CAPO VI

Le sostanze non confacenti all’animale che le ingerisce, anziché assimilarsi, si eliminano. o si corrompono, come dimostra il dolore, la malattia o la morte provocata da cibi velenosi.

1. Pertanto, essendovi una grande varietà di natura fra tutti gli animali, e trasformandosi il medesimo nutrimento naturale secondo le varie specie di animali e il corpo che se ne nutre; distinguendosi poi nella nutrizione di ciascun animale un triplice processo di purificazione e di secrezione, ne consegue necessariamente che qualsiasi cibo non appropriato alla nutrizione di un dato animale, non potendo essere da questo assimilato, si corrompe e se ne va per la sua via naturale o si trasforma in qualche altro elemento. Quindi anche ci dev’essere una corrispondenza naturale fra il valore d’alimento del corpo che nutre e le facoltà dell’animale che viene nutrito, cosicché il primo, passando per suoi filtri appropriati e sottoposto a quel rigoroso processo naturale di purificazione, possa apportare alla sostanza dell’animale un accrescimento perfettamente omogeneo.

2. E questa sola chi voglia dare alle cose il loro vero nome chiamerà nutrizione, in quanto elimina tutto ciò che è estraneo e nocivo alla costituzione dell’animale da nutrire e lo libera di quel gran peso di cui fu caricato solo per rimpinzare lo stomaco e soddisfare l’appetito.

3. Questo alimento nessuno dubita che si assimili al corpo nutrito, conglutinandosi e impastandosi con tutte le sue membra e parti; al contrario, quello che si comporta diversamente e contro la natura, si corrompe ben presto, se s’incontra con una forza più robusta; e quella cui riesce a vincere facilmente corrompe, convertendosi in succhi maligni e in qualità velenose, perché non porta al corpo da nutrire alcun elemento affine o amico.

4. Una prova decisiva di quest’affermazione è nel fatto che in molti animali, quando, nel nutrirsi, cedendo a una fame violenta, ingoiano qualche sostanza velenosa e contraria alla loro natura, ne consegue spasimò o pericolo o anche la morte; ciò appunto non può non essere rovinoso per l’organismo che si nutre, se è vero che esso vien nutrito dai cibi che gli sono propri e conformi a natura e rovinato da quelli contrari.

5. Adunque il nutrimento naturale si distingue secondo la differenza degli animali per natura differenti; di più, anche nell’ambito dei cibi naturali, non ogni sostanza che l’animale ha ingerito si assimila, o in tutto o in qualsiasi sua parte, al corpo da nutrire, ma solo ciò che è stato filtrato attraverso tutto il processo della digestione e trasformato e liberato da ogni scoria così da potersi assimilare con quel dato corpo, ed è in armonia con le membra che, deve nutrire. Di qui è chiaro come nessun cibo di natura diversa si assimilerà mai con quegli organismi per i quali non è nutrimento conveniente e proporzionato; ma o senza essere digerito viene espulso alterato dall’intestino, prima di produrre un qualche altro succo, oppure, se vi si ferma più a lungo, provoca sofferenza o infermità di difficile guarigione, corrompendo insieme anche il nutrimento confacente alla natura, o persino la stessa carne che di nutrimento abbisogna.

6. Ma se anche capita che venga scacciato per mezzo di medicamenti o d’una dieta migliore o sconfitto dalle risorse naturali dell’organismo, non se ne va senza notevole danno, giacché nulla esso porta di amichevole agli elementi conformi a natura, per la sua inettitudine ad amalgamarsi con la natura.

CAPO VII

Quand’anche tali cibi venissero digeriti, trasformandosi in quelle varie sostanze che nutrono l’organismo, non avrebbero perció a risorgere, poiché non costituirebbero delle parti vere e proprie del corpo; e quand’anche diventassero carne, questa potrebbe, come spesso avviene, abbandonare, a causa di varie alterazioni, l’organismo a cui s’è unita; tanto più quando questo si nutre di alimenti eterogenei.

1. E se anche si volesse ammettere che un nutrimento (chiamiamolo pur così, come si usa) di tal fatta, una volta ingerito, pur essendo contrario alla natura, venga digerito e si cambi in qualcuna delle varie sostanze umide o secche, calde o fredde, essi non avrebbero da tale concessione alcun vantaggio. Difatti, i corpi che risorgeranno saranno nuovamente composti delle loro parti vere e proprie, mentre nessuna delle dette sostanze é parte del corpo, e non ha proprietà o funzione di parte; anzi neppure rimane sempre nelle parti del corpo che se ne nutrono, né risorgerà con quelle che risorgeranno; ché allora non recheranno più nessun contributo alla vita né il sangue né la bile né il fiato. Allora i corpi non abbisogneranno più di ciò di cui abbisognavano una volta per nutrirsi, perché insieme col bisogno e con la corruzione degli organismi che nutrivano scomparirà anche l’utilità delle cose di cui si nutrivano.

2. Ancora: se pure si volesse ammettere che un tal nutrimento nel processo di trasformazione giungesse sino a divenire carne, nemmeno in tal caso avverrà necessariamente che la carne divenuta recentemente tale per la mutazione d’un nutrimento siffatto, quando venga in contatto col corpo d’un altro uomo, si faccia parte integrante del medesimo. E ciò perché né la carne che si è assimilata altra carne conserva sempre quella che ha assimilata, né quella che le è stata unita ha tale stabilità da rimanere con quella a cui s’è congiunta. Invece essa subisce profonde trasformazioni, e in due sensi: talvolta sono le fatiche e le preoccupazioni che la fanno deperire, tal’altra le afflizioni, gli strapazzi e le malattie la consumano; e ancora per il sopravvenire delle alterazioni causate da riscaldamento o da raffreddamento, quando quelle parti, che ricevono il nutrimento rimanendo quali sono, non si mutano insieme con la carne e con l’adipe.

3. Che se tali vicende subisce già ordinariamente la carne, si puó ben pensare che molto più ancora ci vada soggetta quando si nutre di alimenti eterogenei. Ora impingua fino a scoppiare, convertendo in adipe tutto quello che mangia, ora invece in un modo o nell’altro se ne libera e quindi si assottiglia per una o più delle cause già dette prima; e solo quel cibo che è stato prescelto dalla natura e che si conglutina con quelle membra con cui conduce una vita conforme a natura sostenendone insieme i travagli, rimane congiunto a quelle parti, che è naturalmente destinato a collegare, proteggere e riscaldare.

4. Ma poiché non si può dimostrare, né dall’attento esame delle questioni ora studiate, né accettando in via di concessione le ragioni recate da coloro e), la verità del loro asserto, rimane assodato che i corpi degli uomini non vengono mai a confondersi con altri della medesima natura, quand’anche accada che o per ignoranza gustino d’un tal corpo, vittime d’un tranello teso da qualcun altro ai loro sensi, o che da sé, spinti da necessità o da pazzia, si contaminino toccando il corpo d’un loro simile: sebbene non ignoriamo che vi sono belve in figura d’uomini o con natura composta d’uomini e di belve, secondo la rappresentazione che ne sogliono fare i poeti più audaci.

CAPO VIII

Se neppure gli animali si mangiano l’un l’altro, molto meno la carne umana sarà cibo naturale dell’uomo; quindi non potrà assimilarsi con gli organismi umani che se ne cibassero; ma se anche vi si unisse temporaneamente, ne verrebbe poi separata dalla potenza e sapienza di Dio.

1. Ma occorre proprio dire che il corpo umano non ò destinato a divenir nutrimento d’alcun animale e che la sua sorte é solamente d’essere seppellito nella terra a onore della natura, dal momento che neppure degli altri viventi nessuno il Creatore destinò a nutrimento dei suoi simili, sebbene il nutrirsi di altri animali di specie diversa sia cosa naturale?

2. Se dunque riescono a dimostrare che la carne umana é destinata ad esser pasto di uomini, niente impedirà che il divorarsi a vicenda sia cosa naturale, al pari delle altre cose da natura permesse; e chi osa affermare cose simili potrà mangiarsi come cibo prelibato e il più confacente per lui il corpo dei suoi più cari amici, o anche imbandirne ai suoi più intimi.

3. Ma se questa è un’empietà anche solo a enunciarla, se per l’uomo il toccare carne umana è atroce scelleratezza, più esecranda d’ogni cibo od azione criminale e contro natura; se ciò che è contro natura non si farà mai nutrimento per le membra e le parti’ che ne hanno bisogno; se ciò che non si fa nutrimento non si assimila alle parti che non può nutrire; nemmeno i corpi umani s’immedesimeranno coi corpi simili ai quali portano un nutrimento contro natura, anche se, per un’atroce sciagura, dovessero passare attraverso il loro stomaco.

4. In tal caso, queste carni, private della loro forza nutritiva e disperse di nuovo fra quegli elementi dai quali ebbero il primo loro essere, si uniscono a questi ciascuna per un tempo determinato, ma poi, nuovamente separate dalla sapienza e potenza di colui che ogni natura di animale collegò con i principi a lei convenienti, si uniscono l’una all’altra in maniera naturale, anche se incenerite dal fuoco o marcite nell’acqua o divorate dalle fiere o da qualsiasi animale, anche se una parte, staccata dal corpo intero, si fosse decomposta prima delle altre; e, una volta riunite fra loro, occupano il medesimo luogo; così si ha l’armonica composizione di quell’identico corpo, e quel corpo, ch’era morto o anche andato tutto in sfacelo, risorge e vive .

5. Ma dilungarci oltre su quest’argomento non sarebbe opportuno; ché su questo sono tutti d’accordo, quanti almeno non sono più bestie che uomini.

CAPO IX

Altra obiezione: Come l’uomo non può rifare le opere delle sue mani quando sono rovinate, così Dio non vuole né può risuscitare un corpo morto e decomposto. Obiezione ridicola, perché abbassa la potenza di Dio al livello dell’uomo. È dunque dimostrato che la risurrezione non è impossibile a Dio.

1. Ora poi, dacché vi sono molti altri argomenti di maggior utilità per la nostra questione, non intendo occuparmi di coloro che ricorrono alle opere umane e agli uomini loro artefici, i quali, una volta che le loro opere sono andate in pezzi o sono logorate dal tempo o in altro modo rovinate, sono incapaci di rifarle nuove; poi tentano di dimostrare, sull’analogia dei vasai e degli altri artefici, che Iddio né vuole né, volendo, potrebbe risuscitare un corpo morto e già decomposto. Essi non riflettono che con queste asserzioni fanno a Dio ingiuria gravissima, mettendo a pari la potenza di esseri infinitamente distanti, o, meglio, gli esseri stessi che la possiedono, e uguagliando i prodotti dell’arte a quelli della natura.

2. Il prendere sul serio tali obiezioni non andrebbe esente da biasimo, ché sarebbe vera stoltezza confutare delle affermazioni superficiali e sciocche. È molto più sensata e corrisponde pienamente al vero quella spiegazione: Ciò che agli uomini è impossibile, è possibile a Dio. Che se appunto da questi stessi argomenti, che hanno buon fondamento, e da tutta l’indagine fatta poco sopra la ragione dimostra che la cosa è possibile, evidentemente non è impossibile. Ma neanche è aliena dalla volontà di Dio.

CAPO X

Si dirà che Dio non vuole la risurrezione? Ciò sarebbe perché essa é cosa ingiusta o ,indegna di lui. Ma ingiusta non é, né rispetto agli esseri diversi dall’uomo, siano essi intelligenti o no, né rispetto all’uomo che ha da risorgere, sia guardando al corpo sia guardando all’anima di lui. Né é cosa indegna di Dio risuscitare all’incorruzione quel corpo ch’egli ha creato corruttibile.

1. Infatti, quel che Dio non vuole, non lo vuole o perché è cosa ingiusta o perché è cosa indegna di lui. L’ingiustizia poi potrebbe ravvisarsi o riguardo a colui stesso che ha da risorgere o riguardo a qualcun altro fuori di lui. Ora, che nessuna delle cose esteriori all’uomo, quante se ne annoverano fra gli esseri, ne soffra ingiustizia, è evidente.

2. La risurrezione degli uomini non può far torto né alle nature intelligenti , poiché essa non è per nulla d’impedimento alla loro esistenza, né di danno, né d’ingiuria; e neppure alle nature degli esseri privi di ragione e di anima, poiché essi non esisteranno più dopo la risurrezione; e a quello che non esiste non si fa ingiustizia.

3. Ma, supposto pure che dovessero esistere per sempre, le creature non riceverebbero alcun torto dal rinnovarsi dei corpi umani. Se infatti ora, mentre servono alla natura dell’uomo e alle sue necessità, avendone egli bisogno, e van curve sotto il giogo e sotto ogni forma di servitù, non ne ricevono torto, a più forte ragione, una volta divenuti gli uomini incorruttibili ed esenti da necessità, in modo da non aver più bisogno dei loro servigi, esse, liberate da ogni servitù, non ne riceveranno alcun torto.

4. E neppure, se avessero la parola, accuserebbero il Creatore d’averle ingiustamente messe al di sotto degli uomini, per non aver parte con loro alla medesima risurrezione. Infatti, agli esseri che non hanno natura uguale colui che è giusto non assegna un fine uguale. A parte ciò, chi non ha alcun discernimento del giusto non può neanche biasimare l’ingiustizia.

5. Nemmeno si può dire che si ravvisi una qualche ingiustizia verso l’uomo che ha da risorgere. Egli è composto d’anima e di corpo: ora con la risurrezione non gli si fa torto né nell’anima né nel corpo. Che si faccia torto all’anima non dirà chiunque abbia senno, perché in tal caso verrebbe ad escludere, senza accorgersi, insieme con la risurrezione anche la vita presente. Poiché se ora, dimorando in un corpo passibile e corruttibile, non ne riceve alcun torto, molto meno ne riceverà unita a un corpo incorruttibile e impassibile. Ma nemmeno al corpo si fa ingiustizia: poiché se ora, corruttibile congiunto con un’anima incorruttibile, non patisce ingiustizia, non la patirà quando, incorruttibile, sarà congiunto con un’anima incorruttibile .

6. E neppure si potrà dire che sia cosa indegna di Dio risuscitare e ricomporre il corpo andato in sfacelo. Infatti, se non è indegno il peggio, fare cioè il corpo corruttibile e passibile, a più forte ragione non sarà indegno il meglio, ossia farlo incorruttibile e impassibile.

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