui si deve tendere a che lo sviluppo economico proceda di pari passo con il progresso sociale. Ciò importa che lo si attui, per quanto è possibile, gradualmente e armonicamente in tutti i settori produttivi: nel settore agricolo, industriale e dei servizi.

Rispetto delle caratteristiche delle singole comunità

156. Le comunità politiche in fase di sviluppo economico presentano di solito una propria inconfondibile individualità: sia per le risorse e le caratteristiche specifiche del proprio ambiente naturale, sia per le loro tradizioni spesso ricche di valori umani, sia per le qualità tipiche dei propri membri.

157. Le comunità politiche economicamente sviluppate, nel prestare la loro opera, devono riconoscere e rispettare quella individualità, e vincere la tentazione che le porta a proiettare se stesse, attraverso quell’opera, nelle comunità in via di sviluppo economico.

Opera disinteressata

158. Ma la tentazione maggiore da cui possono essere prese le comunità politiche economicamente sviluppate è quella di approfittare della loro cooperazione tecnico-finanziaria per incidere sulla situazione politica delle comunità in fase di sviluppo economico allo scopo di attuare piani di predominio.

159. Qualora ciò si verifichi, si deve dichiarare esplicitamente che in tal caso si tratta di una nuova forma di colonialismo, che, per quanto abilmente mascherata, non per questo sarebbe meno involutiva di quella dalla quale molti popoli sono di recente evasi e che influirebbe negativamente sui rapporti internazionali, costituendo una minaccia e un pericolo per la pace mondiale.

160. È quindi indispensabile e rispondente a una esigenza di giustizia che l’accennata opera tecnico-finanziaria sia prestata nel più sincero disinteresse politico, allo scopo di mettere le comunità in via di sviluppo economico nelle condizioni di realizzare esse stesse la propria ascesa economica e sociale.

161. In tal modo si porta pure un contributo prezioso alla formazione di una comunità mondiale nella quale tutti i membri siano soggetti consapevoli dei propri doveri e dei propri diritti, operanti in rapporto di uguaglianza all’attuazione del bene comune universale.

Nel rispetto della gerarchia dei valori

162. I progressi scientifico-tecnici, lo sviluppo economico, i miglioramenti nelle condizioni di vita sono certamente elementi positivi di una civiltà. Però dobbiamo ricordare che non sono né possono essere considerati valori supremi, nei confronti dei quali rivestono carattere essenzialmente strumentale.

163. Rileviamo con amarezza che nei paesi economicamente sviluppati non sono pochi gli esseri umani nei quali si è attenuata o spenta o capovolta la coscienza della gerarchia dei valori; nei quali cioè i valori dello spirito sono trascurati o dimenticati o negati; mentre i progressi delle scienze, delle tecniche, lo sviluppo economico, il benessere materiale vengono caldeggiati e propugnati spesso come preminenti e perfino elevati ad unica ragione di vita. Ciò costituisce un’insidia dissolvitrice tra le più deleterie nell’opera che i popoli economicamente sviluppati prestano ai popoli in fase di sviluppo economico: popoli, nei quali, non di rado, per antica tradizione, la coscienza di alcuni tra i più importanti valori umani è ancora viva e operante.

164. Attentare a quella coscienza è essenzialmente immorale. Essa invece va rispettata e, per quanto possibile, chiarita e sviluppata, perché rimanga quello che è: fondamento di vera civiltà.

L’apporto della Chiesa

165. La Chiesa, come è noto, è universale per diritto divino e lo è pure storicamente per il fatto che è presente, o tende ad esserlo, presso tutti i popoli.

166. L’inserirsi della Chiesa in un popolo ha sempre riflessi positivi in campo economico-sociale, come dimostrano storia ed esperienza. La ragione è che gli esseri umani, diventando cristiani, non possono non sentirsi impegnati a migliorare istituzioni e ambienti dell’ordine temporale: sia perché in essi non venga lesa la dignità umana, sia perché vengano eliminati e ridotti gli ostacoli al bene e moltiplicati gli incentivi e gli inviti ad esso.

167. Inoltre la Chiesa, inserendosi nella vita dei popoli, non è né si sente mai una istituzione che venga imposta dal di fuori. Ciò è dovuto al fatto che la sua presenza si concreta con la rinascita o la risurrezione dei singoli esseri umani in Cristo; e chi rinasce o risorge in Cristo non si sente mai coartato dall’esterno; si sente invece liberato nel più profondo di se stesso e cioè aperto verso Dio; e quanto in lui rappresenta un valore, qualunque ne sia la natura, viene riaffermato e nobilitato.

168. "La Chiesa di Cristo, osserva sapientemente il nostro predecessore Pio XII, fedelissima depositaria della divina educatrice saggezza, non può pensare né pensa di intaccare o disistimare le caratteristiche particolari che ciascun popolo con gelosa pietà e comprensibile fierezza custodisce e considera quale prezioso patrimonio. Il suo scopo è l’unità soprannaturale nell’amore universale, sentito e praticato, non l’uniformità esclusivamente esterna, superficiale e perciò stesso debilitante. Tutte quelle direttive e cure, che servono ad un saggio, ordinato svolgimento di forze e di tendenze particolari, le quali hanno radici nei più riposti penetrali di ogni stirpe, purché non si oppongano ai doveri derivanti alla umanità dall’unità di origine e comune destinazione, la Chiesa le saluta con gioia e le accompagna nei suoi voti materni" (Enc. Summi pontificatus).

169. Costatiamo con profonda soddisfazione come oggi pure i cittadini cattolici delle comunità in fase di sviluppo economico non sono, di regola, secondi a nessuno nel partecipare allo sforzo che i propri paesi sostengono per sviluppare ed elevare se stessi in campo economico-sociale.

170. D’altra parte, i cittadini cattolici delle comunità economicamente sviluppate moltiplicano le loro iniziative per assecondare e rendere più feconda l’opera che viene prestata alle comunità in via di sviluppo economico. Degna di speciale considerazione è la multiforme assistenza che essi prestano in proporzioni sempre maggiori agli studenti dei paesi d’Africa e d’Asia sparsi per le università di Europa e d’America; e la preparazione di soggetti disposti a portarsi nei paesi in fase di sviluppo economico per svolgervi attività tecnico-professionali.

171. A questi nostri diletti figli, che in tutti i continenti esprimono la perenne vitalità della Chiesa nel promuovere il progresso genuino e nel vivificare le civiltà, vogliamo che giunga la nostra parola paternamente affettuosa di plauso e di incoraggiamento.

Incrementi demografici e sviluppo economico

Squilibrio tra popolazione e mezzi di sussistenza

172. In questi ultimi tempi riaffiora spesso il problema attinente il rapporto tra incrementi demografici, sviluppo economico e disponibilità di mezzi di sussistenza sia su piano mondiale che nei confronti di comunità politiche in fase di sviluppo economico.

173. Su piano mondiale alcuni osservano che, secondo calcoli statistici ritenuti sufficientemente attendibili, la famiglia umana in pochi decenni attingerà cifre assai elevate, mentre lo sviluppo economico procederà con ritmo meno accelerato. Ne deducono che qualora non si provveda in tempo a limitare il flusso demografico, lo squilibrio tra popolazione e i mezzi di sussistenza, in un futuro non lontano, si farà sentire acutamente.

174. Per quanto attiene alle comunità politiche in fase di sviluppo economico si osserva, sempre su indicazioni di dati statistici, che il rapido diffondersi di misure igieniche e di cure sanitarie appropriate riduce di molto il tasso di mortalità, soprattutto infantile; mentre tende a rimanere costante o quasi, almeno per un considerevole periodo di tempo, il tasso di natalità, che in quelle comunità suole essere elevato. Cresce quindi notevolmente l’eccedenza di nati sui morti; mentre non aumenta in proporzione l’efficienza produttiva dei rispettivi sistemi economici. È pertanto impossibile che nelle comunità politiche in via di sviluppo economico migliori il tenore di vita; anzi è inevitabile che peggiori. Per cui, ad evitare che si finisca in situazioni di estremo disagio, vi è chi ritiene indispensabile far ricorso a drastiche misure elusive o repressive della natalità.

I termini del problema

175. A dire il vero, considerato su piano mondiale, il rapporto tra incremento demografico da una parte e sviluppo economico e disponibilità di mezzi di sussistenza dall’altra, non sembra, almeno per ora e in un avvenire prossimo, creare gravi difficoltà: in ogni caso, troppo incerti ed oscillanti sono gli elementi di cui si dispone per poterne trarre conclusioni sincere.

176. Inoltre Dio, nella sua bontà e nella sua sapienza, ha diffuso nella natura risorse inesauribili e ha dato agli uomini intelligenza e genialità per creare gli strumenti idonei ad impadronirsi di esse e a volgerle a soddisfazione dei bisogni e delle esigenze della vita. Per cui la soluzione di fondo del problema non va ricercato in espedienti che offendono l’ordine morale stabilito da Dio e intaccano le stesse sorgenti della vita umana, ma in un rinnovato impegno scientifico-tecnico da parte dell’uomo ad approfondire ed estendere il suo dominio sulla natura. I progressi già realizzati dalle scienze e dalle tecniche aprono su questa via orizzonti sconfinati.

177. Sappiamo però che in aree determinate e nell’ambito di comunità politiche in fase di sviluppo economico possono presentarsi e si presentano realmente gravi problemi e difficoltà, che si devono al fatto di una deficiente organizzazione economico - sociale che non offre perciò mezzi di vita proporzionati al saggio di incremento demografico; come pure al fatto che la solidarietà tra i popoli non è operante in grado sufficiente.

178. Ma, anche in tale ipotesi, dobbiamo subito affermare chiaramente che quei problemi non vanno affrontati e quelle difficoltà non vanno superate facendo ricorso a metodi e a mezzi che sono indegni dell’uomo e che trovano la loro spiegazione soltanto in una concezione prettamente materialista dell’uomo stesso e della sua vita.

179. La vera soluzione si trova soltanto nello sviluppo economico e nel progresso sociale, che rispettino e promuovano i veri valori umani, individuali e sociali; sviluppo economico e progresso sociale, cioè, attuati nell’ambito morale, conformemente alla dignità dell’uomo e a quell’immenso valore che è la vita dei singoli esseri umani; e nella collaborazione su piano mondiale che permetta e favorisca una ordinata e feconda circolazione di utili cognizioni, di capitali, di uomini.

Rispetto delle leggi della vita

180. Dobbiamo proclamare solennemente che la vita umana va trasmessa attraverso la famiglia, fondata sul matrimonio uno e indissolubile, elevato, per i cristiani, alla dignità di sacramento. La trasmissione della vita umana è affidata dalla natura a un atto personale e cosciente e, come tale, soggetto alle sapientissime leggi di Dio: leggi inviolabili e immutabili che vanno riconosciute e osservate. Perciò non si possono usare mezzi e seguire metodi che possono essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli animali.

181. La vita umana è sacra: fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione creatrice di Dio. Violando le sue leggi, si offende la sua divina maestà, si degrada se stessi e l’umanità e si svigorisce altresì la stessa comunità di cui si è membri.

Educazione al senso della responsabilità

182. È della più alta importanza che le nuove generazioni vengano educate con adeguata formazione culturale, nonché religiosa come è dovere e diritto dei genitori, a un profondo senso di responsabilità in tutte le manifestazioni della loro vita e perciò anche in ordine alla creazione di una famiglia e alla procreazione ed educazione dei figli. I quali devono essere formati a una vita di fede e a una profonda fiducia nella divina Provvidenza perché siano pronti ad affrontare fatiche e sacrifici nell’adempimento di una missione tanto nobile e spesso ardua quale è quella di collaborare con Dio nella trasmissione della vita umana e nell’educazione della prole. Per tale educazione nessuna istituzione dispone di risorse efficaci quanto la Chiesa, la quale, anche per tale motivo, ha diritto di svolgere in piena libertà la sua missione.

A servizio della vita

183. Nella Genesi si ricorda come Dio abbia rivolto ai primi esseri umani due comandi: quello di trasmettere la vita: "Crescete e moltiplicatevi" (Gen 1,28) e quello di dominare la natura: "Riempite la terra e assoggettatela": (Ivi) comandi che si integrano a vicenda. Certo il comando divino di dominare la natura non è a scopi distruttivi; è invece a servizio della vita.

184. Con tristezza rileviamo che una delle contraddizioni più sconcertanti da cui è tormentata e in cui si logora la nostra epoca è che, mentre da una parte si mettono in accentuato rilievo le situazioni di disagio e si fa balenare lo spettro della miseria e della fame, dall’altra si utilizzano, e spesso largamente, le scoperte della scienza, le realizzazioni della tecnica e le risorse economiche per creare terribili strumenti di rovina e di morte.

185. Dio provvido concede al genere umano sufficienti mezzi per risolvere in forma dignitosa anche i molteplici e delicati problemi attinenti alla trasmissione della vita: ma quei problemi possono diventare di difficile soluzione o insolubili perché gli uomini, deviati nella mente o pervertiti nella volontà, si valgono di quei mezzi contro ragione e cioè per fini che non sono quelli che rispondono alla loro natura sociale e ai piani della Provvidenza.

Collaborazione sul piano mondiale

Dimensioni mondiali di ogni problema umano di rilievo

186. I progressi delle scienze e delle tecniche in tutti i settori della convivenza moltiplicano e infittiscono i rapporti tra le comunità politiche e rendono perciò la loro interdipendenza sempre più profonda e vitale.

Di conseguenza può dirsi che ogni problema umano di qualche rilievo, qualunque ne sia il contenuto, scientifico, tecnico, economico, sociale, politico, culturale, presenta oggi dimensioni soprannazionali e spesso mondiali.

187. Pertanto le singole comunità politiche non sono più in grado di risolvere adeguatamente i loro maggiori problemi nell’ambito di se stesse con le sole loro forze; anche se sono comunità che emergono per l’elevato grado e la diffusione della loro cultura, per il numero ed operosità dei cittadini, per l’efficienza dei loro sistemi economici, per la vastità e la ricchezza dei loro territori. Le comunità politiche si condizionano a vicenda, e si può asserire che ognuna riesce a sviluppare se stessa contribuendo allo sviluppo delle altre. Per cui tra esse si impone l’intesa e la collaborazione.

Sfiducia reciproca

188. Si può cosi comprendere come nell’animo dei singoli esseri umani e tra i popoli si diffonda sempre più la persuasione della urgente necessità dell’intesa e della collaborazione. Però nello stesso tempo sembra che gli uomini, specialmente quelli investiti di maggiori responsabilità, si rivelino impotenti a realizzare l’una e l’altra. La radice di siffatta impotenza non è da ricercarsi in ragioni scientifiche, tecniche, economiche, ma nell’assenza di reciproca fiducia. Gli uomini e conseguentemente gli Stati si temono a vicenda. Ognuno teme che l’altro nutra propositi di sopraffazione e mediti il momento ritenuto favorevole per mandare ad effetto tali propositi. Perciò organizza la propria difesa, e cioè si arma più che per aggredire, cosi si dichiara, per dissuadere l’ipotetico aggressore da ogni effettiva aggressione.

189. Ciò però ha come conseguenza che immense energie umane e mezzi giganteschi vengano usati a scopi non costruttivi: mentre si insinua e si alimenta nell’animo dei singoli esseri umani e tra i popoli un senso di disagio e di pesantezza che attenua lo spirito di iniziativa per opere di ampio respiro.

Mancato riconoscimento dell’ordine morale

190. La mancanza di reciproca fiducia trova la sua spiegazione nel fatto che gli uomini, specialmente i più responsabili, nello svolgimento della loro attività si ispirano a concezioni di vita differenti o radicalmente opposte. In alcune di quelle concezioni, purtroppo, non si riconosce l’esistenza dell’ordine morale: ordine trascendente, universale, assoluto, uguale e valevole per tutti. Viene meno cosi la possibilità di incontrarsi e di intendersi pienamente e sicuramente nella luce di una stessa legge di giustizia ammessa e seguita da tutti.

191. Vero è che il termine "giustizia" e la dizione "esigenze della giustizia" continua a risuonare sulle labbra di tutti. Però quel termine o quella dizione assumono negli uni e negli altri contenuti diversi o contrapposti.

192. Perciò gli appelli ripetuti e appassionati alla giustizia, e alle esigenze della giustizia, nonché offrire possibilità di incontro o d’intesa, aumentando la confusione, inaspriscono i contrasti, rendono infuocate le contese; e come conseguenza si diffonde la persuasione che per far valere i propri diritti e perseguire i propri interessi non si offra altro mezzo che il ricorso alla violenza, fonte di gravissimi mali.

Dio fondamento dell’ordine morale

193. La reciproca fiducia tra gli uomini e tra gli Stati non può nascere e rafforzarsi che nel riconoscimento e nel rispetto dell’ordine morale.

Sennonché l’ordine morale non si regge che in Dio: scisso da Dio si disintegra. L’uomo infatti non è solo un organismo materiale, ma è anche spirito dotato di pensiero e di libertà. Esige quindi un ordine etico-religioso, il quale incide più di ogni valore materiale sugli indirizzi e le soluzioni da dare ai problemi della vita individuale ed associata nell’interno delle comunità nazionali e nei rapporti tra esse.

194. Si è affermato che nell’era dei trionfi della scienza e della tecnica gli uomini possono costruire la loro civiltà, prescindendo da Dio. La verità invece è che gli stessi progressi scientifico-tecnici pongono problemi umani a dimensioni mondiali che si possono risolvere soltanto nella luce di una sincera ed operosa fede in Dio, principio e fine dell’uomo e del mondo.

195. Di queste verità si trova una conferma nella costatazione che gli stessi sconfinati orizzonti dischiusi dall’indagine scientifica contribuiscono a far nascere e sviluppare negli animi la persuasione che le conoscenze matematico-scientifiche avvertono, ma non colgono e tanto meno esprimono interamente gli aspetti più profondi della realtà. E la tragica esperienza che le forze gigantesche, messe a disposizione della tecnica, possono essere utilizzate tanto per finalità costruttive che per la distruzione, mette in evidenza la prevalente importanza dei valori spirituali affinché anche il progresso scientifico-tecnico conservi il suo carattere essenzialmente strumentale in ordine all’incivilimento.

196. Mentre il senso di crescente insoddisfazione che si diffonde tra gli esseri umani nelle comunità nazionali ad alto livello di vita dissolve l’illusione di un sognato paradiso in terra, nello stesso tempo però si fa in essi sempre più chiara la coscienza di diritti inviolabili ed universali della persona, e più viva l’aspirazione a rapporti più giusti e più umani. Motivi tutti, questi, che contribuiscono a rendere gli esseri umani più consapevoli dei propri limiti, a far riaffiorare in essi l’anelito verso i valori dello spirito; e ciò non può non essere di lieto auspicio per le intese sincere e le collaborazioni feconde.

 

 

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