Capitolo XVII

COME VA ASCOLTATA LA PAROLA DI DIO

Devi essere devota alla Parola di Dio: sia che tu l’oda in conversazioni familiari assieme ai tuoi amici spirituali, sia nella solennità di un sermone, devi ascoltarla sempre con attenzione e rispetto. Ricavane profitto: non lasciarla cadere a terra, ma accoglila nel tuo cuore come un unguento prezioso, seguendo l’esempio della Santissima Vergine, che conservava con cura nel proprio, tutte le lodi dette in onore del Figlio.

Ricordati che Nostro Signore accoglie le parole che gli rivolgiamo nelle preghiere, nella misura nella quale accogliamo quelle che Egli ci rivolge con la predicazione. Conserva presso di te sempre qualche buon libro di devozione, come quello di S. Bonaventura, il Combattimento Spirituale di Scupoli, le Confessioni di S. Agostino, le Lettere di S. Girolamo e simili. Tutti i giorni leggine un brano con grande devozione, come leggeresti lettere inviate personalmente a te dai Santi del Cielo, per indicarti il cammino e darti coraggio di avviarti in esso.

Leggi anche le Storie e le vite dei santi, nelle quali puoi vedere la vita cristiana, come in uno specchio; adatta le loro azioni ai casi della tua vita secondo il tuo stato. Benché molte azioni dei Santi non siano imitabili in senso letterale, da gente che vive nel mondo, hanno senz’altro qualche cosa da insegnarci o da vicino o da lontano; per esempio, puoi imitare la solitudine di Paolo, primo eremita, con il tuo raccoglimento spirituale e con quello reale, cose di cui in parte abbiamo parlato (cap.XII) e in parte parleremo (Parte V). Puoi imitare l’estrema povertà di S. Francesco con gli esercizi di povertà che ti proporremo (parte III), e così per il resto.

Ti accorgerai che ci sono episodi più illuminanti di altri per la nostra vita, come la vita della Beata Madre Teresa, che è notevole per questo; la vita dei primi Gesuiti, quella di S. Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, di S. Luigi di Francia, di S. Bernardo, i fioretti di S. Francesco e altre.

Ce ne sono anche di quelle che sono più adatte per essere ammirate che imitate, come quella di S. Maria Egiziaca, S. Simeone stilita, le due Caterine, da Siena e da Genova, di S. Angela e altre simili, che non per questo non sono una prova piacevole del grande amore di Dio.

Capitolo XVIII

COME VANNO ACCOLTE LE ISPIRAZIONI

Chiamiamo ispirazioni gli inviti, i movimenti, i rimproveri, i rimorsi interiori, i lumi e le cognizioni che Dio genera in noi prevenendo il nostro cuore con le sue benedizioni, con attenzione e affetto di Padre per svegliarci, scuoterci, spingerci, attirarci verso la virtù, l’amore celeste, i buoni propositi: in breve, verso tutto ciò che ci mette in cammino per il nostro bene eterno.

Lo Sposo lo chiama bussare alla porta e bussare al cuore della Sposa, svegliarla se dorme, invocarla e chiamarla quand’è assente, invitarla a gustare il miele e a cogliere i frutti e i fiori nel suo giardino, a cantare e a fare udire la voce alle sue orecchie.

Tre sono i movimenti che si susseguono nella promessa sposa prima di giungere al matrimonio: in primo luogo le viene proposto il matrimonio, poi ella lo trova di suo gradimento, infine dà il suo consenso.

Allo stesso modo, quando Dio vuole compiere in noi, per mezzo di noi e con noi un’opera di rilievo, in primo luogo ce la propone ispirandocela; poi tocca a noi esprimerci dicendo se ci piace; in terzo luogo aderiamo con il sì.

Lo stesso processo lo seguiamo per cadere nel peccato: anche il tal caso i movimenti sono tre: la tentazione, il compiacimento, il consenso.

Per conquistare le virtù i gradini sono sempre tre: l’ispirazione, che è il contrario della tentazione; il compiacimento nell’ispirazione che è il contrario del compiacimento nella tentazione; il consenso all’ispirazione, che è il contrario del consenso alla tentazione.

Anche se l’ispirazione dovesse insistere per tutto l’arco della nostra vita, se non la trovassimo bella e piacevole, non saremmo in alcun modo accetti a Dio; anzi la sua divina Maestà ne sarebbe offesa, come lo fu nei confronti degli Israeliti, che aveva inseguito inutilmente per quarant’anni chiamandoli alla conversione senza trovare in essi risposta. Giurò che mai più li avrebbe fatti entrare nella sua pace.

Così un signore che abbia per molto tempo corteggiato una giovane donna, sarebbe molto contrariato, se, dopo tutto, lei non volesse saperne di matrimonio.

Il piacere che si prova nelle ispirazioni è un avvio determinante alla gloria di Dio e in tal modo si comincia ad essere graditi alla divina Maestà; benché questo compiacimento non sia ancora un consenso pieno, perlomeno è una disposizione favorevole.

Se è vero che è un buon segno e cosa molto utile compiacersi nell’ascolto della Parola di Dio, tanto che possiamo considerarlo un’ispirazione esteriore, è cosa altrettanto buona e gradita a Dio compiacersi nell’ispirazione interiore: è quel piacere di cui parla la Sposa quando dice: la mia anima si è sciolta di piacere, quand’ho udito la voce dell’amato.

Il gentiluomo è soddisfatto quando vede che la dama che egli serve è contenta del suo servizio.

In conclusione è il consenso che completa l’atto virtuoso: perché anche se ispirati e contenti dell’ispirazione, neghiamo poi il consenso a Dio, siamo degli ingrati e offendiamo gravemente la Maestà divina, perché il disprezzo sembra ancora maggiore. E’ quanto capitò alla Sposa, perché, pur avendole il canto del suo Amato toccato il cuore di piacere, ella non gli aprì la porta e si scusò con una ragione sciocca. Lo Sposo si indignò, passò oltre e se ne andò.

Così un gentiluomo che dopo aver corteggiato lungamente una donna e averle reso gentilmente servizio, si vede alla fine respinto e disprezzato, avrà senz’altro più motivo di risentimento di quanto ne avrebbe avuto se fosse stato subito accolto male e trattato peggio.

Risolviti, Filotea, ad accettare di buon cuore tutte le ispirazioni che Dio vorrà mandarti. Quando ti giungeranno accoglile come ambasciatrici del Re del Cielo, che vuole unirsi in matrimonio con te. Ascolta con cuore sereno quello che ti propongono; considera l’amore che te le ha fatte mandare e trattale bene.

Acconsenti con un’adesione piena d’amore e fedele all’ispirazione; in modo che Dio, che non sei in grado di costringere, si sentirà fortemente obbligato dal tuo affetto. Ma prima di dare il consenso alle ispirazioni per cose importanti e straordinarie, per non rischiare di cadere in inganno, consigliati sempre con la tua guida, perché esamini se l’ispirazione è vera o falsa. Se il nemico vede un’anima pronta a consentire alle ispirazioni, gliene propone subito di false per trarla in inganno; cosa che gli sarà impossibile se ella, con umiltà, ubbidirà a chi la conduce.

Una volta dato il consenso, bisogna far sì che abbia seguito e l’ispirazione si attui: questo è il culmine della virtù autentica. Consentire nel cuore senza passare ai fatti, è come piantare una vigna senza volerne frutto. A questo scopo è molto utile praticare l’esercizio del mattino e il raccoglimento spirituale, indicati sopra. Il tal modo non solo ci prepariamo a fare in modo generico il bene, ma concretamente lo realizziamo.

Capitolo XIX

LA SANTA CONFESSIONE

Il nostro Salvatore ha lasciato alla sua Chiesa il sacramento della Penitenza o Confessione perché potessimo purificarci dalle nostre iniquità, per numerose che siano, tutte le volte che ci infanghiamo.

Perciò, Filotea, non tollerare mai per lungo tempo che il tuo cure rimanga contagiato dal peccato, disponendo tu di un rimedio sempre pronto e facile da applicare. La leonessa che si è unita ad un leopardo corre immediatamente a lavarsi per togliere da sé il lezzo, perché il leone, avvertendolo, non si adombri e si irriti. L’anima che ha acconsentito al peccato deve avere orrore di se stessa e ripulirsi immediatamente, per rispetto alla Maestà divina che sempre la segue. Perché vogliamo lasciarci morire spiritualmente quando abbiamo a disposizione un rimedio così sicuro?

Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni, e, se puoi, ogni volta fai la comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli e una efficace grazia per rimediare a tutto il danno che ti hanno causato. Praticherai la virtù dell’umiltà, dell’obbedienza, della semplicità e della carità; con il solo atto della Confessione praticherai più virtù che con qualsiasi altro.

Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.

Se, per esempio, ti confessi di aver mentito senza recar danno, o di aver detto qualche parola grossolana, o di aver giocato troppo, pentiti e fa proposito di correggerti; è un abuso confessare un peccato, sia mortale che veniale, senza aver intenzione di emendarsene, perché la Confessione è stata istituita proprio per quello scopo.

Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo macchinale, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. Ti chiarisco il motivo: Ciò dicendo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i Santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza.

Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; vedi un po’ tu il motivo!

Similmente non accusarti di non aver pregato Dio con la dovuta devozione; ma specifica se hai avuto delle distrazioni volontarie perché non hai avuto cura di scegliere il luogo, il tempo e il contegno atti a favorire l’attenzione nella preghiera; accusati con semplicità di quello in cui trovi di aver mancato, senza ricorrere a quelle espressioni generiche che, nella confessione, non fanno né caldo né freddo.

Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ci ha portato.

Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine. Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via.

Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!

In conclusione, bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.

Non trascurare di aggiungere quanto serve per far capire il tipo dell’offesa, come il motivo che ti ha fatto montare in collera, o ti ha fatto accettare il vizio di qualcuno. Per esempio, se un uomo che non mi va a genio, mi provoca con qualche leggera parola per ischerzo, io la prendo a male e monto in collera: cosa che se l’avesse fatta un altro che mi è simpatico, l’avrei accettata, anche se avesse caricato la dose.

Preciserò dunque con chiarezza: Mi sono lasciato trasportare a parole di collera contro una persona, perché ho preso a male ciò che mi aveva detto, non per le parole in se stesse, ma perché mi è antipatico colui che le ha dette.

E se fosse necessario precisare le parole per farti capire meglio, penso che faresti bene a dirle. Accusandoci in questo modo, con naturalezza, non solo mettiamo fuori i peccati fatti, ma anche le cattive inclinazioni, le usanze, le abitudini e le altre radici del peccato, in modo che il padre spirituale abbia una chiara conoscenza del cuore che gli è affidato e quindi predisponga i rimedi più opportuni. Tuttavia non fare il nome di chi ha eventualmente cooperato al tuo peccato, almeno finché ti sarà possibile.

Fa attenzione a numerosi peccati che vivono e spadroneggiano, spesso senza essere avvertiti, nella coscienza e accusali per potertene liberare; a questo fine leggi attentamente i Capitoli VI, XXVII, XXVIII, XXIX, XXXV e XXXVI della III parte e il Capitolo VIII della IV parte.

Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.

Capitolo XX

LA COMUNIONE FREQUENTE

Si dice che Mitridate, re del Ponto, avesse inventato un veleno con il quale aveva talmente rinvigorito il proprio organismo, che, quando volle avvelenarsi per sfuggire alla schiavitù dei Romani, non riuscì a portare a compimento il proposito.

Il Salvatore ha istituito l’augusto sacramento dell’Eucarestia, che contiene realmente la sua carne e il suo sangue, affinché chi ne mangia viva eternamente. Ecco perché, chiunque vi ricorre spesso con devozione, rinforza talmente la salute e la vitalità dell’anima, che è quasi impossibile che rimanga avvelenata dai cattivi affetti di qualunque sorta siano.

Non è possibile nutrirsi di questo cibo di vita e continuare a vivere gli affetti di morte; allo stesso modo che gli uomini nel paradiso terrestre non avrebbero potuto morire quanto al corpo in virtù del frutto della vita del Signore vi aveva collocato, così essi non possono morire spiritualmente in virtù di questo sacramento di vita.

Se è vero che i frutti più teneri, soggetti a corrompersi, come le ciliegie, le albicocche e le fragole, si conservano facilmente tutto l’anno una volta canditi nello zucchero e nel miele, nessuna meraviglia che i nostri cuori, benché fragili e deboli, siano resi immuni dalla corruzione del peccato quando sono trattati con quello zucchero e quel miele che sono la carne e il sangue incorruttibili del Figlio di Dio. O Filotea, i cristiani che saranno condannati, resteranno senza parola allorché il Giudice giusto rinfaccerà loro il torto che hanno avuto di lasciarsi morire spiritualmente, quando era loro così facile mantenersi in vita e buona salute nutrendosi del suo Corpo offerto a tal fine. Miserabili, dirà loro. Come avete potuto lasciarvi morire, quando avevate l’ordine di nutrirvi del cibo di vita?

"Io non lodo e non biasimo il fatto di ricevere la comunione eucaristica tutti i giorni; ma consiglio ed esorto ciascuno a fare la comunione tutte le Domeniche, purché lo spirito non abbia affetti al peccato".

Sono parole testuali di S. Agostino, al quale mi associo non biasimando e non lodando chi fa la comunione tutti i giorni; lascio la decisione su questo punto alla discrezione del Padre spirituale di chi vorrà prendere decisioni a questo proposito; infatti le disposizioni per accostarsi così di frequente alla santa comunione devono essere di un livello di perfezione, che non è opportuno dare in materia un parere generico. D’altra parte, siccome tali disposizioni, benché richiedono un livello di perfezione alto, possono trovarsi in molte anime buone, non è nemmeno bene distogliere e dissuadere tutti. Va deciso dopo aver preso in esame lo stato interiore di ciascuno in particolare.

Sarebbe imprudente consigliare a tutti indiscriminatamente la comunione frequente; ma sarebbe ugualmente imprudente biasimare chi la facesse, soprattutto quando c’è di mezzo il parere di un prudente direttore di spirito. Bella la risposta di S, Caterina da Siena, quando, a proposito della sua comunione quotidiana, le fu citato S. Agostino che non loda e non biasima chi si comunica tutti i giorni: Ebbene, disse, poiché S. Agostino non lo biasima, prego anche voi di fare altrettanto, e mi basta.

Ma vedi bene, Filotea, che S. Agostino esorta e consiglia con forza di fare la comunione tutte le domeniche; falla anche tu più spesso che puoi. Giacché, io lo credo, tu non hai alcun affetto al peccato mortale, e nemmeno al peccato veniale, sei nella disposizione richiesta da S. Agostino, e anche qualcosa di più; perché non solo non hai l’affetto a peccare, ma non hai nemmeno l’affetto al peccato. Sicché se il tuo padre spirituale lo trova bene, puoi fare la comunione anche più spesso di ogni domenica.

Possono tuttavia sorgere molte difficoltà, non da parte tua, ma da parte di coloro che vivono con te, che potrebbero consigliare al tuo saggio direttore di non farti comunicare così spesso. Se, per esempio, tu sei sottomessa a qualcuno, e coloro cui devi obbedienza e rispetto siano così mal istruiti e così strani da sentirsi inquieti e turbati nel vederti fare la comunione così spesso, nel caso, tutto considerato, sarà bene andare incontro alla loro malattia e fare la comunione soltanto ogni quindici giorni; ciò solo nel caso che la difficoltà non possa esse superata in altro modo. In questo campo non bisogna dare direttive generali, occorre stare a quanto dice il padre spirituale; tuttavia mi sento in obbligo di affermare con certezza che la massima distanza tra una comunione e l’altra non deve superare il mese, almeno in quelli che intendono servire Dio devotamente.

Se sai essere molto prudente, non c’è né madre, né moglie, né marito, né padre che ti impedisca di comunicare spesso: e sai perché. Perché il giorno in cui avrai fatto la comunione, non diminuirai la cura per quello che fa parte dei doveri del tuo stato, anzi sarai più dolce e gentile e non rifiuterai l’adempimento di nessun dovere; la conseguenza sarà che gli altri non avranno alcun interesse a distoglierti da questo esercizio che non causa loro alcun pregiudizio; a meno che non siano gretti e incapaci di ragionare; in tal caso, come già detto, usa condiscendenza, secondo il consiglio del tuo direttore.

Devo aggiungere una parola per la gente sposata: Dio, nell’antica Legge, trovava cosa fatta male che i creditori esigessero il loro debito nei giorni di festa; ma non se l’aveva a male se il debitore pagava e rendeva il debito a chi lo esigeva. E’ cosa poco conveniente, benché non sia un grande peccato, chiedere la soddisfazione del debito coniugale nel giorno in cui si è fatta la comunione; ma non è sconveniente, anzi direi che è meritorio, renderlo. Ecco perché a causa di tali doveri, nessuno deve essere privato della Comunione, quando la sua devozione lo spinge a chiederla. Nella Chiesa primitiva i cristiani comunicavano tutti i giorni, pur essendo sposati e benedetti da tanti figli; ecco perché ho detto che la comunione frequente non deve generare alcuna sorta di problemi né ai papà, né alle mamme, né ai mariti, né alle mogli purché l’anima che si accosta alla comunione sia prudente e discreta.

Quanto alle malattie corporali non ce n’è alcuna che impedisca questa santa partecipazione, eccetto quelle che causano vomito molto frequente.

Per fare la comunione ogni otto giorni occorre non avere peccati mortali e non avere affetto al peccato veniale, e avere un grande desiderio di fare la comunione; ma per fare la comunione tutti i giorni, oltre a ciò, bisogna aver superato la maggior parte delle cattive inclinazioni ed avere il parere favorevole del padre spirituale.

Capitolo XXI

COME BISOGNA FARE LA COMUNIONE

La preparazione alla santa Comunione comincia la sera precedente, con molte aspirazioni e slanci d’amore. Ritirati per tempo in camera tua, prima del solito; così il mattino seguente sarai pronta per alzarti più presto. Se durante la notte dovessi svegliarti, metti subito nel cuore e sulla bocca qualche pensiero odoroso, per profumare la tua anima e prepararla a ricevere lo sposo che veglia mentre dormi e si prepara ad arricchirti di infinite grazie e favori se sei pronta a riceverli.

Al mattino alzati con grande gioia per la felicità che speri e, dopo esserti confessata, va, con grande fiducia, ma anche con grande umiltà, a ricevere quel cibo celeste che ti nutre per l’immortalità. Dopo aver pronunciato le sante parole: Signore, non sono degna, non muovere più né la testa né le labbra, non per pregare e ancor meno per sospirare, ma apri dolcemente e mediamente la bocca e, alzando la testa quel tanto che basta perché il sacerdote veda quello che fa, ricevi piena di fede, di speranza e di carità Colui al quale, il quale, per il quale e nel quale tu credi, speri, bruci d’amore.

Filotea, immaginati che, simile all’ape che dopo aver raccolto sui fiori la rugiada del cielo, e il succo più squisito della terra lo trasforma in miele e lo trasporta nella sua arnia; il sacerdote sull’altare prende tra le mani il Salvatore del mondo, vero Figlio di Dio, simile a rugiada discesa dal cielo e vero Figlio della Vergine, simile a fiore sbocciato dalla terra della nostra umanità, e lo offre in cibo di soavità alla tua bocca e al tuo corpo.

Appena Gesù è in te scuoti il cuore perché venga a rendere omaggio al re della salvezza; esamina con lui la tua situazione interiore, pensa che hai in te e che c’è venuto per la tua felicità; accoglilo meglio che puoi e comportati in modo tale che si veda, da tutte le tue azioni, che Dio è con te.

Ma se non avessi la grazia di comunicare realmente nella santa Messa, comunicati almeno con il cuore e lo spirito, unendoti con un ardente desiderio alla carne del Salvatore.

La tua prima intenzione nella comunione deve essere di progredire, fortificarti e stabilizzarti nell’amore di Dio; perché quello che ti è dato soltanto per amore, tu lo devi ricevere con amore. Non è possibile immaginare il Salvatore impegnato in un’azione più piena di amore e più tenera di questa, nella quale, si può dire che distrugga se stesso riducendosi in cibo per entrare nelle nostre anime e unirsi intimamente al cuore e al corpo dei fedeli.

Se ti domandano perché tu fai la comunione così spesso, rispondi che è per imparare ad amare Dio, per purificarti dalle imperfezioni, per liberarti dalle miserie, per consolarti nelle afflizioni, per trovare sostegno nelle debolezze. Rispondi che sono due le categorie di persone che devono fare spesso la comunione: i perfetti, perché, essendo ben disposti, farebbero molto male a non accostarsi alla sorgente della perfezione; e gli imperfetti, per poter camminare verso la perfezione; i forti per non rischiare di scoprirsi deboli, e i deboli per diventare forti; i malati per guarire e i sani per non ammalarsi; tu poi, creatura imperfetta, debole e ammalata, hai bisogno di comunicare spesso con la perfezione, la forza e il medico.

Rispondi che coloro i quali non hanno molte occupazioni, devono fare la comunione perché ne hanno il tempo; quelli invece che sono molto occupati, la devono fare perché ne hanno bisogno, perché chi lavora molto ed è carico di preoccupazioni deve nutrirsi di cibi sostanziosi e mangiare spesso.

Comunicati spesso, Filotea, più spesso che puoi, secondo il parere del tuo padre spirituale; e credimi, le lepri, qui da noi, sulle nostre montagne, in inverno diventano bianche perché non vedono e non mangiano che neve; anche tu, a forza di adorare e di nutrirti di bellezza, di bontà e della stessa purezza di questo Divin Sacramento, diventerai bella, santa e pura.

 

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