III. I protagonisti della formazione sacerdotale

65. Poiché la formazione dei candidati al sacerdozio appartiene alla pastorale vocazionale della Chiesa, si deve dire che è la Chiesa come tale il soggetto comunitario che ha la grazia e la responsabilità di accompagnare quanti il Signore chiama a divenire suoi ministri nel sacerdozio.

In tal senso proprio la lettura del mistero della Chiesa ci aiuta a precisare meglio il posto e il compito che i suoi diversi membri, sia come singoli sia come membri di un corpo, hanno nella formazione dei candidati al presbiterato.

Ora la Chiesa è per sua intima natura la « memoria », il « sacramento » della presenza e dell'azione di Gesù Cristo in mezzo a noi e per noi. È alla sua presenza salvifica che si deve la chiamata al sacerdozio: non solo la chiamata, ma anche l'accompagnamento perché il chiamato possa riconoscere la grazia del Signore e possa darle risposta con libertà e con amore. È lo Spirito di Gesù che fa luce e dona forza nel discernimento e nel cammino vocazionale. Non si dà, allora, autentica opera formativa al sacerdozio senza l'influsso dello Spirito di Cristo. Ogni formatore umano deve esserne pienamente cosciente. Come non vedere una « risorsa » totalmente gratuita e radicalmente efficace, che ha il suo « peso » decisivo nell'impegno formativo verso il sacerdozio? E come non gioire di fronte alla dignità di ogni formatore umano, che si configura, in un certo senso, quale visibile rappresentante di Cristo per il candidato al sacerdozio? Se la formazione al sacerdozio è essenzialmente la preparazione del futuro « pastore » ad immagine di Gesù Cristo buon Pastore, chi meglio di Gesù stesso, mediante l'effusione del suo Spirito, può donare e portare a maturità quella carità pastorale che egli ha vissuto sino al dono totale di sé 399 e che vuole sia rivissuta da tutti i presbiteri?

Primo rappresentante di Cristo nella formazione sacerdotale è il Vescovo. Si potrebbe dire del Vescovo, di ogni Vescovo, quanto l'evangelista Marco ci dice nel testo più volte citato: « Chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli... ».400 In realtà la chiamata interiore dello Spirito ha bisogno di essere riconosciuta come autentica chiamata dal Vescovo. Se tutti possono « andare » dal Vescovo perché Pastore e Padre di tutti, lo possono in una maniera particolare i suoi presbiteri per la comune partecipazione al medesimo sacerdozio e ministero: il Vescovo, dice il Concilio, deve considerarli e trattarli come « fratelli e amici ».401 E questo, in modo analogico, si può dire di quanti si preparano al sacerdozio. A proposito dello stare con lui, con il Vescovo, risulta già quanto mai significativo della sua responsabilità formativa nei riguardi dei candidati al sacerdozio che il Vescovo li visiti spesso e in qualche modo « stia » con loro.

La presenza del Vescovo ha un valore particolare, non solo perché aiuta la comunità del seminario a vivere il suo inserimento nella Chiesa particolare e la sua comunione con il Pastore che la guida, ma anche perché autentica e stimola quella finalità pastorale che costituisce lo specifico dell'intera formazione dei candidati al sacerdozio. Soprattutto, con la sua presenza e con la condivisione con i candidati al sacerdozio di tutto ciò che riguarda il cammino pastorale della Chiesa particolare, il Vescovo offre un apporto fondamentale alla formazione del « senso della Chiesa », quale valore spirituale e pastorale centrale nell'esercizio del ministero sacerdotale.

66. La comunità educativa del seminario si articola attorno a diversi formatori: il rettore, il direttore o padre spirituale, i superiori e i professori. Questi devono sentirsi profondamente uniti al Vescovo, che a diverso titolo e in vario modo lo rappresentano, e devono essere tra loro in convinta e cordiale comunione e collaborazione: questa unità degli educatori non solo rende possibile un'adeguata realizzazione del programma educativo, ma anche e soprattutto offre ai candidati al sacerdozio l'esempio significativo e la concreta introduzione a quella comunione ecclesiale che costituisce un valore fondamentale della vita cristiana e del ministero pastorale.

È evidente che gran parte dell'efficacia formativa dipende dalla personalità matura e forte dei formatori sotto il profilo umano ed evangelico. Per questo diventano particolarmente importanti, da un lato, la scelta accurata dei formatori e, dall'altro, lo stimolo ai formatori perché si rendano costantemente sempre più idonei al compito loro affidato. Consapevoli che proprio nella scelta e nella formazione dei formatori risiede l'avvenire della preparazione dei candidati al sacerdozio, i Padri sinodali si sono soffermati a lungo nel precisare l'identità degli educatori. In particolare hanno scritto: « Il compito della formazione dei candidati al sacerdozio certamente esige non solo una qualche preparazione speciale dei formatori, che sia veramente tecnica, pedagogica, spirituale, umana e teologica, ma anche lo spirito di comunione e di collaborazione nell'unità per sviluppare il programma, così che sempre sia salvata l'unità nell'azione pastorale del seminario sotto la guida del rettore. Il gruppo dei formatori dia testimonianza di una vita veramente evangelica e di totale dedizione al Signore. È opportuno che goda di una qualche stabilità ed abbia residenza abituale nella comunità del seminario. Sia intimamente congiunto con il Vescovo, quale primo responsabile della formazione dei sacerdoti ».402

I Vescovi per primi devono sentire la loro grave responsabilità circa la formazione di coloro che saranno incaricati dell'educazione dei futuri presbiteri. Per questo ministero devono essere scelti sacerdoti di vita esemplare, in possesso di diverse qualità: « la maturità umana e spirituale, l'esperienza pastorale, la competenza professionale, la stabilità nella propria vocazione, la capacità alla collaborazione, la preparazione dottrinale nelle scienze umane (specialmente la psicologia) corrispondente all'ufficio, la conoscenza dei modi per lavorare in gruppo ».403

Fatte salve la distinzione tra foro interno e foro esterno, l'opportuna libertà di scelta dei confessori e la prudenza e discrezione che convengono al ministero del direttore spirituale, la comunità presbiterale degli educatori si senta solidale nella responsabilità di educare i candidati al sacerdozio. Ad essa, sempre in riferimento all'autorevole valutazione sintetica del Vescovo e del rettore, spetta in primo luogo il compito di promuovere e verificare l'idoneità dei candidati quanto alle doti spirituali, umane e intellettuali, soprattutto in riferimento allo spirito di preghiera, all'assimilazione profonda della dottrina della fede, alla capacità di autentica fraternità e al carisma del celibato.404

Tenendo presenti — come i Padri sinodali hanno pure ricordato — le indicazioni dell'Esortazione « Christifideles Laici » e della Lettera Apostolica « Mulieris Dignitatem »,405 che rilevano l'utilità di un sano influsso della spiritualità laicale e del carisma della femminilità su ogni itinerario educativo, è opportuno coinvolgere, in forme prudenti e adattate ai vari contesti culturali, la collaborazione anche dei fedeli laici, uomini e donne, nell'opera formativa dei futuri sacerdoti. Sono da scegliersi con cura, nel quadro delle leggi della Chiesa e secondo i loro particolari carismi e le loro provate competenze. Dalla loro collaborazione, opportunamente coordinata e integrata alle responsabilità educative primarie dei formatori dei futuri presbiteri, è lecito attendersi benefici frutti per una crescita equilibrata del senso della Chiesa e per una percezione più precisa della propria identità sacerdotale da parte dei candidati al presbiterato.406

67. Quanti introducono e accompagnono i futuri sacerdoti nella sacra doctrina con l'insegnamento teologico hanno una particolare responsabilità educativa, che l'esperienza dice essere spesso più decisiva, nello sviluppo della personalità presbiterale, di quella degli altri educatori.

La responsabilità degli insegnanti di teologia, prima che riguardare il rapporto di docenza che devono instaurare con i candidati al sacerdozio, riguarda la concezione che essi stessi devono avere della natura della teologia e del ministero sacerdotale, come pure lo spirito e lo stile secondo cui devono sviluppare l'insegnamento teologico. In questo senso i Padri sinodali hanno giustamente affermato che « il teologo deve rimanere consapevole che con il suo insegnamento non si autorizza da sé, ma deve aprire e comunicare l'intelligenza della fede ultimamente nel nome del Signore e della Chiesa. In questo modo, il teologo, pur utilizzando tutte le possibilità scientifiche, esercita il suo compito su mandato della Chiesa e collabora con il Vescovo nel compito di insegnare. Poiché i teologi e i Vescovi sono al servizio della stessa Chiesa nel promuovere la fede, devono sviluppare e coltivare una reciproca fiducia e in questo spirito superare anche le tensioni e i conflitti 407 ».408

L'insegnante di teologia, come ogni altro educatore, deve rimanere in comunione e collaborare cordialmente con tutte le altre persone impegnate nella formazione dei futuri sacerdoti e presentare con rigore scientifico, generosità, umiltà e passione il suo contributo originale e qualificato, che non è solo la semplice comunicazione di una dottrina — sia pure la sacra doctrina —, ma è soprattutto l'offerta della prospettiva che unifica nel disegno di Dio tutti i diversi saperi umani e le varie espressioni di vita.

In particolare, la specificità e l'incisività formativa degli insegnanti di teologia si misura sul loro essere, anzitutto, « uomini di fede e pieni di amore per la Chiesa, convinti che il soggetto adeguato della conoscenza del mistero cristiano resta la Chiesa come tale, persuasi pertanto che il loro compito d'insegnare è un autenico ministero ecclesiale, ricchi di senso pastorale per discernere non solo i contenuti ma anche le forme adatte nell'esercizio di questo ministero. In particolare, dagli insegnanti è richiesta la fedeltà piena al Magistero. Insegnano, infatti, a nome della Chiesa e per questo sono testimoni della fede ».409

68. Le comunità da cui proviene il candidato al sacerdozio, pur con il necessario distacco che la scelta vocazionale comporta, continuano ad esercitare un influsso non indifferente sulla formazione del futuro sacerdote. Devono allora essere coscienti della loro specifica parte di responsabilità.

È da ricordare, anzitutto, la famiglia: i genitori cristiani, come anche i fratelli e le sorelle e gli altri membri del nucleo familiare, non dovranno mai cercare di ricondurre il futuro presbitero negli angusti limiti di una logica troppo umana, se non mondana, pur sostenuta da sincero affetto.410 Animati essi stessi dal medesimo proposito di « compiere la volontà di Dio » sapranno, invece, accompagnare il cammino formativo con la preghiera, il rispetto, il buon esempio delle virtù domestiche e l'aiuto spirituale e materiale, soprattutto nei momenti difficili. L'esperienza insegna che, in tanti casi, questo aiuto molteplice si è rivelato decisivo per il candidato al sacerdozio. Anche nel caso di genitori e familiari indifferenti o contrari alla scelta vocazionale, il confronto chiaro e sereno con la loro posizione e gli stimoli che ne derivano possono essere di grande aiuto, perché la vocazione sacerdotale maturi in modo più consapevole e determinato.

In profondo collegamento con le famiglie sta la comunità parrocchiale, e le une e l'altra si integrano sul piano dell'educazione alla fede; spesso poi la parrocchia, con una specifica pastorale giovanile e vocazionale, esercita un ruolo di supplenza nei riguardi della famiglia. Soprattutto, in quanto realizzazione locale più immediata del mistero della Chiesa, la parrocchia offre un contributo originale e particolarmente prezioso alla formazione del futuro sacerdote. La comunità parrocchiale deve continuare a sentire come parte viva di sé il giovane in cammino verso il sacerdozio, lo deve accompagnare con la preghiera, accogliere cordialmente nei periodi di vacanza, rispettare e favorire nel formarsi della sua identità presbiterale, offrendogli occasioni opportune e stimoli forti per provare la sua vocazione alla missione sacerdotale.

Anche le associazioni e i movimenti giovanili, segno e conferma della vitalità che lo Spirito assicura alla Chiesa, possono e devono contribuire alla formazione dei candidati al sacerdozio, in particolare di quelli che escono dall'esperienza cristiana, spirituale e apostolica di queste realtà aggregative. I giovani che hanno ricevuto la loro formazione di base in tali aggregazioni e che si riferiscono ad esse per la loro esperienza di Chiesa, non dovranno sentirsi invitati a sradicarsi dal loro passato ed a interrompere le relazioni con l'ambiente che ha contribuito al determinarsi della loro vocazione, né dovranno cancellare i tratti caratteristici della spiritualità che là hanno imparato e vissuto, in tutto ciò che di buono, edificante ed arricchente essi contengono.411 Anche per loro, questo ambiente d'origine continua ad essere fonte di aiuto e di sostegno nel cammino formativo verso il sacerdozio.

Le occasioni di educazione alla fede e di crescita cristiana ed ecclesiale, che lo Spirito offre a tanti giovani, attraverso molteplici forme di gruppi, movimenti e associazioni di varia ispirazione evangelica, devono essere sentite e vissute come il dono di un'anima alimentatrice dentro l'istituzione e al suo servizio. Un movimento o una spiritualità particolare, infatti, « non è una struttura alternativa all'istituzione. È invece sorgente di una presenza che continuamente ne rigenera l'autenticità esistenziale e storica. Il sacerdote deve perciò trovare in un movimento la luce e il calore che lo rende capace di fedeltà al suo Vescovo, che lo rende pronto alle incombenze dell'istituzione e attento alla disciplina ecclesiastica, così che più fertile sia la vibrazione della sua fede ed il gusto della sua fedeltà ».412

È quindi necessario che, nella nuova comunità del Seminario nella quale sono riuniti dal Vescovo, i giovani provenienti da associazioni e da movimenti ecclesiali imparino « il rispetto delle altre vie spirituali e lo spirito di dialogo e di cooperazione », si riferiscano con coerenza e cordialità alle indicazioni formative del Vescovo e agli educatori del Seminario, affidandosi con schietta fiducia alla loro guida e alle loro valutazioni.413 Questo atteggiamento, infatti, prepara e in qualche modo anticipa la genuina scelta presbiterale di servizio all'intero Popolo di Dio, nella comunione fraterna del presbiterio e in obbedienza al Vescovo.

La partecipazione del seminarista e del presbitero diocesano a particolari spiritualità o aggregazioni ecclesiali è certamente, in se stessa, un fattore benefico di crescita e di fraternità sacerdotale. Ma questa partecipazione non deve ostacolare, bensì aiutare l'esercizio del ministero e la vita spirituale che sono propri del sacerdote diocesano, il quale « resta sempre il pastore dell'insieme. Non solo è il "permanente", disponibile a tutti, ma presiede all'incontro di tutti — in particolare è a capo delle parrocchie — affinché tutti trovino l'accoglienza che sono in diritto di attendere nella comunità e nell'Eucaristia che li riunisce, qualunque sia la loro sensibilità religiosa e il loro impegno pastorale ».414

69. Non si può dimenticare, infine, che lo stesso candidato al sacerdozio deve dirsi protagonista necessario e insostituibile della sua formazione: ogni formazione, anche quella sacerdotale, è ultimamente un'autoformazione. Nessuno, infatti, può sostituirci nella libertà responsabile che abbiamo come singole persone.

Certamente anche il futuro sacerdote, lui per primo, deve crescere nella consapevolezza che il protagonista per antonomasia della sua formazione è lo Spirito Santo che, con il dono del cuore nuovo, configura e assimila a Gesù Cristo buon Pastore: in tal senso il candidato affermerà nella forma più radicale la sua libertà nell'accogliere l'azione formativa dello Spirito. Ma accogliere questa azione significa anche, da parte del candidato al sacerdozio, accogliere le mediazioni umane di cui lo Spirito si serve. Per questo l'azione dei vari educatori risulta veramente e pienamente efficace solo se il futuro sacerdote offre ad essa la sua personale convinta e cordiale collaborazione.

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