II.

I PRINCIPI DIRETTIVI DELLA COSTITUZIONE

5. I princìpi direttivi della costituzione, che furono alla base della riforma, restano fondamentali per condurre i fedeli ad un'attiva celebrazione dei misteri, «prima e indispensabile sorgente del vero spirito cristiano» («Sacrosanctum Concilium», 14). Ora che per la maggior parte i libri liturgici sono stati pubblicati, tradotti e posti in uso, rimane necessario tenere costantemente presenti tali princìpi ed approfondirli.

a) L'attualizzazione del mistero pasquale

6. Il primo principio è l'attualizzazione del mistero pasquale di Cristo nella liturgia della Chiesa, perché «è dal costato di Cristo dormiente sulla croce che è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa» («Sacrosanctum Concilium», 5; «Missale Romanum», Vigilia paschalis, Oratio post VII lectionem). Tutta la vita liturgica gravita intorno al sacrificio eucaristico ed agli altri sacramenti, ove attingiamo alle fonti vive della salvezza (cfr. Is 12,3; cfr. «Sacrosanctum Concilium», 5-6.47.61. 102.106-107).

Dobbiamo, perciò, avere sufficiente coscienza che per il «Mistero pasquale del Cristo siamo stati sepolti insieme con lui nella morte, per risorgere con lui a vita nuova» («Missale Romanum», Vigilia paschalis, Renovatio promissionum baptismalium). Quando i fedeli partecipano all'Eucarestia, essi devono comprendere che veramente «ogni volta che celebriamo questo memoriale del sacrificio del Signore, si compie l'opera della nostra redenzione» («Missale Romanum», Missa «in Cena Domini», Oratio super oblata). Ed a tal fine i pastori devono formarli con costante impegno a celebrare ogni domenica l'opera meravigliosa che Cristo ha compiuto nel mistero della sua Pasqua, affinché a loro volta lo annuncino al mondo (cfr. «Missale Romanum», Proefatio I de Dominicis «per annum»). Nel cuore di tutti - pastori e fedeli - la notte pasquale deve ritrovare la sua importanza unica nell'anno liturgico, al punto tale da essere davvero la festa delle feste.

Poiché la morte di Cristo in croce e la sua risurrezione costituiscono il contenuto della vita quotidiana della Chiesa (cfr. «Redemptor Hominis», 7) ed il pegno della sua Pasqua eterna (cfr. «Dominicae Cenae», 4), la liturgia ha come primo compito quello di ricondurci instancabilmente sul cammino pasquale aperto da Cristo, in cui si accetta di morire per entrare nella vita.

7. Per attualizzare il suo mistero pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 7; Pauli VI «Mysterium Fidei», die 3 sept. 1965: AAS 57 [1965] 762.764). La liturgia è, perciò, il «luogo» privilegiato dell'incontro dei cristiani con Dio e con colui che egli ha inviato, Gesù Cristo (cfr. Gv 17,3).

Cristo è presente nella Chiesa riunita in preghiera nel suo nome. E' proprio questo fatto che fonda la grandezza dell'assemblea cristiana con le conseguenti esigenze di accoglienza fraterna - spinta fino al perdono (cfr. Mt 5,23-24) - e di decoro negli atteggiamenti, nei gesti e nei canti.

Cristo è presente ed agisce nella persona del ministro ordinato che celebra (Sacrae Congr. Rituum, Instr. «Eucharisticum Mysterium», 9, die 25 maii 1967: AAS 59 [1967] 547). Questi non è solamente investito di una funzione, ma, in virtù dell'ordinazione ricevuta, è stato consacrato per agire «in persona Christi». A ciò deve corrispondere l'atteggiamento interiore ed esteriore, anche nelle vesti liturgiche, nel posto che occupa e nelle parole che proferisce.

Cristo è presente nella sua parola proclamata nell'assemblea che, commentata nell'omelia, deve essere ascoltata nella fede e assimilata nella preghiera. Tutto ciò deve risultare dalla dignità del libro e del luogo per la proclamazione della Parola di Dio, dell'atteggiamento del lettore, nella consapevolezza che questi è il portavoce di Dio dinanzi ai suoi fratelli.

Cristo è presente ed agisce per virtù dello Spirito Santo nei sacramenti e, in modo singolare ed eminente («sublimiori modo») nel sacrificio della Messa sotto le specie eucaristiche (cfr. Pauli VI «Mysterium Fidei», die 3 sept. 1965: AAS 57 [1965] 763), anche quando sono conservate nel tabernacolo al di fuori della celebrazione per la comunione soprattutto dei malati e l'adorazione dei fedeli (cfr. Pauli VI «Mysterium Fidei», die 3 sept. 1965: AAS 57 [1965] 769-771). Circa questa reale e misteriosa presenza, spetta ai pastori di ricordare frequentemente nelle loro catechesi, la dottrina della fede, di cui i fedeli devono vivere e che i teologi sono chiamati ad approfondire. La fede in questa presenza del Signore implica un segno esteriore di rispetto verso la chiesa, luogo santo in cui Dio si manifesta nel suo mistero (cfr. Es 3,5), soprattutto durante le celebrazioni dei sacramenti: le cose sante devono essere sempre trattate santamente.

b) La lettura della Parola di Dio

8. Il secondo principio è la presenza della Parola di Dio.

La costituzione «Sacrosanctum Concilium» ha voluto anche ripristinare «una lettura più abbondante, più varia e più adatta della Sacra Scrittura» («Sacrosanctum Concilium», 35). La ragione profonda di questa restaurazione è espressa nella costituzione liturgica, «affinché risulti evidente che, nella liturgia, rito e parola sono intimamente connessi» («Sacrosanctum Concilium», 35), e nella costituzione dogmatica sulla divina rivelazione: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture, come ha fatto anche per il corpo stesso del Signore, non cessando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita alla mensa sia della Parola di Dio, sia del corpo di Cristo e di porgerlo ai fedeli» («Dei Verbum», 21). L'incremento della vita liturgica e, di conseguenza, lo sviluppo della vita cristiana non si potranno realizzare, se non si promuove continuamente nei fedeli e, prima di tutto, nei sacerdoti, una «soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura» («Sacrosanctum Concilium», 24). La Parola di Dio è adesso più conosciuta nelle comunità cristiane, ma un vero rinnovamento pone ancora e sempre nuove esigenze: la fedeltà al senso autentico della Scrittura da tenersi sempre presente, specie quando essa viene tradotta nelle differenti lingue; il modo di proclamare la Parola di Dio perché possa essere percepita come tale, l'uso dei mezzi tecnici adatti, l'interiore disposizione dei ministri della Parola, al fine di svolgere bene la loro funzione nell'assemblea liturgica (cfr. «Dominicae Cenae», 10), la accurata preparazione dell'omelia attraverso lo studio e la meditazione, l'impegno dei fedeli nel partecipare alla mensa della Parola, il gusto di pregare con i salmi, il desiderio di scoprire il Cristo - come i discepoli a Emmaus - alla mensa della Parola e del pane (cfr. «Liturgia Horarum», Feria II Hebdomadae IV, Oratio ad Vesperas»).

c) La manifestazione della Chiesa a se stessa

9. Il Concilio, infine, ha voluto vedere nella liturgia, un'epifania della Chiesa: essa è la Chiesa in preghiera. Celebrando il culto divino, la Chiesa esprime ciò che è: una, santa, cattolica e apostolica.

Essa si manifesta una, secondo quell'unità che le viene dalla Trinità (cfr. «Missale Romanum», Proefatio VIII de Dominicis «per annum»), soprattutto quando il Popolo santo di Dio partecipa «alla medesima Eucaristia, in una sola preghiera, presso l'unico altare, dove presiede il Vescovo circondato dal suo presbiterio e dai suoi ministri» («Sacrosanctum Concilium», 41). Nulla venga a spezzare e neppure ad allentare, nella celebrazione della liturgia, questa unità della Chiesa!

La Chiesa esprime la santità che le viene da Cristo (cfr. Ef 5,26-27), quando, raduna in un solo corpo dallo Spirito Santo (cfr. «Missale Romanum», Prex eucharistica II et IV), che santifica e dà la vita (cfr. «Missale Romanum», Prex eucharistica III; Symbolum Nicaenum Constantinopolitanum), comunica ai fedeli, mediante l'Eucaristia e gli altri sacramenti, ogni grazia ed ogni benedizione del Padre (cfr. «Missale Romanum», Prex eucharistica I).

Nella celebrazione liturgica la Chiesa esprime la sua cattolicità, poiché in essa lo Spirito del Signore raduna gli uomini di tutte le lingue nella professione della medesima fede (cfr. «Missale Romanum», Benedictio sollemnis in Dominica Pentecostes) e dall'Oriente e dall'Occidente essa presenta a Dio Padre l'offerta del Cristo ed offre se stessa insieme con lui (cfr. «Missale Romanum», Prex eucharistica III).

Infine, nella liturgia la Chiesa manifesta di essere apostolica, perché la fede che essa professa è fondata sulla testimonianza degli apostoli, perché nella celebrazione dei misteri, presieduta dal Vescovo, successore degli apostoli, o da un ministro ordinato nella successione apostolica, trasmette fedelmente ciò che ha ricevuto dalla Tradizione apostolica; perché il culto che rende a Dio la impegna nella missione di irradiare il Vangelo nel mondo.

Così è soprattutto nella liturgia che il mistero della Chiesa è annunciato, gustato e vissuto (cfr. «Allocutio ad eos qui interfuerunt Conventui Praesidum et Secretariorum Commissionum Nationalium de liturgia», 1, die 27 oct. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 2 [1984] 1049).

 

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