Giovanni Crisostomo

De inani gloria et de educandis liberis

Trattato

La vanagloria

 

1. Ora fece qualcuno ciò che richiesi? Pregò qualcuno Dio per noi e per tutto il corpo della chiesa, cosicché si spegnesse l’incendio generato dalla vanità, che ha guastato tutto il corpo, ha diviso un solo corpo in molte membra ed ha lacerato l’amore?

Infatti come una belva piombata su un corpo nobile e delicato ed incapace di difendersi, così vi ha conficcato i denti lordi ed iniettato il veleno e diffuso un grande fetore ed alcune parti, dopo averle mutilate, ha gettato via, altre ha dilaniato, altre ha divorato. Ed anche se fosse stato possibile vedere con gli occhi la vanità e la chiesa, qualcuno avrebbe visto uno spettacolo miserando e molto più penoso di ciò che avviene negli stadi: il corpo gettato via, quella che sta ritta sopra e guarda da ogni parte e respinge chi la assale e non si allontana mai né desiste.

Chi dunque caccerà questa fiera? È compito di colui che stabilì questa lotta di inviare, invocato da noi, i suoi angeli, e, dopo aver chiuso come con freni la sua bocca ardita e sfrontata, di cacciarla in questo modo. Ma colui che stabilì la lotta farà questo allorquando non la ricercheremo, una volta cacciata; se invece la manderà via, ordinando che quella fiera per noi terribile stia lontana, e noi, dopo essere stati salvati e dopo che quella sarà stata cacciata nel suo antro, levatici con mille ferite la cercheremo di nuovo, la desteremo e la ecciteremo, allora egli non avrà più pietà di noi e non ci risparmierà: "Chi infatti avrà pietà di un incantatore morsicato da un serpente e di tutti coloro che si accostano alle fiere?".

2. Che fare allora? Come potremmo liberarci del cattivo e malvagio demonio? Infatti è un demonio che ha un aspetto amabile.

Ora come se un demonio trasformatosi in una etera e, adorna di molti oggetti d’oro, indossando delicate vesti e spirando molti profumi, si insinuasse nascondendo completamente il suo splendido aspetto di donna e l’eccesso di ogni bellezza; se poi comparisse in quell’età in cui soprattutto eccita le anime dei giovani, offrendo lo stesso fiore della bellezza, cinta di una fascia d’oro e facendo cadere dal capo dei riccioli variamente intrecciati, simili al nodo persiano; quindi cingesse sul capo un diadema ponendo il grande ornamento sulla semplice capigliatura e mostrando intorno al collo oro splendente e pietre preziose e, simulando l’età giovanissima di una prostituta, si fermasse in un luogo appartato dinanzi ad una stanza e affettasse molta riservatezza, quale dei passanti non riuscirebbe a conquistare?

E se dopo questo entrato in casa si spogliasse di tutta quella bellezza, mostrandosi nero, affocato e selvaggio, come conviene ad un demonio; facesse uscire di senno l’infelice irretito e, assalendo e conquistando la sua anima, ne sconvolgesse la mente,... qualcosa di simile è il malvagio demonio della vanità.

Infatti che cosa sembra essere più bello di essa? Che cosa di più amabile?

Ma se ci accorgeremo che la cosa è fantasia e finzione, non ci lasceremo prendere nelle reti e non cadremo nell’inganno. Infatti ciò che è stato detto della prostituta, ciò si potrebbe convenientemente dire anche di costei: "Miele stilla dalle labbra di una prostituta". Non ci si sbaglierebbe ad affermare la stessa cosa anche della vanità.

3. Infatti come è il frutto di Sodoma , tale è la vanità: quello ha uno splendido aspetto e a chi lo vede offre all’apparenza l’impressione di frutti sani. Ma se prenderai in mano una melagrana o una mela, cede subito sotto le dita e la buccia che l’avvolge di fuori, disfattasi, le lascia cadere in polvere ed in cenere.

Qualcosa di simile è pure la vanità: alla vista sembra essere qualcosa di grande ed ammirevole, ma presa dalle nostre mani fa subito cadere in cenere la nostra anima.

E che la vanità sia tale è evidente da molti esempi. Che dunque? Volete che cominciamo prima dai pagani?.

 

Gli spettacoli

 

 

4. Si riempie il teatro e tutto il popolo si siede in alto offrendo uno spettacolo veramente splendido e composto di tanti volti che sovente lo stesso piano ed il soffitto sovrapposto sono nascosti dai corpi degli uomini e non è possibile scorgere né lastre né pietre, ma tutti i volti e i corpi degli uomini. E prima di tutto, appena entrato l’uomo generoso che li ha riuniti, sorti subito in piedi levano come da una sola bocca una sola voce, chiamandolo tutti concordemente protettore e capo della comune città e tendendo le mani.

In seguito poi lo paragonano al fiume più grande di tutti, accostando l’ampia e traboccante generosità all’abbondanza delle acque del Nilo e chiamano lui stesso un Nilo dei doni.

Altri invece adulandolo ancora di più, poiché ritengono che sia piccolo questo paragone del Nilo, adducono fiumi e mari e, mettendo in campo l’Oceano, affermano che ciò che quello è rispetto alle acque, costui lo è rispetto ai suoi benefici. Insomma, non tralasciano alcuna forma di lode.

Splendido è il volto della vanità: ma voi tenetemi bene in mente la figura della fanciulla, con la quale rappresentammo il demonio, ponendogli attorno ornamenti d’oro e dandogli la giovinezza di un’etera, e vedrete che non è molta da differenza dell’immagine.

5. Che avviene in seguito? Inchinatosi verso di essi e riveritili anche lui in tale modo, si siede felicitato da tutti quelli, mentre ciascuno di essi si augura di diventare ciò che quello è, e poi subito morire.

Dopo avere sprecato molto oro e argento, cavalli, vesti, servi e tutti quei beni ed esaurite molte sostanze, lo accompagnano di nuovo con grandi elogi, non però altrettanti: infatti, terminato lo spettacolo, ciascuno si affretta a casa. Poi in casa si svolgono banchetti sontuosi e regna molta abbondanza e grande è lo splendore della giornata.

Nel primo pomeriggio di nuovo le stesse cose e per due e tre giorni allo stesso modo. Quando poi tutto è esaurito, anche innumerevoli talenti d’oro, allora finalmente si rivela l’inconsistenza di questa fama e la cenere e la polvere.

6. Infatti quando in casa fa i conti e riflette sull’eccesso della spesa, allora si affligge.

Fino a quando gode del desiderio, come preso da un’ebbrezza della vanità farebbe spreco anche di se stesso e non può avere che un’impressione ridotta del danno.

Ma quando, trovandosi in casa, entro l’abitazione di questo demonio, si accorge che il momento della riunione, ormai scioltasi, è passato e, guardando al teatro, trova che è vuoto di uomini e che nessuno più si fa sentire in alcun modo e che si è ormai verificato il danno non nell’immaginazione, ma nelle sostanze, allora si accorge della cenere.

7. Se poi, dopo avere sperperato oltre le sue sostanze, ha bisogno e, dopo essere stato innalzato in alto, va mendicando in mezzo alla piazza, allora di quelli che un tempo lo acclamavano capo nessuno si avvicina né stende la mano, ma si rallegrano di ciò che è avvenuto (ed infatti anche allora, quando ne parlavano bene, lo mordevano di invidia e ritenevano un conforto dei loro mali il fatto che una persona divenuta così illustre stesse per diventare il più disonorato di tutti); quando dunque nessuno si avvicina né tende la mano, che cosa c’è di più compassionevole di questo? Non è piuttosto degno di lacrime? Che cosa c’è di più penoso di questo?

8. Forse non conoscete affatto qualcuno che ha sofferto questo?. Non stendessero soltanto la mano; anzi proprio al contrario è colpito da accuse da parte di coloro che lo lodavano. "Perché, dice, era impazzito? Perché innamorato di gloria? Per quale motivo si dilettava di prostitute e mimi?".

O uomo stolto, non eri tu che l’ammiravi? Non eri tu a lodarlo? Non sei tu che lo conducesti a ciò con gli applausi e le lodi? Non lo chiamavi Nilo? Non Oceano? Non sprecavi tutto il giorno nelle sue lodi? Perché dunque improvvisamente sei cambiato? E quando bisogna aver compassione, allora soprattutto lo accusi per ciò per cui un tempo lo applaudivi? Infatti se rispetto a ciò per cui l’accusiamo non siamo così duri da non essere piegati a compassione quando lo vediamo punito, non bisognerebbe che ci piegassimo molto di più quando lo vediamo soffrire qualche male rispetto a ciò per cui lo abbiamo lodato?

Adesso lo accusi: quando ti rallegrava con lo spettacolo, quando passavi l’intero giorno trascurando tutte le tue cose, perché non l’accusavi?

9. Vedi quali sono le azioni del diavolo? Quali i frutti della vanità? Io la definii cenere e polvere; vedo però che non è solo cenere e polvere, ma anche fuoco e fumo: infatti la sua azione non si arresta al non giovare per nulla, ma giunge sino al far cadere nei mali. Potrebbe essere cenere e polvere per quelli che perdono molto ma non guadagnano nulla; non certo anche per quelli che soffrono ciò di cui ho recentemente trattato.

10. "Ebbene, si dice, quando sono onorati e ammirati da molti per quei servizi , è forse piccolo questo frutto?". E molto: infatti non è grande questo onore, di cui ho trattato ora, essere colpiti dal disprezzo, accusati e calunniati.

"Ma che c’entra questo con chi è onorato?". Ora quelli non sono onorati per i servizi, ma perché si attende che si spenda di nuovo per la folla. Se è per ciò che è avvenuto prima, perché accusano quelli che non hanno? Perché non li accolgono ma li scherniscono definendoli miserabili ed empi? Hai visto quale pazzia è la vanità?

11. Ma si lasci pure questo aspetto, proprio di uno solo o di due, e passiamo ad un altro.

Se qualcuno dicesse: "Che è di coloro che spendono con misura nei divertimenti delle città?". Dimmi, ti prego, quale è il guadagno? Anche per essi infatti effimera è la gloria e l’applauso. E che ciò potrebbe succedere lo prova il fatto che se qualcuno offrisse loro la scelta di riprendere quelle ricchezze o anche un terzo o meno ancora e non sentire più in alcun modo simile applauso, non pensi che essi avrebbero infinite volte compiuto la loro scelta?

Infatti quelli che per un solo obolo si comportano spessissimo in modo spudorato e sfrontato, che cosa non avrebbero fatto per queste ricchezze perdute invano?

12. Ora per me il discorso è rivolto a quei nostri fedeli che non vogliono offrire a Cristo indigente e privo del nutrimento necessario neppure una cosa qualunque; e quanto essi elargiscono a prostitute, mimi, danzatori in cambio di un solo applauso, questo non lo danno in cambio di un regno eterno.

13. Ma passiamo ad un altro tipo di vanità. Quale è questo? È proprio di molti e non più di uno o due: ci rallegriamo quando siamo lodati ed a proposito di cose delle quali non siamo in nessun modo consapevoli neppure minimamente a noi stessi.

Ed il povero fa ogni cosa onde poter indossare delle belle vesti, per nessun altro motivo se non per ottenere fama presso i molti; e spesso pur potendo servire a se stesso, si compra un domestico non per necessità, ma perché non sembri di essere disonorato servendo a se stesso.

Infatti per quale motivo, dimmi, tu che per tutto il tempo ti servi con le tue stesse mani vuoi ora essere servito dalle mani di un altro?

Inoltre, se si aggiunge altro denaro, compra suppellettili d’argento ed una casa splendida. Niente di ciò per bisogno: se infatti ciò avvenisse per bisogno, la maggior parte della stirpe degli uomini sarebbe già perita e scomparsa.

Questo ti voglio dire: ci sono delle cose necessarie e senza le quali non è possibile vivere, come il prodotto della terra è una cosa necessaria e, se questa non porta frutto, non è possibile vivere; il ricoprirsi con vestiti, il tetto, le pareti ed i calzari: queste cose appartengono a quelle necessarie, mentre tutte le altre sono superflue.

Infatti se anche quelle fossero necessarie e non fosse possibile ad un uomo vivere senza servo, come non è possibile vivere senza di quelle, la maggior parte degli uomini perirebbe, poiché la maggior parte non possiede servitori.

Se fosse necessario usare suppellettili d’argento e non fosse possibile vivere senza di queste, la maggior parte degli uomini sarebbe pure perita, poiché neppure l’argento si trova presso i molti.

"Io acquisto per essere ammirato e non essere disprezzato, e poi nascondo per non essere invidiato e minacciato". Che cosa ci potrebbe essere di peggiore di questa illogicità?. Se possiedi per la stima presso i molti, mostralo a tutti; se invece temi l’invidia, è bene non possedere neppure la più piccola cosa.

14. Devo dirti anche un’altra illogicità? Spesso alcuni, dopo essersi privati del necessario e pur essendo divorati dalla fame, non trascurano questi oggetti.

E se tu li interrogassi: "Devo avere la mia dignità", direbbero. Quale dignità, o uomo? Non è questa la dignità di un uomo.

Allora dunque perdeva del tutto la sua grande dignità il giusto Elia ed Eliseo e Giovanni; poiché non possedeva nulla di più di un mantello di pecora e ricorreva all’aiuto di una vedova, anch’essa povera, e conduceva una vita da mendicante presentandosi alla porta di quella povera donna e pronunziando le parole dei mendicanti.

Perdeva la dignità anche Eliseo, ospite lui pure di una poveretta. Perdeva la dignità anche Giovanni non possedendo né mantello né un solo pane.

Una sola è la perdita di dignità, possedere molte cose, ed è realmente una grande perdita di dignità. Infatti si ottiene fama di crudeltà, mollezza, pigrizia ed orgoglio, vanità, brutalità. Non è dignità portare bei vestiti, ma è dignità rivestirsi di belle azioni.

15. Sento che molti si meravigliano di ciò. "Un tale, si dice, ha la sua dignità. Il letto è ben preparato e possiede molte suppellettili di bronzo. È un signore padrone di casa".

"Perché ci rinfacci, si dice, chi possiede questi beni, mentre si dovrebbe rimproverare quelli che possiedono di più?".

Mediante voi accuso molto di più quelli: infatti se non risparmio l’accusa a quelli che hanno poco, a più forte ragione accuso quelli che possiedono di più.

Non è dignità lo splendore della casa né la sontuosità dei tappeti né il giaciglio ben preparato né il letto adorno né la quantità dei domestici.

Infatti tutte queste cose sono fuori di noi e non ci riguardano affatto. Le cose che ci riguardano sono la moderazione, il disprezzo delle ricchezze, il disprezzo della gloria, il ridersi della rinomanza presso i molti, il considerare nulla le cose umane, l’abbracciare la povertà, il superare la natura con la virtù della vita.

Questa è la vera dignità, questa la gloria, questa la fama. Ma la causa di tutti i mali, questa nasce all’origine ed io ti dico come.

 

L’educazione dei figli

 

 

16. Il figlioletto è appena nato. Ogni cosa macchina il padre non per dirigere rettamente la sua vita, ma per abbellirlo e circondarlo di ori e di vesti.

Perché mai fai questo, o uomo? E sia: indossa pure tu queste cose; ma perché allevi in queste il bambino, che non ha ancora fatto esperienza di questa pazzia? Per quale motivo gli metti un ornamento intorno al collo?

C’è bisogno di un diligente pedagogo per guardare il fanciullo, non d’oro.

E gli lasci cadere la chioma all’indietro secondo l’uso di una fanciulla, rendendo subito effeminato il fanciullo ed infiacchendo il vigore della natura, istillando in lui fin dall’inizio l’amore delle ricchezze ed inducendolo ad appassionarsi delle cose vane.

Perché rendi per lui più grande la minaccia? Perché lo spingi ad appassionarsi delle cose corporali?

"Se un uomo ha la chioma, dice, è un disonore per lui". Non lo vuole la natura. Non lo permise Dio. La cosa è vietata. È opera di superstizione greca .

Molti poi attaccano oggetti d’oro anche alle orecchie: volesse il cielo che neppure le donne si dilettassero di queste cose, mentre voi estendete la vergogna anche ai maschi.

17. Forse molti ridono di ciò che è stato detto, come se si trattasse di cose insignificanti. Non sono tali, ma anzi molto importanti.

Una fanciulla educata nella stanza materna ad appassionarsi all’ornamento muliebre, quando abbandonerà la casa paterna sarà astiosa e difficile col suo sposo e più esigente degli esattori delle imposte.

Già vi dissi che di qui nasce il male difficilmente estirpabile, che nessuno pensa ai figli, che nessuno parla loro della verginità, nessuno della moderazione, nessuno del disprezzo delle ricchezze e della gloria, nessuno di ciò che è annunziato nelle Scritture.

18. Quando dunque i figli sono privi di maestri fin dalla prima età, che cosa diventeranno? Se infatti al cuni allevati sin dal seno materno ed educati sino alla vecchiaia non camminano ancora rettamente, coloro che sin dagli esordi della loro vita sono abituati a questi insegnamenti quale male non commetteranno?

Ora ciascuno si dà ogni cura per educare i propri figli nelle arti, nelle lettere e nell’eloquenza, mentre nessuno ha la minima preoccupazione di questo, di formare la loro anima.

19. Non cesso di esortarvi e di pregarvi e di supplicarvi, perché prima di ogni altra cosa educhiate finora i vostri figli.

Infatti se tu hai cura del figlio, lo mostri di qui ed in più hai pure una ricompensa.

Ascolta Paolo che dice: "Se rimarranno nella fede, nell’amore e nella santità con moderazione". Anche se tu hai coscienza di avere in te stesso innumerevoli mali, procura ugualmente qualche conforto ai tuoi mali.

Alleva un atleta per Cristo. Non dico questo: distoglilo dal matrimonio, mandalo nei luoghi solitari ed avvialo a scegliere la vita dei monaci. Non dico questo. Lo vorrei certo e mi augurerei che tutti la scegliessero, ma poiché sembra essere un peso, non voglio costringere.

Alleva un atleta per Cristo e, mentre è nel mondo, educalo pio sin dalla prima età.

 

L’anima del fanciullo

 

 

20. Se i buoni insegnamenti si imprimono nell’anima che è ancora tenera, nessuno potrà cancellarli, quando diverranno duri come impronte, proprio come la cera.

Hai in lui ancora un essere che trema e si spaventa e teme sguardo, parola e ogni altra cosa. Approfitta dell’inizio per il dovere.

Tu per primo trai profitto dei beni, se hai un figlio buono, e Dio in seguito; ti affatichi per te stesso.

21. Dicono che le perle, non appena sono prese, sono acqua. Ora se chi le prende è un esperto, deposta sulla mano quella goccia, muovendo la mano tenendola piana sulla palma e facendola girare con cura la tornisce e la rende perfettamente rotonda. Una volta che ha ricevuto la forma, non c’è più chi sia capace di mutarla.

Un essere tenero infatti è favorevolmente disposto a tutto, non possedendo ancora una propria forma fissa: per questo è attirato facilmente verso tutto; invece un essere duro come se avesse ricevuto una certa disposizione non perde facilmente la sua durezza né si cambia in un’altra forma.

22. Orbene ciascuno di voi, padri e madri, come vediamo i pittori lavorare con gran cura i ritratti e

le statue, così prendiamoci cura di queste meravigliose statue.

I pittori infatti, postisi innanzi ogni giorno il quadro, lo colorano secondo il bisogno. Gli scultori di pietre anch’essi fanno la stessa cosa, eliminando il superfluo, aggiungendo il necessario. E così anche voi: come fabbricatori di statue dedicate a questo tutto il vostro tempo, fabbricando per Dio le meravigliose statue; e togliete il superfluo, aggiungete il necessario; ed esaminatele attentamente ogni giorno, quale prerogativa hanno di natura, da poterla sviluppare; quale difetto possiedono per natura, da poterlo eliminare.

E soprattutto con molta cura allontanate da essi il richiamo dell’intemperanza: infatti questa passione tenta straordinariamente le anime dei giovani.

Piuttosto prima che sia giunto a questa esperienza, insegnagli ad essere sobrio, vigilante , a vegliare in preghiera, a porre su tutto ciò che dice e fa il suggello della croce.

 

L’anima come città

 

 

23. Pensa di essere un re che ha come una città sottomessa l’anima del figlio: una città infatti è realmente l’anima.

E come nella città alcuni rubano, altri agiscono giustamente, altri lavorano, altri fanno semplicemente tutto ciò che capita, così anche nell’anima ci sono pensieri e ragionamenti: gli uni combattono contro chi commette ingiustizia, come fanno in una città i soldati; altri si prendono cura di tutto, del corpo e della casa, come fanno gli amministratori nelle città; altri danno ordini, come fanno i comandanti; altri trattano di cose licenziose, come fanno i dissoluti; altri di cose sante, come fanno i saggi; e gli uni sono effeminati, come sono le donne tra di noi, altri discorrono con maggiore dissennatezza, come i bambini; gli uni danno ordini come degli schiavi, ciò che sono i servitori; gli altri da nobili, ciò che sono i liberi.

24. Abbiamo dunque bisogno di leggi, onde poter esiliare i malvagi, accogliere i buoni e non permettere che i malvagi si rivoltino contro i buoni.

Infatti allo stesso modo che in una città, se uno ponesse delle leggi che concedono molta impunità ai ladri, sconvolgerebbe tutto; e se i soldati non impiegassero il coraggio secondo il bisogno, metterebbero tutti in pericolo; e se ciascuno, tralasciato il proprio posto, inseguisse quello di un altro, comprometterebbe il buon ordine con l’ambizione, così pure anche qui.

25. Una città è dunque l’anima del bambino, una città fondata ed ordinata da poco, una città che ha cittadini stranieri, non ancora esperti di nulla.

È molto facile guidare costoro. Infatti quelli allevati in una cattiva costituzione, come ad esempio i vecchi, malvolentieri sarebbero disposti a cambiare, ma non è impossibile: possono trasformarsi anche quelli, se vogliono; invece coloro che sono inesperti di tutto, facilmente sarebbero disposti ad accogliere le leggi da te.

26. Imponi dunque delle leggi temibili e severe a questa città ed a quelli che vivono in essa e diventa giudice di quelli che le trasgrediscono: infatti non serve a nulla imporre delle leggi, se poi non seguisse anche il castigo.

27. Imponi dunque delle leggi e bada attentamente ad esse: infatti la nostra legislazione riguarda tutta la terra e noi oggi fondiamo una città.

Siano dunque muri e porte i quattro sensi: tutto il resto del corpo sia come una fortezza e le sue porte gli occhi, la lingua, l’udito, l’olfatto, se vuoi anche il tatto, poiché attraverso queste porte entrano ed escono i cittadini di questa città, cioè i pensieri mediante queste porte hanno esito cattivo e buono.

 

 

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