PARTE VI

I RESPONSABILI E GLI OPERATORI DELLA PASTORALE MISSIONARIA

61. Non c'è testimonianza senza testimoni, come non c'è missione senza missionari. Perché collaborino alla sua missione e continuino la sua opera salvifica, Gesù sceglie e invia delle persone come suoi testimoni e apostoli: «Sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». (At1,8) I Dodici sono i primi operatori della missione universale: essi costituiscono un «soggetto collegiale» della missione, essendo stati scelti da Gesù per restare con lui ed essere inviati «alle pecore perdute della casa d'Israele». (Mt10,6) Questa collegialità non impedisce che nel gruppo si distinguano singole figure, come Giacomo, Giovanni e, più di tutti, Pietro, la cui persona ha tanto rilievo da giustificare l'espressione: «Pietro e gli altri apostoli». (At2,14) Grazie a lui si aprono gli orizzonti della missione universale, in cui successivamente eccellerà Paolo, che per volontà divina fu chiamato e inviato tra le genti. (Gal1,15) Nell'espansione missionaria delle origini, accanto agli apostoli troviamo altri umili operatori che non si debbono dimenticare: sono persone, gruppi, comunità. Un tipico esempio di chiesa locale è la comunità di Antiochia, che da evangelizzata si fa evangelizzatrice e invia i suoi missionari alle genti. (At13,2) La chiesa primitiva vive la missione come compito comunitario, pur riconoscendo nel suo seno degli «inviati speciali», o «missionari consacrati alle genti», come Paolo e Barnaba.

62. Quanto fu fatto all'inizio del cristianesimo per la missione universale conserva la sua validità e urgenza anche oggi. La chiesa è missionaria per sua natura, poiché il mandato di Cristo non è qualcosa di contingente e di esteriore ma raggiunge il cuore stesso della chiesa. Ne deriva che tutta la chiesa e ciascuna chiesa è inviata alle genti. Le stesse chiese più giovani, proprio «perché questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria» debbono «partecipare quanto prima e di fatto alla missione universale della chiesa, inviando anch'esse dei missionari a predicare dappertutto nel mondo il vangelo anche se soffrono di scarsezza di clero». (117) Molte già fanno così. e io le incoraggio vivamente a continuare. In questo vincolo essenziale dl comunione tra la chiesa universale e le chiese particolari si esercita l'autentica e piena missionarietà: «In un mondo che col crollare delle distanze si fa sempre più piccolo, le comunità ecclesiali devono collegarsi fra di loro, scambiarsi energie e mezzi, impegnarsi insieme nell'unica e comune missione dl annunziare e vivere il vangelo... Le chiese cosiddette giovani... hanno bisogno della forza di quelle antiche, mentre queste hanno bisogno della testimonianza e della spinta delle più giovani, in modo che le singole chiese attingano dalla ricchezza delle altre chiese». (118)

I primi responsabili dell'attività missionaria

63. Come il Signore risorto conferì al collegio apostolico con a capo Pietro il mandato della missione universale, così questa responsabilità incombe innanzitutto sul collegio dei vescovi con a capo il successore di Pietro. (119) Consapevole di questa responsabilità, negli incontri con i vescovi sento il dovere di condividerla in ordine sia alla nuova evangelizzazione che alla missione universale. Mi sono messo in cammino sulle vie del mondo «per annunciare il vangelo. per "confermare i fratelli" nella fede, per consolare la chiesa. per incontrare l'uomo. Sono viaggi di fede... Sono altrettante occasioni di catechesi itinerante, di annuncio evangelico nel prolungamento, a tutte le latitudini. del vangelo e del magistero apostolico, dilatato alle odierne sfere planetarie». (120) I fratelli vescovi sono con me direttamente responsabili dell'evangelizzazione del mondo, sia come membri del collegio episcopale, sia come pastori delle chiese particolari. In proposito, il concilio dichiara: «La cura di annunziare in ogni parte della terra il vangelo appartiene al corpo dei pastori, ai quali in comune Cristo diede il mandato». (121) Esso afferma anche che i vescovi «sono stati consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo». (122) Questa responsabilità collegiale ha conseguenze pratiche. Parimenti, «il sinodo dei vescovi... tra gli affari d'importanza generale deve seguire con particolare sollecitudine l'attività missionaria, che è il dovere più alto e più sacro della chiesa». (123) La stessa responsabilità si riflette, in varia misura, nelle Conferenze episcopali e nei loro organismi a livello continentale, che perciò debbono offrire un proprio contributo all'impegno missionario.(124) Ampio è pure il dovere missionario di ciascun vescovo, come pastore di una chiesa particolare. Spetta a lui «come capo e centro unitario dell'apostolato diocesano, promuovere, dirigere e coordinare l'attività missionaria... Provveda anche a che l'attività apostolica non resti limitata ai soli convertiti, ma che una giusta parte di missionari e di sussidi sia destinata all'evangelizzazione dei non cristiani». (125)

64. Ogni Chiesa particolare deve aprirsi generosamente alle necessità delle altre. La collaborazione fra le chiese, in una reale reciprocità che le rende pronte a dare ed a ricevere, è anche fonte di arricchimento per tutte ed interessa i vari settori della vita ecclesiale. A questo riguardo, resta esemplare la dichiarazione dei vescovi a Puebla: «Finalmente è giunta l'ora per l'America Latina... di proiettarsi oltre le sue frontiere, ad gentes. È certo che noi stessi abbiamo ancora bisogno di missionari, ma dobbiamo dare della nostra povertà». (126) Con questo spirito invito i vescovi e le Conferenze episcopali ad attuare generosamente quanto è previsto nella Nota direttiva, che la Congregazione per il clero ha emanato per la collaborazione tra le chiese particolari e, specialmente, per la migliore distribuzione del clero nel mondo. (127) La missione della chiesa è più vasta della «comunione fra le chiese»: questa deve essere orientata, oltre che all'aiuto per la rievangelizzazione, anche e soprattutto nel senso della missionarietà specifica. Mi appello a tutte le chiese, giovani e antiche, perché condividano con me questa preoccupazione, curando l'incremento delle vocazioni missionarie e superando le varie difficoltà.

Missionari e istituti "ad gentes"

65. Fra gli operatori della pastorale missionaria occupano tuttora, come in passato, un posto di fondamentale importanza quelle persone e istituzioni, a cui il decreto Ad gentes dedica lo speciale capitolo dal titolo: «I missionari». (128) Al riguardo, s'impone un'approfondita riflessione, anzitutto, per i missionari stessi, che dai cambiamenti della missione possono essere indotti a non capir più il senso della loro vocazione, a non saper più che cosa precisamente la chiesa si attenda oggi da loro. Punto di riferimento sono queste parole del concilio: «Benché l'impegno di diffondere la fede ricada su qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione delle sue possibilità, Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, per averli con sé e per inviarli a predicare alle genti. Perciò, egli? per mezzo dello Spirito santo, che distribuisce come vuole i suoi carismi per il bene delle anime, accende nel cuore dei singoli la vocazione missionaria e insieme suscita in seno alla chiesa quelle istituzioni che si assumono come dovere specifico il compito dell'evangelizzazione, che riguarda tutta la chiesa». (129) Si tratta, dunque, di una «vocazione speciale», modellata su quella degli apostoli. Essa si manifesta nella totalità dell'impegno per il servizio dell'evangelizzazione: è impegno che coinvolge tutta la persona e la vita del missionario, esigendo da lui una donazione senza limiti di forze e di tempo. Coloro che sono dotati di tale vocazione, «inviati dalla legittima autorità, si portano per spirito di fede e di obbedienza verso coloro che sono lontani da Cristo, riservandosi esclusivamente per quell'opera per la quale, come ministri del vangelo, sono stati assunti». (130) I missionari devono sempre meditare sulla corrispondenza che il dono da loro ricevuto richiede e aggiornare la loro formazione dottrinale e apostoli.

66. Gli istituti missionari, poi, devono impiegare tutte le risorse necessarie, mettendo a frutto la loro esperienza e creatività nella fedeltà al carisma originario, per preparare adeguatamente i candidati e assicurare il ricambio delle energie spirituali, morali e fisiche dei loro membri. (131) Si sentano essi parte viva della comunità ecclesiale e operino in comunione con essa. Difatti «ogni istituto è nato per la chiesa ed è tenuto ad arricchirla con le proprie caratteristiche secondo un particolare spirito e una missione speciale». e di una tale fedeltà al carisma originario gli stessi vescovi sono custodi. (132) Gli istituti missionari sono nati in genere dalle chiese di antica cristianità e storicamente sono stati strumenti della congregazione di Propaganda Fide per la diffusione della fede e la fondazione di nuove chiese. Essi accolgono oggi in misura crescente candidati provenienti dalle giovani chiese che hanno fondato, mentre nuovi istituti sono sorti proprio nei paesi che prima ricevevano solo missionari e che oggi li mandano. È da lodare questa duplice tendenza, che dimostra la validità e l'attualità della specifica vocazione missionaria di questi istituti, tuttora «assolutamente necessari», (133) non solo per l'attività missionaria ad gentes, com'è nella loro tradizione, ma anche per l'animazione missionaria sia nelle chiese di antica cristianità, sia in quelle più giovani. La vocazione speciale dei missionari ad vitam conserva tutta la sua validità: essa rappresenta il paradigma dell'impegno missionario della chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi. I missionari e le missionarie, che hanno consacrato tutta la vita per testimoniare fra le genti il Risorto, non si lascino, dunque, intimorire da dubbi, incomprensioni, rifiuti, persecuzioni. Risveglino la grazia del loro carisma specifico e riprendano con coraggio il loro cammino, preferendo - in spirito di fede, obbedienza e comunione con i propri pastori - i posti più umili e ardui.

Sacerdoti diocesani per la missione universale

67. Collaboratori del vescovo, i presbiteri in forza del sacramento dell'ordine sono chiamati a condividere la sollecitudine per la missione: «Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, "fino agli estremi confini della terra", dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli». (134) Per questo motivo, la stessa formazione dei candidati al sacerdozio deve mirare a dar loro «quello spirito veramente cattolico che li abitui a guardare oltre i confini della propria diocesi, nazione o rito, per andare incontro alle necessità della missione universale, pronti a predicare dappertutto il vangelo». (135) Tutti i sacerdoti debbono avere cuore e mentalità missionaria, essere aperti ai bisogni della chiesa e del mondo, attenti ai più lontani e, soprattutto, ai gruppi non cristiani del proprio ambiente. Nella preghiera e, in particolare, nel sacrificio eucaristico sentano la sollecitudine di tutta la chiesa per tutta l'umanità. Specialmente i sacerdoti che si trovano in aree a minoranza cristiana debbono essere mossi da singolare zelo e impegno missionario: il Signore affida loro non solo la cura pastorale della comunità cristiana, ma anche e soprattutto l'evangelizzazione dei loro compatrioti che non fanno parte del suo gregge. Essi «non mancheranno di rendersi concretamente disponibili allo Spirito santo e al vescovo, per essere mandati a predicare il vangelo oltre i confini del loro paese. Ciò richiederà in essi non solo maturità nella vocazione, ma pure una capacità non comune di distacco dalla propria patria, etnia e famiglia, e una particolare idoneità a inserirsi nelle altre culture con intelligenza e rispetto». (136)

68. Nell'enciclica Fidei donum Pio XII con intuito profetico incoraggiò i vescovi a offrire alcuni dei loro sacerdoti per un servizio temporaneo alle chiese d'Africa, approvando le iniziative già esistenti in proposito. A venticinque anni di distanza volli sottolineare la grande novità di quel documento, «che ha fatto superare la dimensione territoriale del servizio presbiterale, per destinarlo a tutta la chiesa». (137) Oggi risultano confermate la validità e la fruttuosità di questa esperienza: infatti, i presbiteri detti Fidei donum evidenziano in modo singolare il vincolo di comunione tra le chiese, danno un prezioso apporto alla crescita di comunità ecclesiali bisognose, mentre attingono da esse freschezza e vitalità di fede. Occorre certo che il servizio missionario del sacerdote diocesano risponda ad alcuni criteri e condizioni. Si devono inviare sacerdoti scelti tra i migliori, idonei e debitamente preparati al peculiare lavoro che li attende. (138) Essi dovranno inserirsi nel nuovo ambiente della chiesa che li accoglie con animo aperto e fraterno e costituiranno un unico presbiterio con i sacerdoti locali, sotto l'autorità del vescovo. (139) Auspico che lo spirito di servizio aumenti in seno al presbiterio delle chiese antiche e sia promosso in quello delle chiese più recenti.

La fecondità missionaria della consacrazione

69. Nell'inesauribile e multiforme ricchezza dello Spirito si collocano le vocazioni degli istituti di vita consacrata, i cui membri, «dal momento che si dedicano al servizio della chiesa in forza della loro stessa consacrazione, sono tenuti all'obbligo di prestare l'opera loro in modo speciale nell'azione missionaria, con lo stile proprio dell'istituto». (140) La storia attesta le grandi benemerenze delle famiglie religiose nella propagazione della fede e nella formazione di nuove chiese: dalle antiche istituzioni monastiche agli ordini medioevali, fino alle moderne congregazioni.

a) Seguendo il concilio, invito gli istituti di vita contemplativa a stabilire comunità presso le giovani chiese, per rendere «tra i non cristiani una magnifica testimonianza della maestà e della carità di Dio, come anche dell'unione che si stabilisce nel Cristo». (141) Questa presenza è dappertutto benefica nel mondo non cristiano, specialmente in quelle regioni, dove le religioni hanno in grande stima la vita contemplativa per l'ascesi e la ricerca dell'Assoluto.

b) Agli istituti di vita attiva addito gli immensi spazi della carità, dell'annunzio evangelico, dell'educazione cristiana, della cultura e della solidarietà verso i poveri, i discriminati, gli emarginati e oppressi. Tali istituti, tendano o meno a un fine strettamente missionario, si devono interrogare circa la loro possibilità e disponibilità a estendere la propria azione per espandere il regno di Dio. Questa richiesta è stata accolta nei tempi più recenti da non pochi istituti, ma vorrei che fosse meglio considerata e attuata per un autentico servizio. La chiesa deve far conoscere i grandi valori evangelici di cui è portatrice, e nessuno li testimonia più efficacemente di chi fa professione di vita consacrata nella castità, povertà e obbedienza, in totale donazione a Dio e in piena disponibilità a servire l'uomo e la società sull'esempio di Cristo. (142)

70. Una speciale parola di apprezzamento rivolgo alle religiose missionarie, nelle quali la verginità per il regno si traduce in molteplici frutti di maternità secondo lo spirito: proprio la missione ad gentes offre loro un campo vastissimo per «donarsi con amore in modo totale e indiviso». (143) L'esempio e l'operosità della donna vergine, consacrata alla carità verso Dio e verso il prossimo, specie il più povero, sono indispensabili come segno evangelico presso quei popoli e culture in cui la donna deve ancora compiere un lungo cammino in ordine alla sua promozione umana e liberazione. Auguro che molte giovani donne cristiane sentano l'attrattiva di donarsi a Cristo con generosità, attingendo dalla loro consacrazione la forza e la gioia per testimoniarlo tra i popoli che lo ignorano.

Tutti i laici sono missionari in forza del battesimo

71. I pontefici dell'età più recente hanno molto insistito sull'importanza del ruolo dei laici nell'attività missionaria. (144) Nell'esortazione Christifideles laici anch'io ho trattato esplicitamente della «missione permanente di portare il vangelo a quanti e sono milioni e milioni di uomini e di donne - ancora non conoscono Cristo redentore dell'uomo» (145) e del corrispondente impegno dei fedeli laici. La missione è di tutto il popolo di Dio: anche se la fondazione di una nuova chiesa richiede l'eucaristia e, quindi, il ministero sacerdotale, tuttavia la missione, che si esplica in svariate forme, è compito di tutti i fedeli. La partecipazione dei laici all'espansione della fede risulta chiara, fin dai primi tempi del cristianesimo, a opera sia di singoli fedeli e famiglie, sia dell'intera comunità. Ciò ricordava già Pio XII, richiamando nella prima enciclica missionaria le vicende delle missioni laicali. (146) Nei tempi moderni non è mancata la partecipazione attiva dei missionari laici e delle missionarie laiche. Come non ricordare l'importante ruolo svolto da queste, il loro lavoro nelle famiglie, nelle scuole, nella vita politica. sociale e culturale e, in particolare, il loro insegnamento della dottrina cristiana? Bisogna anzi riconoscere - ed è un titolo di onore che alcune chiese hanno avuto inizio grazie all'attività dei laici e delle laiche missionarie. Il Vaticano II ha confermato questa tradizione, illustrando il carattere missionario di tutto il popolo di Dio in particolare l'apostolato dei laici (147) e sottolineando il contributo specifico che essi son chiamati a dare nell'attività missionaria. (148) La necessità che tutti i fedeli condividano tale responsabilità non e solo questione di efficacia apostolica, ma è un dovere-diritto fondato sulla dignità battesimale per cui «i fedeli partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio - sacerdotale profetico e regale di Gesù Cristo». (149) Essi, perciò, «sono tenuti all'obbligo generale e hanno diritto di impegnarsi, sia come singoli, sia riuniti in associazioni, perché l'annunzio della salvezza sia conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancor di più in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro». (150) Inoltre, per l'indole secolare. che è loro propria, hanno la particolare vocazione a «cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio». (151)

72. I settori di presenza e di azione missionaria dei laici sono molto ampi. «Il primo campo... è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale dell'economia...» (152) sul piano locale, nazionale e internazionale. All'interno della chiesa si presentano vari tipi di servizi, funzioni, ministeri e forme di animazione della vita cristiana. Ricordo, quale novità emersa in non poche chiese nei tempi recenti, il grande sviluppo dei «movimenti ecclesiali», dotati di dinamismo missionario. Quando si inseriscono con umiltà nella vita delle chiese locali e sono accolti cordialmente da vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali, i movimenti rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana e all'evangelizzazione, in una visione pluralistica dei modi di associarsi e di esprimersi. Nell'attività missionaria sono da valorizzare le varie espressioni del laicato, rispettando la loro indole e finalità: associazioni del laicato missionario, organismi cristiani di volontariato internazionale, movimenti ecclesiali, gruppi e sodalizi di vario genere siano impegnati nella missione ad gentes e nella collaborazione con le chiese locali. In questo modo sarà favorita la crescita di un laicato maturo e responsabile, la cui «formazione... si pone nelle giovani chiese come elemento essenziale e irrinunciabile della plantatio ecclesiale». (153)

L'opera dei catechisti e la varietà dei ministeri

73. Tra i laici che diventano evangelizzatori si trovano in prima fila i catechisti. Il decreto missionario li definisce «quella schiera degna di lode, tanto benemerita dell'opera missionaria tra le genti... Essi, animati da spirito apostolico e facendo grandi sacrifici, danno un contributo singolare e insostituibile alla propagazione della fede e della chiesa». (154) Non è senza ragione che le chiese di antica data, impegnandosi nella nuova evangelizzazione, abbiano moltiplicato i catechisti e intensificato la catechesi. «Sono i catechisti in terra di missione coloro che meritano, in modo tutto speciale, questo titolo di "catechisti"... chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate senza di loro». (155) Anche col moltiplicarsi dei servizi ecclesiali ed extraecclesiali il ministero dei catechisti rimane sempre necessario e ha peculiari caratteristiche: i catechisti sono operatori specializzati. testimoni diretti. evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane, specie nelle giovani chiese, come ho più volte affermato e constatato nei miei viaggi missionari. Il nuovo codice di Diritto canonico ne riconosce i compiti, le qualità, i requisiti. (156) Ma non si può dimenticare che il lavoro dei catechisti si va facendo sempre più difficile e impegnativo per i cambiamenti ecclesiali e culturali in corso. Vale ancor oggi quanto già suggeriva il concilio: una più accurata preparazione dottrinale e pedagogica, il costante rinnovamento spirituale e apostolico, la necessità di «garantire un decoroso tenore di vita e di sicurezza sociale» ai catechisti. (157) È importante, altresì, favorire la creazione e il potenziamento delle scuole per catechisti, che, approvate dalle Conferenze episcopali, rilascino titoli ufficialmente riconosciuti da queste ultime. (158)

74. Accanto ai catechisti bisogna ricordare le altre forme di servizio alla vita della chiesa e alla missione, e gli altri operatori: animatori della preghiera, del canto e della liturgia; capi di comunità ecclesiali di base e di gruppi biblici; incaricati delle opere caritative; amministratori dei beni della chiesa; dirigenti dei vari sodalizi apostolici; insegnanti di religione nelle scuole. Tutti i fedeli laici debbono dedicare alla chiesa parte del loro tempo, vivendo con coerenza la propria fede.

La Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e le altre strutture per l'attività missionaria

75. I responsabili e gli operatori della pastorale missionaria devono sentirsi uniti nella comunione che caratterizza il corpo mistico. Per questo Cristo ha pregato nell'ultima cena: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato». (Gv17,21) È in questa comunione il fondamento della fecondità della missione. Ma la chiesa è anche una comunione visibile e organica, e perciò la missione richiede pure una unione esterna e ordinata tra le diverse responsabilità e funzioni, in modo che tutte le membra «indirizzino in piena unanimità le loro forze all'edificazione della chiesa». (159) Spetta al dicastero missionario «dirigere e coordinare in tutto il mondo l'opera stessa dell'evangelizzazione dei popoli e la cooperazione missionaria, salva la competenza della Congregazione per le chiese orientali». (160) Per questo «è suo compito suscitare e distribuire, secondo i bisogni più urgenti delle regioni, i missionari..., elaborare un piano organico di azione, emanare norme direttive e principi adeguati in ordine all'evangelizzazione, dare l'impulso iniziale». (161) Non posso che confermare queste sagge disposizioni: per rilanciare la missione ad gentes occorre un centro di propulsione, di direzione e di coordinamento che è la Congregazione per l'evangelizzazione. Invito le Conferenze episcopali e i loro organismi, superiori maggiori degli ordini, congregazioni e istituti gli organismi laicali impegnati nell'attività missionaria a collaborare fedelmente con detta Congregazione, che ha l'autorità necessaria per programmare e dirigere l'attività e la cooperazione missionaria a livello universale. La medesima Congregazione, avendo alle spalle una lunga e gloriosa esperienza, è chiamata a svolgere un ruolo di primaria importanza sul piano della riflessione e dei programmi operativi, di cui la chiesa ha bisogno per orientarsi più decisamente verso la missione nelle sue varie forme. A questo fine, la Congregazione deve mantenere strette relazioni con gli altri dicasteri della Santa Sede, con le chiese particolari e con le forze missionarie. In un'ecclesiologia di comunione, in cui la chiesa è tutta missionaria, ma al tempo stesso si confermano sempre indispensabili vocazioni e istituzioni specifiche per il lavoro ad gentes rimane molto importante il ruolo di guida e di coordinamento del dicastero missionario per affrontare insieme le grandi questioni di comune interesse, salve le competenze proprie di ciascuna autorità e struttura.

76. Per l'indirizzo e il coordinamento dell'attività missionaria a livello nazionale e regionale rivestono grande importanza le Conferenze episcopali e i loro diversi raggruppamenti. A loro il concilio chiede di «trattare in pieno accordo le questioni più gravi e i problemi più urgenti, senza trascurare però le differenze tra luogo e luogo», (162) nonché il problema dell'inculturazione. Di fatto, c'è già un'ampia e regolare azione in questo campo e i frutti sono visibili. È un'azione che deve essere intensificata e meglio raccordata con quella di altri organismi delle stesse Conferenze affinché la sollecitudine missionaria non sia demandata alla cura di un dato settore od organismo, ma sia condivisa da tutti. Gli stessi organismi e Istituzioni, che attendono all'attività missionaria, colleghino opportunamente sforzi e iniziative. Le Conferenze dei superiori maggiori, poi, abbiano questo stesso impegno nel loro ambito, in contatto con le Conferenze episcopali, secondo le indicazioni e norme stabilite, (163) ricorrendo anche a commissioni miste. (164) Sono, infine, auspicabili incontri e forme di collaborazione tra le varie istituzioni missionarie per quanto riguarda sia la formazione e lo studio, (165) sia l'azione apostolica da svolgere

 

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