CATECHISMO E CARITÀ (1)

L'Opera della Divina Provvidenza è cominciata sette anni fa in un giorno di quaresima, e propriamente con un po' di Catechismo ad un ragazzo che piangeva, fuggito d’in chiesa.

Quel figliuolo divenne poi buono e più cristiano, ed ora, benché soldato, ricorda ancora con piacere quel giorno tempestoso e felice per lui.

Ma e dopo lui quanti figliuoli col Catechismo e colla grazia del Signore divennero più buoni e più cristiani!

Ah l'efficacia del Catechismo! Sapete o figliuoli, che cosa sia e che cosa importi il Catechismo? Gesù trasformò da capo a fondo la società: la trasformò nelle idee, nei costumi, nelle leggi, in tutto.

E con qual mezzo visibile? Con un mezzo semplicissimo. Udite. Chiamò intorno a sé dodici poveri pescatori e, dopo avere per tre anni scritto il Catechismo nella loro mente e nel loro cuore, disse: "Andate, ammaestrate tutti i popoli: insegnate loro ciò che io ho insegnato a voi, e i vostri successori proseguano l'opera vostra fino al termine de' tempi".

E così fecero, e il mondo divenne cristiano.

Ed oggi che fa la Chiesa? Mette in mano de' suoi Missionari la Croce, e nell'altra un piccolo libro, il Catechismo, e li manda in mezzo ai barbari, ai selvaggi e i barbari e i selvaggi entrano a migliaia sotto le pacifiche tende della Chiesa.

Il mondo fu convertito e si converte colla grazia divina e col Catechismo.

Come il Cristianesimo nacque e si stabilì colla predicazione semplice e pura del Vangelo, ossia col Catechismo, così lo dobbiamo conservare e ravvivare fra i popoli

O figliuoli, pregate! - Alla vostra preghiera la dottrina di Gesù rientrerà ancora nelle famiglie e nelle scuole come il primo elemento di educazione morale, come l'insegnamento più necessario e base d'ogni altro.

Pregate, o padri e madri, pregate! La gioventù nostra, massime delle città, fuorvia spaventosamente; ma alla vostra voce il Signore avrà pietà di tanti poveri illusi! Avrà pietà delle lagrime della sua Chiesa, ché, novella Rachele, piange desolata la strage di tanti figli traviati e miseramente travolti nell'empietà!

Volete forse il segreto per guadagnarvi l'affetto e trascinarvi dietro le turbe dei ragazzi? - Eccovelo, il grande segreto: vestite la carità di Gesù Cristo!

Per piantare e tener viva l'opera del Catechismo una cosa sola basta: - la carità viva di Gesù! Tutti gli ostacoli cadono, tutto si ottiene, quando chi fa il Catechismo ha la carità di Gesù Cristo.

Se sarete scelti all'alto privilegio di aiutare il vostro parroco a fare il Catechismo, domandate al Signore che vi dia carità grande. Quella carità paziente e benigna, umile, garbata, che tutto soffre, tutto spera, tutto sostiene, e non viene mai meno.

Ripieni di questa carità, andate in cerca dei fanciulli che la domenica specialmente vanno errando per le vie e per le piazze, guadagnateli con questa carità: non stancatevi mai, dissimulate i difetti, sappiate soffrire e compatire tanto.

Abbiate un sorriso, una parola soave, amabile per tutti, senza differenze, o figli miei, fatevi tutti a tutti per portare tutte le anime a Gesù. Siate pronti per un'anima a dare la vita e a dare mille vite per un'anima! Colla dolcezza di Gesù voi, o cari figliuoli, vincerete e guadagnerete tutti i fanciulli del vostro paese.

La carità del Signore Nostro Crocifisso, ecco il segreto, o anime dei miei figlie de' miei fratelli, ecco l'arte di tirare a noi, di toccare i cuori, di convertire, di illuminare e di educare i fanciulli, speranza dell'avvenire e delizia del Cuore di Dio!

Carità viva! carità grande! carità sempre! e rinnoveremo la gioventù! Oh quanti poveri figliuoli ho conosciuto sviati, disonesti, arrabbiati contro noi preti... che ci odiavano senza conoscerci,... giovani creduti incorreggibili. eppure non avevano bisogno che d'una buona parola, d'una parola santa di carità, di uno sguardo dolce per essere vinti...

Carità viva! carità grande! carità sempre! Colla carità faremo tutto, senza carità faremo niente!

Oh vieni! o carità santa e ineffabile di Gesù e vinci e guadagna il cuore di tutti e vivi grande e affocata nella povera anima mia!

 

DIO E MIA MADRE (2)

Dio e mia madre! Ecco i due grandi pensieri che sono la luce, la guida, il freno delle giovinezze non ancora corrotte.

Ma ogni giovane deve un giorno uscire dalla famiglia per entrare nella società. In quel giorno difficile egli deve trovarsi di fronte ad uomini che gli parlano un linguaggio tutto opposto a quello udito nella famiglia o nel collegio cristiano dove venne educato; uomini che disprezzano tutto ciò che la madre e il prete gli hanno insegnato a stimare. Questi uomini, le loro massime, i loro esempi, la loro influenza il loro disprezzo, sono ciò che si chiama il mondo.

Allora bisogna che ognuno faccia la sua scelta. O vincere il rispetto umano, e seguire, miei cari giovani, il primo amico della nostra infanzia, Gesù, che ci addita la via della croce, - o soffocare la voce della coscienza e mettersi nelle vie del mondo.

Moltissimi abbracciano il secondo partito. Perché? Perché Gesù Cristo impone una legge d'umiltà e di mortificazione, e promette una felicità futura, mentre il mondo promette una libertà senza confini e una felicità presente.

A seguir il mondo, se lo seguite, avrete grande libertà di mente, non avrete il disturbo di tanti pensieri dell’anima. Avrete una grande libertà di vita; non avrete l'incomodo di tanti doveri che la religione impone. Avrete una gran libertà di soddisfazioni; giacché mentre Gesù Cristo ci dice che chiunque fa un peccato commette un'iniquità, il mondo ci assicura che anche facendo ciò che il Vangelo chiama peccato si può essere uomini onesti e camminare a fronte alta.

Ecco le promesse del mondo. Ma è poi vero che si ottengano questa felicità e questa libertà? Ah no, figliuoli miei, no!

Vedete, io ne ho conosciuti tanti ragazzi! Erano buoni e mi volevano bene, e nel Signore anch'io volevo bene a loro, ed erano felici. Poi è venuto come un soffio arido e vari se ne sono andati, perduti tra la folla, in cerca di una vaga e ben diversa felicità, poveri figli! Ed ora, ogni tanto, qualcuno, disilluso e pentito, si ricorda del tempo felice e scrive... e sono lettere che fanno piangere, poveri e cari i miei antichi ragazzi!

E vero che sulle prime, al giovane che si abbandona alle sue passioni par di respirare più liberamente. Non sente più i legami dei precetti di Dio e delle osservanze della Chiesa, e questo gli pare un grande acquisto, come al puledro che ha rotto la cavezza pare gran diletto correre all’impazzata, calpestando ogni erba e ogni fiore. Ma poi? Poi, bisogna cadere sotto una servitù peggiore della prima. Gesù Cristo è un Padre, ma il mondo è un tiranno e ci tratta da tiranno

Perciò il giovane che, ribellandosi alla fede dei suoi padri, credeva d'aver guadagnata la sua indipendenza, presto cadrà nelle mani di perversi compagni che lo domineranno; e bisognerà che pensi come essi pensano, che vada dove essi vanno, spenda come essi spendono... Maledirà il suo giogo, ma bisognerà portarlo.

Ecco la libertà che ha guadagnato!

Oh, Dio vi liberi, miei giovani, dalla libertà e dalla felicità che questo mondo sciagurato promette!

Bisognerebbe vedeste al letto di morte come esso mantenga le sue promesse!

Ricordo la morte di un giovane che avrebbe potuto diventare un valentissimo letterato, e invece scrisse soltanto per bestemmiare ed offendere i buoni costumi. Avvicinandosi alla sua fine precoce, sentiva il bisogno dell'antica sua fede, ed esclamava:

"Dei miei semplici padri, antico Iddio

Dio di mia madre, in cui fanciullo anch'io

innocente sperai!".

Ma, infelice, non ebbe poi tanta virtù da romperla col mondo. Ebbene? Ebbene, sentite. "Non si potranno mai dire - scrive nella prefazione ai suoi versi un suo amico - le profonde disperazioni di quell'anima: la sua agonia fu orribile, straziante".

Morì disperando.

Che giova dunque, o miei figli, abbandonare Gesù Cristo per credere al mondo?

 

UNA PICCOLA PAROLA ILLUMINA IL CAMMINO (3)

Fiat! E’ una piccola parola, dolce ricovero innalzato dal buon Dio in mezzo a questo deserto così arido e difficile da attraversare, che si chiama la vita.

Fiat! Esprime l'atto del fanciullo che si getta con amore sul seno del padre finché passa l'uragano: l'atto del povero abbandonato che, dopo lunghi anni di vita triste e solitaria, ritrova la sua madre; l'atto dell'esiliato che, ricondotto sotto il tetto della sua infanzia, e rivedendo commosso tutto ciò che egli ha amato, non sa altro ripetere che: lo qui voglio morire!

Fiat! Pronunciatela questa parola, cuori spezzati dalla sofferenza e dalla lotta, o straziati dalla sofferenza dei vostri più cari, e sarà per voi un balsamo che vi guarirà.

Fiat! Pronunciate questa parola, cuori rattristati dalla solitudine, scoraggiati per l'abbandono, e sarà per voi l'amico che consola, l'appoggio che sostiene!

Fiat! Pronunciate questa parola, cuori timidi, che siete incerti sulla strada da scegliere e non sapete a chi indirizzarvi, e per voi sarà la luce che vi mostrerà il cammino.

Fiat! Pronunciate questa parola, o voi che volete allontanare da coloro che amate il timore che li agita od il male che li minaccia, ed essa li ospiterà sotto le sue ali, e l'uragano passerà senza toccarli.

Fiat! Pronunciatela questa soave parola, o figli e amici miei, pronunciatela ad ogni respiro, ad ogni battito del cuore, ad ogni movimento delle labbra. Dio la comprenderà sempre nel modo in cui volete ch'egli la comprenda, ora come preghiera, ora come atto di fede, nel dubbio, come atto di speranza nel timore, e sempre come atto di amore.

Fiat! Questa parola non si può dire che a Voi, o mio Dio, perché a Voi solo possiamo pienamente confidarci, dedicarci, abbandonarci, interamente.

Fiat! Nelle vostre mani dunque, nelle vostre mani, o mio Dio!

Fiat! Fiat! In questi giorni di mortale tristezza, io ve la grido dal fondo dell'anima desolata, m'inabisso in questa parola suprema con tutto ciò che più amo: Fiat! Fiat!

Lavorate, lavorate questo fango, o mio Dio, dategli una forma e poi spezzatela ancora: essa è vostra e di chi fa per Voi, e non avrà mai più nulla a ridire. O quanti sforzi, o Signore, per arrivare sino a questo punto! Quanto di umano si è dovuto abbattere e calpestare! Ora vi ringrazio dal profondo del cuore!

Fiat! Fiat! Sofferente, innalzato, abbassato, utile a qualche cosa od inutile a tutti, io vi adorerò sempre e sarò sempre vostro, o mio Dio! Nessuno mi staccherà da Voi!

Nelle gioie e nei dolori sarò sempre tuo, o dolcissimo mio amore Gesù.

Solitario ed ignorato, come il fiore del deserto, errante come l'uccello senza nido, sempre, sempre, Signore e Amore soavissimo dell'anima mia, uscirà dalle mie labbra la parola sottomessa di quella che mi hai dato per Madre: Fiat! Fiat!

Sia fatto di me secondo la tua parola!

 

LAVORARE CERCANDO DIO SOLO (4)

Ieri mi trovavo nella camera di un buon prete e là mi cadde lo sguardo su queste parole: Dio solo!

Il mio sguardo in quel momento era pieno di stanchezza e di dolore, e la mente ripensava a tante giornate piene di affanno come quelle di ieri, e sopra il turbinio di tante angosce, e sopra il suono confuso di tanti sospiri, mi pareva fosse la voce affabile e buona del mio angelo: Dio solo!, anima sconsolata, Dio solo!

Su d'una finestra c'era una pianta di ciclamini, più avanti un corridoio e alcuni preti piamente a meditare e più avanti un crocifisso, un caro e venerato crocifisso che mi ricordava anni belli e indimenticabili, e lo sguardo pieno di pianto andò a finire là ai piedi del Signore. E mi pareva che l'anima si rialzasse, e che una voce di pace e di conforto scendesse da quel cuore trafitto, e mi invitasse a salire in alto, a confidare a Dio i miei dolori e a pregare.

Che silenzio dolce e pieno di pace... ! e nel silenzio Dio solo! andavo ripetendo tra me Dio solo!

E mi pareva sentire come un'atmosfera benefica e calma attorno alla mia anima!... E allora vidi dietro di me la ragione delle pene presenti: vidi che invece di cercare nel mio lavoro di piacere a Dio solo era da anni che andavo mendicando la lode degli uomini, ed ero in una continua ricerca, in un continuo affanno di qualcuno che mi potesse vedere, apprezzare, applaudire, e conclusi tra me: bisogna cominciare vita nuova anche qui: lavorare cercando Dio solo!

Lavorare sotto lo sguardo di Dio, di Dio solo! oh! sì c'è in queste parole tutta a regola nuova di vita, v'è tutto ciò che basta per l'Opera della Divina Provvidenza: lo sguardo di Dio!

Bisogna incominciare vita nuova, e bisogna incominciare da qui: lavorare cercando Dio solo! Lavorare sotto lo sguardo di Dio! di Dio solo!

Lo sguardo di Dio è come una rugiada che fortifica, è come un raggio luminoso che feconda e dilata: lavoriamo dunque senza chiasso e senza tregua, lavoriamo allo sguardo di Dio, di Dio solo!

Lo sguardo umano è raggio cocente che fa impallidire i colori anche i più resistenti: sarebbe pel nostro caso come il soffio gelato del vento che piega, curva, guasta il gambo ancor tenero di questa povera pianticella.

Ogni azione fatta per far chiasso e per essere visti, perde la sua freschezza agli occhi del Signore: è come un fiore passato per più mani e che è appena presentabile.

O povera Opera della Divina Provvidenza, sii il fiore del deserto che cresce, si apre, fiorisce, perché Dio glielo ha detto, e che non si altera, se l'uccello che passa lo scorge, o se il vento che soffia disperde le sue foglie appena formate.

Per l'anima nostra e per tutta la nostra vita: Dio solo! Dio solo! La solitudine senza Dio farà riposare lo spirito, ma inasprisce il cuore: è una pianura fiorita ed odorosa, ma che non ha se non un sole pallido e mortuario. La solitudine invece con Dio è atmosfera tiepida e dolce che sola sa guarire gli strazi del cuore!

Dio solo! oh com'è utile e consolante il volere Dio solo per testimonio! Dio solo, è la santità nel suo grado più elevato! Dio solo, è la sicurezza meglio fondata di entrare un giorno nel cielo.

Dio solo, figli miei, Dio solo!

 

COME UN'ONDA DI BALSAMO

LA VOCE CHE INVITA A PREGARE, AD AMARE (5)

Per tutta Italia, come, del resto, pel mondo, è impegnata una mischia fatale di principi diversi, donde dipenderà l'avvenire di questa nostra cara terra così bella, e pur tante volte così infelice.

La Chiesa è sicura della vittoria, perché lo ha detto il Signore, ma Iddio vuole sia vittoria guadagnata da tutti i suoi figli. L'arma migliore, e che tutti possiamo adoprare, è ancora ed è sempre la preghiera. Il frastuono degli uomini, che non comprendono le cose dello spirito, non arrivi mai, o dolci fratelli, a soffocare il cantico soavissimo delle anime nostre. Anzi, all'urlo degl'insani, che mirano ad accendere l'odio nel cuore, del popolo, opponiamo l'armonia e la carità delle nostre preghiere.

"Preghiamo dunque, o fratelli; accorriamo ai piedi della Vergine, donde si spargono su tutta la terra le acque vive della pietà e dell'amore soavissimo di Dio. Venite ai piedi della Madonna, anime oppresse dal dolore e minacciate da sventure. Venite a Lei, che è la mitezza, la mansuetudine, la grazia, la Madre della divina misericordia!

La voce, che ci invita a levare i cuori in alto, a pregare, ad amare la Madonna, è sempre come un'onda di balsamo... E’ la voce della civiltà, che si nutre di amore e vive di gentili costumi; è la voce della carità, la quale annuncia alle genti non essere spenta la fiamma accesa da Gesù fra gli uomini; anzi è la voce viva e vera anche dell'umanità, poiché non è possibile che l'uomo trascini la vita tra gli studi dell'odio, tra la violenza delle passioni, fra i truci propositi della distruzione e della morte.

Su dunque, preghiamo la Madonna! Stringiamoci attorno agli altari della nostra santissima e carissima Madre del Paradiso, e preghiamo!

Allora sì che il Signore sarà con noi, e la vittoria rimarrà non alla prepotenza della forza o dell'empietà, ma alla fede operosa come ha promesso il Signore.

 

FRATE ROMUALDO AGNELLO DELLA DIVINA PROVVIDENZA (6)

E ora fra Romualdo dorme là nella sua povera cella vestito come sogliono gli Eremiti nei dì della festa con la sua pazienza bianca, con la sua pellegrina bianca, come colui che sta per intraprendere un lungo cammino.

Il capo ha appoggiato su d'una pietra e i piedi sono nudi, come piaceva a lui: le braccia in croce sul petto, e le mani stringono il Crocifisso e la sua corona; gli abbiamo messo un ramo di gigli freschi sul petto: stanno così bene insieme i gigli e fra Romualdo!

E’ là che dorme nella pace di Dio il santo Eremita! e più si guarda e più sembra sorridere, coi suoi occhi azzurri che sanno tanto di cielo; sorride dolcissimamente come fanno i santi.

Caro Romualdo, riposa in pace! Noi pregheremo per te, ma non ci contentiamo di piangere e di pregare: noi sentiamo di poter già, privatamente, raccomandarci a te come a un santo, poiché, se per te è compiuto il mistero della vita di grazia, incomincia ora per te, com'è da sperare, il mistero della vita di gloria.

Noi preghiamo per te; pregheremo per te sempre, pregheremo tutti e per tutto ove sei stato.

La tua beata morte sarà stimolo a molte opere sante e farà dei santi.

Per ora non posso dire di più, ma confido che coll'uscire dalla vita presente il nostro caro fra Romualdo stia per incominciare, anche qui in terra, una seconda vita: e questo è proprio dei servi di Dio. Essi vivono non solo nel cuore dei loro devoti; ma vivono ancora coi loro esempi vivono coi frutti sempre nuovi delle loro opere, vivono negli Istituti in cui vissero con la soavità delle loro virtù, e vivono altresì per le grazie che ottengono da Dio a chi ha molta fede in loro; e ciò è secondo il misterioso ordinamento della eterna Sapienza.

E così, o figli miei e amici, il dolce nodo onde sono unite la Chiesa militante e la trionfante, si mantiene saldo, e l'amore tra chi soffre in terra e chi gode in cielo, si alimenta e s'accresce.

Frate Romualdo, agnello della Divina Provvidenza, prega per noi!

 

DUE ANGELI FACEVANO DA TESTIMONI (7)

... Dio mio! che momento fu mai quello!

Mi strinsi in ginocchio davanti al Santo Padre: Gli strinsi e baciai i piedi benedetti: trassi di tasca un libretto che i piccoli Figli della Divina Provvidenza conosceranno, e che io già avevo portato meco, presentendo la grazia: apersi là dov'è la formula dei santi voti, e dove, avanti, avevo messo già il segno.

Ma in quel momento sì solenne e santo, ricordai che sarebbero occorsi due testimoni, secondo le norme canoniche, e i testimoni mancavano poiché l'Udienza era privata.

Allora levai al S. Padre gli occhi, e osai dirgli: "Padre Santo, come Vostra Santità sa, ci vorrebbero due testimoni, a meno che la Santità Vostra si degnasse dispensare".

E il Papa, guardandomi dolcissimamente e con un sorriso celeste sulle labbra, mi disse:

"Da testimoni faranno il mio e il tuo Angelo Custode! ".

Oh felicità di Paradiso! Caro Signore Gesù, come mi avete confuso per quel po' di amore che, per grazia vostra, ho avuto a Voi e al vostro dolce Vicario in terra! Siatene benedetto in eterno, o mio Signore, siatene benedetto in eterno!

Prostrato dunque ai Piedi del S. Padre Pio X come ai piedi stessi di Nostro Signore Gesù Cristo: alla presenza di Dio Padre, Figliuolo e Spirito Santo: - invocata la mia dolce Madonna e Beatissima Madre nostra, la SS. Vergine Maria, Immacolata Madre di Dio: il glorioso San Michele Arcangelo: il carissimo mio San Giuseppe e i Beati Apostoli Pietro e Paolo, e tutti i Santi e tutti gli Angeli del Cielo, - ho emesso i miei voti religiosi perpetui, e una speciale e solenne promessa; un esplicito e vero giuramento di amore sino alla consumazione di me e di fedeltà eterna ai Piedi e nelle Mani del Vicario di Cristo.

E due Angeli facevano da testimoni, e l'Angelo stesso del nostro Santo Padre!

Mi chinai profondamente sino a terra, mentre il Papa stendeva la Sua mano benedicente sulla povera mia testa, e io la sentivo la Benedizione Apostolica scendere e avvolgermi tutto e dentro e fuori, come se Dio discendesse su di me, mentre la voce soavissima e santa del Papa continuava ancora in una ben grande e consolantissima e amplissima benedizione!

O Signore, quanto siete mai buono, caro Signore! Sia tutto a onore e gloria vostra!

Benedetto sia il Signore per tutti i giorni!

Confirma hoc Deus, quod operatus es in nobis: Alleluja!

Miei figliuoli, lodiamo il Signore: Alleluja!... Alleluja!

E la sua misericordia, che dalle nubi discende sino alle minime creature, confermi quello che Egli ha operato.

 

NON PER I GIUSTI, MA PER I PECCATORI (8)

Fine del sacerdozio è di salvare le anime e di correre dietro, specialmente, a quelle che, allontanandosi da Dio si vanno perdendo. Ad esse devo una preferenza, non di tenerezza, ma di paterno conforto e di aiuto al loro ritorno, lasciando, se necessario, le altre anime meno bisognose di assistenza.

Gesù non venne per i giusti, ma per i peccatori.

Preservatemi dunque, o mio Dio, dalla funesta illusione, dal diabolico inganno che io prete debba occuparmi solo di chi viene in chiesa e ai sacramenti, delle anime fedeli e delle pie donne.

Certo, il mio ministero riuscirebbe più facile, più gradevole, ma io non vivrei di quello spirito di apostolica carità verso le pecorelle smarrite, che risplende in tutto il Vangelo.

Solo quando sarò spossato e tre volte morto nel correre dietro ai peccatori, solo allora potrò cercare qualche po' di riposo presso i giusti.

Che io non dimentichi mai che il ministero a me affidato è ministero di misericordia, e usi coi miei fratelli peccatori un po' di quella carità infaticata, che tante volte usaste verso l'anima mia, o gran Dio.

 

CORAGGIO, FRATELLI: CRISTO AVANZA! (9)

Verrà il giorno in cui le nazioni, strette attorno a Cristo, si sentiranno sorelle! Dalla Pentecoste in poi le nazioni divise tendono verso l'unità, e vi giungeranno; ma pel Signore e Dio nostro Gesù Cristo.

CRISTO AVANZA!

Chi è che non veda come si vada preparando il terreno al più grande trionfo di Cristo, all'unificazione spirituale di tutto il mondo sotto la Croce?

Quest'ora non poteva compiersi in un giorno, doveva essere l'opera dei secoli, doveva essere il cammino perenne della Chiesa, la quale risplende e vive della vita del suo Cristo, affinché tutto l'universo sia un solo ovile, sotto la guida di un solo Pastore.

CRISTO AVANZA!

Una sarà allora la parola, uno il pensiero, uno il palpito di tutti i secoli: Gesù Cristo! Una sarà la fede, uno il battesimo, uno il Pastore: Cristo nel suo Vicario, il Papa!

L'opera di Cristo, l'opera per cui Egli nacque, visse e mori: l'opera che Egli fece ed espresse con l'esempio, con le parole, coi prodigi, coi Sacramenti, con la Chiesa, col sacrificio divino e perenne di Sé, questa è: che il genere umano, diviso da Dio e diviso in sé medesimo, si riunisca con Dio e con sé medesimo, nella Chiesa Santa di Gesù Cristo-Dio.

CRISTO AVANZA!

Egli ci redense nel dolore, e avanza a ricondurre il genere umano alla primitiva unità col dolore. E la vita della sua Chiesa, intanto che si ordina a una grande unificazione, è la continuazione della vita del Calvario, e rispecchia in se stessa Gesù Crocifisso, il suo dolore e il suo sacrificio.

CRISTO AVANZA!

E’ Lui stesso, che oggi ha preso in mano la sua causa e la causa dei popoli. E’ Lui, che combatte per la sua Chiesa facendo giustizia di tutti, che lo amareggiarono; di tutti che oggi o ieri avrebbero potuto e dovuto prendere le sue difese e quelle del dolce Cristo in terra, e non lo fecero. E’ Lui che ora combatte, ma perché Cristo è l'Agnello di Dio Egli vincerà nella misericordia!

Coraggio, dunque, o fratelli!

Gioite, ed elevate più alto ancora i vostri cuori e il grido: Sursum corda!

Esultate nella radiosa alba di Dio: il cielo si apre: Magister adest! Guardatelo: è Lui - Cristo avanza!

 

FRATELLI, CI VUOLE PIU’ FEDE! (10)

Più fede!

Fratelli, non siamo spiriti scoraggiati: abbiamo fede, più fede!

Che cosa manca un po' a tutti, a noi tutti, oggi, per adoprarci, nel nome di Dio e in unione con Cristo, a salvare il mondo e ad impedire che il popolo si allontani dalla Chiesa? Che cosa ci manca perché la carità, la giustizia, la verità non siano vinte, e non rientrino nel seno di Dio, maledicendo all'umanità, che avrà rifiutato di dare il suo frutto?

Ci manca la fede! "Se aveste della fede soltanto come un grano di senape, ha detto Gesù, voi trasportereste le montagne, e niente vi sarebbe impossibile" (cfr. -Mt 17, 2O).

Fede, fratelli, più fede!

Chi è di noi, che crede si possano trasportare le montagne, guarire i popoli, far predominare la giustizia nel mondo, far risplendere la verità allo spirito umano, unire nella carità di Cristo tutta la terra? Dove sono questi credenti?

Più fede, fratelli ci vuole più fede!

Manca la fede in quelli che bisogna salvare, e la fede manca, talora - ah, con quanto dolore dell'anima lo dico! -, manca o langue assai la fede in me e pur in altri di noi che vogliamo o crediamo di voler illuminare e salvare le folle.

Siamo sinceri. Perché non sempre rinnoviamo la società, perché non abbiamo sempre la forza di trascinare? Ci manca la fede, la fede calda! Viviamo poco di Dio e molto del mondo: viviamo una vita spirituale tisica, manca quella vera vita di fede e di Cristo in noi, che ha insita in sé tutta l'aspirazione della verità, e al progresso sociale; che penetra tutto e tutti, e va sino ai più umili lavoratori. Ci manca quella fede che fa della vita un apostolato fervido in favore dei miseri e degli oppressi, com'è tutta la vita e il vangelo di Gesù Cristo.

La preghiera che è necessario fare è questa: "O Signore, accresceteci la fede!".

 

LAVORATORI E LAVORATRICI,

E’ SUONATA L’ORA DELLA VOSTRA RISCOSSA (11)

... Proletariato della risaia, in piedi!

Un orizzonte nuovo si schiude, una coscienza sociale nuova si va elaborando alla luce di quella civiltà cristiana, progressiva sempre, che è fiore di Vangelo.

Lavoratori e lavoratrici della risaia, nel nome di Cristo, che è nato povero, vissuto povero, morto povero: che tra i poveri visse, che lavorò come voi, amando i poveri e quelli che lavoravano: nel nome di Cristo, è suonata l'ora della vostra riscossa.

Il vostro lavoro deve essere adatto e limitato alle vostre forze e al vostro sesso: la vostra paga dev'essere proporzionata ai vostri sudori e al vostro bisogno: le vostre condizioni devono essere meno disagiate; più umane, più cristiane. E’ il diritto, il vostro diritto.

Noi cattolici, come tali e come cittadini, ingaggeremo quest'anno la battaglia per le otto ore in risaia.

Non lasciatevi sfruttare dal caporalato; non lasciatevi intimidire dalle minacce dei padroni; non prestatevi a certe manovre, che riescono sempre a danno vostro.

E, occorrendo, legalmente, sì, ma insorgete!

Unitevi contro i crumiri, e attenti a voi a non lasciarvi ingannare da un orario di lavoro oltre le otto ore.

Unitevi tutti e siate solidali! Se tutti i paesi della diocesi che danno lavoratori alla risaia saranno collegati da una fitta, solida e cristiana rete di organizzazione risaiola, noi vi condurremo a certa vittoria.

Per le vostre rivendicazioni, per l'intima giustizia della vostra santa causa, non ci daremo pace.

No! non daremo pace né di né notte agli sfruttatori della povera gente, che se ne va a sacrificarsi nelle marcite della risaia e nella malaria, forzatamente lontana dalla famiglia, per guadagnarsi un pezzo di pane.

Ma sfruttatori non sono sempre né soltanto i padroni; i padroni sono quel che sono: ve n'è di cattivi e ve n'è di buoni; sfruttatori indegni però sono anche e sono sempre quelli che, per loro loschi disegni, abusano perfidamente di voi: che vi offrono un pane, ma vi avvelenano l'anima: che vi predicano l'odio, e vi strappano la fede, che è il grande conforto della vita presente e la base della vita futura.

Lavoratori e lavoratrici delle risaie,... non fidatevi di chi non ha religione; chi non ha religione non avrà coscienza: non ve ne fidate mai.

Benedetti da Dio e dalla Chiesa, lavoreremo per voi, o fratelli e vinceremo con voi.

Troverete lavoro tutti, avrete tutti paga rispondente: assistenza morale e religiosa; riposo festivo; tutela dei diritti inerenti al lavoro (tariffe, orari, applicazione della legislazione sanitaria); dignità di alloggiamenti. Vi difenderemo in tutto ciò che è giusto; realizzeremo le vostre legittime aspirazioni, e, valendoci delle apposite leggi vigileremo, assisteremo, affrancheremo.

"L'unione fa la forza"! Ogni catena che toglie la libertà di figli di Dio, si deve spezzare; ogni schiavitù si deve abolire: ogni servaggio deve finire, e finire per sempre.

Ogni sfruttamento di un uomo su uomo dev'essere soppresso, nel nome di Cristo. La divina virtù di questo nome, e la vostra onorata condotta di lavoratori cristiani, come vi porteranno all'adempimento di ogni dovere, così vi daranno la rivendicazione di ogni diritto.

Proletariato della risaia, in piedi! Apri gli occhi e vedi l'aurora smagliante che sorge: essa è per te, è la tua giornata!

Avanti, o proletariato, avanti portando con te le grandi forze morali della tua fede e del tuo lavoro; un'era si apre: è il mondo che si rinnova!

Il Signore Iddio è con te: cammina alla luce di Dio, e nessuno potrà più arrestare la tua marcia trionfale. Pel tuo interesse, per la tua dignità, per la tua anima! Proletariato della risaia, in piedi e avanti!

 

DONNA, FAMIGLIA, SOCIETA’ (12)

Uno scritto sul femminismo

Simile ad uno scolaro che lascia il collegio per andare in vacanza, dopo un lungo anno di reclusione, la donna si è trovata, dopo le più recenti invenzioni e specialmente durante questa lunga guerra, si è trovata lanciata in una vita di libertà, di movimento e anche di lavori che non aveva mai conosciuto.

La donna sino a ieri era rinchiusa nello stretto cerchio della vita della famiglia, e quelle che ne uscivano erano un'eccezione.

Oggi la donna entra da per tutto. Le donne del popolo entrano nelle fabbriche, ove non si richiede che destrezza e intelligenza, essendo la forza muscolare rimpiazzata dalla forza motrice della macchina. Oggi poi una quantità di nuovi impieghi sono dati alle donne: Le Scuole Elementari anche maschili e Superiori; sono date alle donne le Scuole Tecniche, i Ginnasi, i Licei, le Università sono aperte alle Professoresse; uffici di posta, di telefono, di telegrafo, esattorie, libri di conti, casse, tram elettrici, fattorine, ecc. tutti posti che avvezzano la donna a lavorare fuori di casa, a fare da sé, a entrare in competenza con l’uomo, ad essergli preferita; onde una nuova situazione sociale.

La donna è divenuta la maggioranza in tutti i paesi, e le donne non maritate saranno domani in Italia, le più numerose.

E’ cristiano, è caritatevole occuparsi del femminismo, o meglio della famiglia cristiana.

L'attacco contro questa fortezza sociale che è la famiglia cristiana, custodita e mantenuta dall'indissolubilità del matrimonio, ora latente ancora, vedete che domani diventerà furioso.

Il femminismo è una parte ed importantissima della questione sociale, e il nostro torto, o cattolici, è quello di non averlo compreso subito. Fu grande errore.

Il giorno in cui la donna, liberata da tutto ciò che chiamiamo la sua schiavitù, madre a piacer suo, sposa senza marito, senza alcun dovere verso chichessìa, quel giorno la società crollerà più spaventosamente all'anarchia che non abbi crollato la Russia al bolscevismo.

Troppa poca gente ancora comprende la questione femminista. Confessiamolo francamente, noi cattolici abbiamo trattato il femminismo con una leggerezza deplorevole. Si vanno ancora oggi ripetendo dai più severi i vecchi scherzi di Molière, le spiritosaggini dei Gaudissarts. Ma noi qui vediamo che il ridicolo non ammazza nulla, e meno che meno il femminismo. Esso si è insidiato da per tutto, formando leghe e comitati, ispirando riviste e giornali, trattando tutte le questioni che interessano la donna.

 

RIPOSA NELLA PACE DI DIO DOLCISSIMO MIO FIGLIUOLO (13)

Per me e per voi questa morte improvvisa è una grande voce di Dio. Una voce che ci invita, non solo a chinare riverenti la fronte, ad umiliarci e ad adorare i giudizi imperscrutabili del Signore; ma una voce che viene a scuoterci, perché ci infervoriamo a vita religiosa di virtù e di santità.

Questo Iddio vuole da me e da voi. E vuole anche che preghiamo per il nostro caro don Gandini e che preghiamo tanto: i suffragi saranno di conforto a noi, e di sollievo a lui.

Che se egli fosse già salito a quel Dio, che pur trova macchie nelle bianche ali degli angeli, se anche non avesse più bisogno della nostra preghiera, essa non sarà vana; pietoso come fu sempre verso i sofferenti, vedrà con gaudio distribuirsi ad altri dal Signore quei suffragi doverosamente da noi fatti per l'anima sua.

E ci conforti il pensiero che un giorno il nostro don Ernesto lo incontreremo in cielo, ai piedi della Santa Madre del paradiso, dove intanto pregherà per me e per voi, e si farà angelo di consolazione nelle nostre pene, insieme con quegli altri fratelli che già ci hanno preceduti alla Patria.

Riposa, dunque, nella pace di Cristo, o dolcissimo e benedetto mio figliuolo, che da questa misera vita te ne sei andato a vita beata. Ti accompagnino al paradiso gli Angeli del Signore; ti introducano nella santa Gerusalemme e, sulla palma delle loro mani, ti portino al trono di Dio i vergini e i martiri. E, giunto sul Cuore di Gesù Crocifisso, prega per noi!

Noi tutti verremo presto con te; vogliamo essere sempre con te, fra le braccia del Signore in eterno, e vicino alla nostra Madre celeste.

 

RICONDURRE LA SOCIETA A DIO (14)

"Questi tempi, scrisse già l'Ecc. Card. Parrocchi, comprendono della carità soltanto il mezzo e non il fine ed il principio: Dite agli uomini di questi tempi: - Bisogna salvare le anime che si perdono, è necessario istruire coloro che ignorano i principi della religione, è d’uopo far elemosina per amore di Dio... e gli uomini non capiscono... ". Ma oggetto primo della carità sono le anime, e le anime non possono in alcun modo vivere in se stesse questa carità se non si tengono unite alla Chiesa e al Papa. Mai come ai tempi nostri il popolo fu così staccato dalla Chiesa e dal Papa, ed ecco quanto è provvidenziale che questo amore sia risvegliato con tutti i mezzi possibili perché ritorni a vivere nelle anime l'amore di Gesù Cristo.

L'uomo è quale è l'idea che pensa ed in se stesso matura, e le sue azioni sono sempre conformi all'idea stessa da cui è guidato. E perciò quanto maggiormente sarà sentito l'amore al Papa e alla Chiesa in coloro che per ragioni di ministero sono maestri dei popoli, di altrettanto sarà più ardente la fiamma che li agita nel comunicare alle anime questo sentimento, senza del quale nessuna partecipazione di vita soprannaturale può venire; in tal modo l'esercizio della carità raggiungerà perfettamente il suo scopo corrispondente ai bisogni dei tempi nostri, che è precisamente questo di ricondurre la Società a Dio riunendola al Papa e alla Chiesa.

E non si direbbe che nei disegni di Dio questa riunione trova una prossima preparazione nello stesso fenomeno sociale dei nostri giorni che tende all'universale affratellamento? Noi vediamo sorgere da per tutto opere di beneficenza ed istituzioni di soccorsi di ogni genere nonostante l'odio di classe che sembra voler sconvolgere ogni ordinamento politico, sociale e famigliare; ma tuttavia si sente più forte che mai il bisogno che ogni odio si spenga e l'amore ritorni a rasserenare i cuori. Ebbene, quando il Papa sarà riconosciuto con sentimento di fede quale padre universale dei popoli, e la Chiesa sarà nuovamente la maestra illuminatrice delle menti colla sua dottrina infallibile e ritornerà a far ripulsare nei cuori la vita soprannaturale che da Lei emana, la pace serena e sicura regnerà negli individui e nella società.

Quella carità pertanto che viene esercitata nella società nostra prendendo le mosse dell'amore del Papa e della Chiesa, e mirando al raggiungimento di questo amore in tutti, è precisamente quella che meglio risponde al bisogno dei tempi. E tale è lo spirito da cui è informata l'Opera della Divina Provvidenza, tale è la sua fisionomia, il suo carattere tipico: Instaurare omnia in Christo!

 

DOBBIAMO SAPER NASCONDERE LE NOSTRE LACRIME

NEL CUORE APERTO DI GESU' CROCIFISSO (15)

Noi dobbiamo volere che la vita nostra si immoli e si faccia sacrificio; che il sentimento di Dio, la fede in Dio, l'amore di Gesù Cristo, della sua Chiesa, del suo Vicario in terra, diventino per noi, come per la gioventù che ci è affidata, una vera opera di redenzione sociale e di vita eterna. Noi cadremo, ma mille anime sorgeranno e vivranno di Dio e anche di quella luce onde noi le avremo illuminate e amate nel Signore.

Non ci spaventino le prove, non le tribolazioni, non i dolori; alle anime e alle opere che Iddio ama, moltiplica le tribolazioni e dolori. Le opere del Signore, tutte o quasi, nascono tra il dolore e si fortificano nel dolore; e i dolori più profondi fanno le gioie più alte e più sante.

Solo dobbiamo saper nascondere le nostre lacrime nel Cuore aperto di Gesù Crocifisso, e cercare di cavarne emendazione sincera ed umile di vita, e utilità, con virtù religiose; e specialmente da questi segni, da queste morti, da queste chiamate di Dio vediamo di comprendere bene, e interiormente, ciò che Iddio vuole da noie dalla nostra umile Congregazione.

Se, dopo questa, altre e altre pene verranno - come prego e come spero -, se altre morti seguiranno, e il nostro cuore, o fratelli, sanguinerà e n'andrà spezzato, invochiamo l'aiuto del Signore, che non mancherà; e poi venga, ben venga il Signore a piantare, e dentro e fuori e sopra di noi, la sua Croce adorabile, pegno divino del suo amore; ben venga Gesù Cristo a regnare sovrano sui frantumi della nostra umanità, della nostra miseria, e ogni dolore provochi un'offerta più generosa, una risoluzione più santa, una benedizione più grande.

 

AVREMO UN GRANDE RINNOVAMENTO

SE AVREMO UNA GRANDE CARITA’ (16)

Viviamo in un secolo che è pieno di gelo e di morte nella vita dello spirito. Tutto chiuso in se stesso, nulla vede che piaceri, vanità, passioni e la vita di questa terra, e non più. Chi darà vita a questa generazione morta alla vita di Dio, se non il soffio della Carità di Gesù Cristo? La faccia della terra si rinnovella al calore della primavera; ma il mondo morale solo avrà vita novella dal calore della Carità.

Noi dobbiamo chiedere a Dio non una scintilla di Carità, come dice l'Imitazione di Cristo, ma una fornace di Carità da infiammare noi e da rinnovellare il freddo e gelido mondo, con l'aiuto e per la grazia che ci darà il Signore.

Avremo un grande rinnovamento cattolico, se avremo una grande Carità. Dobbiamo, però, incominciare ad esercitarla oggi tra di noi, a coltivarla nel seno dei nostri istituti, che devono essere veri cenacoli di Carità. Nemo dat, quod non habet: non daremo alle anime fiamme di vita foco e luce di Carità, se prima non ne saremo accesi noi, e molto accesi.

La Carità deve essere il nostro slancio, il nostro ardore, la nostra vita: noi siamo i "garibaldini" della Carità di Gesù Cristo.

La causa di Dio e della sua Chiesa non si serve che con una grande Carità di vita e di opere. Non penetreremo le coscienze, non convertiremo la gioventù, non i popoli trarremo alla Chiesa, senza una grande Carità, e un vero sacrificio di noi, nella Carità di Cristo.

C'è una corruzione, nella società, spaventosa; c'è una ignoranza di Dio spaventosa; c'è un materialismo, un odio spaventoso: solo la Carità potrà ancora condurre a Dio i cuori e le popolazioni e salvarle.

 

CAMMINARE ALLA TESTA DEI TEMPI (17)

Noi non facciamo politica: la nostra politica è la carità grande e divina, che fa del bene a tutti. Noi non guardiamo ad altro che alle anime da salvare. Se una preferenza la dovremo fare, la faremo a quelli che ci sembreranno più bisognosi di Dio, poiché Gesù è venuto più per i peccatori che per i giusti.

Anime e anime! Ecco tutta la nostra vita; ecco il nostro grido, il nostro programma, tutta la nostra anima, tutto il nostro cuore: Anime e anime! Ma, per meglio riuscire a salvare anime, bisogna pur saper adottare certi metodi, e non fossilizzarci nelle forme, se le forme non piacciono più, se diventano, o sono diventate, antiquate e fuori uso...

Facciamo cristiana la vita, facciamo cristiana l'anima degli orfani e dei giovani a noi affidati: questo è ciò che Iddio, e la Chiesa chiedono da noi. E adoperiamo tutte le sante industrie, tutte le arti più accette e più atte per arrivare a questo! Anche quelle forme, quelle usanze, che a noi possano sembrare un po' laiche, rispettiamole e adottiamole, occorrendo, senza scrupoli, senza piccolezze di testa: salvare la sostanza, bisogna! Questo è il tutto.

I tempi corrono velocemente e sono alquanto cambiati, e noi, in tutto che non tocca la dottrina, la vita cristiana e della Chiesa, dobbiamo andare e camminare alla testa dei tempi e dei popoli, e non alla coda, e non farci trascinare. Per poter tirare e portare i popoli e la gioventù alla Chiesa e a Cristo bisogna camminare alla testa. Allora toglieremo l'abisso che si va facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la Chiesa.

Guardare al cielo, pregare, e poi... avanti con coraggio e lavorare! "Ave Maria e avanti", diceva a Bartolo Longo quel santo e serafico frate che fu Padre Lodovico da Casoria. Sempre avanti, figliuoli miei, in Domino. Sempre avanti con la Madonna. "Ave Maria e avanti". Avanti in Domino!

 

VOLLE MORIRE A BRACCIA APERTE

TUTTI CHIAMANDO AL SUO CUORE SQUARCIATO (18)

... Cristo non aveva soldati, non ne volle avere mai. Non sparse il sangue di nessuno, non abbruciò la casa di nessuno. Non volle inciso il suo nome sulle rocce dei monti, ma nei cuori degli uomini! Questo re non fece del male a nessuno, fece del bene a tutti, come la luce del sole che piove sui buoni e sui cattivi. Egli stese la mano ai peccatori, andò loro incontro, sedendo e mangiando pur con essi, ad ispirare fiducia, per riscattarli dalle loro passioni, dai vizi e, riabilitati, indirizzarli a vita onesta, al bene, a virtù.

Posò dolcemente la mano sulla fronte febbricitante degli ammalati, e li guarì da ogni languore. Toccò gli occhi ai ciechi nati, ed essi ci videro, e videro in lui il Signore!

Toccò le labbra dei muti, e parlarono e benedirono in Lui al Signore! Ai colpiti da sordità disse: "Udite!", e udirono; ai lebbrosi e reietti disse: "Voglio mondarvi" (Mt 8, 3), e la lebbra cadde a squame, furono mondati. Portò la luce del conforto nel tugurio, ed evangelizzò i poveri, vivendo nel paese più misero della Palestina.

Non cercò seguito tra i grandi, né esaltò i potenti dell'intelligenza, del braccio o della borsa, ma gli umili e i poverelli, poverissimo anche Lui. "Le volpi hanno la tana - diceva - e gli uccelli il nido, ma il Figliuolo dell'Uomo non ha dove posare il capo" (Mt 8, 20). Viveva frugalmente, abituando i suoi seguaci alla disciplina della mortificazione, della preghiera, del lavoro, onde fortificarli nella vita dello spirito. Egli primo si mortificò, pregò, lungamente lavorò, santificando così, con le sue mani e con la sua vita, il lavoro.

D'aspetto semplice, amava la mondezza, schiva da qualsiasi adornamento; la santità della vita e della dottrina aveva tali che sarebbe bastato a mostrarlo l'Inviato di Dio. Gli occhi e la fronte gli erano illuminati da tanta celeste beatitudine che nessun onesto poteva sentirsi infelice dopo aver visto quel volto.

A chi gli domandava come si dovesse vivere, rispondeva: "Amate Iddio sopra ogni cosa e il prossimo come voi stessi; spogliatevi del superfluo per darlo ai poveri, e poi, se volete essere perfetti, rinnegate voi stessi, abbracciate la vostra croce e venite, seguitemi! ..." (c£ Mt 19, 21).

Alla turba che lo circondava per ascoltarlo, o perché una stupenda virtù sanatrice emanava da Lui, diceva parole di sovrumana dolcezza e di vita eterna: "Un nuovo comandamento vi do: amatevi reciprocamente nel Signore e fate del bene a chi vi fa del male" (Gv 13, 34; Mt 5, 44).

Dei bambini disse che i loro angeli vedono sempre il volto di Dio e che beato sarà colui che nel cuore sarà sempre bambino, puro come i bambini. Benedisse all'innocenza, e di altissimo e divino amore amò i pargoli, tanto che - benché non alzasse mai la voce - gridò "Guai a coloro che avranno dato scandalo agli innocenti ..." (cfr. Mt 18, 6).

Moltiplicò il pane, ma non per sé, per le turbe. Non fece piangere nessuno, pianse Lui per tutti, e pianse sangue! Asciugò, invece, le lacrime di tanti e di tante anime perdute.

Ai cadaveri disse: "Sorgete!" e, a quella voce onnipotente, la morte fu vinta, a vita novella risorsero i morti. Per tutti aveva una parola di perdono e di pace: su tutti spirò un soffio di carità ristoratrice, un raggio vivificante di luce, alta, divina!

Iniquamente perseguitato e tradito, fin sulla croce invocò dal Padre celeste, e a gran voce, il perdono sui barbari che lo avevano crocifisso. Egli, che aveva rimesso la spada di Pietro nel fodero, che non aveva sparso il sangue di alcuno, volle dare tutto il suo sangue divino e la vita sua per gli uomini senza distinzione di ebreo, di greco, di romano o di barbaro: re vero di pace: Dio, Padre, Redentore di tutti!

Volle morire a braccia larghe, tra cielo e terra, tutti chiamando - e gli angeli e gli uomini - al suo Cuore aperto, squarciato: anelando abbracciare, salvare in quel Cuore divino tutti, tutti, tutti: Dio, Padre, Redentore di tutto e di tutti!

 

NATALE: DOLCEZZA DI DIO! (19)

Il celeste chiarore di questa mistica notte del S. Natale attrae anche le anime più lontane - viandanti traviati o smarriti -, come attrae il chiarore del casolare paterno nella foresta oscura!

Oh, divina luce di Gesù Bambino! Ah, soave e santa bontà di Dio e della Chiesa di Dio!

]Fratelli, siamo buoni della bontà del Signore, e poi non temete mai che la vostra opera vada perduta: ogni parola buona è soffio di Dio: ogni santo e grande amore di Dio e degli uomini è immortale!

La bontà vince sempre: essa ha un culto segreto anche nei cuori più freddi, più solitari, più lontani. L'amore vince l'odio; il bene vince il male; la luce vince le tenebre! Tutto l'odio, tutto il male, tutte le tenebre di questo mondo, che sono mai davanti alla luce di questa notte di Natale? Nulla! Davanti a Gesù e a Gesù Bambino, sono proprio un nulla!

Confortiamoci ed esultiamo nel Signore! L'effusione del Cuore di Dio non va perduta per i mali della terra, e l'ultimo a vincere è Lui, sarà il Signore!

E il Signore vince sempre nella misericordia!

Tutto passa: solo Cristo resta! E’ Dio, e resta!

Resta per illuminarci, resta per consolarci, resta per dare a noi, nella sua vita, la sua misericordia!

Gesù resta e vince, ma nella misericordia!

 

PER UNA NUOVA CIVILTA’: SPARTACO O PAOLO? (20)

Don Orione in occasione dell’inaugurazione del "Berna" di Mestre nel 1921, fece un discorso inaugurale vibrante; ne abbiamo una lunga minuta. Parlando della situazione sociale di allora, fece un interessante parallelo tra la libertà portata da Spartaco e quella portata da Paolo e dal cristianesimo. Alcuni passaggi.

Spartaco è l’abuso e il traviamento della forza; Paolo è la forza della carità. Chi darà all'umanità la sua grandezza morale? Spartaco o Paolo?

Oggidì gravissimi fatti e l'aura popolare che ci spira attorno accenna ogni giorno a tempesta. La questione sociale ha preso una forma nuova ed è diventata sì minacciosa e audace, da mettere i brividi a tutte le nazioni civili.

Quanto più al popolo manca la fede tanto gli si accresce una sete ardente di ricchezze e di piaceri, che talvolta diventa furore selvaggio. Chi ha poco vuol molto: chi ha molto vuol moltissimo.

Se le ricchezze e il piacere sono tutto l'uomo; se non ci ha alcun bene al di là della vita presente; se ogni mezzo adoperato per arricchire è buono; "perché mai - grida il popolo diventato miscredente -, perché mai nell'umana famiglia l'uno ha da essere povero e l'altro ricco?".

Alla Roma dei Cesari sottentrò un'altra Roma...: a quell’unità del mondo conseguita con la forza, succederà quella delle intelligenze sotto l'ubbidienza di Cristo.

Una grandezza tutta morale opposta al terrore delle armi regnerà e sarà il carattere dei nuovi popoli, e un nuovo ordine di cose e di idee colla forza della verità e dell'amore uscirà alla redenzione dei popoli.

La violenza ha perduto il mondo, ma la carità lo salverà.

Dobbiamo gettare via le opere delle tenebre e rivestirci delle armi della luce e poi fare del bene, del bene a tutti senza distinzione di classe e di parte, fare del bene sempre sino al sacrificio di noi stessi. Solo allora risplenderanno sulla nostra Patria e sul mondo i giorni migliori.

La forza divide gli uomini: la carità li unisce. La libertà non ha forza nella forza ma nel principio morale, e se questo vien meno, anche il popolo più forte è perduto.

Non più greco, non più circonciso o incirconciso, non più libero o schiavo: ma una comunione di santi!

E’ una rivelazione di Dio e un poema mirabile di carità e una luce nuova che penetra il mondo e fa della carità la grande legge di vita per gli uomini.

La natura umana non ha forza intrinseca per rigenerare se stessa: Catone si uccise tra le rovine umane della libertà; la virtù intima, che deve rigenerare il mondo, non è dagli uomini.

Con Spartaco l'uomo è una forza, ma è una cosa; con Paolo è una forza, ma è un libero, figlio (di Dio) ed erede.

Il mondo civile è governato principalmente dal pensiero e dall'amore, e nessuna cosa ha tanta efficacia nel pensiero e nell'amore buono, quanto il Cristianesimo. E’ un governo questo or pacifico or combattuto, spesso negato e contraddetto, che in alcune ore della vita (e qui le ore sono anni) par vinto e annientato dal torrente delle umane passioni; ma è un governo di amore che Iddio pose nell'universo, e che perciò non verrà mai meno.

L’amore dunque, e non l'odio, potrà comporre le divergenze tra gli individui, tra le diverse classi sociali e placare gli ardenti e faziosi partiti che oggi rendono incerto l'avvenire della nostra patria e del mondo.

E quest'amore non può essere che Cristo. Cristo solo scioglierà il grande problema gettando una grande e alta luce di misericordia sugli uomini, una luce che mostri quanto poco valgono i beni terreni in paragone dell'oro della sapienza evangelica e dell'amore fraterno. E lo risolverà la sua Provvidenza per mezzo del Cristianesimo con un apostolato di fede, di pace, di carità.

Se c'è stato di cose che spaventa, più di quello del dominio di un tiranno, è ancora quello di un domani in cui le masse popolari camminassero prive di Dio.

Come si può pensare al giorno in cui l'umanità non vivesse più di Dio? Senza padre e senza madre si può vivere, ma senza luce di Dio no, disse Tolstoj; i popoli vanno alla barbarie, all'anarchia.

La parola di Paolo parve follia ai Greci e suonò come scandalo ai Giudei, ed era la parola di Dio, parola di mitezza, di castità, di carità. Era una dottrina superiore: la fede in un Dio Padre, Padre di tutti gli uomini, onnipotente, creatore del cielo e della terra, delle cose visibili ed invisibili.

Era la fede nuova e superiore in Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, che prese carne nel seno di Maria Vergine, morì in Croce per noi e il terzo giorno risuscitò.

Era la parola di Paolo, il Vangelo di Cristo e della Chiesa Santa di Dio, Chiesa unica ed universale che predica la resurrezione della carne, la remissione dei peccati, la comunione dei Santi, la vita eterna.

 

PENSO A VOI, MIEI FIGLI,

QUANDO GUARDO LE PRIME STELLE (21)

... Io penso a voi, o miei figli, o ancor primi figli di questa nascente Congregazione, penso ai nostri primi poveri inizi quando guardo le prime stelle che spuntano nel cielo su questo gran mare sconfinato; penso a voi quando vedo venire le onde poderose! Ogni andare e venire dell'onda chi sa da che primo fiato e da che primo incresparsi ebbe il suo movimento? Così voi, aiutati dalla divina grazia, ora giovate ad alcuni vostri fratelli probandi o chierici, giovate ad alcuni giovanetti, e vi par di giovare ad un'anima sola o a poche anime, ma giovate a molte. Sono, le vostre, piccole increspature di grandi onde; come avvenga voi non sapete, ma lo sa Iddio e la sua Provvidenza che governa il mondo. Ed è per questo (…) che io mi struggo di vedervi degni Figli della Divina Provvidenza, pieni di fede, di vita spirituale, di umiltà, di fiducia nel Signore, desiderosi di patire per Lui e per la nostra Santa Chiesa, pronti a sopportare ogni cosa per la vostra vocazione, tutti consacrati, anima e corpo, alla vostra Congregazione.

... Voi specialmente che avete studiato insieme e che vi siete amati del più dolce amore fraterno, o per le buone qualità che a vicenda avete scoperto in voi, o perché le vostre anime si sono intese di più, perché hanno pianto in una stessa sventura , hanno praticato sullo stesso cammino, hanno combattuto le stesse prime battaglie: hanno avuto luce, conforto dalla stessa fede, nelle stesse ore di lotta, e si sono riposate poi insieme, soavemente "Uscite fuor del pelago alla riva", voi, dico, è bene continuiate a tenervi spiritualmente uniti, e che vi scriviate e vi amiate a vicenda: la vostra è la vera amicizia, è la vera fratellanza secondo lo spirito di Dio. La lontananza dai luoghi (ora che vi trovate sparsi sui diversi campi di lavoro) non vi deve dividere, perché siete e dovrete essere una cosa sola in Gesù Cristo. (... ).

 

L'AMORE ALLA CHIESA E AL PAPA

SUPREMO NOSTRO AMORE E NOSTRA VITA (22)

Lo Spirito del Signore è Spirito di unione e di carità e la nostra forza sta nell'unione, il cui centro è Cristo, il cui vincolo è il Vicario di Cristo, il Papa. Cristo vuole che noi non siamo più dei bambini, sballottati qua e là da un vento di dottrine, per la frode degli uomini, per la furberia loro a rendere seducente l'errore.

Come tutti siamo stati abbeverati al fonte di un unico Spirito e ci nutriamo del "farmaco dell'immortalità", così cerchiamo con ardore di avere la carità, che è vincolo di perfezione e di dimostrazione della vita eterna.

Siate consoni ai Superiori vostri, come la cetra alle corde e come, per divina grazia, i vostri Superiori con la Sede Apostolica.

Voi ben saper dov’è il mio cuore e dove è che il mio cuore trabocca sino alla consumazione di tutta la mia vita, e di essa è il più santo, il supremo amore, insieme con l'amore stesso di Gesù Cristo, Dio e Signore nostro. Ed è indicibile la gioia che io sento nell'affaticarmi ad educarvi a questo dolcissimo e filiale amore; e vorrei - ogni volta che ve ne parlo e m’adopero, con la divina grazia, a corroborarvi in esso -, ben vorrei poter dare davanti a voi, ed a vostro esempio, tutto il sangue e la povera vita mia, onde meglio trasfonderlo in voi, filiale e vivificante amore, e tramandarlo a tutti e a ciascuno della Congregazione nostra, siccome il deposito più sacro, l'eredità mia più dolce.

Ora voi ben comprenderete, o diletti figliuoli della mia anima, che vi parlo dell'amore alla Santa Chiesa e al Papa, di questo santissimo amore vi parlo, che, insieme con l'amore a Gesù Cristo, e perché anzi è unico e stesso amore con Cristo, è e deve essere l'amore della nostra vita e la nostra vita stessa.

Con tutta la carità di Gesù Cristo e nell'affetto della Madonna SS.ma, nostra speranza dolcissima, nostra Madre Celeste, insieme pregare, insieme lottare, insieme correre la via di Dio, insieme, e con Cristo, patire, insieme morire ai piedi di Cristo, del Papa, della Chiesa, insieme destarci da servi fedeli di Dio, svegliarci alla corona ed alla gloria con Cristo Signore!

 

VERSO IL TRIONFO DELLA FEDE

E DELLA CHIESA NELLA CARITA’ (23)

Anime e Anime!

Caro Don Perduca,

... Bossuet profetò quando, levatosi dai piedi di Gesù Sacramentato, più con lo sguardo sicuro del Vescovo che con l'occhio intellettuale dell'aquila, disse, piangendo di grande gioia e consolazione: "Ecco che si prepara una nuova generazione di Sacerdoti, una nuova e viva apologia del Cristianesimo, che trascinerà la stessa incredulità: sarà l'epoca della carità, il trionfo della Fede e della Chiesa nella Carità!"

"Felici gli occhi che vedranno l'Occidente e l'Oriente unirsi per formare i bei giorni della Chiesa!", continuò il grande Vescovo. Nulla resisterà alla carità di Gesù Cristo e del suo Vicario: alla carità dei Vescovi e dei Sacerdoti, che tutto saranno, e gli averi e la vita stessa, per farsi olocausti divini dell'amore di Dio tra gli uomini! E sarà una carità illuminata, che nulla rigetterà di ciò che è scienza, di ciò che è progresso, di ciò che è grande e che segnò l'elevazione delle umane generazioni.

Carità lieta, che mai si turberà, la quale, perché verace e veramente da Dio, non avrà, no, a dispetto la ragione, ma darà anzi ad essa il suo posto d'onore, e maggior importanza darà alla ragione di quello che non le hanno dato finora molti che parvero o si dissero di essa paladini, cultori e adoratori financo. Una carità "che non serra porte", come direbbe Dante nostro; una carità divina, che edifica e unifica in Cristo; che si innalzerà sulle radici della rivelazione; che uscirà dalla bocca della Chiesa Santa e Apostolica di Roma e, quasi fiume vivo, discenderà dal Cielo, perché esce dal Cuore stesso di Gesù Cristo Crocifisso, e va ad aprire, a segnare la più grande, cristiana e civile epoca del mondo.

Et erunt coeli novi et terra nova! E la Croce brillerà nel cielo delle intelligenze, e darà luce e splendori nuovi di vita e di gloria ai popoli: splenderà di luce soavissima indefettibile, come Costantino la vide brillare nel cielo delle battaglie.

E la vita, pur restando una universale milizia di virtù, di bontà, di perfezionamento continuo, la vita diventerà un'agape fraterna in cui ciascuno offra, invece di prendere.

E ciascuno avrà un cuore vivo di Dio, si sentirà e sarà operaio di Dio: sarà felice di dare la vita alla giustizia, alla verità, alla carità, a Gesù Cristo, che è Via, Verità, Vita, Carità, e vi sarà un solo ovile sotto la guida di un solo pastore: Cristo Signore e Redentore Nostro, il Quale, nel Suo Vicario, nel Papa, "il dolce Cristo in terra", regnerà con tanta gloria da vincere ogni pensiero umano e ogni, speranza dei buoni, e tutta la terra vedrà che di realmente grande non c'è che il Nostro Signore Gesù Cristo. E il Papa sarà non solo il "Padre del popolo cristiano", come ha detto S. Agostino (Ep. 50), ma sarà il Padre del mondo intero fatto cristiano, e su di Lui peserà e si aggirerà tutto il mondo, che solo da Lui, "Vice di Dio in terra", come usava chiamarlo San Benedetto Giuseppe Labré, avrà vita, salvezza e gloria!

Certo sembrano ora a noi cose impossibili queste e pazzie e non sarà certo l'uomo che farà, che potrà fare questo, ma la mano di Dio. Sarà la misericordia infinita di Gesù, che è venuto per noi peccatori: sarà la divina e infinita carità di Gesù Crocifisso, che vuole la sua redenzione sia copiosa: che gli uomini vitam habeant et abundantius habeant!

E quella sarà l'ora di Dio, sarà la grande giornata di Gesù Cristo, Signore, Salvatore e Dio nostro! E Gesù vincerà il mondo così: nella carità, nella misericordia.

Diamo morte sempre all'egoismo, e cresciamo nell'amore di Dio e dei fratelli: cresca tanto Dio in noi che viva lui e non più noi, e riempiamo la terra di un esercito nuovo: un esercito di vittime che vincano la forza: un esercito di seminatori di Dio, che seminano la loro stessa vita, per seminare e arare, nel cuore dei fratelli e del popolo, Gesù, il Signore; formiamo un esercito grande, invincibile: l'esercito della carità, guidato da Cristo, dalla Madonna, dal Papa, dai Vescovi!

L'esercito della carità riporterà nelle masse umane disseccate una tale forte e soavissima vita e luce di Dio che tutto il mondo ne sarà ristorato, e ogni cosa sarà restaurata in Cristo, come disse già San Paolo.

E la tempesta, che ora fa tanta paura, sarà dissipata e il caos presente sarà vinto, perché lo spirito della carità vince tutto, e, al di sopra delle nubi ammassate dalle mani di uomini, comparirà la mano, di Dio, e Cristo riprenderà tutto il suo splendore e il suo dolce impero. (... ).

 

 

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