III.

ORIENTAMENTI PER GUIDARE IL RINNOVAMENTO DELLA VITA LITURGICA

10. Da questi princìpi derivano alcune norme ed orientamenti che devono regolare il rinnovamento della vita liturgica. Se infatti la riforma della liturgia voluta dal Concilio Vaticano II può considerarsi ormai posta in atto, la pastorale liturgica, invece, costituisce un impegno permanente per attingere sempre più abbondantemente dalla ricchezza della liturgia quella forza vitale che dal Cristo si diffonde alle membra del suo corpo che è la Chiesa.

Poiché la liturgia è l'esercizio del sacerdozio di Cristo, è necessario mantenere costantemente viva l'affermazione del discepolo davanti alla presenza misteriosa di Cristo: «E' il Signore!» (Gv 21,7). Niente di tutto ciò che facciamo noi nella liturgia può apparire come più importante di quello che invisibilmente, ma realmente fa il Cristo per l'opera del suo Spirito. La fede viva per la carità, l'adorazione, la lode al Padre e il silenzio di contemplazione, saranno sempre i primi obiettivi da raggiungere per una pastorale liturgica e sacramentale.

Poiché la liturgia è tutta permeata dalla Parola di Dio, bisogna che qualsiasi altra parola sia in armonia con essa, in primo luogo l'omelia, ma anche i canti e le monizioni; che nessun'altra lettura venga a sostituire la parola biblica, e che le parole degli uomini siano al servizio della Parola di Dio, senza oscurarla.

Dato poi che le azioni liturgiche non sono azioni private, ma «celebrazioni della Chiesa quale sacramento di unità» («Sacrosanctum Concilium», 26), la loro disciplina dipende unicamente dall'autorità gerarchica della Chiesa (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 22 e 26). La liturgia appartiene all'intero corpo della Chiesa (cfr. «Dei Verbum», 26). E' per questo che non è permesso ad alcuno, neppure al sacerdote, né ad un gruppo qualsiasi di aggiungervi, togliervi o cambiare alcunché di proprio arbitrio (cfr. «Dei Verbum», 22). La fedeltà ai riti e ai testi autentici della liturgia è una esigenza della «lex orandi», che deve esser sempre conforme alla «lex credendi».

La mancanza di fedeltà su questo punto può anche toccare la validità stessa dei sacramenti.

Essendo celebrazione della Chiesa, la liturgia richiede la partecipazione attiva, consapevole e piena da parte di tutti, secondo la diversità degli ordini e delle funzioni (cfr. «Dei Verbum», 26): tutti, i ministri e gli altri fedeli, compiendo la loro funzione, fanno ciò che loro spetta e soltanto ciò che loro spetta (cfr. «Dei Verbum», 28). E' per questo che la Chiesa dà la preferenza alla celebrazione comunitaria, quando lo comporta la natura dei riti (cfr. «Dei Verbum», 27); essa incoraggia la formazione di ministri, lettori, cantori e commentatori, che compiano un vero ministero liturgico (cfr. «Dei Verbum», 29), ha ripristinato la concelebrazione (cfr. «Dei Verbum», 57; Sacrae Congr. Rituum Decr. generale «Ecclesiae Semper», die 7 mar. 1965: AAS 57 [1965] 410-412), raccomanda la celebrazione comune dell'Ufficio divino (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 99).

Poiché la liturgia è la grande scuola di preghiera della Chiesa, si è ritenuta cosa buona introdurre e sviluppare l'uso della lingua viva - senza eliminare l'uso della lingua latina, conservata dal Concilio, per i riti latini (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 36) - perché ognuno possa intendere e proclamare nella propria lingua materna le meraviglie di Dio (cfr. At 2,11); come anche aumentare il numero dei prefazi e delle preghiere eucaristiche, che arricchiscono il tesoro della preghiera e l'intelligenza dei misteri di Cristo.

Poiché la liturgia ha un grande valore pastorale, i libri liturgici hanno previsto un margine d'adattamento all'assemblea ed alle persone, ed una possibilità d'apertura al genio ed alla cultura dei diversi popoli (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 37-40). La revisione dei riti ha cercato una nobile semplicità (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 34) e dei segni facilmente comprensibili, ma la semplicità auspicata non deve degenerare nell'impoverimento dei segni, al contrario: i segni, soprattutto quelli sacramentali, devono possedere la più grande espressività. Il pane e il vino, l'acqua e l'olio, e anche l'incenso, le ceneri, il fuoco e i fiori, e quasi tutti gli elementi della creazione hanno il loro posto nella liturgia come offerta al Creatore e contributo alla dignità e alla bellezza della celebrazione.

 

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