III. I CRISTIANI DINNANZI AI NUOVI PROBLEMI

42. Davanti a tante nuove questioni, la chiesa fa uno sforzo di riflessione per rispondere, nell’ambito che le è proprio, alla attesa degli uomini. Se oggi i problemi appaiono inediti per la loro ampiezza e per la loro urgenza, è forse l’uomo incapace di risolverli? Con tutta la sua dinamica l’insegnamento sociale della chiesa accompagna gli uomini nella loro ricerca. Se esso non interviene per autenticare una data struttura o per proporre un modello prefabbricato, non si limita neppure a richiamare alcuni principi generali: esso si sviluppa attraverso una riflessione condotta a contatto delle situazioni mutevoli di questo mondo, sotto l’impulso del vangelo come fonte di rinnovamento, allorché si accetta il suo messaggio nella sua totalità e nelle sue esigenze. Si sviluppa altresì mediante la sensibilità propria della chiesa, sensibilità rafforzata da una volontà disinteressata di servizio e dall’attenzione ai più poveri. Attinge infine ad una ricca esperienza secolare che gli permette di assumere, nella continuità delle sue preoccupazioni permanenti, l’innovazione ardita e creatrice, richiesta dalla presente situazione del mondo.

Per una più grande giustizia

43. Resta ancora da instaurare una più grande giustizia nella ripartizione dei beni, sia all’interno delle comunità nazionali che sul piano internazionale. Negli scambi mondiali, bisogna superare i rapporti di forza, per giungere ad accordi fondati sulla comune utilità. I rapporti di forza, infatti, non hanno mai garantito la giustizia in modo durevole e vero, anche se in certi momenti l’alternarsi delle posizioni può spesso permettere di trovare condizioni più facili di dialogo. L’uso della forza provoca l’intervento di forze contrarie, donde un clima di lotte che sfociano in situazioni estreme di violenza e in abusi. Ma il dovere più importante della giustizia, e noi l’abbiamo spesso affermato, è di consentire a ogni paese di promuovere il proprio sviluppo nel quadro di una cooperazione esente da qualunque spirito di dominio, economico e politico. Certamente è grande la complessità dei problemi sollevati nell’intrecciarsi attuale delle interdipendenze; bisogna anche avere il coraggio d’iniziare una revisione dei rapporti tra le nazioni (divisione internazionale della produzione, struttura degli scambi, controllo dei profitti, sistema monetario, senza dimenticare le azioni di solidarietà umana), di mettere in questione i modelli di crescita delle nazioni ricche, di trasformare le mentalità per aprirle alla priorità del dovere internazionale, di rinnovare gli organismi internazionali in vista di una maggiore efficienza.

44. Sotto la spinta dei nuovi sistemi di produzione si fendono le frontiere nazionali e si vedono apparire nuove potenze economiche, le imprese multinazionali, che per la concentrazione e la flessibilità dei loro mezzi possono applicare strategie autonome, in gran parte indipendenti dai poteri politici nazionali, e perciò senza controllo dal punto di vista del bene comune. Estendendo le loro attività, questi organismi privati possono condurre a una nuova forma abusiva di dominio economico, sul piano sociale, culturale e anche politico. La concentrazione eccessiva dei mezzi e dei poteri, già denunciata da Pio XI in occasione del quarantesimo anniversario della Rerum novarum, prende concretamente un nuovo volto.

Cambiamento dei cuori e delle strutture

45. Oggi gli uomini aspirano a liberarsi dal bisogno e dalla dipendenza. Ma questa liberazione s’inizia con la libertà interiore che essi devono recuperare dinanzi ai loro beni e ai loro poteri; essi mai vi riusciranno se non tramite un amore che trascenda l’uomo, e, di conseguenza, tramite una effettiva disponibilità al servizio. Altrimenti, e lo si vede fin troppo, anche le più rivoluzionarie ideologie otterranno soltanto un cambio di padroni: insediati a loro volta al potere, i nuovi padroni si circondano di privilegi, limitano le libertà e permettono che si instaurino altre forme di ingiustizia.

Così, molti cominciano a interrogarsi sul modello stesso di società. Nelle competizioni che le oppongono e le trascinano, l’ambizione di numerose nazioni è d’impadronirsi della potenza tecnologica, economica, militare; essa contrasta allora con l’assetto di strutture nelle quali il ritmo del progresso sia regolato in funzione di una più grande giustizia, invece di accentuare le disparità e di vivere in un clima di sfiducia e di lotta che compromette continuamente la pace.

Significato cristiano dell’azione politica

46. Non è forse qui che appare un limite radicale dell’ economia? L’attività economica, che è necessaria, può essere "sorgente di fraternità e segno della Provvidenza" se posta al servizio dell’uomo; essa è l’occasione di scambi concreti tra gli uomini, di diritti riconosciuti, di servizi resi, di dignità affermata nel lavoro. Terreno spesso di confronto e di dominio, essa può instaurare dialoghi e favorire cooperazioni. Tuttavia essa rischia di assorbire, se eccede, le forze e la libertà. È la ragione per cui si palesa necessario il passaggio dall’economia alla politica. È vero che sotto il termine "politica" sono possibili molte confusioni che devono essere chiarite; ma ciascuno sente che nel settore sociale ed economico, sia nazionale che internazionale, l’ultima decisione spetta al potere politico.

Codesto, in quanto è il vincolo naturale e necessario per assicurare la coesione del corpo sociale, deve avere per scopo la realizzazione del bene comune. Esso agisce, nel rispetto delle legittime libertà degli individui, delle famiglie e dei gruppi sussidiari, al fine di creare, efficacemente e a vantaggio di tutti, le condizioni richieste per raggiungere il vero e completo bene dell’uomo, ivi compreso il suo fine spirituale. Esso si muove nei limiti della sua competenza, che possono essere diversi secondo i paesi e i popoli; e interviene sempre nella sollecitudine della giustizia e della dedizione al bene comune, di cui ha la responsabilità ultima. Tuttavia non elimina così il campo d’azione e le responsabilità degli individui e dei corpi intermedi, onde questi concorrono alla realizzazione del bene comune. in effetti, " l’oggetto di ogni intervento in materia è di porgere aiuto ai membri del corpo sociale, non già di distruggerli o di assorbirli ". Conforme alla propria vocazione, il potere politico deve sapersi disimpegnare dagli interessi particolari per considerare attentamente la propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti, superando anche i limiti nazionali. Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli - locale, regionale, nazionale e mondiale - significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità. La politica è una maniera esigente - ma non è la sola - di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri. Senza certamente risolvere ogni problema, essa si sforza di dare soluzioni ai rapporti fra gli uomini. La sua sfera è larga e conglobante, ma non esclusiva. Un atteggiamento invadente, tendente a farne un assoluto, costituirebbe un grave pericolo. Pur riconoscendo l’autonomia della realtà politica, i cristiani, sollecitati ad entrare in questo campo di azione, si sforzeranno di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e il vangelo e di dare, pur in mezzo ad un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini.

Ripartizione delle responsabilità

47. Il passaggio alla dimensione politica esprime anche una richiesta attuale dell’uomo: una ripartizione più grande delle responsabilità e delle decisioni. Tale legittima aspirazione diventa più manifesta man mano che cresce il livello culturale e aumenta il senso della libertà, e l’uomo si rende meglio conto che, in un mondo aperto su un avvenire insicuro, le scelte d’oggi condizionano già la vita di domani. Nella Mater et magistra, Giovanni XXIII sottolineava che l’accesso alle responsabilità è una esigenza fondamentale dell’uomo, un esercizio concreto della sua libertà, una via per il suo sviluppo, e indicava come, nella vita economica e in particolare nella impresa, tale partecipazione alle responsabilità debba essere assicurata. Oggi la sfera è più vasta, estendendosi essa al settore sociale e politico dove deve essere istituita e intensificata una ragionevole partecipazione alle responsabilità e alle decisioni. Certo, le scelte proposte alla decisione sono sempre più complesse; molteplici le considerazioni da tener presenti, aleatoria la previsione delle conseguenze, anche se scienze nuove cercano di illuminare la libertà in questi momenti importanti. Tuttavia, sebbene talvolta si impongano dei limiti, questi ostacoli non devono rallentare una più diffusa partecipazione al formarsi delle decisioni, come alle stesse scelte e al loro tradursi in atto. Per creare un contrappeso all’invadenza della tecnocrazia, occorre inventare forme di moderna democrazia non soltanto dando a ciascun uomo la possibilità di essere informato e di esprimersi, ma impegnandolo in una responsabilità comune. I gruppi umani così si trasformano a poco a poco in comunità di partecipazione e di vita.

La libertà, che si afferma troppo spesso come rivendicazione di autonomia opponendosi alla libertà altrui, si sviluppa così nella sua realtà umana più profonda: impegnarsi e prodigarsi per costruire solidarietà attive e vissute. Ma, per il cristiano, è perdendosi in Dio che lo libera, che l’uomo trova una vera libertà, rinnovata nella morte e nella risurrezione di Gesù Cristo.

 

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