CAPITOLO I
PRINCIPI GENERALI PER LA RIFORMA
E L'INCREMENTO DELLA SACRA SCRITTURA
I - Natura della Sacra Liturgia e sua importanza nella vita della Chiesa.
Natura della liturgia e sua importanza nella chiesa
5. Dio, il quale " vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tim. 2, 4), " dopo avere a più riprese e in più modi parlato un tempo ai padri per il tramite dei profeti" (Ebr. 1, 1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti, " medico della carne e dello spirito", mediatore di Dio e degli uomini. Infatti la sua umanità, nell' unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Per cui in Cristo " avvenne il perfetto compimento della nostra riconciliazione e ci fu data la pienezza del culto divino". Quest' opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell' antico testamento, è stata compiuta da Cristo signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, resurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale "morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ci ha ridonato la vita". Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la chiesa.
L' opera della salvezza si realizza nella liturgia
6. Perciò, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch' egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perché, predicando il vangelo a tutti gli uomini, annunziassero che il figlio di Dio con la sua morte e resurrezione ci ha liberati dal potere di satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, ma anche perché attuassero, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui quali s' impernia tutta la vita liturgica, l' opera della salvezza che annunziavano. Così, mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e resuscitati; ricevono lo spirito dei figli adottivi "nel quale esclamano: Abba, Padre" (Rom. 8, 13), e così diventano i veri adoratori che il Padre ricerca. Allo stesso modo, ogni volta che mangiano la cena del Signore, proclamano la morte del Signore fino a quando verrà. Perciò, proprio il giorno di pentecoste, nel quale la chiesa si manifestò al mondo, "quelli che accolsero la parola" di Pietro "furono battezzati". Ed erano "assidui all' insegnamento degli apostoli, alle riunioni comuni della frazione del pane e alla preghiera. . . lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo" (Atti 2, 41-47). Da allora, la chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale: con la lettura di quanto " nelle scritture la riguardava" (Lc. 24, 27), con la celebrazione dell' eucaristia, nella quale "vengono ripresentati la vittoria e il trionfo della sua morte", e con l' azione di grazie "a Dio per il suo dono ineffabile" (2 Cor. 9, 15) nel Cristo Gesù, "in lode della sua gloria" (Ef. 1, 12), per virtù dello Spirito santo.
Presenza di Cristo nella liturgia
7. Per realizzare un' opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. E` presente nel sacrificio della messa sia nella persona del ministro, "egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti", sia soprattutto sotto le specie che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. E` presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella chiesa si legge la sacra scrittura. E` presente, infine, quando la chiesa prega e loda, Lui che ha promesso: " Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro" (Mt. 18, 20). Di fatto, in quest' opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sè la chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende culto all' eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è ritenuta quell' esercizio dell' ufficio sacerdotale di Gesù Cristo mediante il quale con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell' uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun' altra azione della chiesa ne uguaglia l' efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.
Liturgia terrena e liturgia celeste
8. Nella liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio quale ministro dei santi e del vero tabernacolo; con tutte le schiere della milizia celeste cantiamo al Signore l' inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di ottenere un qualche posto con essi; aspettiamo, quale salvatore, il signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, nostra vita, e noi appariremo con lui nella gloria.
La liturgia non è l'unica attività della chiesa
9. La sacra liturgia non esaurisce tutta l' azione della chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, è necessario che siano chiamati alla fede e alla conversione: "Come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? O come crederanno in colui che non hanno udito? E come udiranno senza chi predichi? Ma come predicheranno se non sono mandati?" (Rom. 10, 14-15). Per questo la chiesa annunzia il messaggio della salvezza ai non credenti, affinché tutti gli uomini conoscano l' unico vero Dio e il suo inviato, Gesù Cristo, e si convertano dalle loro vie facendo penitenza. Ai credenti poi essa deve sempre predicare la fede e la penitenza, deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnar loro ad osservare tutto ciò che Cristo ha comandato, ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, attraverso le quali divenga manifesto che i fedeli di Cristo non sono di questo mondo e tuttavia sono luce del mondo e rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini.
La liturgia è il culmine e la fonte della vita della chiesa
10. Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l' azione Infatti le fatiche apostoliche sono ordinate a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella chiesa, partecipino al sacrificio e mangino la cena del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei "sacramenti pasquali", a vivere "in perfetta unione", domanda che "esprimano nella vita quanto hanno ricevuto con la fede". La rinnovazione poi dell' alleanza del Signore con gli uomini nell' eucaristia conduce e accende i fedeli nella pressante carità di Cristo. Dalla liturgia dunque, particolarmente dall' eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della chiesa.
Necessità delle disposizioni personali
11. Ad ottenere però questa piena efficacia, è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con disposizioni d' animo retto, conformino la loro mente alle parole e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano. Perciò i sacri pastori devono vigilare affinché nell' azione liturgica non solo siano osservate le leggi per la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente.
Liturgia e preghiera personale
12. La vita spirituale, tuttavia, non si esaurisce nella partecipazione alla sola sacra liturgia. Il cristiano, infatti, chiamato alla preghiera in comune, nondimeno deve anche entrare nella sua stanza per pregare il Padre in segreto; anzi, secondo l' insegnamento dell' apostolo, deve pregare incessantemente. E il medesimo apostolo ci insegna a portare continuamente nel nostro corpo la passione di Gesù, affinché la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Per questo nel sacrificio della messa preghiamo il Signore che, "accettata l' offerta del sacrificio spirituale" faccia "di noi stessi un' offerta eterna" a lui.
Gli esercizi pii si ispirino alla liturgia
13. I pii esercizi del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della chiesa, sono vivamente raccomandati, soprattutto quando si compiono per disposizione della sede apostolica. Di speciale dignità godono anche i sacri esercizi delle chiese particolari, che vengono celebrati per disposizione dei vescovi, secondo la consuetudini o i libri legittimamente approvati. Bisogna però che tali esercizi, tenuto conto dei tempi liturgici, siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, derivino in qualche modo da essa, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano.
II - Necessità di promuovere la formazione liturgica e la partecipazione attiva.
Necessità di promuovere la formazione liturgica
14. La madre chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella piena consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto" (1 Pt. 2, 9; cf. 2, 4-5), ha diritto e dovere la forza del battesimo A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nella riforma e nell' incremento della liturgia: essa infatti è la prima e per di più necessaria sorgente dalla quale i fedeli possano attingere uno spirito veramente cristiano; e perciò i pastori d' anime, in tutta la loro attività pastorale, devono cercarla assiduamente attraverso un' adeguata formazione. Ma poiché non si può sperare la realizzazione di ciò, se gli stessi pastori d' anime non sono penetrati per primi della spirito e della forza della liturgia, e non ne diventano maestri, è perciò assolutamente necessario dare il primo posto alla formazione liturgica del clero. Pertanto il sacro concilio ha deciso di stabilire quanto segue.
Formazione dei professori di liturgia
15. I professori che vengono destinati all' insegnamento della sacra liturgia nei seminari, negli studentati religiosi e nelle facoltà teologiche, devono ricevere una conveniente formazione al loro compito in istituti destinati con speciale attenzione a ciò.
Insegnamento della liturgia
16. La sacra liturgia, nei seminari e negli studentati religiosi va computata tra le materie necessarie e più importanti, nelle facoltà teologiche poi tra le materie principali, e va insegnata sotto l' aspetto sia teologico e storico che spirituale, pastorale e giuridico. Inoltre i professori delle altre materie, soprattutto della teologia dogmatica, della sacra scrittura, della teologia spirituale e pastorale, abbiano cura di mettere in rilievo, ciascuno secondo le intrinseche esigenze della sua disciplina, il mistero di Cristo e la storia della salvezza così che risultino chiare in modo evidente la loro connessione con la liturgia e l' unità della formazione sacerdotale.
Formazione liturgica dei candidati al sacerdozio
17. I chierici, nei seminari e nelle case religiose, abbiano una formazione liturgica della vita spirituale sia mediante una opportuna iniziazione con la quale possano capire il senso dei sacri riti e prendervi parte con tutto l' animo, sia mediante la celebrazione stessa dei sacri misteri, come pure mediante altre pratiche di pietà imbevute di spirito liturgico. Parimenti imparino ad osservare le leggi liturgiche, così che la vita nei seminari e negli istituti religiosi sia profondamente permeata di spirito liturgico.
Aiutare i sacerdoti in cura d' anime
18. I sacerdoti, sia secolari che religiosi, che già lavorano nella vigna del Signore, vengano aiutati con tutti i mezzi opportuni a capire sempre più pienamente ciò che compiono nelle sacre funzioni, a vivere la vita liturgica e a comunicarla ai fedeli loro affidati.
Formazione liturgica dei fedeli
19. I pastori d' anime curino con zelo e pazienza la formazione liturgica, come pure la partecipazione attiva dei fedeli, interna ed esterna, secondo la loro età, condizione, genere di vita e grado di cultura religiosa, assolvendo così uno dei principali doveri del fedele dispensatore dei misteri di Dio. E guidino il loro gregge in questo campo, non solo con la parola, ma anche con l' esempio.
Mezzi audiovisivi e liturgia
20. Le trasmissioni radiofoniche e televisive di funzioni sacre, specialmente se si tratta della celebrazione della messa, siano fatte con discrezione e decoro, sotto la direzione e la garanzia di persona competente, destinata a tale ufficio dai vescovi.
III - Riforma della Sacra Liturgia.
Riforma della sacra liturgia
21. Affinché più sicuramente il popolo cristiano possa avere l' abbondanza di grazie nella sacra liturgia, la santa madre chiesa desidera fare un' accurata riforma generale della liturgia stessa. Infatti la liturgia consta di una parte immutabile, perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o anche devono variare, qualora in esse si fossero insinuati elementi meno rispondenti all' intima natura della stessa liturgia, o si fossero resi meno opportuni. In tale riforma, occorre ordinare i testi e i riti in modo che esprimano più chiaramente le sante realtà, che significano, e il popolo cristiano, per quanto possibile, possa capire facilmente e parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria. Perciò il sacro concilio ha stabilito la seguenti norme di carattere generale.
a) Norme Generali.
L' ordinamento liturgico compete alla gerarchia
22. - 1. Regolare la sacra liturgia compete unicamente all' autorità della chiesa, che risiede nella sede apostolica e, a norma del diritto, nel vescovo.
- 2. Per i poteri concessi dal diritto, regolare la liturgia spetta, entro limiti determinati, anche alle competenti assemblee episcopali territoriali di vario genere legittimamente costituite.
- 3. Perciò nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, aggiunga, tolga o muti alcunché di sua iniziativa, in materia liturgica.
Tradizione e progresso
23. Per conservare la sana tradizione e aprire però la via ad un legittimo progresso, la revisione delle singole parti della liturgia deve essere sempre preceduta da un' accurata investigazione teologica, storica e pastorale. Inoltre si prendano in considerazione sia le leggi generali della struttura e dello spirito della liturgia, sia l' esperienza derivante dalla più recente riforma liturgica e dagli indulti qua e là concessi. Infine, non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della chiesa, e con l' avvertenza che le nuove forme scaturiscano in maniera in qualche modo organica da quelle già esistenti. Si evitino anche, per quanto è possibile, notevoli differenze di riti tra regioni confinanti.
Bibbia e liturgia
24. Massima è l' importanza della sacra scrittura nel celebrare la liturgia. Da essa infatti vengono tratte le letture da spiegare nell' omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici, e da essa prendono significato le azioni e i segni. Perciò, allo scopo di favorire la riforma, il progresso e l' adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga promossa quella soave e viva conoscenza della sacra scrittura, che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali.
Revisione dei libri liturgici
25. I libri liturgici siano riveduti quanto prima, servendosi di persone competenti e consultando vescovi di diversi paesi del mondo.
b) Norme derivanti dalla natura gerarchica e comunitaria della liturgia.
Norme di natura comunitaria
26. Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della chiesa, che è " sacramento di unità", cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi. Perciò appartengono all' intero corpo della chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e della attuale partecipazione.
È da preferirsi la celebrazione comunitaria
27. Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria con la presenza e la partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata degli stessi. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della messa, salva sempre la natura pubblica e sociale di qualsiasi messa, e per l' amministrazione dei sacramenti.
Decoro della celebrazione liturgica
28. Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o fedele, svolgendo il proprio ufficio, compia solo e tutto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza.
29. Anche i ministranti, i lettori, i commentatori, e tutti i membri del coro svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciò esercitino il proprio ufficio con la sincera pietà e l' ordine che convengono ad un così grande ministero e che il popolo di Dio esige giustamente da essi. Bisogna dunque che essi siano permeati con cura, ognuno secondo la propria condizione, dallo spirito liturgico, e siano formati a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine.
Partecipazione attiva dei fedeli
30. Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni del popolo, le risposte, la salmodia, la antifone, i canti nonché le azioni e i gesti e l' atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio.
31. Nella revisione dei libri liturgici, si abbia cura che le rubriche prevedano anche le parti dei fedeli.
Liturgia e classi sociali
32. Nella liturgia, tranne la distinzione che deriva dall' ufficio liturgico e dall' ordine sacro, e tranne gli onori dovuti alle autorità civili a norma delle leggi liturgiche, non si faccia alcuna preferenza di persone private o di condizioni, sia nelle cerimonie sia nelle solennità esteriori.
c) Norme derivanti dalla natura didattica e pastorale della liturgia.
33. Benché la sacra liturgia sia principalmente culto della maestà divina, contiene tuttavia anche una ricca istruzione per il popolo fedele. Nella liturgia, infatti, Dio parla al suo popolo; Cristo annunzia ancora il vangelo. Il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e con la preghiera. Anzi, la preghiere rivolte a Dio dal sacerdote, che presiede l' assemblea nella persona di Cristo, vengono dette a nome di tutto il popolo santo e di tutti gli astanti. Infine, i segni visibili, di cui la sacra liturgia si serve per significare le realtà divine invisibili, sono stati scelti da Cristo o dalla chiesa. Perciò non solo quando si legge " ciò che fu scritto a nostra istruzione" (Rom. 15, 4), ma anche quando la chiesa prega o canta o agisce, la fede dei partecipanti è alimentata, le menti sono sollevate verso Dio per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia. Perciò, nell' attuazione della riforma, si devono osservare la seguenti norme generali.
Armonia dei riti
34. I riti splendano per nobile semplicità; siano chiari per brevità ed evitino inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli e non abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni.
Bibbia, predicazione e catechesi liturgica
35. Affinché risulti evidente che, nella liturgia, rito e parola sono intimamente connessi:
1) Nelle sacre celebrazioni, venga disposta una lettura della sacra scrittura più abbondante, più varia e più adatta.
2) Il momento più adatto per la predica, come parte dell' azione liturgica, per quanto il rito lo permette, sia indicato anche nelle rubriche. Il ministero della predicazione sia adempiuto con la massima fedeltà e nel debito modo. Questa poi attinga anzitutto alla sorgente della sacra scrittura e della liturgia, come annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza ossia nel mistero di Cristo, mistero che è in noi sempre presente e operante, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche.
3) si inculchi anche in tutti i modi una catechesi più direttamente liturgica, e negli stessi riti siano previste, se son necessarie, brevi didascalie da farsi con formule prestabilite o simili, dal sacerdote o dal ministro competente, solo nei momenti più opportuni.
4) Si promuova la sacra celebrazione della parola di Dio alla vigilia delle feste più solenni, in alcune ferie dell' avvento e della quaresima, nelle domeniche e nelle feste, soprattutto nei luoghi dove manca il sacerdote; nel qual caso diriga la celebrazione un diacono o altra persona delegata dal vescovo.
La lingua liturgica
36. - 1. L' uso della lingua latina, salvo un diritto particolare, sia conservato nei riti latini.
- 2. Dato però che, sia nella messa sia nell' amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l' uso della lingua volgare può riuscire assai utile per il popolo, si possa concedere ad essa una parte più ampia, e specialmente nelle letture e nelle monizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme che vengono fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti.
- 3. In base a queste norme, spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all' art. 22 p. 2, consultati anche, se è il caso, i vescovi delle regioni limitrofe della stessa lingua, decidere circa l' uso e l' estensione della lingua volgare. Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate dalla sede apostolica.
- 4. La traduzione del testo latino in lingua volgare da usarsi nella liturgia, deve essere approvata dalla competente autorità ecclesiastica territoriale di cui sopra.
d) Norme per un adattamento all' indole e alle tradizioni dei vari popoli.
37. La chiesa, in quelle cose che non toccano la fede o il bene di tutta la comunità, non desidera imporre, neppure nella liturgia, una rigida uniformità; anzi rispetta e favorisce le qualità e le doti d' animo delle varie razze e dei vari popoli. Tutto ciò poi che nei costumi dei popoli non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo prende in considerazione con benevolenza e, se è possibile, lo conserva inalterato, anzi a volte lo ammette nella liturgia stessa, purché possa armonizzarsi con gli aspetti del vero e autentico spirito liturgico.
38. salva la sostanziale unità del rito romano, anche nella revisione dei libri liturgici, si lasci posto alle legittime diversità e ai legittimi adattamenti ai vari gruppi, regioni, popoli, soprattutto nelle missioni; e ciò si tenga opportunamente presente nella struttura dei riti e nell' ordinamento delle rubriche.
39. Entro i limiti stabiliti nelle edizioni tipiche dei libri liturgici, spetterà alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all' art. 22 p. 2, determinare gli adattamenti, specialmente riguardo all' amministrazione dei sacramenti, ai sacramentali, alle processioni, alla lingua liturgica, alla musica sacra e alle arti, secondo però le norme fondamentali contenute nella presente costituzione.
Come procedere all' adattamento liturgico nelle diocesi e parrocchie
40. Dato però che in vari luoghi e circostanze è urgente un più profondo adattamento della liturgia, e perciò è più difficile:
1) Dalla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all' art. 22 p. 2, venga preso in esame, con attenzione e prudenza, ciò che a tal riguardo dalle tradizioni e dall' indole dei singoli popoli può opportunamente essere ammesso nel culto divino. Gli adattamenti ritenuti utili o necessari vengano proposti alla sede apostolica, da introdursi col consenso della medesima.
2) Affinché poi l' adattamento sia fatto con la necessaria cautela, la sede apostolica darà facoltà, se è il caso, alla medesima autorità ecclesiastica territoriale di permettere e dirigere, presso alcuni gruppi a ciò preparati e per un tempo determinato, i necessari esperimenti preliminari.
3) Poiché di solito le leggi liturgiche comportano, in materia di adattamento, difficoltà particolari soprattutto nelle missioni, nel formularle si ricorra a uomini competenti in materia.
IV - Incremento della vita liturgica nella diocesi e nella parrocchia.
41. Il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge, dal quale deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò bisogna che tutti diano la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale: convinti che la principale manifestazione della chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri.
42. Poiché nella sua chiesa il vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l' intero gregge, deve necessariamente costituire delle assemblee di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie organizzate localmente sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la chiesa visibile stabilita su tutta la terra.
Perciò la vita liturgica della parrocchia e il suo legame con il vescovo devono essere coltivati nell' animo e nell' azione dei fedeli e del clero; e bisogna fare in modo che il senso della comunità parrocchiale fiorisca soprattutto nella celebrazione comunitaria della messa domenicale.
V - Incremento dell' azione pastorale liturgica.
43. L' interesse per l' incremento e il rinnovamento della liturgia è giustamente considerato come un segno dei provvidenziali disegni di Dio sul nostro tempo, come un passaggio dello Spirito santo nella sua chiesa; esso imprime una nota caratteristica alla sua vita, anzi a tutto il modo di sentire e di agire religioso del nostro tempo. Per la qual cosa, a sviluppare sempre più questa azione pastorale liturgica nella chiesa, il sacro concilio stabilisce:
Commissione liturgica nazionale
44. Conviene che la competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all' art. 22 p. 2, istituisca una commissione liturgica la quale si serva dell' aiuto di esperti in liturgia, in musica, in arte sacra e in pastorale. Tale commissione sia coadiuvata possibilmente da qualche istituto di liturgia pastorale, dai cui membri non siano esclusi, se necessario, laici particolarmente esperti in questa materia. Sarà compito della stessa commissione, sotto la guida dell' autorità ecclesiastica territoriale, di cui sopra, dirigere l' azione pastorale liturgica nel territorio di sua competenza e promuovere gli studi e i necessari esperimenti ogni volta che si tratti di adattamenti da proporsi alla sede apostolica.
Commissione liturgica diocesana.
45. Parimenti nelle singole diocesi ci sia la commissione di sacra liturgia allo scopo di promuovere, sotto la guida del vescovo, l' azione liturgica. Può essere opportuno talvolta che più diocesi costituiscano una sola commissione che promuova di comune accordo l' azione liturgica.
Altre commissioni
46. Oltre alla commissione di sacra liturgia, per quanto possibile, siano costituite in ogni diocesi anche le commissioni di musica sacra e di arte sacra. È necessario che queste tre commissioni collaborino tra di loro, anzi non di rado potrà essere opportuno che formino un' unica commissione.