II
.GLI OBIETTIVI DEL PRESENTE:
VITA CONSACRATA E COMUNIONE ECCLESIALE

Fedeltà al Concilio vaticano II

13. Lo Spirito Santo, che "con la forza del Vangelo ringiovanisce la Chiesa, la rinnova incessantemente e la conduce all'unione consumata col suo Sposo" (Lumen Gentium, 4), "ha preparato provvidenzialmente il popolo di Dio con gli insegnamenti del Concilio Vaticano II" ad affrontare in miglior modo la sua missione apostolica nel mondo odierno, alla fine del secondo millennio, in mezzo alle nuove ed esigenti situazioni che viviamo.

E' perciò necessario che tutti coloro che amano la verità rivelata e sentono l'urgenza della missione apostolica nel mondo attuale "volgano i loro sguardo verso il Magistero della Chiesa e, seguendo gli insegnamenti conciliari, facciano una lettura fedele delle esigenze del Vangelo di Cristo per il tempo presente, senza" lasciarsi disorientare da ideologie contrarie alla rivelazione.

Il Concilio Vaticano II - soprattutto nella Costituzione dogmatica "Lumen Gentium" - ha esposto la dottrina sulla Chiesa e ci ha invitato a contemplarla anche come Popolo di Dio che cammina verso la Gerusalemme Celeste (cfr. Lumen Gentium, 9).

Allo stesso tempo, ha messo in risalto la natura e la struttura gerarchica della Chiesa, come espressione della successione apostolica che si dà in essa, così come l'ha voluta il suo divino fondatore. (Ibid. cap. III)

Il Sacerdozio ministeriale, nel seno della costituzione gerarchica della Chiesa, porta a termine l'opera santificatrice, che si esprime anche mediante "un atteggiamento di servizio che ha il Cristo come modello supremo", e che contribuisce a mantenere la Chiesa intera nella comunione di fede, di culto e di vita. I Vescovi, come successori degli Apostoli, esercitano anche questo ministero per mezzo della comunione reciproca e della collegialità, sotto la potestà del Romano Pontefice, successore di Pietro, che ha ricevuto il primato direttamente da Cristo (cfr. Ibid. 22).

Senso Ecclesiale del Popolo di Dio

14. Il Popolo di Dio che vive in America Latina sente profondamente la comunione ecclesiale, l'obbedienza e l'amore ai suoi pastori, così come l'affetto filiale al Papa". Tutto questo spiega la sua fedeltà secolare alla fede ricevuta e anche la sua coscienza di essere parte attiva della Chiesa universale. Salda nelle sue credenze, ha resistito agli attacchi del laicismo e ha dato prove eroiche, persino col martirio di non pochi dei suoi figli.

L'urgente chiamata alla nuova evangelizzazione del Continente ha come obiettivo che la fede si approfondisca e si incarni ogni volta di più nelle coscienze e nella vita sociale. Per questo è necessario che i religiosi e le religiose mantengano incolume la loro fedeltà piena agli insegnamenti del Concilio Vaticano II ed esprimano con coerenza la loro comunione coi Pastori, come testimonianza di una perfetta sintonia ecclesiale per l'edificazione del Popolo di Dio.

Dimensione ecclesiale della vita consacrata

15. E' proprio questo stesso concilio che ha voluto inquadrare nel mistero della Chiesa "la vocazione e la missione degli Istituti religiosi, cosi come l'identità di ciascuna delle persone consacrate chiamate alla santità".

La teologia della vita religiosa, esposta nella costituzione dogmatica "Lumen Gentium" e nel decreto "Perfectae Caritatis", così come in altri numerosi documenti del magistero postconciliare, ha trovato un'accoglienza favorevole in America Latina, che si è manifestata anche in realizzazioni creative. Lo stesso documento di Puebla è divenuto eco delle tendenze positive della vita consacrata in America Latina all'interno della missione della Chiesa, soprattutto nella prospettiva di comunione e partecipazione nell'evangelizzazione (cfr. Puebla, 721-776). Sfortunatamente, non sono mancate a questo riguardo deviazioni e atteggiamenti troppo radicali e unilaterali che hanno intaccato in alcune occasioni il "sensus Ecclesiae".

Non è mia intenzione ribadire qui esplicitamente gli insegnamenti del Magistero della Chiesa circa la vita consacrata proposti dal Concilio Vaticano II nei documenti che abbiamo appena citato. Questi insegnamenti conciliari sono stati, durante gli ultimi venticinque anni, ampiamente sviluppati dai miei predecessori in numerose allocuzioni, messaggi e in alcuni documenti di speciale importanza, come l'Esortazione Apostolica del Papa Paolo VI "Evangelica Testificatio", del 29 di Giugno 1971 (AAS 63 [1971] 497ss). Per quanto mi riguarda, nell'anno Santo della Redenzione ho indirizzato a tutti i religiosi e religiose del mondo la Esortazione Apostolica "Redemptoris Donum" (Redemptionis Donum: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, I (1984) 788ss).

A questo riguardo, anche la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica ha pubblicato una recente Istruzione intitolata: Orientamenti sulla formazione negli Istituti Religiosi. Sia questo documento che gli altri citati prima offrono indicazioni molto precise per la formazione personale e comunitaria dei religiosi e delle religiose che, per la loro consacrazione, sono pienamente impegnati nella Chiesa e nel compito permanente dell'evangelizzazione in America Latina. Negli stessi documenti si delineano "l'identità e l'autenticità della vita consacrata e la sua dimensione ecclesiale". A questo voglio riferirmi pensando particolarmente al vostro compito come araldi del Vangelo.

Sequela di Cristo e Consacrazione religiosa

16. L'identità e autenticità della vita consacrata si caratterizza per la sequela di Cristo e la consacrazione a Lui mediante la professione dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza. Con essi si esprime la totale dedizione al Signore e l'identificazione con Lui nella sua consegna al Padre e ai fratelli. La sequela di Cristo mediante la vita consacrata suppone una particolare docilità all'azione dello Spirito Santo, senza la quale la fedeltà alla propria vocazione rimarrebbe vuota di contenuto.

Gesù Cristo, crocifisso e risorto, signore della vita e della storia, deve essere un ideale vivente; in sua compagnia si cammina; della sua presenza interiore si gioisce; della sua missione salvifica si partecipa. La sua persona e il suo mistero sono l'annuncio e la testimonianza essenziale del vostro apostolato. Non possono esistere solitudini quando Egli riempie il cuore e la vita. Non devono esistere dubbi circa la propria identità e missione quando si annuncia, si comunica e si incarna il suo mistero e la sua presenza tra gli uomini.

Tutti i religiosi e religiose devono rinnovare continuamente questa unione con Cristo, mediante l'ascolto della sua parola, la celebrazione del suo mistero pasquale nei sacramenti - specialmente quelli della riconciliazione e dell'Eucarestia - e poi con la preghiera assidua. Soltanto così potrete essere autentici evangelizzatori, capaci di soddisfare i bisogni spirituali del Popolo di Dio, con un cuore compassionevole dal quale sgorgano gli stessi sentimenti del Cristo.

Mistero Pasquale e consigli evangelici

17. Infatti, i consigli evangelici hanno una profonda dimensione pasquale, giacché suppongono un'identificazione con Cristo, con la sua morte e la sua risurrezione. Per questo si devono vivere con la stessa attitudine di Cristo, il quale "spogliò se stesso (kenosis) facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (cfr. Fil 2,5-8). Ma allo stesso tempo ci fanno partecipare della gioia della nuova vita alla quale siamo stati chiamati, per fare in tutto la volontà salvifica del Padre. La professione dei consigli evangelici vi costituisce, dunque, testimoni della Risurrezione del Signore e della forza trasformatrice del suo Spirito di Pentecoste.

La consegna totale delle persone consacrate implica, come in Gesù di Nazareth, "un'intima relazione fra i tre consigli evangelici", in maniera tale che la crescita e la maturità nell'esercizio di uno di loro, rende gli altri più fecondi. Parimenti, la mancanza di fedeltà ad uno di essi mette in pericolo la solidità e l'autenticità degli altri.

In verità, non è autenticamente povero, secondo il modello e la misura di Cristo, chi non vive pienamente la castità e l'obbedienza; e non può dirsi puro di cuore chi non pratica la povertà e vive con gioia la volontaria obbedienza; così come non è obbediente al disegno del Padre e alle esigenze del Regno chi non abbraccia, con cuore puro e indiviso, il distacco dalle cose terrene.

Con la donazione totale della propria vita per amore a Dio, i religiosi e le religiose sono testimoni eloquenti del primato e perennità del messaggio evangelico, che sottopone a giudizio gli idoli di questo mondo: il potere, le ricchezze, il piacere. In questa forma, manifestano in loro stessi la maturità che si raggiunge con il dono della propria libertà messa al servizio esclusivo di Dio e dei fratelli.

Voglio ricordarvi, a questo riguardo, quello che ho scritto nell'Enciclica "Redemptor Hominis", pensando proprio alle persone consacrate: "Umanità matura significa pieno uso del dono della libertà; che abbiamo ottenuto dal Creatore, nel momento in cui Egli ha chiamato all'esistenza l'uomo fatto a Sua immagine e somiglianza. Questo dono trova la sua piena realizzazione nella consegna senza riserve di tutta la persona umana concreta, in spirito d'amore sponsale a Cristo, a tutti coloro che Egli invia, uomini o donne, e che si sono consacrati totalmente a Lui secondo i consigli evangelici (Redemptor Hominis, 21).

Vera libertà e autentica liberazione

18. Di questa umanità matura dei religiosi e delle religiose ha bisogno oggi il Continente latinoamericano "per annunciare Gesù Cristo con la parola e con la vita" e per poter così costruire una umanità secondo lo spirito delle beatitudini.

La storia di questi cinquecento anni attesta la fedeltà di tanti religiosi e religiose che hanno contribuito a mantenere vivo ed arricchire il patrimonio della prima evangelizzazione. Bisogna non dimenticare che tutti coloro che si sono consacrati al servizio del Cristo mediante i consigli evangelici e con lo spirito delle beatitudini contribuiscono efficacemente all'opera evangelizzatrice, sostenendo la predicazione della parola con la forza della propria testimonianza.

E' importante, dunque, che questa testimonianza non si deformi sotto l'influsso di interpretazioni riduttive del vangelo, le quali potrebbero danneggiare il genuino contenuto del suo messaggio e della stessa vita consacrata, con il rischio che "il sale diventi insipido e perda il suo sapore", pericolo sul quale Gesù ci ha già messo in guardia (cfr. Mt 5,13).

Negli ultimi anni, di fronte a certe tendenze che presentavano una particolare ermeneutica della rivelazione, con gravi ripercussioni sulla vita e sulla missione della Chiesa, e sulla stessa vita religiosa, come è il caso di alcune teologie della liberazione - la Congregazione per la Dottrina della Fede ha emesso due documenti, "Libertatis Nuntius" (1984) e "Libertatis Conscientia" (1986), per stabilire le linee maestre del pensiero della Chiesa sulla vera libertà e l'autentica liberazione secondo il Vangelo.

Queste due Istruzioni non soltanto sono valide in sé stesse, ma si presentano anche come veramente profetiche giacché hanno contribuito a smascherare "fallaci utopie ideologiche e servilismi politici che sono in totale disaccordo con la dottrina e la missione del Cristo e della sua Chiesa".

La parola del Signore, che ci chiama alla piena libertà dei figli di Dio, ci continua a spingere verso la fedeltà: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,31-32) Solo Gesù Cristo libera. Solo nel suo amore, sperimentato e trasmesso si trova l'autentica liberazione.

L'opzione preferenziale per i poveri

19. In questo contesto è necessario sottolineare un'altra volta "il giusto significato dell'opzione preferenziale, non esclusiva né escludente, in favore dei poveri", opzione particolarmente connaturale a tutti coloro che vivono i consigli evangelici della povertà e che sono chiamati ad amare, ad accogliere e a servire i poveri "con le viscere di Cristo" (cfr. Perfectae Caritatis, 13).

Come il documento di Puebla faceva già notare, l'opzione preferenziale per i poveri è stato un fattore molto importante nella vita religiosa latinoamericana durante gli ultimi tempi (cfr. Puebla, 733-735). Sono molti i religiosi e le religiose che vivono questa opzione preferenziale con un autentico spirito evangelico, fortemente motivati dalle parole del Signore e in coerenza con lo spirito dei loro propri Istituti. Infatti, i religiosi e le religiose sono presenti nei quartieri emarginati, tra gli indigeni, insieme agli anziani e i malati, nelle innumerevoli situazioni di miseria che l'America Latina vive e soffre, quali sono le nuove povertà che affliggono soprattutto i giovani, dall'alcolismo alla droga. Per mezzo dei religiosi la Chiesa si fa serva dei fratelli più bisognosi, nel cui volto addolorato riconosce i tratti sofferenti del Cristo, il Signore, che ci interpella e ci convoca al giudizio definitivo, quando saremo giudicati sull'amore (cfr. San Giovanni della Croce, Dichos de luz y amor, 57).

Virtù teologali e vita consacrata

20. Certamente si sono presentati dei casi in cui un'interpretazione erronea del problema dei poveri in chiave marxista "ha portato ad un falso concetto e ad una prassi anomala dell'opzione per i poveri e del voto di povertà", il quale divenne vuoto di significato per il mancato riferimento alla povertà di Cristo e disgiunto dalla sua misura che è la vita teologale. La vita consacrata dunque, dev'essere saldamente ancorata alle virtù teologali, affinché la fede non ceda al miraggio delle ideologie, la speranza non si confonda con le utopie, la carità universale, che giunge al limite estremo dell'amore per i nemici, non soccomba davanti alla tentazione della violenza.

Non sono mancati i casi in cui questa opzione ha portato ad una politicizzazione della vita consacrata, non esente da opzioni violente e di partito, con la strumentalizzazione di persone e istituzioni per fini del tutto estranei alla missione della Chiesa.

E' necessario perciò ricordare quanto detto nell'Istruzione "Libertatis Conscientia": "L'opzione preferenziale per i poveri, lungi dall'essere un segno di particolarismo o di settarismo, manifesta l'universalità dell'essere e della missione della Chiesa. Tale opzione non è esclusiva. Questa è la ragione per cui la Chiesa non può esprimerla nelle categorie sociologiche e ideologiche riduttive, che farebbero di questa preferenza una opzione di parte e di natura conflittuale".

Il sale non deve perdere il suo sapore! La vita religiosa non può non essere testimonianza vivente del "Regno dei cieli" promesso ai poveri! "Se il sale diventa insipido - avverte Gesù - con che cosa lo si potrà rendere salato? Non serve ad altro che ad essere gettato via" (Mt 5,13).

A volte può accadere che il Popolo di Dio non sempre trovi nelle persone consacrate l'appoggio desiderato, forse perché esse non rispecchiano abbastanza nelle loro vite il forte senso di Dio che dovrebbero trasmettere.

Tali situazioni possono essere occasione per cui molte persone povere e semplici, - come sfortunatamente sta accadendo - si convertano in facile presa delle sette, nelle quali cercano un senso religioso della vita che forse non trovano in coloro che dovrebbero offrirlo a piene mani.

Promozione della solidarietà sociale

21. Tutta questa problematica, invece di frenare l'impegno per la giustizia e la libertà, indica che la Chiesa dell'America Latina, con la decisa collaborazione dei religiosi, deve sforzarsi di comprendere e realizzare in maniera giusta l'opzione preferenziale per i poveri".

La "situazione socioeconomica di alcune nazioni latinoamericane" costituisce un "motivo di profonda preoccupazione". La Chiesa, pienamente consapevole di questa realtà, vuol illuminare col Vangelo e la dottrina sociale cattolica la coscienza dei cittadini. Essa stessa, che con la sua azione evangelizzatrice favorisce la promozione integrale delle persone, si dirige ai laici, ed in maniera speciale a coloro che occupano le diverse cariche pubbliche, affinché siano promotori di un'autentica giustizia sociale. A questo riguardo, la Chiesa ha messo in atto molte istituzioni a favore dei più bisognosi, creando in esse un clima di affettuosa accoglienza e aprendo ai poveri la strada verso la speranza cristiana.

Per far fronte alle tante carenze che affliggono ampi settori della popolazione, i Pastori della Chiesa in America Latina contano con l'inestimabile collaborazione di tanti religiosi e religiose che svolgete il vostro apostolato in ambienti tanto diversi. Per la vostra presenza tra la gente siete responsabili dell'animazione di molte comunità ecclesiali, e soprattutto della "formazione religiosa e morale dei laici", specialmente della "educazione cristiana della gioventù" tramite la scuola e la catechesi.

Tutti dovete suscitare un retto senso della giustizia sociale, ispirati all'amore fraterno, base indispensabile affinché ogni Paese, nell'ambito del bene comune, cresca continuamente nella pace e nell'armonia, e raggiunga così uno sviluppo culturale ed economico accessibile a tutti. In questa maniera, il Continente della speranza andrà configurandosi come una vera comunità di nazioni sorelle.

Rafforzare i vincoli della comunione ecclesiale

22. Il Concilio Vaticano II ha messo in rilievo il profondo senso ecclesiale della vita consacrata, che deve manifestarsi "una sincera comunione e collaborazione con i pastori della Chiesa".

La storia della prima evangelizzazione illustra abbondantemente l'apporto offerto dai religiosi nell'impiantazione e consolidamento della gerarchia ecclesiastica nel Continente latinoamericano. Anche oggi sono numerosi i vescovi di quella Chiesa, che sono stati scelti tra i religiosi per questo ministero pastorale.

I rapporti tra Vescovi e religiosi sono, in genere, soddisfacenti. Si potrebbe dire che hanno ricevuto un impulso favorevole con gli orientamenti della Santa Sede e grazie alla buona intesa tra gli organismi di comunione e di collaborazione stabiliti tra le diocesi e gli Istituti religiosi. Non sono mancati però, in determinate situazioni, alcune incomprensioni e forti contrasti che non rispondono ad una vera ecclesiologia di comunione e disturbano la pace e la concordia influendo negativamente sul compito evangelizzatore della Chiesa.

Il fatto che gli Istituti religiosi godano della giusta autonomia di vita, di cui parla il codice di diritto canonico (Codex Iurix Canonici, 586), non dev'essere pretesto per una attività apostolica al margine della gerarchia o che ignori i loro orientamenti pastorali. Rivendicare, da parte dei religiosi e delle loro istituzioni, una specie di parallelismo tradotto in una pastorale o in un magistero paralleli, sarebbe andare contro la natura stessa della Chiesa e della vita consacrata. Sarebbe anche errato pensare che i religiosi, per la loro vocazione ecclesiale, sarebbero investiti da una funzione profetica della quale sarebbero privi i Pastori della Chiesa, contrapponendo così il carisma della vita consacrata all'Istituzione gerarchica, e il profetismo dei religiosi alla missione dei vescovi o allo stesso carattere profetico della vocazione laicale.

Queste tendenze o atteggiamenti non trovano giustificazione possibile in una retta ecclesiologia della vita religiosa. Sono invece in chiara contraddizione con la natura stessa della vita consacrata, che è vita di comunione e di unità. Non rispondono neanche allo spirito dei Fondatori che hanno avuto sempre come criterio sicuro "sentire Ecclesiam" e "sentire cum Ecclesia", attuando in perfetta comunione con i loro pastori, né s'inquadrano in una retta concezione della missione apostolica dei religiosi, che non può essere altra che la costruzione e estensione del Regno in una prospettiva di unità ecclesiale.

Coesione affettiva tra Vescovi e religiosi

23. Il fomentare una salda e organica coesione affettiva tra i religiosi ed i Vescovi è di primaria importanza in una ecclesiologia di comunione che si ispiri alla dottrina conciliare (cfr. Mutua Relationes; cfr. Orientaciones sobre la formación en los institutos religiosos, 94-97). Infatti l'autonomia dei religiosi cui abbiamo accennato ha come fondamento l'obbedienza degli stessi al Sommo Pontefice e alla Santa Sede, e come finalità una maggiore e più generosa collaborazione nella sollecitudine per il bene di tutte le Chiese. Inoltre, tale autonomia suppone in ogni caso la dovuta sottomissione ai Vescovi in campo pastorale (cfr. Christus Dominus, 35).

Ora, la collaborazione dei religiosi nella sollecitudine per tutte le Chiese non può esercitarsi senza la comunione organica con il ministero pastorale dei Vescovi e il rispetto delle loro disposizioni in ciò che concerne il culto divino, l'evangelizzazione e la catechesi, secondo quanto il diritto canonico prescrive.

E' chiaro, dunque, che le iniziative pastorali dei religiosi e dei loro organismi di coordinamento a livello diocesano, nazionale o internazionale devono esprimere senza ambiguità né reticenze una perfetta comunione con i Pastori della Chiesa nelle loro rispettive istanze, giacché i Vescovi sono "dottori autentici e testimoni della verità divina e cattolica" e per questo corrisponde a loro vegliare con responsabilità sui religiosi "in ciò che riguarda l'insegnamento della dottrina della fede, sia nei centri che ne coltivano lo studio, sia nell'utilizzazione dei mezzi per trasmetterla" quali sono le pubblicazioni e le stesse case editrici (cfr. Orientaciones sobre la formación en los institutos religiosos, 96).

Quanto più grande sia l'influsso che possono avere i religiosi nella diffusione della dottrina, tanto più responsabili essi devono essere nella trasmissione integrale della verità e nella comunione con la gerarchia, evitando ogni possibile disorientamento nei fedeli o deformazione del messaggio rivelato.

Deve esserci dunque l'impegno di tutti per evitare qualsiasi rottura tra i Vescovi e i religiosi, che potrebbe provocare un grave danno a tutta l'opera evangelizzatrice. Per questo chiedo agli uni e agli altri che "si stringano di più i vincoli di comunione e si fomentino, con i mezzi opportuni, la conoscenza reciproca, l'apprezzamento sincero e la testimonianza di unità; che i Vescovi sappiano valorizzare e promuovere, come è dovuto, il dono immenso della vita consacrata, con tutta la sua varietà di carismi, senza dimenticare che essi devono essere anche promotori della fedeltà alla vocazione religiosa secondo lo spirito di ogni Istituto (cfr. Ibid). Parimenti, chiedo ai religiosi ed alle religiose che si sforzino di mantenere viva la comunione e la collaborazione con i Vescovi, così come il necessario rispetto della loro autorità pastorale.

Questo spirito di rinnovata comunione tra i Vescovi e i religiosi in America Latina sarà uno dei temi di studio e riflessione della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, in preparazione per il 1992. Questo si rende necessario sia per l'elevato numero di religiosi e religiose che vivono nel Continente, sia per l'indispensabile presenza dei loro carismi, istituzioni e nuove vocazioni, necessarie per l'opera evangelizzatrice. "Senza l'apporto generosa della vita consacrata non potrà realizzarsi il grande compito della rinnovata semina del Vangelo".

 

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