I. NOZIONE.

Il nome di Padri è di origine orientale. Gli antichi popoli d'Oriente, infatti, onoravano con questo appellativo i maestri, considerati come autori della vita intellettuale, originata dal loro insegnamento. In tale senso i discepoli delle scuole profetiche furono denominati filii prophetarum, e il loro maestro fu detto Pater (I Reg. 10, 12; 1 Sam. 40, 35).
Nella Chiesa primitiva, con questo nome vennero designati i vescovi, i quali, appunto perché ministri dei Sacramenti e depositari del patrimonio dottrinale della Chiesa, erano ritenuti generatori di quella vìta in Cristo di cui parla S. Paolo nel testo citato (cf. Martyrium Polycarpi, 12, 2; Acta Cypriani, 3, 3). A partire dal sec. IV, quando i vescovi primitivi incominciarono a essere considerati testimoni autorevoli della tradizione e giudici nelle controversie dogmatiche, si valutò soprattutto l'autorità dottrinale, e il nome di Padri si restrinse agli assertori della fede, che avevano lasciato testimonianza scritta. Ben presto però questo titolo si estese anche ai non vescovi per opera di S. Agostino, il quale citò a testimone della dottrina cattolica circa il peccato originale il contemporaneo S. Girolamo, semplice prete (Contra Iul., 1, 34; Il, 36). Però non tutti gli scrittori ecclesiastici erano atti a testimoniare la fede della Chiesa, essendo taluni caduti in gravi errori. Perciò gli scrittori ecclesiastici antichi vennero distinti in due categorie; quelli riconosciuti dalla Chiesa come testimoni della fede, e quelli che non lo erano. Il primo esempio di tale distinzione si trova nella decretale De libris recipiendis et non recipiendis del sec. VI, che va sotto il nome di papa Gelasio e che, per conseguenza, costituisce il più antico catalogo di scrittori cristiani riconosciuti come Padri della Chiesa.

Tenendo conto delle varie determinazioni a cui andò soggetto questo appellativo, quattro elementi entrano a formarne il concetto:
a) dottrina ortodossa : quali custodi infatti della tradizione ricevuta dai maggiori, debbono trasmetterla inalterata alle generazioni successive; tale ortodossia si intende nel senso di una fedele comunione di dottrina con la Chiesa, non già come immunità totale da errori anche materiali: per tutti vale l'esempio di S. Cipriano;
b) santità di vita : come maestri, occorre che i Padri della Chiesa presentino in grado elevato le virtù cristiane, non solo predicate, ma praticate; tale nota costituisce una garanzia e una sublimazione della ortodossia stessa;
c) approvazione della Chiesa: solo la Chiesa, come può definire il canone delle Scritture, così può determinare i testimoni autentici della Tradizione; non occorre tuttavia un'approvazione esplicita, è sufficiente l'implicita, quale potrebbe aversi, ad es., nella citazione di un Padre fatta da un concilio ecumenico;
d) antichità: su questo punto si è alquanto oscillato e, per vario tempo, vennero classificati tra i Padri della Chiesa anche scrittori medievali dell'epoca precedente alla scolastica. Poi prevalse una maggiore severità, ed ora l'evo patristico si fa comunemente concludere, in Occidente, con la morte di S. Isidoro di Siviglia (636), in Oriente con quella di S. Giovanni Damasceno (ca. 750).

Praticamente il nome di Padri si estende talvolta, in senso largo, ad alcuni scrittori della prima età che non furono santi, o che, in qualche momento della loro produzione, non furono ortodossi, come, p. es. , Tertulliano, Origene, Eusebio di Cesarea. Gli eminenti servigi resi da tali uomini, per altri motivi, spiegano le eccezioni: a costoro più propriamente si addice il titolo di "scrittori ecclesiastici". La categoria dei Padri della Chiesa si identifica solo in parte con quella dei Dottori della Chiesa, per i quali se non è necessaria la nota dell'antichità, è però richiesta una eminens eruditio e il riconoscimento esplicito da parte della Chiesa.

II. AUTORITA'.

L'importanza dei Padri della Chiesa non è soltanto di ordine letterario o storico, ma soprattutto si fonda sulla loro dottrina, desunta dalla Tradizione come fonte di fede. Ciò deriva dalla connessione strettissima che essi ebbero con il magistero infallibile della Chiesa. Furono in gran parte vescovi e la loro azione intellettuale fu come il respiro della Chiesa stessa. Ai loro tempi costituivano di fatto il magistero o almeno la parte principale di esso, in quanto tutta la Chiesa docente e discente mirava ad essi, delegava loro la propria difesa, ne accoglieva gli scritti e li circondava di approvazione e di lode. Questo complesso di circostanze li costituiva voce autorevole nella Chiesa e legava il loro operato alla responsabilità del suo magistero. Se avessero errato, l'organo stesso dell'infallibilità sarebbe stato compromesso. Da ciò si deduce che i Padri della Chiesa hanno tutti i requisiti per essere considerati testimoni garantiti e qualificati della inalterata tradizione divina.
Tale concezione, naturalmente, esula dalla dottrina dei protestanti, i quali, rigettando il concetto cattolico di Tradizione, nel campo della fede non ammettono altra guida che la S. Scrittura: non possono quindi attribuire ai Padri altra autorità che l'umana.
D'altra parte, non in tutto i Padri della Chiesa sono strumenti sicuri delle verità rivelate.
Prescindendo dalle dottrine che rientrano nel dominio della ragione, pure in ciò che riguarda la fede e la morale molte espressioni e detti loro valgono solo come punti di passaggio, non già come formulazione definitiva della dottrina. Più di una volta infatti hanno corretto se stessi, e, non di rado, solo dopo un severo esame e vivaci dispute sono giunti a una più esatta esposizione della dottrina tramandata. Occorre inoltre tenere presente che i loro talenti intellettuali sono assai diversi; che sono anelli nella trasmissione della dottrina, non il termine; che non sono ispirati ed esenti da errori; che i loro scritti sono per lo più occasionali, di circostanza e non esposizioni sistematiche delle verità di fede; che prima delle controversie parlano spesso senza precauzioni. Quindi, secondo il detto di S. Agostino, "bisogna pesare le loro voci e non contarle" (Contra Iul., 2, 35). Ciò fa distinguere in essi un duplice aspetto : quello di teste della Tradizione, su cui si estende la garanzia della Chiesa, e quello di dottore privato, che non ha quella garanzia, ma tanto è attendibile quanto sono la sua eccellenza intellettuale, la santità, e, soprattutto, le ragioni che adduce.

Per valutare convenientemente l'autorità dei Padri della Chiesa, i teologi sogliono proporre le seguenti norme:
a) nessun Padre per sé è infallibile, eccetto il caso che sia stato papa e abbia insegnato ex cathedra, o se ed in quanto i singoli passi dei suoi scritti siano stati convalidati da un concilio ecumenico; è stata perciò giustamente riprovata da Alessandro VII l'esagerazione dei giansenisti, che giunsero a preferire l'autorità di un solo Padre (in concreto, S. Agostino) al magistero vivente della Chiesa (Denz-U, 320);
b) il consenso unanime dei Padri in materia di fede e di costumi è da considerarsi autorità irrefragabile, perché equivale alla dottrina stessa della Chiesa: questo è stato l'insegnamento dei Concili Tridentino (sess. IV) e Vaticano I (sess. III, 22), che proibirono di dare alla S. Scrittura un significato contrario alla dottrina concorde dei Padri della Chiesa; tale consenso non richiede tuttavia l'unanimità numerica, è sufficiente quella morale, quale potrebbe aversi anche dalla testimonianza di pochi, purché dalle circostanze in cui fu emessa si possa arguire che essa rispecchia la fede comune della Chiesa;
c) qualora manchi tale consenso, la dottrina di uno o più Padri, specialmente se contrasta con quella di altri, non è da ammettersi come certa, non per questo però deve essere trascurata.
d) I Padri che, con l'approvazione della Chiesa, si sono distinti nel combattere speciali eresie, valgono come autorità classiche nei dogmi relativi. Così S. Cirillo Alessandrino nella cristologia e S. Agostino nella dottrina della Grazia.

III. EPOCA DEI PADRI.

E' delimitata entro i confini dell'antichità cristiana sopra stabiliti, e si suddivide in tre periodi d'ineguale estensione, ma sotto certi aspetti di eguale importanza.

1. Periodo delle origini. - Arriva fino al Concilio di Nicea (325) ed è quello che maggiormente interessa la critica moderna, la cui attenzione è rivolta in modo particolare alle origini cristiane. La lettera scritta da Clemente Romano alla comunità di Corinto in Grecia verso il 96-98 d.C., la si assume generalmente come il documento patristico più antico. Appartengono a quest'epoca i Padri Apostolici , i cui scritti, sebbene scarsi di valore letterario o filosofico, riflettono tuttavia l'eco immediata della predicazione apostolica offrendo un quadro autentico ed immediato della vita, dei sentimenti, delle aspirazioni e delle idee delle prime comunità cristiane sparse nel bacino orientale del Mediterraneo a cavallo tra il I e il II secolo della nostra era ed informano come venne intesa e realizzata fin dagli inizi la costituzione impressa da Cristo alla sua Chiesa. Tale autorità è condivisa solo in parte dai Padri apologisti del sec. II, e ancor meno dai Padri controversisti del secolo successivo; in compenso questi ultimi offrono i primi saggi di sistemazione dottrinale, che ne fanno dei veri precursori dei grandi maestri del periodo aureo.

2. Periodo aureo. - E' il più breve, in quanto termina con la morte di S. Agostino (431), ma è anche quello del massimo splendore della letteratura patristica. Crisi dottrinali profonde, come l'ariana e la pelagiana, travagliarono in questo tempo la Chiesa. I Padri di quest'epoca, impegnati nelle grandi dispute, seppero dare un contributo decisivo alla sistemazione della scienza teologica. Emergono tra essi le figure di S. Atanasio, S. Basilio, S. Gregorio Nazianzeno, S. Giovanni Crisostomo, considerati come i Dottori massimi della Chiesa orientale; mentre in Occidente dominano incontrastati S. Girolamo, il Dottore delle Scritture, S. Ambrogio, il Dottore dell'indipendenza della Chiesa, S. Agostino, che non è soltanto il Dottore della Grazia, ma il Dottore universale, colui che per vari secoli fu il principale, se non l'unico ispiratore del pensiero cristiano occidentale.

3. Periodo della decadenza. - Si estende dalla morte di S. Agostino fino al termine dell'evo patristico. E' un periodo di lento decadimento, causato dalle invasioni barbariche in Occidente, e dal dispotismo degli imperatori in Oriente. Le grandi opere vennero quasi del tutto a mancare, e quelle poche che si scrissero risentono la stanchezza e la mancanza di originalità. Ciò non impedisce che emergano ancora qua e là figure grandissime, come quelle di S. Giovanni Damasceno e di S. Gregorio Magno. Ma queste non sono che felici eccezioni, che non distruggono l'impressione dell'insieme. L'importanza dei Padri di quest'epoca consiste soprattutto nell'aver conservato i tesori dell'antico sapere teologico, cosicché, posti come anello di congiunzione tra il mondo antico che tramonta. e quello nuovo che s'inizia, ebbero il merito di porre i fondamenti della successiva civiltà medievale.

IV. STUDIO DEI PADRI.

Di queste figure di scrittori e pensatori si occupano due scienze importanti, che comunemente sogliono considerarsi come distinte: la patrologia, che studia il momento storico-letterario dei Padri, cioè direttamente gli scritti e, in relazione ad essi, la vita dei singoli autori; la patristica, che riguarda l'aspetto dottrinale, e si considera come l'esposizione sistematica delle prove dedotte dagli scritti patristici in dimostrazione dei dogma

V. LINGUA DEI PADRI.

Fino a quasi tutto il sec. II la lingua dei Padri fu il greco. Ciò non fa meraviglia, se si pensa che il cristianesimo reclutò i suoi primi seguaci fra elementi di origine prevalentemente orientale. Il greco inoltre era in quel tempo la lingua internazionale per eccellenza, compresa non solo in Oriente, ma ancora in tutte le regioni bagnate dal Mediterraneo, almeno per quanto riguarda il ceto colto. Era del resto la lingua che, per l'alto grado del suo sviluppo, meglio si prestava ad esprimere la ricchezza del pensiero cristiano.

Dopo il sec. III, nell'Oriente, pur restando sempre in onore il greco, vennero usati anche idiomi locali, specialmente l'armeno e il siriaco, mentre nell'Occidente, a partire dall'anno 380, incominciarono le prime manifestazioni letterarie in lingua latina; questa in seguito diventò la lingua esclusiva dei Padri occidentali.

I più antichi documenti patristici restano fuori dalla tradizione letteraria greca. Da principio, infatti, sull'esempio dei redattori della versione dei Settanta e degli agiografi neotestamentari, i Padri, per meglio adattarsi all'intelligenza del popolo, si servirono del greco volgare della coiné, quale si era sviluppato in Alessandria, sotto l'influsso dei circoli giudeo-ellenistici. Ma già negli apologisti del sec. II si riscontra un certo avvicinamento alle norme linguistiche tradizionali. Fu Clemente Alessandrino ad operare il distacco definitivo dalle forme popolari: dopo di lui, l'utilizzazione degli autori classici rientrò nella prassi comune dei Padri greci, e il sec. IV, che vide un vero fiorire di umanesimo cristiano, produsse capolavori tali del pensiero cristiano che, per la purezza della lingua, possono gareggiare con i più autentici modelli della letteratura greca.

Per quanto riguarda l'uso del latino, è già stata rilevata la sua tardiva comparsa tra i Padri occidentali, dovuta non solo alle cause sopra accennate, ma ancora all'indole stessa di questo idioma che, a differenza del greco, è poco malleabile per esprimere idee nuove e astratte. In compenso, sotto l'influenza creatrice degli scrittori cristiani, specialmente di Tertulliano e S. Cipriano, la lingua di Roma entrò in una nuova fase di sviluppo. Il suo lessico, di cui Seneca aveva già lamentato la povertà, si arricchì sostanzialmente di elementi nuovi, derivati in parte dal tesoro linguistico greco, in parte da molti idiotismi dell'epoca e da forme in uso nella tecnica giuridica, e finalmente da neologismi. Ne risultò il latino ecclesiastico, lingua freschissima, piena di vita, strumento docile del pensiero. Per lungo tempo questo latino dei Padri venne ingiustamente disprezzato dagli eruditi, quasi che la letteratura latina avesse detto la sua ultima parola verso la fine del sec. II. I più recenti studi sulla lingua di S. Cipriano, S. Ambrogio, S. Girolamo, S. Agostino e altri hanno dimostrato che i Padri non hanno scritto in maniera indegna dei migliori rappresentanti della latinità classica, pur avendo fatto uso di termini e costruzioni inedite. Per opera loro la letteratura latina, rinnovellata dall'ideale evangelico, da romana si è fatta cristiana; ad essi anzi spetta quasi esclusivamente il merito di aver conservato alto, in tempo di decadenza letteraria, il prestigio della cultura e delle lettere di Roma.

 

S. CLEMENTE ROMANO

Clemente di Roma ebbe tanta autorità nell'antichità cristiana, benché sia rimasta una sola opera di sua produzione, la Lettera ai Corinti. Da Origene, da Eusebio e da Girolamo, l'autore di questa lettera è identificato con il "collaboratore" di S.Paolo, nominato nell'epistola ai Filippesi: (4, 3). Secondo Ireneo, Clemente sarebbe stato il terzo successore di Pietro sulla cattedra di Roma: Pietro, Lino, Cleto e Clemente. Tuttavia Tertulliano afferma che Clemente fu ordinato dallo stesso S. Pietro. Già Epifanio cercò di conciliare le due affermazioni, spiegando che Clemente fu sì consacrato da S.Pietro, ma per amore della pace come primo successore di Pietro fu scelto Lino.

La cosiddetta Prima lettera di Clemente venne già utilizzata e citata nella lettera di S.Policarpo.
La lettera scritta da Clemente Romano alla comunità di Corinto in Grecia verso il 96-98 d.C., la si assume generalmente come il documento patristico pio antico. Si tratta di un intervento autorevole della chiesa di Roma negli affari interni della chiesa di Corinto, dove i presbiteri , cioè gli anziani della comunità, erano stati deposti dalla ribellione di alcuni non meglio identificati giovani riottosi. Abbiamo con questa lettera la prima manifestazione storica della coscienza del primato romano basato sull' autorità degli apostoli fondatori, Pietro e Paolo. , Con il richiamo al ravvedimento e alla penitenza, a piegare le ginocchia del cuore, Clemente intende restaurare l'autorità violata della gerarchia locale che costituisce il fondamento e la garanzia della pace e dell'armonia dei membri che formano la Chiesa, il vero Corpo di Cristo. L 'uso intensivo delle Sacre Scritture deve dimostrare quanto abbia nuociuto l'odio all'umanità e quali beni, invece, produce la concordia voluta dal Creatore.

Sotto il nome di Clemente è stata tramandata anche un'omelia , una predica che in realtà è da attribuire a un ignoto autore di area siriaca. Essa risale al 150 d.C. circa, ed è quindi da valutare come la più antica omelia cristiana che ci sia pervenuta essa è contenuta un'esortazione all'esercizio della castità, rivolta ai neo-convertiti nel quadro della liturgia dell'iniziazione batesimale.

 

 


Prima lettera di S.Clemente ai Corinti

La Chiesa di Dio che è a Roma alla Chiesa di Dio che è a Corinto, agli eletti santificati nella volontà di Dio per nostro Signore Gesù Cristo. Siano abbondanti in voi la grazia e la pace di Dio onnipotente mediante Gesù Cristo.

Elogio dei Corinti

I, 1. Per le improvvise disgrazie e avversità capitatevi l'una dietro l'altra, o fratelli, crediamo di aver fatto troppo tardi attenzione alle cose che si discutono da voi, carissimi, all'empia e disgraziata sedizione aberrante ed estranea agli eletti di Dio. Pochi sconsiderati e arroganti l'accesero, giungendo a tal punto di pazzia che il vostro venerabile nome, celebre e amato da tutti gli uomini, è fortemente compromesso. 2. Chi, fermandosi da voi, non ebbe a riconoscere la vostra fede salda e adorna di ogni virtù? Ad ammirare la vostra pietà cosciente ed amabile in Cristo? Ad esaltare la vostra generosa pratica dell'ospitalità? A felicitarsi della vostra scienza perfetta e sicura? 3. Facevate ogni cosa, senza eccezione di persona, e camminavate secondo le leggi del Signore, soggetti ai vostri capi e tributando l'onore dovuto ai vostri anziani. Esortavate i giovani a pensare cose moderate e degne. Raccomandavate alle donne di compiere tutto con coscienza piena, dignitosa e pura, amando sinceramente, come conviene, i loro mariti; insegnavate a ben accudire alla casa, attenendosi alla norma della sottomissione e ad essere assai prudenti.

II, 1. Tutti eravate umili e senza vanagloria, volendo più ubbidire che comandare, più dare con slancio che ricevere. Contenti degli aiuti di Cristo nel viaggio e meditando le sue parole, le tenevate nel profondo dell'animo, e le sue sofferenze erano davanti ai vostri occhi. 2. Così una pace profonda e splendida era data a tutti e un desiderio senza fine di operare il bene e una effusione piena di Spirito Santo era avvenuta su tutti. 3. Colmi di volontà santa nel sano desiderio e con pietà fiduciosa, tendevate le mani verso Dio onnipotente, supplicandolo di essere misericordioso se in qualche cosa, senza volerlo, avevate peccato. 4. Giorno e notte per tutta la vostra comunità vi adoperavate a salvare con pietà e coscienza il numero dei suoi eletti. 5. Gli uni verso gli altri eravate sinceri, semplici e senza rancori. 6. Ogni sedizione ed ogni scisma era per voi orribile. Vi affliggevate per le disgrazie del prossimo e ritenevate le sue mancanze come vostre. 7. Senza pentirvi mai di ogni buona azione, eravate pronti ad ogni opera di bene. 8. Ornati di una condotta virtuosa e venerata, compivate ogni cosa nel timore di Lui: i comandamenti e i precetti del Signore erano scritti nella larghezza del vostro cuore.

Funeste conseguenze della discordia

III, 1. Ogni onore e abbondanza vi erano stati concessi e si era compiuto ciò che fu scritto: "Il diletto mangiò e bevve, si fece largo e si ingrassò e recalcitrò". 2. Di qui gelosia e invidia, contesa e sedizione, persecuzione e disordine, guerra e prigionia. 3. Così si ribellarono i disonorati contro gli stimati, gli oscuri contro gli illustri, i dissennati contro i saggi, i giovani contro i vecchi. 4. Per questo si sono allontanate la giustizia e la pace, in quanto ognuno ha abbandonato il timore di Dio ed ha oscurato la sua fede; non cammina secondo i comandamenti divini, non si comporta come conviene a Cristo, ma procede secondo le passioni del suo cuore malvagio, in preda alla gelosia ingiusta ed empia attraverso la quale anche "la morte venne nel mondo".

Esempi del Vecchio Testamento

IV, 1. Così è scritto: "Accadde che, dopo molti giorni, Caino offrì a Dio in sacrificio dei frutti della terra e Abele offri anche lui in sacrificio dei primogeniti delle pecore e del loro grasso. 2. E Dio guardò Abele e i suoi doni, ma non prestò attenzione a Caino e ai suoi sacrifici. 3. Caino ne fu molto rattristato e il suo volto mostrava abbattimento. 4. Dio disse a Caino: perché sei triste, e perché il tuo volto mostra abbattimento? Non hai frse peccato, se, pur offrendo rettamente il tuo sacrificio, non hai diviso rettamente le parti? 5. Rasserenati: la tua offerta ritorna a te e tu ne potrai disporre. 6. Disse Caino al fratello Abele: andiamo in campagna. E avvenne che mentre erano in campagna Caino si gettò sul fratello e l'uccise". 7. Vedete, fratelli, l'invidia e la gelosia portarono al fratricidio. 8. Per l'invidia il nostro padre Giacobbe fuggì dal cospetto di suo fratello Esaù. 9. L'invidia fece perseguitare Giuseppe sino alla morte e portarlo sino alla schiavitù. 10.L'invidia spinse Mosè a fuggire dalla presenza del Faraone, re di Egitto, nel sentire da un suo connazionale: "Chi ti ha posto come arbitro e giudice su di noi? Tu credi di uccidermi come hai ucciso ieri l'egiziano?". 11. Per invidia Aronne e Maria alloggiarono fuori dell'accampamento. 12. L'invidia portò vivi nell'inferno Datan ed Abiran per essersi ribellati contro il servo di Dio Mosè. 13. Per l'invidia David ebbe non solo l'odio degli stranieri, ma fu anche perseguitato da Saul, re d'Israele.

Esempi del Nuovo Testamento

V, 1. Ma lasciando gli esempi antichi, veniamo agli atleti vicinissimi a noi e prendiamo gli esempi validi della nostra epoca. 2. Per invidia e per gelosia le più grandi e giuste colonne furono perseguitate e lottarono sino alla morte. 3. Prendiamo i buoni apostoli. 4. Pietro per l'ingiusta invidia non una o due, ma molte fatiche sopportò, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. 5. Per invidia e discordia Paolo mostrò il premio della pazienza. 6. Per sette volte portando catene, esiliato, lapidato, fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la nobile fama della fede. 7. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo, giunto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle autorità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo, divenendo il più grande modello di pazienza.

Una schiera di eletti

VI, 1. A questi uomini che vissero santamente si aggiunse una grande schiera di eletti, i quali, soffrendo per invidia molti oltraggi e torture, furono di bellissimo esempio a noi. 2. Per gelosia furono perseguitate le donne, giovanette e fanciulle che soffrirono oltraggi terribili ed empi per la fede. Affrontarono una corsa sicura ed ebbero una ricompensa generosa, esse deboli nel fisico. 3. La gelosia allontanò le mogli dai mariti ed alterò la parola del nostro padre Adamo: "Ecco ella è osso delle mie ossa e carne della mia carne". 4. La gelosia e la discordia rovinarono molte città e distrussero grandi nazioni.

Il pentimento

VII, 1. Carissimi, scriviamo tutte queste cose non solo per avvertire voi, ma anche per ricordarle a noi. Siamo sulla stessa arena e uno stesso combattimento ci attende. 2. Lasciamo i vani ed inutili pensieri e seguiamo la norma gloriosa e veneranda della nostra tradizione. 3. Vediamo ciò che è bello, ciò che è piacevole e gradito davanti a chi ci ha creato. 4. Guardiamo il sangue di Gesù Cristo e consideriamo quanto sia prezioso al Padre suo. Effuso per la nostra salvezza portò al mondo la grazia del pentimento. 5. Scorriamo tutte le generazioni e notiamo che di generazione in generazione il maestro "diede luogo al pentimento" per tutti quelli che volevano a lui rivolgersi. 6. Noè predico il pentimento e tutti quelli che l'ascoltarono furono salvi. 7. Giona predisse lo sterminio ai Niniviti, ma essi, pentiti dei loro peccati, si resero propizio Dio pregando ed ebbero la salvezza, benché estranei a Dio.

Il pentimento è desiderato dal Signore

VIII, 1. I ministri della grazia di Dio parlarono del pentimento per mezzo dello Spirito Santo. 2. Anche il Signore di tutte le cose parlò del pentimento col giuramento: "Io vivo - dice il Signore - e non voglio la morte del peccatore, bensì la sua conversione". Aggiunse anche un buon proposito. 3. "Pentiti, o casa d'Israele, della tua iniquità. Riferisci ai figli del mio popolo: anche se i vostri peccati arriveranno dalla terra al cielo e saranno più rossi dello scarlatto e più neri del sacco, e vi convertite a me con tutto il cuore e direte: "Padre", io vi ascolterò come un popolo santo". 4. In un altro passo dice così: "Lavatevi e purificatevi, toglietevi le cattiverie dalle vostre anime innanzi ai miei occhi. Cessate dalle vostre iniquità, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, liberate l'oppresso, rendete il suo diritto all'orfano e rendete giustizia alla vedova, e poi discuteremo, dice il Signore. E se i vostri peccati fossero come la porpora, io li renderò bianchi come la neve; se fossero come lo scarlatto li renderò bianchi come la lana. Se volete e mi ascoltate, vi nutrirete dei beni della terra. Se non volete e non mi ascoltate, una spada vi divorerà. Questo infatti la bocca del Signore disse". 5. Egli nella sua onnipotente volontà ha deciso che tutti i suoi diletti partecipino al pentimento.

Enoch e Noè

IX, 1. Obbediamo dunque alla sua grandiosa e gloriosa volontà. Divenuti supplici della sua misericordia e della sua bontà, prosterniamoci e rivolgiamoci alla sua pietà, abbandonando la vanità, la discordia e la gelosia che conduce alla morte. 2. Guardiamo i ministri perfetti della sua grandezza e della sua gloria. 3. Prendiamo Enoch che fu trovato giusto nella sua ubbidienza e fu elevato dal mondo senza morire. 4. Noè fu trovato fedele. Mediante il suo ministero predicò al mondo la rinascita ed il Signore, suo tramite, salvò gli animali che in concordia erano entrati nell'arca.

Abramo

X, 1. Abramo, chiamato l'amico, fu trovato fedele nell'essere ubbidiente alle parole di Dio. 2. Egli per ubbidienza uscì dalla sua terra, dalla sua parentela e dalla casa di suo padre. Per aver abbandonato una piccola terra, una parentela insignificante e una umile casa, ereditò le promesse di Dio. 3. Dice a lui (il Signore): "Esci dalla tua terra, dalla tua parentela, dalla casa di tuo padre per andare nel paese che ti mostrerò. Farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai benedetto. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò quelli che ti malediranno e in te saranno benedette tutte le tribù della terra". 4. E di nuovo, nel separarsi da Lot, Dio gli disse: "Alza i tuoi occhi e dal luogo ove sei guarda a nord, a mezzogiorno e ad oriente verso il mare. Tutta la terra che tu vedi la darò a te e alla tua discendenza per sempre. 5. Renderò la tua discendenza come la sabbia della terra. Se qualcuno può contare la sabbia della terra, conterà anche la tua discendenza". 6. E di nuovo parla: "Dio condusse fuori Abramo e gli disse: guarda il cielo e conta le stelle se puoi contarle. Così sarà la tua discendenza. Abramo credette a Dio e gli fu reputato a giustizia". 7. Per la fede e l'ospitalità gli fu dato un figlio nella vecchiaia e per obbedienza lo offrì in sacrificio a Dio sopra uno dei monti che gli indicò.

Lot

XI, 1. Per l'ospitalità e la pietà Lot fu salvato da Sodoma, quando tutta la regione fu punita dal fuoco e dallo zolfo. Chiaramente il Signore mostrava che egli non abbandona quelli che sperano in lui, e manda punizioni e tormenti a quelli che sono ribelli. 2. Infatti la moglie uscita insieme a Lot, poiché era di diversi sentimenti e in disaccordo, fu trasformata in una colonna di sale. Fu posta quale segno sino ai nostri giorni, perché fosse noto a tutti che si separano e non credono alla potenza di Dio, sono di condanna e di esempio a tutte le generazioni.

Raab

XII, 1. Per la fede e l'ospitalità fu salvata la meretrice Raab. 2. Quando Gesù di Nave mando gli esploratori a Gerico e il re della regione seppe che erano venuti ad esplorare la sua terra mandò gli uomini per prenderli e ucciderli. 3. L'ospitale Raab allora, dopo averli accolti, li nascose nella soffitta sotto gli steli di lino. 4. Sopraggiunti (i messi) del re le dissero: "Quelli che sono venuti ad esplorare la nostra terra sono entrati da te; cacciali fuori, il re comanda così". Essa rispose: "Gli uomini che cercate sono entrati da me, ma subito sono usciti e camminano sulla strada" e mostrava loro la direzione opposta. 5. Disse agli uomini (che aveva nascosto): "So bene che il Signore Iddio vi affida questa terra; lo spavento e il terrore sono caduti sugli abitanti. Quando ve ne sarete impadroniti salvate me e la casa di mio padre". 6. Essi le risposero: "Sarà come tu hai detto. Quando ti accorgi che stiamo per venire, riunisci tutti i tuoi sotto il tuo tetto e saranno salvi; quanti saranno trovati fuori della casa saranno uccisi". 7. Stabilirono di dare un segnale, di appendere, cioè, dello scarlatto alla casa. Si manifestava così che per mezzo del sangue del Signore ci sarebbe stato il riscatto per tutti quelli che credono e sperano in Dio. 8. Vedete, carissimi, che in questa donna non c'era solo la fede, ma anche la profezia.

L'umiltà

XIII, 1. Dunque, fratelli, siamo umili deponendo ogni baldanza, boria, stoltezza ed ira e facciamo quello che è scritto. Dice infatti lo Spirito Santo: "I1 saggio non si glori della sua sapienza nè il forte della sua forza, nè il ricco della sua ricchezza, ma chi si gloria si glori nel Signore, di ricercarlo e di praticare il diritto e la giustizia". Ricordiamoci soprattutto delle parole che il Signore Gesù disse insegnandoci la benevolenza e la magnanimità. 2. Così disse: "Siate misericordiosi per ottenere misericordia; perdonate per essere perdonati; come farete agli altri, così sarà fatto a voi; come date, così sarà dato a voi; come giudicate, così sarete giudicati; la bontà che usate, sarà usata; la misura con la quale misurate, sarà di misura per voi". 3. Rafforziamoci in questo comandamento e in questi precetti, per procedere umili ed ubbidienti alle Sue sante parole. Dice la sua santa parola: 4. "A chi rivolgerò lo sguardo se non al mite, al pacifico e a chi teme le mie parole?".

 




L'orgoglio

 

XIV, 1. E' giusto e santo, fratelli, che noi siamo ubbidienti a Dio, piuttosto che seguire nell'arroganza e nella sedizione i capi dell'esecranda gelosia. 2. Noi ci esponiamo non ad un danno leggero, bensì ad un grande pericolo se audacemente ci abbandoniamo ai voleri di uomini che gettano nella contesa e nelle sedizioni per distoglierci da ciò che è bene. 3. Siamo buoni gli uni verso gli altri, secondo la compassione e la dolcezza di chi ci ha fatti. 4. E' scritto: "I buoni abiteranno la terra, e gli innocenti resteranno su di essa, ma i peccatori vi saranno sterminati". 5. E dice di nuovo: "Ecco l'empio esaltato e innalzato come i cedri del Libano; passai e non c'era più e cercai il luogo dov'era e non lo trovai. Custodisci l'innocenza e osserva la rettitudine. Per l'uomo pacifico c'è una posterità".

Unità e pace

XV, 1. Uniamoci, dunque, a quelli che religiosamente vivono la pace e non a quelli che la vogliono con ipocrisia. 2. Dice infatti: "Questo popolo mi onora con le labbra e il suo cuore è lontano da me". 3. E di nuovo: "Con la bocca mi benedicevano e con il cuore mi maledicevano". 4. Di nuovo dice: "Lo amavano con la bocca e con la lingua gli mentivano, il loro cuore non era retto con lui, nè rimanevano fedeli alla sua alleanza". 5. Per questo "divengano mute le loro labbra ingannatrici che dicono iniquità contro il giusto". E di nuovo: "Disperda il Signore tutte le labbra ingannatrici, la lingua orgogliosa, quel1i che dicono: noi renderemo potente la nostra lingua, le nostre labbra sono per noi. Chi è padrone di noi? 6. Per la miseria dei poveri e i lamenti dei bisognosi mi leverò, dice il Signore, li porrò in salvo; 7. e parlerò liberamente con loro".

Umiltà di Cristo

XVI, 1. Cristo è degli umili, non di chi si eleva sul suo gregge. 2. Lo scettro della maestà di Dio, il Signore Gesù Cristo, non venne nel fragore della spavalderia e dell'orgoglio - e l'avrebbe potuto - ma nell'umiltà di cuore, come lo Spirito Santo ebbe a dire di lui: 3. "Signore, chi credette alla nostra voce? e il braccio del Signore a chi fu rivelato? Noi l'annunciammo alla sua presenza: egli è come un fanciullo, come una radice nella terra assetata; non ha apparenza nè gloria. Noi lo vedemmo, non aveva una bella apparenza, ma l'aspetto suo era spregevole, lontano dall'aspetto degli uomini. Come l'uomo che è nel dolore e nel travaglio e che sa sopportare l'afflizione perché nasconde il suo volto, non fu onorato e tenuto in considerazione. 4. Egli porta i nostri peccati e soffre per noi, e noi l'abbiamo considerato punito, castigato da Dio e umiliato. 5. Egli fu ferito per i nostri peccati e tribolato per le nostre malvagità. I1 castigo che ci dà salvezza è su di lui; fummo risanati per le sue lividure.6. Tutti come pecore eravamo sbandati; l'uomo si era sviato dal suo cammino. 7. E il Signore diede lui per i nostri peccati, e lui per essere stato maltrattato, non apre bocca. Come pecora fu condotto al macello e come l'agnello muto davanti a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nell'umiliazione fu tolta la sua condanna. 8. Chi spiegherà la sua generazione? La sua vita è presa dalla terra. 9. Per le malvagità del mio popolo è giunto alla morte. 10. E darò i malvagi in cambio della sua sepoltura e i ricchi in cambio della sua morte. 11. Se fate sacrifici per il peccato, la vostra anima vedrà una lunga posterità. 12. E il Signore vuole liberarlo dall'afflizione della sua anima, mostrargli la luce e plasmarlo con l'intelligenza e giustificare il giusto che si fa servo di molti; ed egli porterà i loro peccati. 13. Per questo egli erediterà molti e dividerà le spoglie dei forti come ricompensa, poiché fu consegnata alla morte la sua anima, e fu considerato tra i malvagi. 14. Egli portò i peccati di molti e fu tradito per i loro peccati". 15. E di nuovo egli dice: "Io sono un verme e non un uomo, obbrobrio degli uomini e disprezzo del popolo. 16. Tutti quelli che mi vedono mi scherniscono, parlano tra le labbra e scuotono il capo: ha sperato nel Signore, Lui lo liberi, lo salvi se lo vuole". 17. Vedete, carissimi, quale modello ci è dato! Se il Signore si è umiliato a tal punto, che cosa faremo noi che, per mezzo suo, siamo venuti sotto il giogo della sua grazia?

Umiltà di santi

XVII, 1. Siamo imitatori di quelli che camminavano nelle pelli di capra e di pecora annunziando la venuta di Cristo. Alludiamo ai profeti Elia ed Eliseo ed anche Ezechiele, ed oltre a questi anche a coloro che resero testimonianza. 2. Fu grandemente testimoniato Abramo e fu chiamato amico di Dio, e dice con umiltà guardando alla gloria di Dio: "Io sono polvere e cenere". 3. Anche di Giobbe è scritto così: a Giobbe era giusto, irreprensibile, veritiero, pio, alieno da ogni male". 4. Ma egli si accusa dicendo: "Nessuno è mondo da macchia, neppure se la sua vita è di un giorno". 5. Mosè fu chiamato "il fedele in tutta la sua casa" e per il suo servizio Dio punì l'Egitto con i flagelli e i tormenti. Ma egli, grandemente onorato, non si vantò e disse dal roveto quando ebbe la rivelazione: "Chi sono io, perché mandi me? Io sono debole di voce e di lingua tarda". 6. E di nuovo dice: "Io sono vapore che esce dalla pentola".

Umiltà di David

XVIII, 1. Che diremo di David cui fu data testimonianza? A lui disse il Signore: "Ho trovato un uomo secondo il mio cuore, David figlio di Iesse; lo unsi nella mia eterna misericordia". 2. Ma anch'egli dice a Dio: "Abbi pietà di me, secondo la tua grande pietà e la pienezza della tua compassione cancelli la mia iniquità. 3. Lavami dalla mia malvagità e purificami dal mio peccato perché io conosco la mia iniquità e il mio peccato mi è sempre davanti. 4. Contro te solo ho peccato ed ho fatto il male alla tua presenza, perché tu sia trovato giusto nelle tue parole e vinca quando sei chiamato in giudizio. 5. Ecco, sono stato concepito nell'iniquità e nei peccati mi concepì mia madre. 6. Ecco, tu hai amato la verità e mi hai svelato gli arcani e i segreti della tua sapienza. 7. Mi aspergerai con l'issopo e sarò purificato, mi laverai e sarò bianco più della neve. 8. Mi farai sentire allegria e gioia ed esalteranno le ossa umiliate. 9. Distogli il tuo volto dai miei peccati e cancella tutte le mie iniquità. 10. Crea in me un cuore puro, o Dio, e rinnova nelle mie viscere uno spirito retto. 11. Non cacciarmi dal tuo cospetto e non togliere da me il tuo santo spirito. 12. Dammi la gioia della tua salvezza e fortificami con lo spirito che mi guidi. 13. Insegnerò ai perversi le tue vie e gli empi si convertiranno a te. 14. Purificami dai delitti di sangue, o Dio, Dio della mia salvezza. 15. La mia lingua celebrerà la tua giustizia. Signore tu aprirai la mia bocca e le mie labbra annunzieranno la tua lode. 16. Se tu volessi un sacrificio lo darei; tu non ti compiaci di olocausti. 17. E' sacrificio a Dio uno spirito contrito; Dio non disprezzerà un cuore contrito ed umiliato".

La pace

XIX, 1. L'umiltà e la modestia di siffatti uomini, tanto celebri per l'obbedienza, hanno reso migliori non solo noi, ma anche le generazioni a noi precedenti e quelli che recepiscono le parole di Lui nel timore e nella verità. 2. Partecipi, dunque, di molte e grandi azioni gloriose, corriamo verso la meta di pace dataci fin dal principio e guardiamo il padre e creatore di tutto l'universo. Attacchiamoci ai doni e ai benefici della pace, magnifici e sublimi. 3. Contempliamolo con il pensiero e guardiamo con gli occhi dell'anima la grande sua volontà! Consideriamo quanto sia equanime verso ogni sua creatura.

L'armonia del mondo nella pace e nella concordia

XX, 1. I cieli che si muovono secondo l'ordine di Lui gli ubbidiscono nell'armonia. 2. Il giorno e la notte compiono il corso da Lui stabilito e non si intralciano a vicenda. 3. Il sole e la luna e i cori delle stelle secondo la Sua direzione girano in armonia senza deviazione per le orbite ad essi assegnate. 4. La terra, feconda per Sua volontà, produce abbondante nutrimento per gli uomini, per le fiere e per tutti gli animali che vivono su di essa, senza riluttanza e senza cambiare nulla dei Suoi ordinamenti. 5. Le cose misteriose degli abissi e i giudizi inesplicabili degli inferi sono retti dagli stessi ordinamenti. 6. La massa del mare immenso che nella sua creazione si raccolse nei suoi antri, non supera i limiti posti, ma come fu ad esso ordinato, così agisce. 7. Disse infatti: "Fin qui tu verrai, e i tuoi flutti si infrangeranno in te stesso". 8. L'oceano senza fine per gli uomini e i mondi, che sono oltre, sono retti dalle stesse leggi del Signore. 9. Le stagioni di primavera, d'estate, d'autunno e d'inverno si susseguono in armonia una dopo l'altra. 10. I venti nell'incalzarsi compiono nel proprio tempo il loro servizio senza intralcio; le sorgenti perenni create per il rinfrancamento e la salute, senza mai cessare, offrono da bere per la vita degli uomini. Anche gli animali più piccoli si riuniscono nella pace e nella concordia. 11. Il creatore e signore dell'universo dispose che tutte queste cose fossero nella pace e nella concordia, benefico verso tutto e particolarmente verso di noi che ricorriamo alla sua pietà per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo. 12. A Lui la gloria e maestà nei secoli dei secoli. Amen.

Ubbidienza al Signore

XXI, 1. Guardate, carissimi, che i numerosi benefici di Lui non diventino condanna per noi se vivendo in modo degno di Lui non facciamo nella concordia ciò che è bello e gradito al suo cospetto. 2. Dice, infatti, in un luogo: "Lo Spirito del Signore è lucerna che esplora le profondità delle viscere". 3. Consideriamo che egli è vicino e nulla gli sfugge nè dei nostri pensieri nè dei discorsi che facciamo. 4. E' quindi giusto che non ci discostiamo dalla sua volontà. 5. E' meglio urtare gli uomini stolti, ignoranti, superbi, vanagloriosi nella spavalderia della loro parola che urtare Dio. 6. Veneriamo il Signore Gesù Cristo il cui sangue fu dato per noi, rispettiamo quelli che ci guidano, onoriamo gli anziani, educhiamo i giovani al timore di Dio, indirizziamo al bene le nostre donne. 7. Esse mostrino l'indimenticabile costume della purezza, manifestino la loro vera volontà di pace, rendano palese la moderazione della loro lingua mediante il silenzio ed esercitino la carità non secondo le passioni, ma santamente senza parzialità per tutti quelli che temono Dio. 8. I nostri figli partecipino dell'educazione in Cristo; imparino che cosa possano l'umiltà e l'amore presso il Signore e come sia bello e grande il timore di Lui che salva tutti quelli che vivono santamente in Lui con mente pura. 9. Egli è scrutatore dei pensieri e dei sentimenti. Il suo spirito è in noi, e quando vuole lo toglie.

La grandezza della fede e la miseria dei peccatori

XXII, 1. La fede in Cristo conferma tutte queste cose. Egli per mezzo dello Spirito Santo così ci esorta: "Figli, ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Signore. 2. Chi è l'uomo che vuole la vita, desiderando vedere giorni felici? Frena la tua lingua dal male e le tue labbra dal parlare con inganno. 4. Evita il male e opera il bene. 5. Cerca la pace e perseguila. 6. Gli occhi del Signore sono sui giusti e le sue orecchie attente alla loro supplica. La faccia del Signore è verso quelli che fanno il male, per distruggere dalla terra il loro ricordo. 7. Il giusto ha gridato e il Signore l'ha ascoltato e l'ha liberato da tutti gli affanni. 8. Molte sono le tribolazioni del giusto, ma da tutte lo libererà il Signore". E ancora: "Molte sono le afflizioni del peccatore, ma la misericordia circonderà coloro che sperano nel Signore".

Fede in Cristo

XXIII, 1. Il Padre misericordioso e benevolo in tutto ha cuore verso coloro che lo temono, e con dolcezza e con soavità offre le sue grazie a quelli che si rivolgono a lui con semplicità di pensiero. 2. Perciò non restiamo dissociati, nè la nostra anima si gonfi dei suoi benefici sovrabbondanti e magnifici. 3. Non sia per noi la Scrittura quando parla: "Infelici quelli dall'animo doppio e vacillanti nello spirito che dicono: queste cose udimmo già dai padri nostri, ora siamo diventati vecchi e nulla di questo ci è accaduto. 4. O stolti paragonatevi ad un albero; prendete ad esempio la vite; prima perde le foglie, poi si ha il germoglio, poi la foglia, poi il fiore e dopo ciò il grappolo verde, infine l'uva matura".Vedete che in poco tempo il frutto dell'albero si matura. 5. In verità presto e improvvisamente si compirà la volontà di Lui, e lo attesta anche la Scrittura: "Egli verrà presto e non tarderà" e "all'improvviso verrà il Signore nel suo tempio e il santo che voi attendete".

La risurrezione

XXIV, 1. Carissimi, notiamo come il Signore ci mostri di continuo la futura resurrezione di cui ci diede come primizia il Signore Gesù Cristo risuscitandolo dai morti. 2. Osserviamo, carissimi, la resurrezione che avviene di volta in volta. 3. Il giorno e la notte ci mostrano la resurrezione; cessa la notte e sorge il giorno; se ne va il giorno e sopraggiunge la notte. 4. Prendiamo i frutti. In che modo e in qual parte germoglia il seme? 5. Uscì il seminatore e gettò nella terra i semi; secchi e nudi caduti nella terra si dissolvono. Poi la grandezza della provvidenza del Signore li fa rinascere, e da uno solo crescono molti e portano frutto.

La fenice

XXV, 1. Consideriamo lo strano prodigio che avviene nelle terre d'oriente, cioè in quelle vicino all'Arabia. 2. Vi è un uccello chiamato fenice: è il solo della specie e vive cinquecento anni. Quando è vicino a morire si fa un nido con incenso, mirra ed altri aromi e giunta l'ora vi entra e muore. 3. Dalla carne in putrefazione nasce un verme che nutrendosi dei succhi dell'animale morto, mette le ali. Poi, divenuto forte prende quel nido in cui sono le ossa del suo genitore e portandoselo passa dall'Arabia all'Egitto nella città chiamata Eliopoli. 4. E di giorno sotto lo sguardo di tutti, volando sull'altare del sole lo depone e così torna indietro. 5. Pertanto i sacerdoti esaminano gli annali e trovano che esso è giunto al compiersi del cinquecentesimo anno.

La grandezza delle promesse

XXVI, 1. Riteniamo, dunque, cosa grande e straordinaria che il creatore dell'universo opererà la risurrezione di coloro che lo hanno servito santamente nella sicurezza di una fede sincera. Non ci comprova anche in un uccello la grandezza della sua promessa? 2. Dice infatti: "Mi risusciterai e ti loderò". E: "Mi coricai e dormii, mi svegliai poiché tu sei con me". 3. E ancora dice Giobbe: "E risusciterai questa mia carne che ha sopportato queste cose".

 




Il Signore tutto conosce e possiede

 

XXVII, 1. Con questa speranza le nostre anime si stringano al fedele nelle promesse e al giusto nei giudizi. 2. Chi ci ordina di non mentire, egli soprattutto non mentirà. Nulla è impossibile a Dio, tranne il mentire. 3. Si riaccenda dunque la fede di lui in noi, e riflettiamo che ogni cosa gli è vicina. 4. Nella parola della sua maestà ha fatto sussistere tutte le cose e nella parola le può distruggere. 5. Chi gli può chiedere: "Cosa hai fatto? Chi può resistere alla potenza della sua forza?". Quando vuole e come vuole farà ogni cosa e nulla cadrà delle cose da lui stabilite. 6. Tutto gli è presente e nulla si cela alla sua volontà. 7. Se "I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l'opera delle sue mani; il giorno la trasmette al giorno e la notte la fa conoscere alla notte; e non esistono parole nè lingue di cui non si comprendono i suoni".

Dio tutto vede e ascolta

XXVIII, 1. Dio vede ed ascolta dunque ogni cosa. Temiamolo abbandonando i malvagi desideri di opere ignobili per essere protetti con la sua misericordia nel giudizio futuro. 2. Dove uno di noi può sfuggire alla sua potente mano? Quale mondo può dare rifugio a chi lo diserta? Dice infatti la Scrittura: 3. "Dove andrò e dove mi nasconderò al tuo sguardo? Se salgo in cielo, tu sei là; se vado agli estremi limiti della terra, là è la tua destra; se mi stendo negli abissi, là è il tuo spirito". 4. Dove uno può ritirarsi? Dove può fuggire lontano da chi tutto abbraccia?

Israele popolo eletto

XXIX, 1. Avviciniamoci a Lui nella santità dell'anima, alzando a Lui le mani pure e senza macchia e amando il nostro padre benevolo e misericordioso, il quale fece di noi una porzione scelta per sè. 2. Così, infatti, è scritto: "Quando l'Altissimo distribuì le genti e disseminò i figli di Adamo, stabilì i confini delle nazioni secondo il numero degli angeli di Dio. Porzione del Signore fu il popolo di Giacobbe, Israele fu la parte della sua eredità". 3. In un altro passo la Scrittura dice: "Ecco, il Signore ha preso per sè un popolo in mezzo alle genti come un uomo serba per sè la primizia della sua aia. Da questo popolo uscirà il santo dei santi".

Le opere e non le parole

XXX, 1.Essendo noi una porzione santa, praticheremo tutto ciò che appartiene alla santità: fuggiamo le maldicenze, gli amplessi impuri e ignobili, l'ubriachezza, la mania innovatrice, le passioni orribili, l'adulterio infame e l'orgoglio odioso. 2. "Dio, infatti, dicono, resiste ai superbi, e dà la grazia agli umili". 3. Uniamoci dunque a coloro ai quali la grazia è data da Dio; rivestiamoci della concordia rendendoci umili e padroni di noi stessi, lontani da ogni mormorazione e maldicenza, giudicando con le opere e non con le parole. 4. La Scrittura dice infatti: "Chi parla molto, anche a sua volta ascolterà; il ciarliero pensa forse di essere giusto? 5. Benedetto il nato da donna che ha vita breve. Non essere abbondante di parole". 6. La nostra lode sia in Dio e non per noi stessi. Dio disdegna i lodatori di se stessi. 7. La testimonianza della buona azione sia data agli altri, come fu data ai nostri padri giusti. 8. La temerità, la presunzione e l'audacia sono per i maledetti da Dio; la benevolenza, l'umiltà e la dolcezza, invece, per i benedetti da Dio.

Benedizione divina

XXXI, 1. Uniamoci alla Sua benedizione e vediamone le vie. Sfogliamo gli avvenimenti dall'inizio. 2. Per quale motivo il nostro padre Abramo fu benedetto se non per aver praticato con fede la giustizia e la verita? 3. Isacco, conoscendo il futuro, con fiducia si fece volentieri condurre al sacrificio. 4. Giacobbe con umiltà si allontanò dalla sua terra per il fratello e andò da Labano e ne divenne servitore. A lui fu dato lo scettro delle dodici tribù di Israele.

La fede

XXXII, 1. A considerare sinceramente uno ad uno i beni elargiti da lui si riconosceranno grandiosi. 2. Da Giacobbe, discendono tutti i sacerdoti e i leviti ministri dell'altare di Dio; da lui il Signore Gesù secondo la carne; da lui i re, gli arconti e i capi secondo Giuda; ne sono di piccola gloria gli altri scettri, come Dio aveva promesso: "La tua discendenza sarà numerosa come le stelle del cielo". 3. Tutti furono glorificati ed esaltati non per se stessi o per le loro opere o per l'azione giusta che avevano compiuto, ma per la volontà Sua. 4. E noi, dunque, che per Sua volontà siamo stati chiamati in Gesù Cristo, non siamo giustificati nè per la nostra sapienza o intelligenza o pietà o le opere compiute in santità di cuore, ma per la fede con la quale Dio onnipotente giustificò tutti sin dal principio. A Lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Le opere buone

XXXIII, 1. Che faremo o fratelli? Cesseremo di fare il bene e trascureremo la carità? Giammai permetta il Signore che questo avvenga tra noi, ma con zelo ed ardore sforziamoci di compiere ogni opera buona. 2. Lo stesso artefice e signore dell'universo si compiace delle sue opere. 3. Con la sua immensa potenza fissò i cieli e li ornò con la sua incomprensibile intelligenza. Separò la terra dall'acqua che la circonda e la stabilì sul saldo fondamento della sua volontà e con il suo comando chiamò in vita tutti gli animali che in essa s'aggirano. Avendo preparato il mare e gli animali che sono in esso con la sua potenza li rinchiuse. 4. Con le mani sacre ed immacolate plasmò l'uomo, l'essere superiore e che tutto governa, quale impronta della sua immagine. 5. Così dice il Signore: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. E Dio creò l'uomo; li fece maschio e femmina". 6. Avendo compiuto tutte queste cose le approvò e le benedisse col dire: "Crescete e moltiplicatevi". 7. Vediamo che tutti i giusti furono ornati di opere buone, e lo stesso Signore che si era ornato di opere buone provò gioia. 8. Con un tale modello volgiamoci senza indugio alla Sua volontà e con tutta la nostra forza applichiamoci all'opera di giustizia.

Partecipi dette grandi promesse

XXXIV, 1. Il buon operaio prende a fronte alta il pane del suo lavoro mentre il pigro e l'indolente non guardano il datore di lavoro. 2. Conviene dunque che siamo premurosi nel fare il bene; da Lui ci viene ogni cosa. 3. Lo ha dichiarato: "Ecco il Signore, e davanti a lui sta la mercede da dare a ciascuno secondo la sua opera". 4. Poichè noi crediamo con tutto il cuore in Lui, ci esorta a non essere inoperosi nè trascurati in ogni opera buona. 5. Siano in Lui il nostro vanto e la nostra sicurezza, sottostiamo alla sua volontà e consideriamo che tutta la schiera dei suoi angeli, stando intorno a lui, adempie la sua volontà. 6. Dice, infatti, la Scrittura: "Miriadi e miriadi stavano intorno a lui e mille migliaia lo servivano e gridavano: Santo, santo, santo il Signore Sabaoth; tutta la creazione è piena della sua gloria". 7. E noi, riuniti nella concordia e dall'intimo come da una sola bocca, gridiamo con insistenza verso di lui che ci renda partecipi delle sue grandi e gloriose promesse. 8. La Scrittura dice infatti: "Occhio non vide, orecchio non ascoltò e non penetrò nel cuore dell'uomo quanto ha preparato per quelli che l'attendono".

Una grande ricompensa

XXXV, 1. Come sono magnifici e mirabili i doni di Dio, o carissimi. 2. Vita nell'immortalità, splendore nella giustizia, verità nella libertà, la fede nella sicurezza, padronanza di sè nella santità. Tutte queste cose cadono sotto la nostra intelligenza. 3. Quali sono le cose preparate per quelli che le attendono? Il creatore e padre dei secoli, il santissimo, sa la quantità e la bellezza di esse. 4. Noi, dunque, lottiamo per trovarci nel numero di quelli che lo attendono per essere partecipi dei doni promessi. 5. Come questo avverrà, o carissimi? Se la nostra mente sarà fissa fedelmente in Dio, se cercheremo le cose a lui accette e gradite, se compiremo ciò che conviene alla sua volontà irreprensibile e seguiremo la via della verità, allontanando da noi ogni ingiustizia e cattiveria, avarizia, contese, malignità e inganni, mormorazioni, maldicenze, odio a Dio, orgoglio, iattanza, vanagloria e inospitalità. 6. Quelli che fanno queste cose sono odiosi a Dio e "non solo quelli che le fanno, ma anche quelli che le approvano". 7. Dice infatti la Scrittura: "A1 peccatore Dio parlò: Perché spieghi i miei precetti ed hai sulla bocca la mia alleanza? 8. Tu odiasti la disciplina e gettasti dietro le spalle le mie parole. Se vedevi un ladro, correvi con lui, e con gli adulteri avevi la parte. La tua bocca era piena di malvagità e la tua lingua tesseva inganni. Sedendo sparlavi di tuo fratello e al figlio di tua madre ponevi tranelli. 9. Questo facevi e io tacqui; tu supponevi, iniquo, che io ti fossi simile. 10. Ti confonderò e ti porro faccia a faccia con te stesso. 11. Capite queste cose, voi che vi dimenticate di Dio, perché non vi assalga come un leone e non ci sia chi vi liberi. 12. Un sacrificio di lode mi darà gloria; ivi la strada con la quale gli mostrerò la salvezza di Dio".

Gesù Cristo, la salvezza

XXXVI, 1. Questa la strada, o beneamati, nella quale troviamo salvezza: Gesù Cristo il sommo sacerdote delle nostre offerte, il protettore e l'aiuto della nostra debolezza. 2. Per mezzo suo fissiamo lo sguardo sulle altezze dei cieli, per mezzo suo osserviamo come in uno specchio la sua faccia immacolata e sublime, per mezzo suo si sono aperti gli occhi del cuore, per mezzo suo la nostra mente ottusa e ottenebrata rifiorisce alla luce, per mezzo suo il Signore ha voluto farci gustare la scienza immortale. "Egli, splendore della maestà divina, di tanto è superiore agli angeli di quanto il nome che ebbe in eredita è più eccellente". 3. E' scritto così: "Egli ha fatto dei venti i suoi messaggeri e delle vampe di fuoco i suoi ministri". 4. Di suo figlio così disse il Signore: "Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato. Chiedi a me e ti darò le genti in tua eredità e tuoi saranno i confini della terra". 5. E di nuovo gli dice: "Siedi alla mia destra finchè io ponga i nemici a sgabello dei tuoi piedi". 6. Chi sono i nemici? I malvagi e quelli che si oppongono alla sua volontà.

Cristo, la nostra guida

XXXVII, 1. Militiamo, fratelli, con ogni nostra prontezza sotto i suoi ordini irreprensibili. 2. Consideriamo i soldati sotto gli ufficiali, con quale ordine, disciplina e sottomissione eseguono i comandi. 3. Non tutti sono proconsoli, nè capi di mille, cento, nè di cinquanta e così di seguito, ma ciascuno nel proprio ordine esegue i comandi dei re o dei governanti. 4. I grandi non possono stare senza i piccoli e i piccoli senza i grandi; in tutte le cose c'è qualche collegamento e in questo la utilità. 5. Prendiamo il nostro corpo. La testa non può stare senza i piedi, nè i piedi senza la testa. Le più piccole parti del nostro corpo sono necessarie ed utili a tutto il corpo; ma tutte convivono ed hanno una sola subordinazione per salvare tutto il corpo.

Tutti i beni da Dio

XXXVIII, 1. Si conservi dunque tutto il nostro corpo in Cristo Gesù e ciascuno si sottometta al suo prossimo, secondo la grazia in cui fu posto. 2. Il forte si prenda cura del debole, e il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero benedica Dio per avergli dato chi supplisce alla sua indigenza. Il saggio dimostri la sua saggezza non nelle parole, ma nelle opere buone. L'umile non testimoni a se stesso, ma lasci che sia testimoniato da altri. Il casto nella carne non si vanti, sapendo che un altro gli concede la continenza. 3. Consideriamo, fratelli, di quale materia siamo fatti, come e chi entrammo nel mondo, da quale fossa e tenebra colui che ci plasmò e ci creò ci condusse al mondo. Egli aveva preparato i benefici prima che noi fossimo nati. 4. Abbiamo tutto da lui, di tutto lo dobbiamo ringraziare. A lui la gloria nei secoli. Amen.

Niente superbia

XXXIX, 1. Gli sciocchi, gli insensati, i pazzi, gli ineducati, ci deridono e ci scherniscono, volendo esaltarsi con i propri sentimenti. 2. Che cosa può un mortale? Quale la forza di chi nasce dalla terra? 3. E' scritto infatti: "Non vi era una figura davanti ai miei occhi, ma percepivo un soffio di vento e una voce. 4. Che dunque? Sarà puro un mortale davanti al Signore? O sarà incensurabile nelle sue opere l'uomo se non si fida dei suoi servi e scorge il torto anche nei suoi angeli? 5. Non è puro neanche il cielo al suo cospetto. 94. Ahimè, quelli che abitano case di fango, tra i quali siamo anche noi di quel fango! Li ha schiacciati come un tarlo e dal mattino alla sera non esistono più. Perirono per non poter aiutare se stessi. 6. Soffiò su di loro e morirono, perché non avevano saggezza. 7. Tu chiama se qualcuno ti ascolterà o se vedrai qualche angelo santo. L'ira rovina lo sciocco e la gelosia uccide il perverso. 8. Ho visto gli stolti mettere radici, ma subito la loro vita fu divorata. 9. Siano lungi dalla salvezza i loro figli; siano disprezzati davanti alle porte dei più infelici. Non vi sarà chi li liberi. I beni per loro preparati li consumeranno i giusti; essi, invece, non saranno liberati dai mali".

 




I tempi stabiliti

 

XL, 1. Sono per noi evidenti queste cose e siamo scesi nelle profondità della conoscenza divina. Dobbiamo fare con ordine tutto quello che il Signore ci comanda di compiere nei tempi fissati. 2. Egli ci prescrisse di fare le offerte e le liturgie, e non a caso o senz'ordine, ma in circostanze ed ore stabilite. 3. Egli stesso con la sua sovrana volontà determina dove e da chi vuole siano compiute, perché ogni cosa fatta santamente con la sua santa approvazione sia gradita alla sua volontà. 4. Coloro che fanno le loro offerte nei tempi fissati sono graditi e amati. Seguono le leggi del Signore e non errano. 5. A1 gran sacerdote sono conferiti particolari uffici liturgici, ai sacerdoti è stato assegnato un incarico specifico e ai leviti incombono propri servizi. I1 laico è legato ai precetti laici.

Piacere a Dio

XLI, 1. Ciascuno, o fratelli, nel suo posto piaccia a Dio, agendo in buona coscienza e dignità, senza infrangere la norma stabilita per il suo compito. 2. Non si offrano dappertutto, o fratelli, sacrifici perpetui o votivi, o di espiazione o di riparazione, ma solo a Gerusalemme. Ivi pure non si offrano sacrifici in ogni luogo, ma innanzi al tempio sull'altare, dopo un esame minuto della vittima da parte del sommo sacerdote e dei ministri prima ricordati. 3. Quelli che agiscono non conformi alla di lui volontà meritano la pena di morte. 4. Vedete, fratelli, quanto maggiore è la scienza di cui fummo degnati, tanto maggiore il pericolo cui siamo esposti.

I ministri della Chiesa

XLII, 1. Gli apostoli predicarono il Vangelo da parte del Signore Gesù Cristo che fu mandato da Dio. 2. Cristo fu inviato da Dio e gli apostoli da Cristo. Ambedue le cose ordinatamente secondo la volontà di Dio. 3. Ricevuto il mandato e pieni di certezza nella risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo e fiduciosi nella parola di Dio con l'assicurazione dello Spirito Santo, andarono ad annunziare che il regno di Dio stava per venire. 4. Predicavano per le campagne e le città e costituivano le primizie del loro lavoro apostolico, provandole nello spirito, nei vescovi e nei diaconi dei futuri fedeli. 5. E questo non era nuovo; da molto tempo si era scritto intorno ai vescovi e ai diaconi. Così, infatti, dice la Scrittura: "Stabilirono i loro vescovi nella giustizia e i loro diaconi nella fede".

La dignità sacerdotale

XLIII, 1. Che meraviglia se quelli che avevano fede in Cristo stabilirono come opera da parte di Dio i ministri predetti? Anche Mosè "fedele servitore in tutta la casa" segnò nei libri sacri tutto ciò che gli fu ordinato. Gli altri profeti lo seguirono rendendo testimonianza alle norme stabilite da lui. 2. Quando sorse gelosia intorno al sacerdozio e le tribù si disputavano quale di esse si sarebbe ornata del nome glorioso, egli ordinò ai dodici capitribù di portargli delle verghe e che ciascuna fosse contrassegnata dal nome. Avendole prese, le legò, le sigillò con gli anelli dei capitribù e le pose nel tabernacolo della testimonianza sulla tavola di Dio. 3. Chiuso il tabernacolo sigillò le chiavi come le verghe. 4. E disse loro: "Fratelli, la tribù la cui verga germoglierà, Dio sceglie per esercitare il sacerdozio e servirlo". 5. Venuto il mattino, convocò tutto Israele, seicentomila uomini. Mostrò i sigilli ai capitribù e aprì il tabernacolo della testimonianza e tirò fuori le verghe. E si trovò che la verga di Aronne non solo era germogliata, ma aveva anche il frutto. Che ve ne pare, o carissimi? Mosè non prevedeva che questo sarebbe accaduto? Lo sapeva davvero. Fece così perché non scoppiasse un tumulto in Israele e fosse glorificato il nome del vero e dell'unico Dio. A lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Giusto ufficio

XLIV, 1. I nostri apostoli conoscevano da parte del Signore Gesù Cristo che ci sarebbe stata contesa sulla carica episcopale. 2. Per questo motivo, prevedendo esattamente l'avvenire, istituirono quelli che abbiamo detto prima e poi diedero ordine che alla loro morte succedessero nel ministero altri uomini provati. 3. Quelli che furono stabiliti dagli Apostoli o dopo da altri illustri uomini con il consenso di tutta la Chiesa, che avevano servito rettamente il gregge di Cristo con umiltà, calma e gentilezza, e che hanno avuto testimonianza da tutti e per molto tempo, li riteniamo che non siano allontanati dal ministero. 4. Sarebbe per noi colpa non lieve se esonerassimo dall'episcopato quelli che hanno portato le offerte in maniera ineccepibile e santa. 5. Beati i presbiteri che, percorrendo il loro cammino, hanno avuto una fine fruttuosa e perfetta! Essi non hanno temuto che qualcuno li avesse allontanati dal posto loro stabilito. 6. Noi vediamo che avete rimosso alcuni, nonostante la loro ottima condotta, dal ministero esercitato senza reprensione e con onore.

La persecuzione dei giusti

XLV, 1. Voi siete pieni di emulazione e di zelo nelle cose che riguardano la salvezza. 2. Vi siete curvati sulle Sacre Scritture, le vere, date dallo Spirito Santo. 3. Siete convinti che nulla di ingiusto e di falso è scritto in esse. Non troverete che i giusti siano stati ricusati da uomini santi. 4. I giusti sono stati perseguitati, ma dagli ingiusti; sono stati imprigionati, ma dagli empi; sono stati lapidati, ma dagli iniqui; uccisi da quelli che vengono presi dall'invidia perversa e malvagia. 5. Essi sopportarono gloriosamente queste sofferenze. 6. Che dire, o fratelli? Daniele forse fu gettato nella fossa dei leoni da quelli che temevano Dio? 7. Anania, Azaria e Misaele furono chiusi in una fornace di fuoco da quelli che praticavano il culto grande e glorioso dell'Altissimo? Giammai questo. Chi sono, dunque, quelli che l'hanno commesso? Persone detestabili e piene di ogni cattiveria spinsero il loro furore sino al punto da mandare alla tortura quelli che servivano Dio in santità e senza reprensione. Esse non sapevano che l'Altissimo è difensore e protettore di quelli che con coscienza difendono il suo santo nome. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. 8.Coloro che hanno sopportato con fiducia hanno ereditato la gloria e l'onore, sono stati esaltati e scritti da Dio nel suo memoriale per i seco1i dei secoli. Amen.

Attaccarsi ai giusti

XLVI, 1. A siffatti esempi bisogna, fratelli, che ci atteniamo anche noi. 2. E' scritto, infatti: "Attaccatevi ai santi perché quelli che sono uniti ad essi diverranno santi". 3. E di nuovo in un altro luogo la Scrittura dice: "Con l'innocente sarai innocente, con l'eletto sarai eletto, ma con il perverso ti pervertirai". 4. Attacchiamoci dunque agli innocenti e ai giusti, sono gli eletti di Dio. 5. Perché tra voi contese, ire, dissensi, scismi e guerra? 6. Non abbiamo un solo Dio, un solo Cristo e un solo spirito di grazia effuso su di noi e una sola vocazione in Cristo? 7. Perché strappiamo e laceriamo le membra di Cristo e insorgiamo contro il nostro corpo giungendo a tanta pazzia da dimenticarci che siamo membra gli uni degli altri? Ricordatevi delle parole di Gesù e nostro Signore. 8. Disse, infatti: "Guai a quell'uomo; sarebbe stato meglio che non fosse nato, piuttosto che scandalizzare uno dei miei eletti. Meglio per lui che gli fosse stata attaccata una macina e fosse stato gettato nel mare, piuttosto che pervertire uno del miei eletti". Il vostro scisma ha sconvolto molti e molti gettato nello scoraggiamento, molti nel dubbio, tutti noi nel dolore. Il vostro dissidio è continuo.

La discordia

XLVII, 1.Prendete la lettera del beato Paolo apostolo. 2. Che cosa vi scrisse all'inizio della sua evangelizzazione? 3. Sotto l'ispirazione dello Spirito vi scrisse di sé, di Cefa, e di Apollo per aver voi allora formato dei partiti. 4. Ma quella divisione portò una colpa minore. Parteggiavate per apostoli che avevano ricevuto testimonianza e per un uomo (Apollo) stimato da loro. 5. Ora, invece, considerate chi vi ha pervertito e ha menomato la venerazione della vostra rinomata carità fraterna. 6. E' turpe, carissimi, assai turpe e indegno della vita in Cristo sentire che la Chiesa di Corinto, molto salda e antica, per una o due persone si è ribellata ai presbiteri. 7. E tale voce non solo è giunta a noi, ma anche a chi è diverso da noi. Per la vostra sconsideratezza si è portato biasimo al nome del Signore e si è costituito un pericolo per voi stessi.

La porta della giustizia

XLVIII, 1. Liberiamocene subito e gettiamoci ai piedi del Signore. Piangendo, supplichiamolo che fattosi propizio si riconcili con noi e ci ristabilisca nella nobile e santa pratica della carità fraterna. 2. Questa è la porta della giustizia aperta alla vita, come è scritto: "Apritemi le porte della giustizia; entrando confesserò il Signore. 3. Questa è la porta del Signore; i giusti entreranno per essa". 4. Molte sono le porte aperte, (ma) quella della giustizia è in Cristo. Beati sono tutti quelli che vi entrano e dirigono il loro cammino nella santità e nella giustizia, tutto facendo tranquillamente. 5. Ciascuno sia fedele, sia capace di esporre la scienza, sia saggio nel giudicare i motivi, sia puro nelle opere. 6. Tanto più occorre che sia umile quanto più è creduto molto grande, e deve cercare il bene comune per tutti e non quello proprio.

La carità

XLIX, 1. Chi ha la carità in Cristo pratichi i suoi comandamenti. 2. Chi può spiegare il vincolo della carità di Dio? 3. Chi è capace di esprimere la grandezza della sua bellezza? 4. L'altezza ove conduce la carità è ineffabile. 5. La carità ci unisce a Dio: "La carità copre la moltitudine dei peccati". La carità tutto soffre, tutto sopporta. Nulla di banale, nulla di superbo nella carità. La carità non ha scisma, la carità non si ribella, la carità tutto compie nella concordia. Nella carità sono perfetti tutti gli eletti di Dio. Senza carità nulla è accetto a Dio. 6. Nella carità il Signore ci ha presi a sé. Per la carità avuta per noi, Gesù Cristo nostro Signore, nella volontà di Dio, ha dato per noi il suo sangue, la sua carne per la nostra carne e la sua anima per la nostra anima.

L, 1. Vedete, carissimi, come è cosa grande e meravigliosa la carità, e della sua perfezione non c'è commento. 2. Chi è capace di trovarsi in essa se non quelli che Dio ha reso degni? Preghiamo dunque e chiediamo alla sua misericordia perché siamo riconosciuti nella carità, senza sollecitazione umana, irreprensibili. 3. Sono passate tutte le generazioni da Adamo sino ad oggi, ma quelli che con la grazia di Dio sono perfetti nella carità raggiungono la schiera dei più, che saranno visti nel novero del regno di Cristo. 4. Infatti è scritto: "Entrate nelle vostre stanze per pochissimo, finché passa la mia ira e il mio furore; mi ricorderò del giorno buono e vi risusciterò dai vostri sepolcri". 5. Siamo beati, carissimi, se eseguiamo i comandamenti di Dio nella concordia della carità, perché ci siano rimessi i peccati per la carità. 6. E' scritto: "Beati quelli cui furono rimesse le malvagità e i cui peccati sono stati coperti; beato l'uomo del quale il Signore non considererà il peccato, né l'inganno è sulla sua bocca". 7. Questa beatitudine è per quelli scelti da Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Confessare le colpe

LI, 1. Chiediamo che ci siano perdonate le mancanze e le azioni ispirate dall'avversario. Coloro che furono i capi della sedizione e dello scisma devono considerare la parte comune della speranza. 2. Quelli che vivono nel timore e nella carità vogliono incappare nelle ingiurie piuttosto essi stessi che il prossimo. Preferiscono subire il biasimo per la bella e giusta armonia trasmessaci. 3. E' meglio per l'uomo confessare le sue colpe che indurire il suo cuore, come si indurì il cuore dei rivoltosi contro il servitore di Dio, Mosè, e la loro condanna fu ben chiara; 4. poiché "discesero vivi nell'ade" e "la morte li pascolerà". 5. Il Faraone e il suo esercito e tutti i capi di Egitto, i carri e quelli che vi erano sopra, per questo motivo furono sommersi nel Mar Rosso e perirono. I loro cuori insensati si erano induriti, dopo i miracoli e i portenti avvenuti in Egitto, mediante il servo di Dio Mosè.

LII, 1. Fratelli, il Signore dell'universo non ha bisogno, non cerca nulla da nessuno tranne che si faccia a lui la confessione. 2. Dice, infatti, l'eletto David: "Mi confesserò al Signore e gli sarà accetto più di un giovenco che mette le corna e le unghie. Vedano i poveri e gioiscano". 3. E di nuovo dice: "Offri a Dio un sacrificio di lode e rivolgi all'Altissimo le tue preghiere; invocami nel giorno della tua afflizione e io ti libererò e tu mi glorificherai". 4. "Sacrificio gradito a Dio è uno spirito contrito".

 




La carità di Mosè

 

LIII, 1. Carissimi, voi conoscete le Sacre Scritture e le conoscete bene; avete meditato le parole di Dio. Per il ricordo vi scriviamo queste cose. 2. Quando Mosè salì sul monte trascorrendo quaranta giorni e quaranta notti nel digiuno e nell'umiltà, a lui disse il Signore: "Discendi presto di qui perché il popolo tuo, che conducesti dalla terra di Egitto, ha prevaricato; si è presto allontanato dalla via che tu avevi prescritto, e si è fatto idoli di metallo fuso". 3. E disse a lui il Signore: "Ti ho parlato una volta e anche due dicendo: "Ho riguardato questo popolo e vedi è di dura cervice; lascia che lo distrugga. Cancellerò il suo nome di sotto il cielo e farò di te una nazione grande, meravigliosa e molto più numerosa di questa"". 4. E disse Mosè: "Giammai, Signore. Rimetti il peccato a questo popolo, o cancella me dal libro dei viventi". 5. O grande carità! O perfezione insuperabile! Un servo parla con libertà al Signore, implora il perdono per il popolo o chiede di essere eliminato anche lui con esso.

La pace del gregge di Cristo

LTV, 1. Tra voi c'e qualcuno generoso, misericordioso e pieno di amore? 2. Dica: se per colpa mia si sono avuti sedizione, lite e scismi vado via. Me ne parto dove volete e faccio quello che il popolo comanda purché il gregge di Cristo viva in pace con i presbiteri costituiti. 3. Ciò facendo si acquisterà una grande gloria in Cristo e ogni luogo lo riceverà. "Del Signore è la terra e quanto essa contiene". 4. Così hanno fatto e faranno quelli che con una condotta senza rimorsi, sono cittadini di Dio.

LV, 1. Per riportare gli esempi dei pagani, molti re e capi, in tempi di pestilenza, ammoniti dall'oracolo, si offrirono alla morte per salvare con il loro sangue i cittadini. Molti abbandonarono le loro città perché cessasse la sedizione. 2. Sappiamo che molti tra noi si offrirono alle catene per liberare gli altri; molti si offrirono alla schiavitù e con il prezzo ricavato davano da mangiare agli altri. 3. Numerose donne rese forti dalla grazia di Dio compirono molte azioni virili. 4. La beata Giuditta, mentre la città era assediata, chiese agli anziani che la lasciassero andare nel campo degli avversari. 5. Si espose dunque al pericolo. Uscì dalla città per amore della patria e del popolo che era assediato e il Signore diede Oloferne in mano di una donna. 6. Ester, perfetta nella fede, non si espose a minor pericolo per salvare le dodici tribù di Israele sul punto di perire. Nel digiuno e nella umiltà implorò il Signore che tutto vede, Dio dei secoli. Egli, vedendo l'umiltà dell'anima di lei, salvò il popolo per il cui amore affrontò il pericolo.

La protezione di Dio

LVI, 1. Per quelli che si trovano in qualche peccato intercediamo anche noi, perché siano loro concesse la mansuetudine e l'umiltà e cedano non a noi ma alla volontà di Dio. Così sarà fruttuoso e perfetto presso Dio e presso i santi il ricordo con la pietà. 2. Accettiamo il rimprovero per il quale nessuno deve indispettirsi, o carissimi. La correzione che ci facciamo a vicenda è buona e assai vantaggiosa; ci unisce alla volontà di Dio. 3. Così dice la santa parola: "Il Signore mi ha educato con il rimprovero e non mi ha consegnato alla morte". 4 "Il Signore corregge chi ama e frusta ogni figlio che gli è accetto". 5. "Il giusto - dice - mi correggerà nella misericordia e mi proverà; l'olio dei peccatori non unga la mia testa". 6. E di nuovo dice: "Beato l'uomo che il Signore ha corretto; non ricusare l'ammonizione dell'onnipotente; egli fa soffrire, e di nuovo ristabilisce. 7. Percuote e le sue mani guariscono. 8. Sei volte ti trarrà dalle angustie e alla settima non ti toccherà il male. 9. Nella fame ti scamperà dalla morte, nella guerra ti libererà dalla mano di ferro. 10. E ti proteggerà dalla sferza della lingua, e non temerai i mali che sopravvengono. 11. Riderai degli ingiusti e dei malvagi e non temerai le bestie feroci; 12. perché esse saranno in pace con te. 13. Poi conoscerai che è in pace la tua casa, e la prosperità della tua tenda non viene mai meno. 14. Vedrai che è numerosa la tua discendenza e i tuoi figli come l'erba del campo. 15. Scenderai nel sepolcro come grano maturo mietuto alla stagione, o come mucchio dell'aia raccolto a suo tempo". 16. Guardate, carissimi, quanta è la protezione per quelli che sono corretti dal Signore. Come padre buono ci corregge nell'avere misericordia di noi con un santo rimprovero.

Sottomissione ai presbiteri

LVII, 1. Voi che siete la causa della sedizione sottomettetevi ai presbiteri e correggetevi con il ravvedimento, piegando le ginocchia del vostro cuore. 2. Imparate ad assoggettarvi deponendo la superbia e l'arroganza orgogliosa della vostra lingua. E' meglio per voi essere trovati piccoli e ritenuti nel gregge di Cristo, che avere apparenza di grandezza ed essere rigettati dalla sua speranza. 3. Così parla la sapienza maestra di virtù: "Ecco, io emetterò per voi una parola del mio spirito e insegnerò a voi il mio discorso. 4. Poiché chiamai e non ascoltaste, prolungai i discorsi e non foste attenti, ma frustraste i miei consigli e disobbediste ai miei richiami. Anch'io riderò della vostra rovina, e mi rallegrerò se arriverà lo sterminio su di voi e se improvviso giungerà il tumulto e sovrasterà la catastrofe simile al turbine e quando avverranno l'angoscia e l'oppressione. 5. Accadrà che voi m'invocherete e non vi ascolterò; i cattivi mi cercheranno e non mi troveranno. Odiarono la sapienza, non vollero saperne del timore del Signore, né vollero ascoltare i miei consigli e disprezzarono le mie esortazioni. 6. Per questo mangeranno i frutti della loro condotta e si sazieranno della loro empietà. 7. Saranno uccisi per aver commesso ingiustizie contro i fanciulli e il giudizio distruggerà gli empi. Chi mi ascolta riposerà fiducioso sulla speranza e vivrà tranquillo lontano da ogni male".

Umiltà nell'ubbidienza

LVIII, 1. Ubbidiamo dunque al suo nome santissimo e glorioso e sfuggiamo alle minacce fatte dalla Sapienza contro i disobbedienti, per riposare fiduciosi nel nome santissimo della sua Maestà. 2. Ascoltate il nostro consiglio, e non avrete a pentirvi. Vive Dio, vive il Signore Gesù Cristo e lo Spirito Santo, la fede e la speranza degli eletti. Chi avrà praticato in umiltà, con costante mitezza e senza rimpianto i comandamenti e i precetti dati da Dio sarà posto e annoverato nel numero dei salvati da Gesù Cristo, per mezzo del quale a Lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

La grande preghiera

LIX, 1. Quelli che disubbidiscono alle parole di Dio, ripetute per mezzo nostro, sappiano che incorrono in una colpa e in un pericolo non lievi. 2. Noi saremo innocenti di questo peccato e chiederemo, con preghiera assidua e supplica, che il creatore dell'universo conservi intatto il numero dei suoi eletti che si conta in tutto il mondo per mezzo dell'amatissimo suo figlio Gesù Cristo Signore nostro, col quale ci chiamò dalle tenebre alla luce, dall'ignoranza alla conoscenza del suo nome glorioso, 3. a sperare nel tuo nome, principio di ogni creatura: Tu apristi gli occhi del nostro cuore perché conoscessimo te, il solo altissimo nell'altissimo dei cieli, il santo che riposi tra i santi, che umilii la violenza dei superbi, che sciogli i disegni dei popoli, che esalti gli umili e abbassi i superbi. Tu che arricchisci e impoverisci, che uccidi e dai la vita, il solo benefattore degli spiriti e Dio di ogni carne, che scruti gli abissi, che osservi le opere umane, che soccorri quelli che sono in pericolo e salvi i disperati, creatore e custode di ogni spirito che moltiplichi i popoli sulla terra, e che fra tutti scegliesti quelli che ti amano per mezzo di Gesù Cristo, l'amatissimo tuo figlio mediante il quale ci hai educato, ci hai santificato e ci hai onorato. 4. Ti preghiamo, Signore, sii il nostro soccorso e sostegno. Salva i nostri che sono in tribolazione, rialza i caduti, mostrati ai bisognosi, guarisci gli infermi, riconduci quelli che dal tuo popolo si sono allontanati, sazia gli affamati, libera i nostri prigionieri, solleva i deboli, consola i vili. Conoscano tutte le genti che tu sei l'unico Dio e che Gesù Cristo è tuo figlio e "noi tuo popolo e pecore del tuo pascolo".

LX, 1. Con le tue opere hai reso visibile l'eterna costituzione del mondo. Tu, Signore, creasti la terra. Tu, fedele in tutte le generazioni, giusto nei tuoi giudizi, mirabile nella forza e nella magnificenza, saggio nel creare, intelligente nello stabilire le cose create, buono nelle cose visibili, benevolo verso quelli che confidano in te, misericordioso e compassionevole, perdona le nostre iniquità e ingiustizie, le cadute e le negligenze. Non contare ogni peccato dei tuoi servi e delle tue serve ma purificaci nella purificazione della tua verità e dirigi i nostri passi per camminare nella santità del cuore e fare ciò che è buono e gradito al cospetto tuo e dei nostri capi. 3. Sì, o Signore, fa' splendere il tuo volto su di noi per il bene, nella pace, per proteggerci con la tua mano potente e scamparci da ogni peccato col tuo braccio altissimo, e salvarci da coloro che ci odiano ingiustamente. 4. Dona concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terra, come la desti ai padri nostri quando ti invocavano santamente nella fede e nella verità; rendici sottomessi al tuo nome onnipotente e pieno di virtù e a quelli che ci comandano e ci guidano sulla terra.

LXI, 1. Tu, Signore, desti loro il potere della regalità per la tua magnifica e ineffabile forza, perché noi, conoscendo la gloria e l'onore loro dati, ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volontà. Dona ad essi, Signore, sanità, pace, concordia e costanza, per esercitare al sicuro la sovranità data da te. 2. Tu, Signore, re celeste dei secoli, concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Signore, porta a buon fine il loro volere, secondo ciò che è buono e gradito alla tua presenza, per esercitare con pietà, nella pace e nella dolcezza, il potere che tu hai loro dato e ti trovino misericordioso. 3. Te, il solo capace di compiere questi beni ed altri più grandi per noi, ringraziamo per mezzo del gran Sacerdote e protettore delle anime nostre Gesù Cristo, per il quale ora a te sia la gloria e la magnificenza e di generazione in generazione e nei secoli dei secoli. Amen.

Ricapitolazione degli argomenti trattati

LXII, 1. Fratelli, vi abbiamo scritto abbastanza sulle cose che convengono alla nostra religione e sono utili a una vita virtuosa per quelli che vogliono osservare la pietà e la giustizia. 2. Abbiamo toccato tutti i punti che riguardano la fede, la penitenza, la vera carità, la continenza, la saggezza e la pazienza. Vi abbiamo ricordato che nella giustizia, nella verità e nella magnanimità bisogna piacere santamente a Dio onnipotente, amando la concordia, dimenticando le offese, nell'amore e nella pace con una benevolenza continua, come i nostri padri, di cui abbiamo già parlato, si resero graditi con l'umiltà verso il Padre, Dio e creatore, e tutti gli uomini. 3. E questo abbiamo ricordato con piacere, perché eravamo certi di scrivere a fedeli eccellenti che hanno approfondito le parole dell'insegnamento di Dio.

I messaggeri di pace

LXIII, 1. E' giusto che noi con tali e tanti esempi sottostiamo, prendendo il posto dell'obbedienza. Desistiamo dalla vana sedizione per raggiungere senza biasimo lo scopo propostoci nella verità. 2. Ci darete esultanza di gioia se, divenuti obbedienti a ciò che vi abbiamo scritto mediante lo Spirito Santo, smorzerete la collera ingiusta della vostra gelosia, secondo l'esortazione fatta in questa lettera alla pace e alla concordia. 3. Vi abbiamo inviato uomini fedeli e saggi, vissuti in mezzo a noi con modi corretti dalla gioventù alla vecchiaia, che saranno testimoni tra noi e voi. 4. Abbiamo fatto questo perché sappiate che ogni nostro pensiero è stato ed è che ritroviate presto la pace.

La benedizione di Dio

LXIV, 1. Dio che tutto vede ed è padrone degli spiriti e signore di ogni carne, che ha scelto il Signore Gesù Cristo e noi mediante Lui ad essere suo popolo, conceda ad ogni anima che implora il suo mirabile e santo nome, fede, timore, pace, pazienza e magnanimità, continenza, purezza e prudenza. E sia gradita al Suo nome per mezzo del sommo sacerdote e nostro protettore Gesù Cristo, per il quale sia a lui la gloria, grandezza, potenza e onore, ora e nei secoli dei secoli. Amen.

LXV, 1. Rimandateci presto nella pace e nella gioia i messaggeri da noi inviati, Claudio, Efebo e Valerio Bitone con Fortunato perché ci annunzino quanto prima la pace e la concordia invocate e desiderate, e presto noi ci rallegriamo della vostra serenità. 2. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi e con tutti quelli ovunque chiamati da Dio per mezzo Suo e a Lui sia gloria, onore, potenza e maestà e regno eterno, dai secoli nei secoli dei secoli. Amen.

 

Clemente romano

Seconda lettera ai Corinzi

Sulla paternità di questa lettera sono state espresse, fin dall’antichità, molte riserve, a cominciare da quella del "principe dei traduttori: "Fertur et secunda eius (Clementis) nomine epistula, quae a veteribus reprobatur" (Girolamo di Gerusalemme, De viris inlustribus, 15).

Dobbiamo avere un alto concetto del Cristo, che ci chiamò alla salvezza

1. Fratelli, questo è il concetto che dobbiamo farci di Gesù Cristo: considerarlo quale Dio, quale giudice dei vivi e dei morti; e non dobbiamo tenere in poco conto la nostra salvezza.

2. Se noi abbiamo un meschino concetto di Lui, è meschino anche l’oggetto della nostra speranza. Chi ascolta queste cose e le reputa piccole, pecca; e noi pure pecchiamo, se ignoriamo donde fummo chiamati e da chi e a quale luogo destinati e quante sofferenze volle sopportare Gesù Cristo per noi.

3. Qual compenso gli daremo noi, o quale frutto, degno di quello che ci fu donato da Lui? Di quali benefici non siamo debitori a Lui?

4. Egli ci prodigò la luce; come un padre ci chiamò suoi figli e ci salvò quando perivamo.

5. Quale lode dunque o quale compenso, daremo noi a Lui per le grazie ricevute?

6. Noi eravamo ciechi d’intelletto, adoravamo oggetti di pietra, di legno, d’oro, d’argento e di bronzo, opere umane; e tutta la nostra vita non era altro che morte. Eravamo circondati da oscurità, i nostri occhi erano pieni di nebbia; per volere di Lui riacquistammo la vista e dissipammo la nube in cui eravamo avvolti.

7. Egli ci usò misericordia e ci salvò, mosso a compassione alla vista dei nostri molteplici errori e della rovina in cui giacevamo senza alcuna speranza di salute fuori di quella che viene da Lui.

8. Egli ci chiamò quando ancora non eravamo, e dal nulla volle che passassimo all’esistenza.

La Chiesa, prima sterile, con la chiamata dei Gentili è divenuta meravigliosamente feconda

1. Rallegrati,, o sterile, che non partorisci, ed erompi in grida tu che non hai i dolori del parto, poiché i figli della donna sola sono più numerosi di quelli della maritata. Con le parole rallegrati, o sterile, che non partorisci, siamo indicati noi; poiché la Chiesa era sterile, prima che le fossero dati dei figlioli.

2. Le parole: grida tu che non hai i dolori del parto, ci insegnano ad elevare con semplicità le nostre preghiere a Dio, senza scoraggiarci come le donne quando partoriscono.

3. E le altre: la donna sola ha più figli che la maritata, significano che il popolo, al quale apparteniamo, sembrava abbandonato da Dio; ora invece, avendo creduto, siamo divenuti più numerosi di coloro che sembravano i possessori di Dio.

4. Un’altra Scrittura dice: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.

5. Il che significa che bisogna salvare quelli che si perdono.

6. Questo infatti è grande ed ammirevole, non già il rinsaldare ciò che è solido, ma ciò che sta cadendo.

7. Così anche il Cristo volle salvare ciò che stava perdendosi; e salvò molti con la sua venuta e chiamò anche noi, che già perivamo.

Confessiamo il Signore facendo ciò che Egli dice, e non con onorarlo solo a parole

1. Essendo dunque così grande la misericordia usata da Cristo verso di noi, prima col far sì che noi che viviamo non sacrificassimo e non adorassimo più divinità morte, poi col farci conoscere per mezzo suo il Padre della verità, quale altra conoscenza ci condurrà al Padre, all’infuori di quella di non rinnegare Colui per mezzo del quale l’abbiamo conosciuto?

2. Dice infatti Cristo stesso: Chi confesserà me dinanzi agli uomini, io lo confesserò dinanzi al Padre mio.

3. Ecco dunque la nostra ricompensa, se confesseremo Colui per mezzo del quale siamo stati salvati.

4. E in che modo lo confesseremo? Facendo quanto dice, non trascurando i suoi precetti e onorandolo, non solo con le labbra, ma con tutto il cuore e con tutta la mente.

5. Poiché Egli dice anche in Isaia: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.

I veri confessori di Cristo

1.Non accontentiamoci dunque di chiamarlo Signore, perché questo non ci salverà.

2. Dice infatti: Non chiunque mi dice Signore, Signore, sarà salvo, ma chi pratica la giustizia.

3. Perciò, o fratelli, confessiamolo con le opere, amandoci gli uni gli altri, fuggendo l’adulterio, la vicendevole detrazione e la gelosia, e con essere invece continenti, misericordiosi e buoni. Dobbiamo anche compatirci vicendevolmente e non amare il denaro. Confessiamolo con queste opere, non con le contrarie.

4. Né dobbiamo avere maggior timore degli uomini che di Dio.

5. Perciò, se voi operate così, il Signore vi dice: Se voi siete raccolti con me sul mio seno, ma non osservate i miei precetti, io vi rigetterò e vi dirò: Andate lontano da me, non vi conosco né so donde siete, operatori d’iniquità.

Disprezziamo il mondo e rafforziamo la speranza nella vita futura

1. Perciò, o fratelli, facciamo la volontà di Colui che ci ha chiamati e abbandoniamo la dimora di questo mondo senza temere d’uscirne.

2. Dice infatti il Signore: Sarete come agnelli in mezzo ai lupi.

3. E Pietro rispondendo gli domandò: E se i lupi sbraneranno gli agnelli?

4. E Gesù disse a Pietro: Gli agnelli, dopo la morte, non debbono più avere paura dei lupi! E anche voi non abbiate timore di coloro che vi uccidono e dopo non possono farvi nulla di più, ma temete colui che, dopo la vostra morte, ha il potere di gettare l’anima e il corpo nella geenna di fuoco.

5. Sappiate, o fratelli, che la dimora della nostra carne in questo mondo è breve e di poca durata; mentre la promessa del Cristo è grande e meravigliosa, come pure il riposo del regno futuro e della vita eterna.

6. Che fare dunque per raggiungere questi beni, se non camminare nella santità e nella giustizia, e giudicare queste cose del mondo come estranee a noi, e non desiderarle?

7. Poiché nell’istante in cui noi desideriamo di possederle, deviamo dalla via giusta.

Il secolo presente ed il futuro sono due nemici: disprezziamo il primo e amiamo il secondo.
Non c’è nessuna altra speranza di salvezza

1. Dice il Signore. Nessun servitore può servire a due padroni. Se noi vorremo servire a Dio e a Mammona sarà a nostro danno.

2. Che giova infatti guadagnare tutto il mondo e perdere l’anima?.

3. Il secolo presente e il secolo futuro sono due nemici.

4. Il primo predica l’adulterio, la corruzione, l’avarizia e l’inganno; il secondo ne sta lontano.

5. Non possiamo quindi essere amici d’ambedue, ma dobbiamo star lontano dal primo e attenerci al secondo.

6. Noi crediamo che sia meglio odiare i beni di quaggiù, perché meschini, di breve durata e corruttibili, ed amare invece quelli di là, che sono incorruttibili.

7. Facendo la volontà di Cristo, troveremo riposo; ma se disobbediamo ai suoi comandamenti, nulla ci scamperà dall’eterno castigo.

8. Dice la Scrittura in Ezechiele: Se risorgessero Noè, Giobbe e Daniele, non libererebbero i loro figli dalla cattività.

9. Se uomini così giusti non possono con la loro giustizia liberare i loro figli, come potremo noi aver fiducia di entrare nel regno di Dio, se non conserveremo puro ed immacolato il nostro battesimo? E chi sarà il nostro avvocato, se non saremo trovati provvisti di opere sante e giuste?

Se vogliamo ottenere la corona, dobbiamo combattere

1. Lottiamo dunque, o fratelli miei, sapendo che il combattimento è vicino e che alle gare corruttibili molti accorrono su navi, ma non tutti sono coronati, bensì solo quelli che hanno molto faticato e lottato valorosamente.

2. Noi quindi, lottiamo per conseguire tutti la corona.

3. Corriamo nella strada diritta, nella gara incorruttibile; imbarchiamoci numerosi per questa gara e lottiamo per essere coronati; e se non tutti possiamo raggiungere la corona, cerchiamo almeno di avvicinarci ad essa.

4. Dobbiamo tenere presente che, nella lotta corruttibile, chi è sorpreso a violare le regole è frustato, escluso e cacciato fuori dallo stadio.

5. Che ve ne pare? Che cosa dovrà soffrire colui che viola le regole della lotta incorruttibile?

6. Di coloro che non hanno conservato il sigillo [del battesimo] è detto: Il loro verme non morrà, il loro fuoco non s’estinguerà e saranno di spettacolo ad ogni carne.

Finché siamo in questo mondo, pentiamoci e conserviamo casto il nostro corpo

1. Finché dunque siamo sulla terra, pentiamoci.

2. Siamo infatti come argilla in mano dell’artefice. Il vasaio, quando il vaso che sta foggiando gli si sforma tra le mani o si rompe, lo plasma di nuovo; ma se ormai l’ha già messo nella fornace, non lo tocca più. Così pure noi, mentre siamo ancora in questo mondo, pentiamoci di tutto cuore del male commesso nella carne, finché abbiamo tempo di pentirci, per essere poi salvati dal Signore.

3. Poiché, una volta usciti da questo mondo, non potremo più né confessarci né pentirci.

4. Perciò, o fratelli, facendo la volontà del Padre, conservando pura le carne e osservando i precetti del Signore, noi otterremo la vita eterna.

5. Dice infatti il Signore nel Vangelo: Se voi non avete custodito il poco, chi vi darà il molto? Poiché io vi dico: chi è fedele nel poco, lo è anche nel molto.

6. Con questo vuole significare: Conservate pura la vostra carne e immacolato il sigillo, per ottenere la vita eterna.

Saremo giudicati nella carne; prepariamoci dunque in tempo

1. Nessuno di voi dica che questa carne non sarà giudicata, né risorgerà.

2. Sappiatelo: in che foste salvati? In che avete ritrovato la vista, se non in questa carne, mentre vi dimorate?

3. Dobbiamo dunque custodire la carne come tempio di Dio.

4. Come foste chiamati nella carne, così andrete [a Lui] nella carne.

5. Come Cristo, il Signore e Salvatore nostro, essendo prima spirito si è fatto carne e in tale natura ci ha chiamati, così anche noi in questa carne riceveremo il premio.

6. Amiamoci dunque gli uni gli altri, per giungere tutti al regno di Dio.

7. Giacché abbiamo l’occasione opportuna d’essere risanati, affidiamoci a Dio, nostro medico, e diamogli una ricompensa.

8. E quale? Il pentimento d’un cuore sincero.

9. Poiché Egli prevede tutto e conosce ciò che è nel nostro cuore. io. Diamogli quindi lode, non solo con la bocca, ma con il cuore, affinché Egli ci accolga come figli. II. Poiché il Signore ha detto: Miei fratelli sono coloro che fanno la volontà del Padre mio.

 




Abbandoniamo il vizio e seguiamo la virtù, anteponendo i beni che ci sono promessi alle gioie di questo mondo

 

1. Facciamo dunque, o fratelli, la volontà del Padre, che ci ha chiamati, per vivere e seguire maggiormente la virtù. Spogliamoci della malignità, come precorritrice dei nostri peccati, e fuggiamo l’empietà, affinché i mali non ci sorprendano.

2. Se saremo solleciti nell’operare il bene, la pace ci seguirà.

3. Per questo motivo non possono trovarla coloro che, adducendo umani timori, preferiscono il godimento presente alla promessa futura.

4. Costoro ignorano quale tormento porti con sé il godimento di quaggiù e quale delizia vi sia invece nella promessa futura.

5. Se almeno fossero soli ad agire così, si potrebbe sopportare; ma invece persistono ad insegnare il male alle anime innocenti, non sapendo che incorreranno in una doppia condanna, essi e quelli che li ascoltano.

Fedeli alle promesse divine, serviamo il Signore, ed otterremo la felicità eterna

1. Noi dunque, serviamo Dio con cuore puro e saremo giusti; ma se, per mancanza di fede nelle promesse di Dio, non lo serviamo, saremo infelici.

2. Dice infatti la parola profetica: Infelici quelli che hanno un animo doppio e un cuore vacillante e dicono: Da gran tempo udiamo queste cose, già dal tempo dei nostri padri; ma per quanto abbiamo atteso di giorno in giorno, non abbiamo veduto nulla di tutto questo.

3. Insensati! Paragonatevi ad un albero; prendete per esempio la vite: prima perde le foglie, poi mette fuori i germogli, poi il grappolo verde e infine l’uva matura.

4. Così anche il mio popolo ebbe perturbazioni ed afflizioni; ma dopo riceverà il bene.

5. Perciò, o fratelli, non dobbiamo avere un animo ondeggiante, ma dobbiamo perseverare nella speranza, per riportarne il premio.

6. Poiché è fedele colui che ha promesso di dare a ciascuno la ricompensa secondo le sue opere.

7. Pertanto, se noi praticheremo la giustizia al cospetto di Dio, entreremo nel suo regno e conseguiremo quelle promesse che orecchio non udì, né occhio vide, né cuore umano desiderò.

Aspettiamo ogni giorno il regno di Dio

1. Aspettiamo dunque, di ora in ora, il regno di Dio, nella carità e nella giustizia, perché non’ sappiamo il giorno dell’apparizione di Dio.

2. Infatti, il Signore stesso, interrogato da uno quando sarebbe venuto il suo regno, rispose: Quando due cose saranno una sola, quando l’esteriore sarà come l’interiore, quando nella relazione del maschio con la femmina non vi sarà più né maschio né femmina.

3. Due cose sono una sola, quando ci diciamo vicendevolmente la verità e quando in due corpi vi è una sola anima senza ipocrisia.

4. L’esteriore sarà come l’interiore vuol dire questo: ciò che è dentro è l’anima, ciò che è fuori è il corpo: allo stesso modo che il tuo corpo è visibile, così deve anche essere manifesta la tua anima nelle buone opere.

5. E il maschio con la femmina, né maschio né femmina, vuol dire che un fratello, vedendo una sorella, non deve considerare in lei il sesso femminile; né essa in lui il sesso maschile.

6. Se voi agirete così, vuole Egli dire, verrà il regno del Padre mio.

Pentiamoci per piacere a Dio

1. Fratelli, pentiamoci dunque finalmente, siamo vigilanti nel bene; poiché siamo pieni di molta stoltezza e malvagità. Cancelliamo da noi le colpe passate e cerchiamo di salvarci con una sincera penitenza; non studiamoci di piacere agli uomini e neppure solamente a,noi, ma anche agli estranei per amore della giustizia, affinché il nome del Signore non sia oltraggiato per causa nostra.

2. Poiché dice il Signore: Continuamente il mio nome è bestemmiato tra tutte le genti. E ancora: Guai a colui per colpa del quale il mio nome è bestemmiato. Perché è bestemmiato? Perché voi non fate quello che voglio io.

3. Quando i Gentili odono dalla nostra bocca i detti del Signore, ne ammirano la bellezza e la sublimità; ma quando poi vedono che le nostre opere sono difformi dalle parole che diciamo, allora sono spinti a bestemmiare, dicendo che si tratta solo di favole e di errori.

4. Quando odono da noi che Dio dice: Non c’è merito per voi se amate quelli che vi amano, ma c’è merito se amate i nemici e coloro che vi odiano, all’udire queste parole, essi ammirano l’eccesso di carità. Ma quando vedono che noi non solo non amiamo quelli che ci odiano, ma neppure quelli che ci amano, essi si ridono di noi e il nome [di Dio] è bestemmiato.

La Chiesa vivente è il corpo di Cristo

1. Cosicché, o fratelli, facendo la volontà di Dio, Padre nostro, apparterremo alla prima Chiesa, quella spirituale, creata prima del sole e della luna; ma se non faremo la volontà del Signore, si verificherà tra noi quello che dice la Scrittura: La mia casa è divenuta una spelonca di ladroni. Scegliamo pertanto di appartenere alla Chiesa vivente, per ottenere la salute.

2. Credo che voi non ignoriate che la Chiesa vivente è il corpo di Cristo; poiché dice la Scrittura: Dio fece l’uomo maschio e femmina. Il maschio è Cristo, la femmina è la Chiesa. Anche i libri dei profeti e gli Apostoli insegnano che la Chiesa non è di oggi, ma esiste fin da principio: essa era spirituale, come anche il nostro Gesù, e fu manifestata negli ultimi giorni per salvare noi.

3. La Chiesa, che era spirituale, è apparsa nella carne di Cristo, manifestando a noi che chi la custodirà nella carne e non la `corromperà, la riceverà nello Spirito Santo. Poiché questa carne è la copia dello spirito. Chiunque pertanto guasta la copia, non potrà partecipare all’originale. Questo, o fratelli, vuol significare: custodite la carne, per avere parte allo spirito.

4. Se diciamo che la Chiesa è la carne e Cristo lo spirito, ne consegue che chi fa violenza alla carne, fa violenza alla Chiesa. Costui quindi non parteciperà allo spirito che è Cristo.

5. Di tale vita e incorruttibilità può partecipare la nostra carne, se si unisce a lei lo Spirito Santo; né alcuno può esprimere né dire ciò che il Signore tiene preparato ai suoi eletti.

Dobbiamo rimanere uniti al Signore nella fede

1. Credo di avervi dato un consiglio di non poca importanza sulla continenza: chi lo seguirà, non avrà a pentirsene, e salverà se stesso e me che l’ho consigliato.

Poiché non è piccolo merito ricondurre alla salvezza un’anima sviata e sul punto di perdersi.

2. Questa è la ricompensa che possiamo dare a Dio che ci ha creati, che il predicatore predichi e l’uditore ascolti con fede e carità.

3. Conserviamoci dunque giusti e santi nella fede accettata, per potere così invocare con confidenza Dio, il quale ha detto: Non avrai ancora finito di parlare che io dirò: Eccomi!.

4. Questa parola è indizio di grande promessa; poiché il Signore dichiara che sarà più pronto Lui a dare, che il supplicante [a chiedere].

5. Fatti dunque partecipi di tanta bontà, non invidiamoci a vicenda il possesso di così grandi beni; poiché quanto è grande il godimento che apportano queste parole a chi le pratica, altrettanto è terribile il castigo per chi le trasgredisce.

L’elemosina e la carità

1. Quindi, o fratelli, cogliamo questa non piccola occasione per pentirci; giacché siamo in tempo, convertiamoci a Dio che ci ha chiamati, finché Egli è disposto ad accoglierci.

2. Se noi rinunceremo a queste voluttà e trionferemo sulla nostra anima, resistendo ai suoi perversi desideri, parteciperemo della misericordia di Gesù.

3. Sappiate che viene ormai il giorno del giudizio, simile a fornace ardente; e alcuni cieli saranno liquefatti, e tutta la terra diverrà come piombo fuso sul fuoco. Allora saranno manifeste le opere degli uomini, le occulte e le palesi.

4. Bella cosa è l’elemosina come pentimento del peccato. Il, digiuno è migliore della preghiera, e l’elemosina è migliore di tutte e due. La carità copre la moltitudine dei peccati e la preghiera che viene da una buona coscienza, scampa dalla morte. Beato chi sarà trovato ricco in queste cose; poiché l’elemosina allevia il peccato.

Aiutiamoci l’un l’altro, sforziamoci di progredire nei precetti del Signore, affinché siamo tutti riuniti nella vita

1. Pentiamoci dunque con tutto il cuore, affinché nessuno di noi perisca. Se ci è comandato di distogliere le genti dagli idoli e di istruirle, non dovremo tanto più salvare dalla rovina un’anima che già conosce Dio?

2. Aiutiamoci dunque a vicenda per condurre al bene anche i deboli, affinché possiamo essere tutti salvi convertendoci e correggendoci a vicenda.

3. Non sembriamo credenti e attenti solo quando siamo ammoniti dai presbiteri; ma anche ritornati alle nostre case, ricordiamo i precetti del Signore e non lasciamoci trascinare dai desideri mondani; ma radunandoci frequentemente, sforziamoci di progredire nei precetti del Signore, affinché avendo tutti i medesimi sentimenti, siamo riuniti per la vita.

4. Il Signore infatti ha detto: Io vengo a radunare tutte le nazioni, tutte le tribù e le lingue. È qui indicato il giorno della sua manifestazione, nel quale verrà a riscattarci, ciascuno secondo le sue opere.

5. Gli increduli vedranno la sua gloria e la sua potenza e resteranno spaesati nel constatare che il governo del mondo è nelle mani di Gesù e diranno: Guai a noi! Sei proprio Tu, e noi non lo sapevamo e non abbiamo creduto né obbedito ai presbiteri che ci annunciavano la salvezza. E il loro verme non morrà e il loro fuoco non si spegnerà e saranno di spettacolo ad ogni carne.

6. È qui indicato il giorno del giudizio, quando si vedranno quelli tra noi che furono empi e sbagliarono il calcolo a riguardo dei precetti di Gesù Cristo.

7. Ma i giusti, che avranno bene operato e sopportato i tormenti e odiato le voluttà dell’animo, quando vedranno puniti con terribili supplizi nel fuoco eterno coloro che non hanno colpito nel segno e hanno rinnegato Gesù con le parole o con le opere, daranno gloria al loro Dio e diranno che vi è una speranza per chi ha servito Dio con tutto il cuore.

Serviamo il Signore e rendiamogli grazie

1. Siamo dunque anche noi tra coloro che rendono grazie a Dio e che lo hanno servito; e non tra gli empi condannati.

2. E io stesso, che sono pieno di ogni peccato e non sono ancora sfuggito alla tentazione, ma mi trovo ancora tra le macchinazioni del diavolo, mi sforzo di seguire la giustizia, per potere almeno avvicinarmi ad essa, perché temo il giudizio futuro.

Beati quelli che avranno osservato i comandamenti di Dio

1. Perciò, o fratelli e sorelle, dopo la parola del Dio della verità, io vi leggo questa esortazione, perché poniate mente a ciò che è scritto e salviate voi stessi e il vostro lettore. Il compenso che vi chiedo è che vi pentiate di tutto cuore, per procurarvi la salvezza e la vita. Così facendo, noi fisseremo una meta a tutti i giovani che amano faticare nell’imitazione della pietà e della bontà divina.

2. E noi, che non siamo dei saggi, non abbiamocela a male e non sdegniamoci, quando qualcuno ci corregge e cerca di convertirci dall’iniquità alla giustizia. Talora infatti facciamo il male senza avvertirlo, perché il tentennamento e la mancanza di fede sono insiti nei nostri cuori, e perché la nostra intelligenza è ottenebrata da vani desideri.

3. Pratichiamo la giustizia, per potere alfine raggiungere la salvezza. Beati coloro che obbediscono a questi precetti! Se anche dovranno soffrire per breve tempo in questo mondo, vendemmieranno il frutto immortale della risurrezione.

4.. L’uomo pio non si rattristi se nel tempo presente è infelice: giorni felici lo attendono; egli, rivivendo lassù insieme ai suoi padri, godrà nella beata eternità.

Bisogna sopportare con fortezza le persecuzioni

1. Ma neppure questo turbi la vostra mente, il vedere gli iniqui nella ricchezza e i servi di Dio nelle strettezze.

2. Abbiamo fede, o fratelli e sorelle! Noi sosteniamo la prova del Dio vivente e ci addestriamo in questa vita, per essere coronati nella futura.

3. Nessuno dei giusti coglie subito il frutto, ma l’attende.

4. Che se Dio desse subito ora il premio ai giusti, noi eserciteremmo un commercio e non la pietà; avremmo l’apparenza d’esser giusti, in realtà invece non cercheremmo la pietà, ma il guadagno. Per questo il giudizio divino colpisce lo spirito privo di giustizia e lo carica di catene.

5. Al Dio unico ed invisibile, al Padre della verità che ci da mandato il Salvatore e autore della incorruttibilità e, per mezzo di Lui, ci ha anche rivelato la verità e la vita celeste, a Lui la gloria nei secoli dei secoli. Così sia.

S.Ignazio di Antiochia

Di Ignazio conosciamo solo che morì martire a Roma, versando il suo sangue nel circo, dilaniato dalle belve, a testimonianza per Cristo, intorno all'anno 110. Vescovo di Antiochia, venne deportato dalla Siria a Roma al tempo dell'imperatore Traiano. Durante il viaggio, incatenato e vessato da rozzi soldati, scrisse sette lettere, e precisamente quattro da Smirne e tre da Troade, nelle quali risplende la sua tempra eccezionale e la sua grande fede. Da Smirne scrisse alle comunità dell'Asia Minore, Efeso, Magnesia e Tralli; scrisse poi ai Romani, per supplicarli di non fare alcun passo in suo favore presso l'imperatore. Da Troade invece scrisse alle comunità di Filadelfia e di Smirne, e a S.Policarpo, vescovo di quest'ultima città, avendo saputo che era cessata la persecuzione che infieriva contro la sua comunità di cristiani ad Antiochia.

Da queste lettere, caratterizzate da uno stile originalissimo, emerge una personalità profondamente religiosa, accesa di un appassionato, mistico amore per Cristo, e da un ardente anelito verso il martirio, e costituiscono un documento molto prezioso, per comprendere la vita e le convinzioni della Comunità Cristiana primitiva.

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